Oristano 2 Novembre
2013,
Cari amici,
personalmente ho sempre
creduto nelle donne e nelle capacità intrinseche che possiedono. Le ho sempre considerate
allo stesso livello dei colleghi maschi, con qualità, capacità e determinazione
mai inferiori. Vi dirò di più: riconosco Loro un “valore aggiuntivo”, una combinazione
di competenza, sensibilità, talento e passione! Accredito, insomma, ad una
donna un fiuto e una capacità gestionale più attenta, forse derivante dal senso
di responsabilità innato che ogni donna si porta dietro, considerato il suo
ruolo precipuo di “madre”.
L’World Economic Forum
2013, tenutosi recentemente a Davos, in Svizzera, per il consueto esame della
situazione mondiale, ha messo in evidenza le grandi disparità socio economiche
ancora esistenti all’interno degli Stati partecipanti, in particolare constatando
l’ancora abissale “disparità di genere”
tra uomini e donne. Il “Global gender gap Report 2013” colloca l’Italia al
71esimo posto, dopo la Cina. La graduatoria, stilata dal World Economic
Forum, valuta la ‘disparità di genere’ in base a quattro criteri principali: partecipazione economica e opportunità,
risultati formativi, salute e sopravvivenza e potere di rappresentanza
politica. E’ in quest'ultima categoria che il nostro Paese ha l'indice percentuale
più basso, 19% rispetto al 21% della media.
L’Italia ha davanti a
sé una lunga strada ancora da percorrere in termini di uguaglianza di diritti tra
uomini e donne! L’analisi fatta dal Forum, che ci colloca al 71esimo posto per
quanto riguarda la parità di genere, è certamente significativo: essere addirittura
sotto la Cina, che si piazza al 69 posto della classifica, non ha bisogno di
commenti. Nel mondo, nell’ultimo periodo esaminato, le disparità tra i sessi
sono concretamente diminuite nella maggior parte dei Paesi, mentre l’Italia ha registrato
un progresso microscopico. Nell’analisi percentuale del “livello di uguaglianza tra uomini e donne” l’Italia nel 2013 è passata dal 67%, registrato 7 anni fa, al 68%.
Ben un’1% in più in 7 anni! Come rilevato nell’ultimo rapporto
del World Economic Forum, l’Italia continua ad essere ben lontana ed in forte
difetto, rispetto alla Direttiva 54 della Commissione Europea che sancisce agli
Stati Membri di promuovere una parità di trattamento (e di occupazione) per
entrambi i sessi.
Vediamo insieme qualche
dato statistico fornito da Eurostat. Nell’anno 2008 il nostro Paese registrava
un tasso di occupazione femminile sotto il 50%, con una forte sotto
rappresentazione nelle posizioni apicali, dove la donna, a parità di ruolo e
mansioni, era ricompensata professionalmente e economicamente in misura
inferiore rispetto all’uomo. Tre anni dopo, nel 2011, la situazione rimaneva pressoché
invariata. Secondo le ultime stime, ora le donne che lavorano sono solo il 47%,
percepiscono stipendi inferiori del 22% e faticano ad entrare nei Consigli di
Amministrazione, anche se qualcosa comincia a cambiare. Nelle varie società le donne
dirigenti sono ora il 13 % (erano il 4,4 % nel 2011) mentre quelle nei Consigli
di Amministrazione delle società quotate sono l'11,6 per cento. Prima della
Legge Golfo-Mosca, detta anche delle Quote Rosa, erano il 5 per cento. Come
precisa anche Maria Silvia Sacchi nel suo libro “Donne ai vertici delle Aziende”,
pubblicato dal Corriere della Sera, grazie a questa legge, entro nove anni
5mila donne raggiungeranno i C.d.A. delle aziende italiane: sono pronte a
salire al top di 300 società quotate in Borsa, 2.100 controllate dallo Stato,
che salgono a 7mila se si considerano anche le partecipate.
L’analisi fatta dal World
Economic Forum 2013 ha messo in luce un mondo che si muove a diverse velocità. Se
nessun Paese è riuscito ad eliminare del tutto le discriminazioni di genere, le
nazioni scandinave hanno colmato l'80% del gap, la “distanza di trattamento e
opportunità” tra donne e uomini. Esempio certamente da imitare nei tanti Paesi
che continuano ad ignorare le donne!
La scarsa importanza rivestita dalle donne
nel mondo la si è potuta toccare con mano anche nella presenza e partecipazione
al World
Economic Forum 2013: la donne manager presenti hanno appena
sfiorato la percentuale del 17%, una cifra minima se si tiene in considerazione
che il meeting ha coinvolto complessivamente 2500 figure ai vertici, tra
manager, capi di Governo e politici. Le donne presenti hanno vibratamente
protestato per questa maschilista esclusione dai posti di comando, dove l’esigua
presenza femminile non ha valide motivazioni. Una protesta,
quella messa in atto, che ha avuto come sostenitrice lo stesso Cancelliere
tedesco Angela Merkel, la quale ha
ribadito l'irregolarità di questo Gap di
genere che non può trovare attenuanti: “Qui
sono riuniti i leader di tutto il mondo, ma le donne sono rappresentate in modo
minimo nelle posizioni di comando a livello internazionale”, ha sostenuto.
A fornire cifre precise
sulla presenza delle donne manager nei ruoli di comando in Europa è stato il Vice Presidente della Commissione Europea,
Viviane Reding, focalizzando
l'attenzione sul fatto che la partecipazione femminile nei C.d.A. europei ha
subito un incremento raggiungendo quota 15,8%, ben lontana tuttavia dall'obiettivo
del 40% entro il 2020. “Le quote sono un
male necessario. Senza di loro bisognerebbe aspettare il 2060 per arrivare a
una parità di genere nei consigli di amministrazione europei”, ha detto.
Critiche dure sono
arrivate anche dal Presidente del Fondo Monetario Europeo Christine Lagarde: “La
partecipazione delle donne è di importanza cruciale e troppo spesso dimenticata
dai politici che decidono. Nel mondo d'oggi non è più accettabile che le donne
siano bloccate nel loro percorso. Le donne controllano il 70% della spesa dei
consumi globali, così il messaggio è chiaro: se le donne migliorano, l'economia
migliorerà”.
Alcune nazioni sono già
avviate al cambiamento. Dopo le nazioni scandinave, oggi all’avanguardia sulla
parità tra i sessi, anche la Germania si muove velocemente nella stessa
direzione: un quarto delle piccole e medie imprese è ormai guidato da donne e
il trend è destinato a crescere: “Non mi
meraviglierei se presto circa la metà delle nostre aziende avesse una donna
come capo”, ha affermato di recente Lutz
Goebel, presidente di Die Familienunternehmer, associazione delle imprese
familiari tedesche.
Cari amici, ho iniziato
questa riflessione confermandovi che, personalmente, ho sempre creduto nelle
capacità non comuni delle donne. Allora, mi sono sempre chiesto, perché questa
necessaria “uguaglianza” stenta a
decollare? Quale la motivazione più probabile? Forse agli uomini viene l’ansia della
perdita del potere, vedono avvicinarsi il pericolo del cambiamento?
Chissà!
Circa il sicuro
cambiamento derivante dalle conduzione manageriale delle donne nelle aziende, durante
la mia ricerca mi sono imbattuto in un’indagine statistica fatta da Eurobarometro,
l'importante Istituto di ricerca della Commissione europea. L’intervista, che ha interessato oltre 25mila
cittadini europei, ha dato il seguente risultato: gli intervistati, nove su dieci, pensano che se ci
fossero più donne al potere il mondo sarebbe migliore, con maggiore garanzia di
diritti umani e meno guerre. La competente “mano” femminile si esprime al
meglio nell'organizzazione aziendale e nel rendere più “comfortable” (l'Italia
è così indietro che non abbiamo nemmeno l'aggettivo) l'ambiente di lavoro, come
da sempre fa una donna nella sua casa. “Lavoro
con un team di 80 persone di cui il 90 per cento è femminile e c'è competizione
comunque costruttiva. Sanno che non amo litigare e che mi piace essere sfidata,
non compiaciuta”, spiega Monica Marsilli, direttore centrale acquisti a La
Rinascente da sette anni.
Tanti gli altri esempi
che si potrebbero portare per dimostrare che la caparbietà con cui gli uomini
stentano a riconoscere alla donna le sue capacità sono solo frutto di egoismo:
forse anche di paura, quella di essere surclassati. Ci vorrà ancora del tempo ma gli
ultimi frame stanno per essere spazzati via. Personalmente ne ho la certezza,
avvalorata dal fatto che anche la Chiesa ha aperto con grande disponibilità le
porte alle donne. Qualcosa di straordinario, un
cambiamento quasi epocale, sta avvenendo, cari amici, anche all’interno della
più rigida monarchia del mondo in Vaticano. Dalla scorsa primavera, il 20 per
cento degli incarichi vaticani è in mano alle donne. Suor Nicoletta Vittoria
Spezzati, sottosegretario della Congregazione dei religiosi, è stata persino
ammessa in un posto di governo. Mentre Flaminia Giovannelli, laica, esperta di
economia e politiche sociali, laureata alla Sapienza, è sottosegretario del
Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace.
Credo che i tempi del
maschilismo siano davvero tramontati per sempre!
Grazie della Vostra
sempre gradita attenzione.
Mario
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