mercoledì, novembre 16, 2011

I SARDI E LA LORO “ SINDROME D’IMPOTENZA”.


Oristano 16 Novembre 2011

Cari amici,

oggi volevo ‘riflettere’ analizzando con Voi uno dei mali più pericolosi della nostra amata Sardegna: la atavica e ormai cronica “sindrome d’impotenza”.

Il Dizionario della Lingua Italiana Hoepli definisce il termine medico “Sindrome”, quel “complesso di sintomi che concorrono a caratterizzare un quadro clinico, indipendentemente dalle cause che li producono”. La parola sindrome, quindi, è usata in medicina per designare un determinato “complesso di sintomi” che concorrono a designare un quadro patologico, senza con questo far riferimento alla loro causa e alla natura dell`affezione scatenante lo stato morboso.

Passando dal campo medico a quello sociologico come potremo intervenire proficuamente, porre rimedio, a quella pericolosa “Sindrome d’impotenza” che continua, da tempo immemorabile, ad attanagliare i Sardi? Essa è sicuramente costituita da una lunga serie cause e concause che si sono sedimentate nel tempo e che, lentamente ma inesorabilmente, hanno fatto cronicizzare questo stato morboso.

Questa mia riflessione è scaturita, ieri, dalla lettura delle pagine dell’Unione sarda, dove un articolo a firma di Miranda Spada di Assemini, e titolato “La Sarda Sindrome”, ha risvegliato in me antiche amarezze.

Vorrei che lo leggeste anche Voi, prima di terminare la mia riflessione. Eccolo.

Mi ha colpito molto il grido di dolore di Miranda che, pur nata in terra straniera, in Olanda, ha voluto fortemente mantenere dentro di se, come un inestinguibile cordone ombelicale, la “sua” Sardegna.

Miranda, come spesso succede a chi per ragioni economiche lascia la Sardegna, può fare meglio di noi raffronti con altre realtà, fare diagnosi più precise, ancorché impietose, della nostra vera malattia: l’incapacità di reagire e combattere l’apatia che da secoli permea la gran parte dei sardi.

Voglio ripeterle, sottolineandole in grassetto, le sue bellissime parole che definiscono la nostra terra:

“…La Sardegna è un’isola che ha molto da dare, un paradiso caraibico in Europa. Da nessuna parte si vede un mare dai colori così intensi; spiagge stupende; panorami inebrianti; silenzi e cibo genuino. Realtà incontaminate dove l’amore per la natura prevale sul cemento. La Sardegna è una sinfonia di suoni e di colori naturali. Il blu, il giallo e il rosa spiccano lasciando estasiati. Rocce maestose di ogni forma; isole nell’Isola esaltate dal turchese di un’acqua cristallina. Tradizioni, identità e lingua sono il simbolo di una storia antichissima. Misteri e realtà che si intrecciano, esaltandone fascino e ricchezza. Qui non manca niente, tranne la consapevolezza dei sardi di essere il popolo più fortunato del mondo. Un fatto che impedisce di produrre benessere autonomo e diffuso. Un contrasto incomprensibile…”.

Quelle di Miranda, però, non sono solo parole d’amore. Le sue ultime affermazioni mettono il dito sulla piaga, quando sostengono che manca “ la consapevolezza dei sardi” di essere il popolo più fortunato del mondo.

Consapevolezza! Ecco la parola giusta che mancava. I Sardi che nel tempo hanno cronicizzato il loro stato servile, adattandosi quasi adagiandosi nella loro incapacità di reazione, hanno perso la consapevolezza che per uscire da una realtà che li vede perdenti debbono innanzitutto maturare la “consapevolezza” che, invece, potrebbero essere “vincenti”, mettendo a frutto quella “ricchezza” che possiedono e che continuano ad ignorare. Consapevolezza, cari amici, che “Gli altri”, quelli che la Sardegna la calpestano da secoli e che la “usano” non hanno interesse a far crescere, anzi!

Noi e “solo” noi possiamo maturarla e metterla in pratica questa consapevolezza della nostra forza e del nostro valore. Solo abbandonando l’individualismo esasperato che continua ad attanagliarci e che ci danneggia tutti, possiamo, davvero, dare ai nostri figli un futuro migliore, un futuro di speranza.

Nel meeting internazionale dei giovani discendenti di emigrati sardi svoltosi a Chia dal 23 al 26 giugno scorso per iniziativa della Regione, si sono messe in luce non poche criticità: si è sottolineato, soprattutto, assieme alla forte identità che questi ragazzi hanno mantenuto nei confronti della Loro terra d’origine, le auspicate prospettive e i desiderata per il loro futuro, possibilmente non in “terra straniera”.

L’orgoglio dei nostri figli nati fuori dalla Sardegna era evidente, palpabile. “La Sardegna ha qualcosa di speciale che le permette di ricordare le antiche memorie”, dice uno. Poi continua: “…La passione ostinata con cui ripetiamo all’infinito la nostra arte, la nostra musica, le nostre danze, i costumi ancestrali, la lingua… sono garanzia che la nostra identità sarda non è morta e non finirà”. «Posso dirlo senza vergognarmi? Avevo nostalgia della mia terra, della Sardegna. Qualcosa di struggente, di profondo: non ho mai pianto ma ci sono andata molto vicino”, dice la dott.ssa Barbara Melis, rientrata in Sardegna con in tasca una laurea in chirurgia di prestigio mondiale. Rientrata in Sardegna per nostalgia!

Facciamo si, come scrive Miranda Spada, che il nostro individualismo esasperato non danneggi anche queste “nuove generazioni”. Aiutiamoli a guarire dalla sindrome d’impotenza, facendo maturare dentro di loro la consapevolezza della loro forza e della bontà e qualità della loro terra d’origine, la Sardegna. Loro potranno conquistare quella libertà economica e culturale che i nostri predecessori, noi compresi, non sono riusciti a raggiungere. Come dice saggiamente M. Spada “ La Sardegna è una miniera, ma i diamanti vanno estratti con impegno e motivazione”.

Crediamoci! I nostri diamanti sono i più preziosi del mondo!

Grazie dell’attenzione.

Mario


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