mercoledì, marzo 13, 2019

LA MAGGIORE AUTONOMIA RICHIESTA DALLE REGIONI DEL NORD? È LA SECESSIONE DEI RICCHI, DOPO ESSERE CRESCIUTI E DIVENTATI GRANDI CON LE BRACCIA DEL SUD.


Oristano 13 marzo 2019
Cari amici,
Che la riconoscenza non sia di questo mondo è una realtà che affonda le radici nei secoli, così come pensare che una maggiore disponibilità economica sia foriera di maggiore solidarietà, è un’utopia già sperimentata! Ho usato questa introduzione per parlare con Voi oggi della reiterata richiesta avanzata dalle “grasse” regioni italiane del Nord che premono per avere una maggiore autonomia finanziaria rispetto a quella di cui godono oggi; il loro ‘star bene’ non appare sufficiente, in quanto si considerano vittime degli scansafatiche del Sud che, come ‘cicale’ affamate, continuano a saccheggiare il loro granaio, come nella famosa favola di Esopo.
Una tesi quella del Sud sprecone e pelandrone, che non sta né in cielo né in terra, se pensiamo che l’attuale benessere di cui gode il Nord è anche il frutto dei pesantissimi sacrifici fatti da oltre un secolo dagli emigrati del Sud, strappati per fame alle loro terre per produrre proprio per quel Nord che oggi, con la richiesta di autonomia, in realtà vuole scaricare quel Sud improduttivo e si muove cercando, come di solito fanno i neo-ricchi, una secessione che vorrebbe creare un muro divisorio, anziché adoperarsi per colmare la già notevole differenza esistente.
Da tempo tre regioni del Nord, Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna, premono sul Governo con la richiesta di una maggiore autonomia. Queste regioni hanno chiesto l’attivazione dell’iter previsto dall’articolo 116 della Costituzione, secondo cui le regioni con i conti in ordine possono chiedere allo Stato ulteriori competenze (e le corrispondenti risorse) in alcune materie delegabili (come l’istruzione, la tutela della salute e la politica energetica). “Un passo avanti nella responsabilizzazione delle comunità locali”, secondo quanto affermano i proponenti, mentre per i critici, questo passo porterebbe inevitabilmente ad un aumento del divario già esistente tra Nord e Sud!
La seconda ipotesi appare la più reale, se pensiamo che i fabbisogni di spesa per le nuove competenze regionali vengano legati al gettito fiscale. Da ciò ne deriva che saranno tanto più alti quanto più elevato è il gettito di quella regione. In altre parole, il principio che sta per passare è questo: in una regione ricca ci sono più cittadini abbienti, che quindi pagano più tasse; conseguentemente quella regione avrà una retrocessione maggiore dallo Stato da utilizzare come spesa pubblica. Quindi, riepilogando, una regione ricca potrà dare ai propri cittadini molto di più di quello che da adesso.
Poiché, però, il salvadanaio centrale dello Stato è uno solo, quello dato in più alle regioni più ricche diminuirà quello già oggi insufficiente che viene erogato alle regioni più povere. Detto in parole povere vuol dire che la torta sarà divisa in fette ancora più grandi destinate al ricco Nord e fette ancora più sottili destinate alle regioni “più povere”. Sapete dirmi dove va a finire, in questo modo, la solidarietà tra strutture regionali che fanno parte di un unico Stato?
Tutto questo, come del resto appare logico, ha creato preoccupazione e scompiglio nelle regioni del Sud. Persino la Confindustria della Campania ha iniziato una dura campagna per cercare di bloccare il provvedimento in discussione al Consiglio dei Ministri. Paola Nugnes, senatrice 5stelle, eletta nel collegio di Napoli, una donna che non accetta bavagli ed è in pericolo di espulsione dal Movimento, ha detto: «Giancarlo Giorgetti sostiene che se non passa la riforma dell'autonomia cade il governo? Io dico che se passa la riforma delle autonomie cade l'Italia e quindi è meglio che cada il governo piuttosto che l'Italia. Sono in molti nel movimento a pensarla come me».
La mobilitazione nelle regioni del Sud cresce a dismisura, contro quello che viene definito «un federalismo sbilanciato e parziale che rischia di avvantaggiare solo i più forti». Casus belli è soprattutto l’ammontare del gettito fiscale, che le regioni con più autonomia potranno in buona parte trattenere, se passasse la riforma, e che si aggira intorno ai 50 i miliardi di euro, derivanti dalle imposte pagate nelle tre regioni Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna; se una grossa fetta di questi miliardi ora incassati dallo Stato rimanessero alle regioni interessate, come potrebbe, poi, lo Stato trasferire le necessarie risorse alle regioni del Sud (circa 20 miliardi sono quelli destinati a Campania, Sicilia e Calabria…), che necessitano di integrazione?
Cari amici, il problema a mio avviso non è di poco conto. Fare l’Italia che viviamo oggi è costato lacrime e sangue, e, non dimentichiamolo, a contribuire alla costruzione di questa nostra nazione, dal dopoguerra a oggi, sono stati i tantissimi emigrati che, cominciando da Torino, hanno contribuito a far crescere il Nord. Se l’Italia è una sola (così almeno dovrebbe essere), come si fa a pensare che chi è già ricco voglia diventare sempre più ricco, togliendo quel poco che viene retrocesso a chi, purtroppo, è più povero e il benessere ancora non lo conosce? Questa non è equità!
C’è una domanda che, come uomo del Sud, ma soprattutto come cittadino mi pongo e pongo a Voi cari lettori, anche se la risposta è scontata: cosa hanno fatto finora i diversi Governi che si sono succeduti per diminuire il divario tra Nord e Sud? Poco o niente! Ufficializzare, però, che l’Italia non è più una ma divisa in due tronconi, che già viaggiano a diversa velocità, dove chi è ricco si può curare e chi è povero può tranquillamente morire senza cure mendicando una vita dignitosa, questo è un assurdo, che finora non era ancora successo!
Amici, se la parola Patria, quella unica e indivisibile che abbiamo ereditato dai nostri nonni e dai nostri padri, quella UNICA prevista nella nostra Costituzione, riveste ancora un significato concreto, reale, di grande famiglia, dove le differenze tra chi è ben vestito e lavora e chi invece deve essere sostenuto come un fratello, conta ancora qualcosa, allora bisogna dire BASTA! Tutto il Sud, in modo compatto, deve dire NO a certe schifezze, a certi egoistici privilegi, reagendo in maniera forte e decisa, senza esitazioni. 

A domani.
Mario

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