LA SARDEGNA IN UNA ANTICA INCISIONE.
Inserisco nel blog un mio intervento relativo all'interessante Convegno che la Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Sassari ha recentemente realizzato:
Le Risorse Paesaggistiche della Sardegna:un problema di
governo,una questione culturale.
IL FINE GIUSTIFICA SEMPRE I MEZZI ?
Il detto machiavellico del fine che giustifica i mezzi è sembrato trasparire dall’intenso ed interessante dibattito che l’altra sera ha animato l’aula rossa della nostra facoltà.
Importanti i personaggi presenti e, soprattutto interessante e coinvolgente l’oggetto della discussione.
Partendo dalla lucida analisi del recente libro dell’Arch. Sandro Roggio, “ C’è di mezzo il mare”, variamente commentato sia nell’introduzione dalla Prof. Antonietta Mazzette, che dai successivi relatori, la conversazione ha avuto un brillante seguito con la appropriata lettura della parte più ironica del libro (il Paese di Diamante) da parte dell’attore Sante Maurizi.
Lasciando da parte la scenografia ed entrando nei contenuti è apparso subito chiaro che il libro era la “testa di ponte” di un importante quanto difficile problema che tiene banco oggi in Sardegna: la salvaguardia e la protezione del nostro territorio.
La discussione ha messo in luce non poche problematiche. Diverse le interpretazioni, come diverse mi sono sembrate le vie, i percorsi, seguiti ed ancora da seguire per raggiungere il comune scopo condiviso: proteggere nella maniera più appropriata quanto ancora rimane di integro, di naturale, nella nostra terra sarda, per poterlo, poi, trasmettere alle future generazioni e consentire anche a loro di usufruirne.
Perché mi sono riferito, introducendo questo scritto, al detto machiavellico “ Il fine giustifica i mezzi” ? Cerco di spiegarlo.
La Sardegna nei secoli ha avuto, quasi sempre, dominatori. Il suo popolo, il Popolo sardo (per me i Sardi sono un Popolo), sempre dominato. L'isola, forse per la sua posizione strategica al centro del Mediterraneo, è stata quindi perenne terra di conquista. I dominatori nelle varie epoche ne hanno devastato il territorio, sfruttando il sottosuolo o cancellando, in passato, le foreste, o introducendo una industrializzazione fuori luogo nel presente, anziché assecondarne ed incentivarne le risorse naturali.
Ci interroghiamo, oggi, cosa possiamo ancora fare per salvare quanto ancora salvabile e preparare, nella maniera migliore, il nostro futuro.
La riflessione ed il confronto sull’uso-consumo del territorio sardo deve riguardare tutti non solo gli addetti ai lavori. A questi ultimi il compito di stabilire le regole per la salvaguardia e la tutela di tutto il territorio, non solo delle coste ma anche dell’interno, ma partendo dalla “condivisione”, non dalla logica della norma calata dall’alto, a cui i sardi sono da secoli abituati. Non continuiamo con la vecchia logica del Principe, di machiavellica memoria.
Nel riepilogare gli interessanti interventi, prima del dibattito, voglio commentarne alcuni.
Il giornalista Costantino Cossu ha messo a fuoco un punto cruciale, quando ha detto che un passaggio del PPR non lo convinceva: quello che prevedeva, nelle future urbanizzazioni del territorio, l’imprimatur “unico” dei vertici regionali. Credo che sia un modo per spogliare i Comuni, espressione vera, concreta, degli abitanti di quel territorio, del potere residuo, solo formale. Se una legge è chiara e prevede delle regole precise, la sua applicazione non può essere delegata? Quella del giudice unico è un modo per dire che i Comuni non sono in grado neanche di applicare le norme. Ecco perché esiste il concreto pericolo che l’imminente Referendum veda rigettato un Piano, condivisibile nella sostanza ma errato nelle procedure formali: è mancato, nella fase di preparazione, come ho detto nel dibattito, il coinvolgimento forte dei Sardi.
Sandro Roggio, sostenitore convinto del Piano, non ha mancato di mettere più di una volta il dito nella piaga. Mi è sembrato di vedere nel suo libro della amarezza nel constatare la “pochezza” della nostra classe politica (che condivido) quando afferma che solo la forza , spesso non condivisa, del Presidente Soru ha consentito il via libera al PPR. Senza questa forza, nulla sarebbe mutato. Ma Sandro Roggio scrive anche del pericolo che un Presidente con i superpoteri può causare: domani un uomo solo può anche approvare un pessimo Piano.
Lo scrittore Giorgio Todde mi è sembrato troppo “di parte”. E’ pur vero che è stato protagonista e parte attiva e determinante nell’iter di formazione del Piano, ma la sua convinzione che non vi sono stati errori, neanche procedurali, mi è sembrata come minimo eccessiva.
Il successivo dibattito ha messo in luce dubbi, perplessità, incertezze. Gli studenti intervenuti hanno dimostrato non solo interesse ma anche preoccupazione e ansia per il futuro.
La nostra Prof. Mazzette ha cercato, come padrona di casa, di mettere tutti a proprio agio. Ha anche detto che è stata accusata di “mediare troppo”, accusa che non condivido. Credo, invece, che abbia voluto, soprattutto dialogare, confrontare, ascoltare. E’ sentendo le voci più diverse, anche le più distanti, che possiamo, che dobbiamo, metterci in gioco: confrontiamoci in continuazione.
Se tutto il nostro sistema politico e di governo usasse di più il dialogo ed il confronto anzichè l’imposizione, se si passasse dalla logica di Government a quella di Governance, potremo, davvero, sostenere di essere tutti coinvolti e protagonisti delle nostre scelte future, ma, soprattutto, potremo essere orgogliosi del nostro insostituibile ruolo di Cittadini e non di Sudditi.
Mario Virdis
virdismario@tiscali.it - http://www.amicomario.blogspot.com/
venerdì, dicembre 07, 2007
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