Oristano, 23 Novembre 2013
Cari amici,
Ieri, Venerdì 22 Novembre, il Presidente degli Stati Uniti B. Obama ha
ricordato, nella ricorrenza del cinquantennale dalla morte, il Presidente J. F.
Kennedy, assassinato il 22 novembre del 1963 a Dallas, Texas. Era Venerdì anche
il 22 Novembre del ‘63 e alle 12,30 ora locale
(18,30 UTC) Kennedy fu ferito mortalmente da colpi di arma da fuoco, sparati,
come accertò la Commissione Warren, dall'operaio, attivista ed ex militare Lee
Harvey Oswald, mentre viaggiava con la moglie Jacqueline, con il governatore
John Connally (ferito gravemente) e sua moglie Nellie, a bordo della limousine
presidenziale (una Lincoln Continental del 1961) nella Dealey Plaza di Dallas.
Cinquant’anni sono trascorsi, ma gli echi degli spari che lo colpirono, ancora risuonano a Delaney Square, quella piazza di Dallas che lo vide cadere,
ferito mortalmente, riverso sull’auto presidenziale. Nonostante le numerose
inchieste, il mistero del “disegno criminoso” della sua morte e dei reali
registi della sua uscita di scena, rimangono insoluti: forse sono apparsi solo
gli autori materiali del delitto, ma certamente la verità non è quella che ci
hanno raccontato. Mezzo secolo è passato da quel triste giorno che vide morire,
insieme al Presidente Kennedy, le speranze di un’intera nazione, che in Lui
vedevano quel nuovo “New Deal”,
quella rinnovata speranza, fatta di riforme economiche e sociali, avviate sulla
scia di quelle che il Presidente Franklin Delano Roosevelt promosse, alla fine
della grande crisi americana del ’29, fra il 1933 e il 1937. “Nuova Frontiera”, fu definito quel
nuovo corso che Kennedy avviò e che, con grande entusiasmo, ricordava al popolo americano la grande epopea
del Far West, mai dimenticata. Cos’è rimasto oggi, cari amici, di quel
tentativo di svolta che, mani assassine fecero spegnere all’improvviso?
Il Presidente Obama il 21, giorno prima dell’anniversario, si è recato al
cimitero di Arlington insieme alla first lady Michelle e all’ex presidente Bill
Clinton accompagnato dalla moglie Hillary, per deporre una corona di fiori
sulla tomba di John F. Kennedy. Parlando di Lui e ricordandolo ai presenti ha
affermato che Kennedy "Incarnò la
forza di volontà del popolo che aveva guidato", aggiungendo, inoltre,
che il Suo ricordo: "Rimane
nell’immaginazione dell’America non perché venne ucciso, ma perché incarnò il
carattere del popolo americano".
«Cambiare il mondo.
Questa è l'eredità di un uomo che avrebbe potuto ritirarsi in una vita di lusso
e agio, ma che ha scelto di vivere la vita sul campo», ha continuato Barack Obama, «navigando
a volte con il vento, a volte contro il vento». Il Presidente ha concluso
la giornata in ricordo di Kennedy consegnando a diversi illustri personaggi la “Presidential Medal of Freedom”, il
riconoscimento istituito proprio da JFK per premiare i cittadini che dedicano
la propria vita agli altri.
“La Presidential Medal of Freedom, istituita da
Kennedy, è il riconoscimento più prestigioso del Governo degli Stati Uniti e viene
assegnata a uomini e donne che hanno dedicato la loro vita ad arricchire quella
degli altri. Kennedy, per ironia della sorte non fece in tempo ad assegnarla a
nessuno, furono i suoi successori a farlo! Tra i 16 premiati di quest’anno, figurano
Bill Clinton, l’attivista per i diritti delle donne Gloria Steinmen, Oprah
Winfrey, Sally Rider (la prima astronauta donna americana ad aver viaggiato
nello spazio deceduta lo scorso anno) e la cantante country Loretta Lynn.
Obama, dopo la commemorazione, ha tenuto un
discorso sull’eredità di Kennedy allo Smithsonian American History Museum. Alla
successiva cena di gala hanno preso parte, oltre i premiati con la Medaglia
Presidenziale di quest’anno, anche altri insigniti del prestigioso
riconoscimento in passato, come la cantante Aretha Franklin e l’ex segretario
di stato Henry Kissinger.
Cosa rimane, cari amici, dell’eredità lasciataci da Kennedy, di quella “Nuova
Frontiera”, cancellata con violenza troppo presto?
In quegli anni ’60 del secolo scorso due grandi
figure percorsero gli Stati Uniti, due importanti uomini pronti a battersi per
un nuovo “New Deal”, per garantire pace ed eguaglianza, a partire dai diritti civili della gente di colore. Questi due
grandi uomini sono stati John Fitzgerald Kennedy e Martin Luther King. In quel
periodo, negli Stati Uniti, il razzismo era ancora forte. La separazione tra
bianchi e neri era ancora marcata: venivano tenuti distinti i bagni pubblici, i
posti sull’autobus, le scuole, gli ospedali, i lavori, persino le istituzioni
religiose e le chiese. Chi avesse voluto aspirare ad un livello di lotta
politica superiore avrebbe dovuto prima combattere queste quotidiane
ingiustizie che rendevano invivibile l’esistenza di più di venticinque milioni
di uomini e donne nere che vivevano negli Stati del Sud.
Kennedy il 14 luglio 1960, nel suo discorso di
accettazione della nomination alla presidenza degli Stati Uniti, alla Convention
democratica di Los Angeles, così dichiarò:
“Ci troviamo oggi alle soglie di una nuova frontiera, la frontiera degli
anni sessanta, una frontiera di sconosciute opportunità e pericoli, una
frontiera di speranze inappagate e di minacce. La Nuova Libertà di Woodrow
Wilson aveva promesso alla nostra nazione una nuova struttura politica ed
economica. Il “New Deal” di Franklin Roosevelt aveva promesso sicurezza e assistenza
ai bisognosi. Ma la Nuova Frontiera di cui parlo non é una serie di
promesse, é una serie di sfide. Riassume non ciò che ho intenzione di offrire
al popolo americano, ma ciò che ho intenzione di chiedere loro. Fa appello al
loro orgoglio, non al loro portafogli; offre la promessa di un ulteriore
sacrificio invece di un ulteriore sicurezza. Ma vi dico che la Nuova Frontiera
é qui, sia che la cerchiamo o no. Oltre quella frontiera ci sono le inesplorate
aree della scienza e dello spazio, problemi irrisolti di pace e guerra,
ignoranza e pregiudizi, domande di povertà ed eccedenza a cui non si riesce a
dare risposta. Sarebbe più facile ritirarsi da quella frontiera, guardare alla
sicura mediocrità del passato, essere calmati dalle buone intenzioni e dall’alta
retorica e quelli che preferiscono quella direzione, non dovrebbero votarmi.”
Il suo discorso infiammò gli americani e nel gennaio 1961 Kennedy divenne
35° presidente degli Stati Uniti. Il figlio di emigrati irlandesi era il primo
presidente della storia degli USA di religione cattolica.
Non appena venne eletto, Kennedy si impegnò da
subito a rinnovare la società americana e a favorire la distensione
internazionale. La sua “nuova politica”, da subito battezzata come “Nuova
Frontiera”, rivoluzionava l’arcaico sistema in vigore:
“Non chiedetevi cosa può fare il vostro
paese per Voi. Chiedetevi che cosa potete fare voi per il vostro paese”, sosteneva.
Non sono un politologo per fare, oggi, un’analisi
razionale di cosa sarebbe potuto essere, in USA e nel mondo, se Kennedy avesse
completato il mandato ricevuto. Così come non sono in grado di affermare con
cognizione di causa se i suoi successori siano stati capaci o abbiano voluto
portare avanti il suo messaggio di “Nuova Frontiera” e rinnovamento che era
stato da Lui appena iniziato. Certo è che molti dei problemi di quegli anni
sono rimasti ancora oggi lontano dalla soluzione. I conflitti internazionali
oggi sono accesi e pericolosi quanto e più di ieri; l’uguaglianza tra i vari
componenti della Società non ha certo fatto passi da gigante: ci sono ricchi
“troppo ricchi” e quantità di poveri che, invece di diminuire aumentano; il
futuro delle nuove generazioni è sempre più nebuloso, come dimostra il numero
dei giovani senza lavoro che anziché diminuire aumenta.
La fotografia dell’America di oggi non è molto
diversa dall’odierna fotografia della nostra “vecchia” Europa, aggredita dagli
stessi problemi. Il mondo, che anni fa aveva tanto plaudito alla
“Globalizzazione”, credo che l’abbia realizzata ed applicata nella maniera
peggiore e più egoista: un unico mercato globale costruito non sull’uguaglianza
e sulla migliore distribuzione delle risorse, ma sull’arricchimento del più
ricco e potente, governato dal potere dalle multinazionali, anziché dai Governi
degli Stati. Questo significa che il potere e l’arroganza economica hanno solo
migliorato la situazione dei più forti, a scapito dei più deboli. Il mondo
giorno dopo giorno vede, sulla scena economica mondiale, la ricchezza sempre
dalla stessa parte.
Cari amici, governare non è certo facile, e la
storia lo dimostra. Obama, come Kennedy,
ha provato anche Lui, e continua a provarci, a cambiare la società
americana, sognando anche Lui un nuovo “New Deal”, per il popolo che
governa. Ci ha provato cercando anche di creare una certa uguaglianza nell’assistenza sanitaria a tutti gli
americani, ma, come ben sappiamo, di difficoltà ne ha trovato anche troppe.
Certo non può fare miracoli, ma cercherà di “trovare la strada giusta”
per il suo popolo. Ci proverà perché personalmente credo che, come Kennedy, sia
un uomo caparbio, deciso e vincente. E, come diceva Kennedy:
“…Gli uomini vincenti
trovano sempre una strada... i perdenti una scusa”.
Grazie della
Vostra Attenzione!
Mario
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