martedì, novembre 19, 2013

LA VERNACCIA DI ORISTANO : SALVIAMO QUESTO “VINO…DIVINO”, ORGOGLIO DEI NOSTRI ANTENATI, CHE LOTTA PER NON SCOMPARIRE!



Oristano, 19 Novembre 2013
Amici miei, per tanti anni dire “Vernaccia” e dire “Oristano” era un po’ la stessa cosa. La Valle del Tirso, quella pianura alluvionale che ha come centro la città di Oristano e tutt’intorno altri 15 Comuni che la popolano [sono i centri di Baratili S. Pietro, Cabras (con la frazione Solanas), Milis, Narbolia, Nurachi, Ollastra Simaxis, Oristano (con le frazioni di Nuraxinieddu, Massama, Donigala Fenughedu e Silì), Santa Giusta, Palmas Arborea, Riola Sardo, S. Vero Milis, Siamaggiore, Simaxis (con la frazione S.Vero Congius), Solarussa, Tramatza, Zeddiani e Zerfaliu], è da secoli la meravigliosa patria di un vino bianco antico e nobile che prende il nome di “VERNACCIA”.
Il vitigno che da origine a questo vino straordinario è di antica matrice sarda ed è diffuso solo nell’Oristanese. Si ipotizza, anche se non vi sono certezze, che sia arrivato in Sardegna grazie ai Fenici, fondatori della città portuale di Tharros, nella Penisola del Sinis. Deve il suo nome, però, alla lingua latina: ‘vernacula’, è il termine latino che indicava proprio i vitigni autoctoni. Nei Condaghi medioevali (libri contabili tenuti dai monaci della Sardegna), risulta già documentata la coltivazione di vigneti di vernaccia nelle aree viticole di oggi, che vi appaiono già ben delineate. La grande bontà di questo vino e, in particolare, la sua unicità, ha fatto sorgere nel tempo una vasta serie di leggende e aneddoti che ne celebrano meriti e qualità, anche medicamentose, da Santa Caterina al Manzoni. Anche Eleonora D’Arborea, giudicessa d’Arborea, contemplò nel suo codice di leggi - ‘La Carta De Logu’ – questo particolare vitigno. In esso impose al popolo di impiantare vigne di Vernaccia nei terreni incolti.
Sull’introduzione nella “Piana di Oristano” di questo particolare vitigno, a parte l’ipotesi dei Fenici che colonizzarono Tharros, altre ipotesi sono state fatte: da quella che afferma che sia stato un console romano, Lucio Aurelio Oreste, a portare questa vite a Tharros, all’ipotesi fantasiosa che  asserisce che questo nobile vitigno sia scaturito dalle lacrime di una Santa Giustina, impietosita dalle condizioni in cui versavano i sardi a causa delle febbri malariche. Altre ipotesi più credibili considerano questa vite un “vitigno autoctono” formatosi spontaneamente nell’Isola. Lo scrittore sardo Giuseppe Dessì, parteggiava anche Lui per quest’ultima ipotesi e nei suoi scritti affermava che "bevendo vernaccia noi sardi abbiamo combattuto malaria e malgoverno. Senza Vernaccia nessun sardo avrebbe potuto sopravvivere" (Io e il vino, ERI, 1951). Più recentemente lo scrittore Mario Soldati, che ebbe occasione di visitare l'Isola, riferendosi alla vernaccia di San Vero diceva "quando gente così umile fabbrica una bevanda rustica così squisita e così raffinata dobbiamo per forza pensare che ciò sia degno di una civiltà superiore, da cui abbiamo tralignato o che addirittura, non abbiamo ancora raggiunto" (Vino al vino, Mondadori, 1981). Tralasciando storia e mito, cerchiamo ora di vedere, insieme, le meravigliose e straordinarie, direi anche uniche caratteristiche, che la Vernaccia possiede.
Il vino vernaccia, per potersi fregiare della denominazione ufficiale, deve derivare da uve vernaccia coltivate esclusivamente nelle zone tassativamente comprese nel suo “Disciplinare di produzione” (oltre Oristano i paesi prima indicati). I vini che possono fregiarsi del nome "Vernaccia di Oristano” (che è un vino D.O.C., e possono trovarsi anche varianti con la Denominazione di origine geografica e anche Vernaccia della Valle del Tirso.), sono regolamentati dai seguenti Decreti: DPR 11.08.1971 G.U. 247 - 30.09.1971, successivamente modificato con DM 30.03.2001 G.U. 102 - 04.05.2001, e ulteriormente modificato con DM 30.11.2011 (pubblicato sul sito ufficiale del Mipaaf Sezione Qualità e Sicurezza Vini DOP e IGP).

Il vitigno della vernaccia (vitis austera), coltivato nei Comuni precedentemente indicati, è un vitigno rustico, allevato in gran parte ancora ad alberello latino, messo a dimora nelle basse terre derivate dalle alluvioni antiche e recenti del Tirso e del Rio Mannu. Chiamato nel dialetto oristanese anche con il nome spagnolo di “Garnaccia” o “Crannaccia”, questo vitigno dal grappolo medio-piccolo e dagli acini piccoli e tondi, di buona produttività,  predilige i terreni alluvionali freschi e profondi della bassa Valle del Tirso, costituiti da materiali di disgregazione rocciosa. Suoli riferibili principalmente a due tipi: “Gregori” e “Bennaxi”: i primi, caratterizzati da un  colore bruno-giallastro chiaro, contengono scheletro  fino al 60 %, mentre i secondi non presentano scheletro e sono dotati di ottima fertilità naturale, tanto da essere classificati da alcuni studiosi fra i migliori  suoli della  Sardegna. In passato "il Bennaxi" costituiva la zona di maggior coltivazione della Vernaccia, cosa che oggi costituisce una rarità, mentre oggi la coltivazione avviene nel "Gregori", e questo ha notevolmente influito sulla modificazione delle caratteristiche del prodotto. Alcuni studiosi ( Putzolu, Cettolini, Mameli, Vodret e altri ) hanno sostenuto che la Vernaccia di qualità superiore è quella del Bennaxi di Solarussa, anche per la particolare tecnica di coltivazione qui adottata dai viticultori e che influisce sulla composizione dei mosti, con aumento della dotazione di acidi organici e di zuccheri, da cui deriva una maggiore finezza e sorbevolezza del vino.

La vendemmia avviene verso la fine di settembre e comprende le seguenti operazioni: la Pigiatura, fatta coi piedi da un esperto (cazzigadori) dell'uva contenuta in un sacco di lino riposto in una vasca di trachite (laccu); segue la Sgrondatura del mosto, per via della pressione esercitata dal cazzigadori che danza ritmicamente sul sacco, nella vasca sottostante (sguttorgiu); al termine il trasferimento del mosto (che anticamente avveniva con carro a buoi) nella cantina, dove viene riposto in botti di rovere o castagno solforate (con l’aggiunta cioè di dischetti di zolfo, in sardo “lucchittu”), senza però colmarle: all’interno di queste botti inizia così la prima fermentazione. Far maturare il “mosto fiore” della vernaccia in botti di rovere o di castagno senza colmarle, consente la risalita dei lieviti in superficie, con la visibile formazione di un velo sottile, il “flor”, responsabile principe dell’invecchiamento della vernaccia. Il flor sviluppatosi sulla superfice del vino, grazie al suo metabolismo e in presenza dell’ossigeno presente nello spazio vuoto della botte, contribuisce a formare quel tipico aroma della Vernaccia che, quando è particolarmente intenso, viene definito “murruai” (termine che si pensa abbia origine dai Romani, che usavano la mirra per profumare il vino). Raggiunto un determinato spessore il velo scende in profondità depositandosi sul fondo della botte e contribuendo così a rendere limpido il vino.
Anche la cantina, in cui la Vernaccia è messa a fermentare, non è un luogo qualunque ma un locale dalle caratteristiche particolari: costruito con muri in mattoni crudi, tetto coperto in canne e tegole sarde e con pavimento in terra battuta. Il primo travaso del vino viene fatto nella primavera successiva, ed il secondo di norma nel mese di luglio. L'invecchiamento, in botti di castagno (o anche rovere), porta ad un lento arricchimento in alcool della Vernaccia, per via dei fenomeni di evaporazione dell'acqua attraverso i pori del legno. Il prodotto finale è un vino bianco secco, giallo dorato carico con riflessi ambrati. Ha un profumo delicato di mandorle (su murruai), gusto asciutto, caldo, vellutato con retrogusto amarognolo. La sua acidità è compresa tra i 4/6 per mille. La sua gradazione alcolica è intorno ai 15°/16° e, se molto invecchiata, può superare i 20°. E’ considerato un ottimo vino da meditazione e si abbina perfettamente ai dolci sardi a base di mandorla ( gueffus e amaretti) ed ai mostaccioli di Oristano (con i quali fa un binomio perfetto nel ricevere gli ospiti); la sua temperatura di servizio oscilla tra i 6° e gli 8° e, oltre che accompagnare i dessert risulta anche un ottimo aperitivo. Per poter dare il massimo delle sue qualità organolettiche deve invecchiare almeno 3 o 4 anni, in botte scolma di rovere o castagno.
Oristano e vernaccia possiamo dire che potrebbero essere, ancora oggi, un tutt’uno! Non c’è Sartiglia senza vernaccia, da sempre! Il brindisi e l’augurio de “Su Componidori” mai avverrebbe senza alzare al cielo un bicchiere di buona vernaccia! Già nell’800 il Cettolini scriveva della vernaccia: “…deve essere giudicata con i sensi…è il suo aroma che vale; è la delicatezza del suo assieme che conquista; è quel suo curioso sapore di frutta, di amarognolo, pieno di grazia che non vi stanca mai, anzi vi seduce…”. Questa descrizione poetica ben si addice alla vernaccia, vino secco dalla singolare personalità, rivelata in tutte le sue originali espressioni sensoriali, quali le calde sfumature ambrate del colore, le complesse ed eteree sensazioni olfattive maderizzanti di frutta secca, fiori di mandorlo e miele amaro che si amplificano al palato in una lunga e straordinaria persistenza gustativa.
Eppure, oggi, la vernaccia è un prodotto che non riesce a ritornare ai fasti del passato, potremo dire che nessuno riesce a svegliarla dal torpore, dal “sonno” in cui è caduta! Un prodotto, insomma, che sembra aver perso la lucente grandiosità del passato, dopo aver indossato panni più modesti e spogli. La Vernaccia di Oristano, però, gioiello DOC unico al mondo, non vuole scomparire, lotta strenuamente per riavere il suo antico splendore! Se è vero che nel 1971 fu il primo vino della Sardegna ad ottenere il prestigioso riconoscimento D.O.C., è anche vero che i mutevoli e repentini cambiamenti del mercato ne hanno appannato il precedente successo, mettendone addirittura a rischio la sopravvivenza.
La vernaccia, questo nostro piccolo/grande tesoro, cari amici, è un bene che rischia di andare perduto: sarebbe questa la fine di una tradizione vinicola di altissimo valore, consolidatasi nel corso dei secoli.
Nessuno augura questo amaro destino a questo vino, anche se, per la Vernaccia di Oristano, la produzione e i consumi continuano a restare modesti. A questo destino di oblio, però, si ribellano produttori e appassionati che vogliono, invece, invertire la rotta. L’associazione culturale “Cavatappi d’Idee” (presieduta dall’amico Andrea Riccio), porta avanti da anni un concorso finalizzato alla valorizzazione della Vernaccia del territorio di Oristano, vino simbolo dell’identità gastronomica, enologica e culturale dell’Oristanese. Altre strutture organizzative, in particolare nel periodo del Settembre Oristanese, cercano anch’esse, con ogni mezzo, di incentivarne il consumo. Una di queste, chiamata “Le vie della Vernaccia”, ed è promossa da Fondazione Sa Sartiglia, Regione Sardegna, Sardegna Promozione e Consorzio UNO, il Consorzio che gestisce la sede universitaria di Oristano. Questo Consorzio, attraverso concorsi e incentivi anche a premio, cerca di sollecitare la ripresa del consumo di un ottimo prodotto che può ancora dare, con le sue grandi qualità,  soddisfazioni sia a chi produce che a chi consuma, creando anche lavoro ai giovani.
Conferenze, degustazioni, incontri guidati e tavole rotonde cercano in tutti i modi di riportare al centro della scena questo vino liquoroso, saporito ed aromatico, che può ancora affascinare non solo i sardi ma anche popoli a noi lontani. E’ questo che noi sardo dobbiamo capire: se il nostro prodotto è buono (e ne abbiamo tanti) non limitiamoci a consumarlo ma esportiamolo, facciamolo conoscere in tutto il mondo! Nel terzo millennio che stiamo vivendo, se è vero che i gusti del pubblico sono in continuo cambiamento, è anche vero che oggi i prodotti viaggiano a grande velocità in tutto il mondo! Grazie alla globalizzazione, il mercato è sempre più aperto, sugli scaffali delle enoteche e della grande distribuzione giungono a noi bottiglie provenienti anche da territori lontanissimi come USA o Nuova Zelanda. Se arrivano prodotti nuovi da noi, facciamo anche noi la stessa cosa: esportiamo! Facciamo conoscere al mondo chi siamo e cosa produciamo! Il mondo, ormai è un unico villaggio globale!
Per fare questo, però, noi Sardi dobbiamo imparare a fare qualcosa che finora non siamo riusciti a fare:  sviluppare una maggiore capacità di fare sistema tra i produttori, consorziandosi e studiando strategie di gruppo adatte all’attuale contesto commerciale, a cominciare magari da quelle eno-gastronomico-turistiche tanto sbandierate ma mai perseguite davvero fino in fondo. Noi sardi dobbiamo perdere una buona parte del nostro individualismo per aprirci di più agli altri. Solo così potremo davvero recitare un ruolo importante e non secondario, un ruolo da protagonisti e non da comparse. Spero almeno che siano i giovani a farlo!
La Sardegna ha prodotti unici e straordinari, uno di questi, cari amici, è il vino, in particolare la vernaccia. Assistere alla sua agonia è un vero peccato, per un vino e un’isola davvero unici! Sono certo che, tutti insieme, facendo squadra, possiamo lottare e vincere anche questa sfida.
La vernaccia lo merita, questo nostro sforzo!
Ciao.
Mario

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