giovedì, febbraio 27, 2014

LA CATTEDRALE DELL’ANTICA DIOCESI DI SANTA GIUSTA: UN CAPOLAVORO DEL XII SECOLO IN STILE ROMANICO-SARDO.



Oristano 26 Febbraio 2014
Cari amici,
il nostro territorio annovera una delle più belle cattedrali in stile Romanico-Sardo: la Basilica di Santa Giusta, a pochi passi da Oristano. Posta in posizione rialzata, adagiata su un poggio alto pochi metri sul livello del mare, questa antica chiesa è ben visibile a chiunque, entrando ad Oristano dall’ingresso sud, attraversi il vecchio tracciato stradale della 131. Il bel giardino realizzato nello spazio antistante crea un effetto di maggior respiro al visitatore che, magari in una calda giornata primaverile, si siede a contemplarla. Socchiudendo gli occhi avrebbe l’impressione di trovarsi in un’altra epoca, quella dell’antico Giudicato degli Arborea.
La Cattedrale fu infatti costruita in pieno periodo Giudicale, tra il 1130 e il 1145, per conto dei Giudici di Arborea, da maestranze pisane, locali, lombarde, e arabe. Realizzata quasi totalmente in arenaria, questo edificio è considerato uno dei più rappresentativi esempi di romanico sardo e più in generale uno dei più importanti monumenti d'importanza storico-artistica esistenti in Sardegna. Considerata la sua posizione rialzata, l'accesso principale alla basilica è dato una un'ampia scalinata. La basilica risulta intitolata a Santa Giusta, santa martire del periodo di Adriano. Giusta, nata da genitori di alto rango nella città sarda di Eaden (abitato nei pressi di Oristano), al tempo dell’imperatore Adriano, cioè fra il 117 e il 138, a soli dodici anni si sarebbe convertita al cristianesimo a opera del sacerdote Octaten, dal quale ricevette il battesimo. Giusta, insieme ad altre due giovani, Giustina ed Enedina, sarebbe perita dopo avere subito persecuzioni e tormenti. Furono sepolte insieme, l’una accanto all’altra. In epoca successiva, al fine d’impedire la profanazione delle spoglie ad opera degli incursori saraceni, queste furono traslate a Cagliari e collocate nella chiesa di santa Restituta. Soltanto il 2 maggio del 2004, i loro resti mortali sono stati ricollocati nella cripta esistente presso la Basilica di Santa Giusta, dove tuttora riposano.
La Cattedrale ha una pianta longitudinale, ripartita in tre navate, di cui quella centrale larga e alta il doppio delle navate laterali; non è presente il transetto e la parete absidale possiede una sola abside orientata. La facciata della basilica mostra, come il resto della struttura, i blocchi squadrati di arenaria a vista. Si tratta di una facciata ripartita in tre registri, corrispondenti alla suddivisione interna in navate: quindi, anche in questo caso i registri laterali sono larghi la metà di quello centrale. Il portale è delimitato ai lati da due stipiti marmorei, conclusi da pseudo-capitelli decorati a foglie, e da un architrave, anch'esso marmoreo. Questo, alle estremità, reca scolpiti un leone e una leonessa nell'atto di ghermire dei cervi: il sesso delle due fiere è particolarmente enfatizzato, e la leonessa mostra sulla coscia una croce, realizzata attraverso una differente realizzazione del pelo. Conclude il portale una lunetta al centro della quale campeggia una croce in basalto scuro.
La trifora è un delicato elemento architettonico caratterizzato da esili colonnine marmoree, dotate di base e di capitello. Questa è l'unica apertura esistente sulla facciata, in grado di assicurare luce all'interno. La sommità della facciata è conclusa da un timpano tripartito, la cui suddivisione contraddice però la tripartizione del resto del registro centrale. Nella campitura centrale del timpano campeggia una losanga gradonata. Ai fianchi delle lesene del registro centrale si alzano due colonne marmoree, di cui quella di destra è spezzata. Questa presenza ha fatto pensare che in un lontano passato la facciata potesse essere anticipata da un portico o una struttura simile.
Le navate della chiesa all'interno sono divise tra loro da sette colonne culminanti in arcate: tali colonne sono la maggior parte materiale di spoglio, così come i capitelli che le completano e le basi su cui poggiano. Il materiale marmoreo per la cattedrale venne recuperato in massima parte dai centri di Tharros (colonne romane addirittura più antiche dell'epoca cartaginese), Neapolis e Othoca. Il pezzo più antico di questa parte della cattedrale è un capitello corinzio della prima metà del II secolo, mentre in assoluto il pezzo di spoglio più antico è una base di colonna costituita da un capitello corinzio del primo secolo a.C. posta nella cripta dell'edificio. Le navate laterali sono coperte da volte a crociera, mentre la navata centrale ha copertura a capriate lignee. La parete laterale settentrionale è completamente libera, a differenza di quella meridionale, alla quale nel corso dei secoli sono state addossate le due cappelle e gli annessi parrocchiali.
Il presbiterio risulta elevato rispetto al resto dell'aula a causa della presenza della cripta. L'accesso a questo si ha mediante un'angusta scala posta a destra della scalinata che permette di salire al presbiterio stesso. La cripta ha forma rettangolare, e in corrispondenza dell'abside superiore ha anch'essa una catino absidale. La copertura è a volta a crociera, sostenuta da sette tozze colonne, dotate di capitello scolpito appositamente. Questa cattedrale presenta alcuni elementi che confermano la presenza di maestranze pisane nella sua costruzione. Il primo di questi elementi è la losanga gradonata che campeggia nel timpano della facciata, elemento che riveste grande importanza per la storia dell'architettura romanica in Sardegna, poiché lo stesso lo si ritrova anche nelle strutture del Duomo di Pisa. Ancora, nella parete absidale, il gioco di colonnine addossate alla muratura e in particolare l'abaco dadiforme, che congiunge i capitelli delle colonnine agli archetti, è una soluzione adottata anche nel medesimo Duomo toscano. Questi elementi attestano la sicura presenza nel cantiere di Santa Giusta di maestranze pisane a fianco di quelle sarde.
La datazione precisa della sua edificazione la si ricava da vari documenti: l’anno 1118 è quello in cui papa Gelasio II consacrò la cattedrale di Pisa, mentre il 1144 è l’anno della sicura conclusione della chiesa di Santa Maria a Terralba, praticamente edificata in contemporanea alla prima struttura della Cattedrale di Santa Maria di Oristano. Questo fa presupporre che la costruzione della basilica di Santa Giusta giunse a conclusione prima della metà di quel secolo, in data molto vicina a quella del completamento delle basiliche oristanese e terralbese. Tra gli studiosi che si sono occupati della cattedrale, alcuni, a causa delle testimonianze altomedievali ivi conservate, come il pluteo marmoreo, i capitelli altomedievali e il riferimento, in manoscritto astigiano del 1080, ad un Ephisius, vescovo di Santa Giusta, hanno ipotizzato la presenza di un precedente edificio di culto, ma le indagini archeologiche effettuate hanno dato esito negativo.
Tra il X e l’XI secolo, con il formarsi dei giudicati, si modificò anche la struttura ecclesiastica sarda. La sede vescovile di Forum Traiani (divenuta nell'Alto Medioevo Chrysopolis) fu abbandonata, creando una nuova cattedra vescovile a Santa Giusta. Questa nuova sede, arricchita da una bella cattedrale fu sede arcivescovile dal 1.180 al 1515, quando fu soppressa ed accorpata a quella di Aristanis (attuale Oristano). Ultimo vescovo della diocesi fu certo Gaspare Torrella, medico personale di Papa Leone X. Nella Cattedrale di Santa Giusta si tenne un celebre Concilio Plenario Sardo nel 1226: precisamente dal 13 al 14 di Novembre, presente un Legato Pontificio. Una importante testimonianza storica inerente la diocesi a Santa Giusta è del 1119: in questa data il presule Augustinus presenziò alla riconsacrazione della chiesa di San Saturno a Cagliari.
La chiesa attraverso i secoli della sua storia non ha subito grandi rimaneggiamenti, conservando quasi intatta la sua bellezza originaria. l’unico importante intervento fu quello della costruzione delle due cappelle del lato sudorientale, costruite nel XVI sec.: la cappella del Rosario e quella dello Spirito Santo. La prima è completamente affrescata con delle rappresentazioni di panneggi purpurei che incorniciano un antico crocifisso. 
Nella medesima cappella è presente anche un retablo ligneo datato 1700 recentemente restaurato avente al suo interno la statua lignea di Sant’Antonio da Padova, la cui immagine è riproposta anche sul soffitto (anch’esso affrescato) con la tipica iconografia dello Spirito Santo che incombe fra i due putti. In questa cappella si trovano anche le tombe di Domenico Casula e Chiara Deidda, probabilmente gli stessi finanziatori della cappella. La seconda cappella, quella dello spirito Santo, è più spoglia ma presenta sul soffitto un grande affresco dell’Arcangelo Gabriele, che probabilmente è rappresentato, data l’iconografia con giglio in mano, nell’istante dell’ Annunciazione. La chiesa custodisce opere di grande interesse artistico: il crocefisso posto nella nicchia del presbiterio, proveniente dal convento cappuccino di Ollolai, risalente al 1400 - 1500, oltre a croci, statue lignee e dipinti, opere datate dal 1600 al 1800. Nella sacrestia si trova un pregiato dipinto, raffigurante le sante Giusta, Giustina ed Enedina, del 1800.
Nel 1847 l'arcivescovo oristanese Saba fece realizzare un recinto in pregiato marmo di Carrara, separante il presbiterio dal resto dell'ambiente interno; nel 1876 fu addossato ad una colonna, che ancora reca i segni delle grappe, un pulpito, anch'esso marmoreo. Nel 1860 il campanile a vela che si elevava dallo spiovente della navata sinistra crollò: per rimediare alla perdita nel 1875 si iniziò la costruzione della torre campanaria, che ancora sorge a destra della chiesa, in linea con la parete absidale. La torre campanaria giunse a conclusione nel 1908, ma, sempre alla fine del primo decennio del Novecento, Dionigi Scano lo sollevò notevolmente, rendendolo la struttura più alta dell'intero paese. Nel 1961 il Ministero della Pubblica Istruzione decretò la sostituzione degli arredi sacri - pulpito, balaustra, recinto marmoreo - posti nell'Ottocento. La loro effettiva sostituzione giunse solo nel 1983, con il restauro condotto da Aldo Lino.
La bella chiesa fin dal 1800 ha il rango di “Basilica” ed è considerata monumento nazionale. Oggi la chiesa è la parrocchiale del centro abitato di Santa Giusta ed ha mantenuto, pur in modo formale, il suo rango di “Sede Vescovile”, con a capo un vescovo “itinerante”, un prelato della curia vaticana, impegnato in relazioni ecclesiastiche in altre parti del mondo. La cura dell’antica Diocesi è affidata  all’Arcivescovo Metropolita di Oristano.
Ecco, cari amici, la storia di una bella chiesa e della sua antica funzione vescovile. 
A noi rimane la bellezza di una struttura romanica che ha pochi eguali in Sardegna. Prima di chiudere una curiosità, sulla grande santa a cui questa bella basilica è dedicata. Fra le tante leggende, legate soprattutto alla straordinarietà dei miracoli attribuiti a Santa Giusta, ce n’è una abbastanza curiosa. Pare che la gustosa e pregiata vernaccia abbia tratto origine proprio dalle sue lacrime. Stante la scarsa salubrità della paludosa zona di Oristano, molti secoli addietro la malaria aveva falcidiato la popolazione. Santa Giusta; la Santa, mossasi a compassione, sarebbe tornata sulla terra e avrebbe pianto per la sorte della sua gente. Le lacrime cadute sul terreno avrebbero provocato la nascita spontanea di tante pianticelle: il vitigno della vernaccia. Che, da allora, i contadini del luogo continuano a coltivare con amore e perizia.

E se in un primo tempo a quel vino eccellente furono attribuite molte guarigioni dalla malaria pestifera, oggi lo stesso prodotto, dopo anni di abbandono,  rappresenta nuovamente una voce importante nell’economia agricola dell’Oristanese. 
Grazie, amici, della Vostra sempre gradita attenzione.
Mario

1 commento:

Anonimo ha detto...

Salve, sa per caso se la chiesa ha subito restauri più o meno recenti?