Oristano 5 Novembre
2013
Cari amici,
Un recente studio della
UIL, ripreso questi giorni da “Il Fatto Quotidiano”, ha messo in piena luce
qualcosa che, pur nota, non lo era in tutta la sua interezza: i costi reali
della politica. La mia riflessione di oggi mette il dito in questa piaga. Ecco
i dati in tutta la loro crudezza.
In Italia sono stati
calcolati in oltre un milione (precisamente 1.128.722) coloro che campano di
politica. Lo studio della Uil ha accertato che il ceto “privilegiato” che vive nell’humus
della politica è davvero più numeroso di quanto apparentemente sembra! Se molti
pensavano che i costi fossero limitati solo agli eletti, quelli che nelle varie
elezioni vengono da noi delegati a
rappresentarci, si sbagliavano, e di grosso!
Nello spaventoso numero a sette
cifre prima indicato sono ricompresi oltre gli “eletti e i collegati incarichi
di Parlamento e governo (pari a 1.067), quelli eletti nelle Regioni (1.356),
nelle Province (3.853) o nei Comuni (137.660), anche, a cascata, tutto
l’apparato che, a nostre spese, gli ruota intorno. Solo il 12% di essi, infatti,
è rappresentato da incarichi elettivi. Ai politici ‘diretti’ eletti da noi,
vanno sommati i membri dei consigli di amministrazione (CdA) delle aziende
pubbliche, i collegi dei revisori dei conti e i collegi sindacali delle imprese
pubbliche. Vanno, inoltre, aggiunti coloro che fanno parte delle assemblee
elettive. La fetta più grossa di questa costosa e prelibata torta è, però,
rappresentata dall’elefantiaco ”apparato politico” (costituito da oltre 390mila
persone) e da tutti coloro che svolgono “incarichi e consulenze per le aziende
pubbliche”. Un esercito insomma.
La ricerca della UIL dimostra,
in modo particolare, che il numero di coloro che vivono di politica in senso
stretto, aumenta enormemente man mano che ci si allarga nelle miriade di
istituzioni locali. Parliamo soprattutto degli oltre ottomila comuni italiani e
delle centodieci province. Il rapporto della Uil apre con questa frase: “Il
funzionamento degli organi istituzionali e territoriali della repubblica costa
6,4 miliardi di euro (209 euro per contribuente)”, mentre più in
generale “i costi della politica, diretti e indiretti, ammontano a circa 23,9
miliardi di euro“. Insomma euro più, euro meno, l’apparato politico
costa in emolumenti circa 25 miliardi di Euro, che per chi come me è abituato a
ragionare ancora con le vecchie lire, sono la modesta cifra di 50mila miliardi!
E non finisce qui, seguite il resto che sto per dirvi.
Poiché i nostri
illustri rappresentanti, da noi democraticamente eletti, non possono certo
andare a piedi o in bicicletta come avviene nei Paesi del Nord Europa (che tra
l’altro non godono del nostro ben più favorevole clima), necessitano di
adeguate auto di rappresentanza, le cosi dette “auto blu”, colore questo che
dovrebbe ulteriormente aumentare la dignità di chi le usa. I dati abbastanza
aggiornati parlano di 630 mila auto in dotazione: basti pensare che per
parcheggiarle tutte in fila, una dietro l’altra, servirebbero più di 1200 campi
di calcio! L’auto in Italia fa “noblesse”, è l’emblema del potere, anzi dello “strapotere”,
ormai acquisito dalla politica: ovviamente senza pensare ai costi! Dividendo le
auto per il numero degli abitanti si ottiene un’auto blu ogni 94 abitanti: mica
male!
Uno scandalo ulteriore, questo delle auto, che si è moltiplicato a dismisura negli ultimi
anni: nel 2009 erano poco meno di 608mila, nel del 2007 circa 574 mila e nel
2005 meno di 200mila. Questo immenso
“blu di rappresentanza” costa a noi contribuenti circa 22 miliardi di euro
all’anno fra stipendi degli autisti, carburante, pedaggi autostradali, leasing
e noleggio. Non credo appaia “poco” anche ai più prodighi degli italiani. Ecco
un rapido confronto con gli altri Paesi, tra l’altro nostri partner economici.
Negli Stati Uniti le auto blu sono circa 73 mila, in Francia 65 mila, in Gran
Bretagna 55 mila, in Germania 54 mila, in Spagna 44 mila, in Giappone 35 mila,
in Grecia 34 mila, in Portogallo 23 mila. Credo che le cifre non necessitino di
commenti, considerato che in media i dati delle nostre auto sono circa “dieci
volte tanto”. Quei 22 miliardi di euro spesi sono solo una valanga di soldi
bruciati inutilmente e senza costrutto. Basti un solo esempio: la regione
Campania di Bassolino, poteva contare su un battaglione di 100 autisti, pagati fino a 3 mila euro netti al mese, con
un costo annuo di circa 5 milioni di euro.
Formalmente (meglio
sarebbe dire fintamente) si è iniziato (col governo Monti) a porre mano al
taglio dei costi generali della politica, partendo proprio dalle auto blu.
Certo
da noi il processo di snellimento, di tagli, non è avvenuto con la serietà britannica: 2
anni fa, quando la Regina Elisabetta annunciò alla Camera dei Comuni, riunita
per ascoltare il suo discorso d’inizio legislatura, la fine dell’epoca delle
auto blu, fu austera e determinata. Da quel momento i ministri del governo
Cameron-Cleg e tutto l’apparato statale avrebbero avuto “fare i conti” con la
Government Car and Despatch Agency, un’authority che dipende dal ministero dei
trasporti e che in pratica ha il compito di disciplinare con criteri
rigorosissimi, l’uso della auto. Difficile abusarne.
Da noi, nonostante
tutti i proclami strombazzati (dai tagli degli emolumenti ai politici alla
riduzione o abolizione delle Province, dal contenimento dei super stipendi dei
burocrati alla riduzione dei costi di tutte le amministrazioni), il debito pubblico
è aumentato ancora, raggiungendo il 130% del PIL. La recente presentata legge
di stabilità, cosi fumosa, contestata e sicuramente ulteriormente smembrata in
Parlamento, credo che porterà pochi benefici. Liberalizzazioni, tagli,
abbassamento dei costi sono queste le parole d’ordine che circolano in questo
serio momento economico, ma restano solo parole, senza trasformarsi in fatti.
Nell’opinione pubblica ormai il sospetto è diventato certezza: non c’è la seria
volontà di cambiare, di tagliare i privilegi di antico retaggio, ma quella di
far finta di cambiare, continuando a mungere le stessa vacche che ora, magre,
non possono dare ulteriore latte. Abbiamo pagato profumatamente qualcuno per
dare corpo alla spending review, ma per ora si fanno tagli solamente metaforici
(sostituiti da balzelli di nuova istituzione più gravosi dei precedenti), oppure
si assottiglia ancora di più quella parvenza di “stato sociale” verso i più
deboli, tagliando i posti letto negli ospedali, nella assistenza, nella sanità
e nell’istruzione!
Cari amici quand’ero
più giovane andai a vedere il film “Il Gattopardo”, grandioso, scenografico,
che ripercorreva tempi che apparentemente oggi sembrano lontanissimi ma, in
realtà, non lo sono. Il Gattopardo per restare al potere faceva finta di
cambiare molte cose, allora, per arrivare alla conclusione di non cambiare
niente. E in effetti, ditemi Voi, cosa è in realtà cambiato? Oggi, rispetto al
Medioevo, quando il Feudatario spogliava i Vassalli , che a loro volta
spogliavano il popolo aumentandone la miseria, cosa è cambiato? Forse niente.
Grazie della Vostra
attenzione.
Mario
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