venerdì, ottobre 25, 2024

LA STRAORDINARIA CAPACITÀ DI RESISTENZA DELLA “SALSOLA” (DA NOI NOTA COME ROTOLACAMPO), PIANTA INFESTANTE DEFINITA QUASI IMMORTALE.


Oristano 25 ottobre 2024

Cari amici,

Della strana pianta di cui voglio parlare con Voi oggi, quelli della mia età qualcosa la sanno, perchè l’hanno addirittura potuta osservare nei fil western, tanto in voga negli anni 70/80 del secolo scorso; gli sceneggiatori di questi film, infatti, utilizzavano come oggetto di suspence un cespuglio secco di “SALSOLA”, che rotolava, mosso dal vento, nella strada di fronte al Saloon, mentre i due pistoleros protagonisti si affrontavano in duello! Quella palla rotolante creava nello spettatore, unitamente a lento sottofondo delle meravigliose musiche di Ennio Morricone, un clima particolarmente drammatico, considerato assolutamente avvincente.

Questa pianta, amici, è la SALSOLA L., un'erbacea arbustiva appartenente alla famiglia delle Amarantacee, originaria del Continente Euro-Asiatico e successivamente diffusasi anche in America (arrivata alla fine del XIX secolo, entrata nel Continente americano come clandestina in sacchi di semi di lino arrivati pare dalla steppa russa). Seminando quel lino proveniente dalla lontana Russia, miscelato ai semi di Salsola, successe un vero e proprio disastro: la Salsola si riprodusse in maniera incontrollabile, riempiendo in poco tempo i deserti americani del mitico Far West, come poi abbiamo potuto osservare dalle immagini cinematografiche.

La Salsola, amici, è una pianta antichissima; menzionata fin dai tempi biblici (non è escluso che il famoso “Roveto ardente” fosse proprio un cespuglio di Salsola), che era utilizzata in particolare per la bontà della sua cenere, ritenuta ideale per produrre il  sapone con cui lavare i tessuti. Una cenere importante, tanto che ancora oggi questa cenere è usata per fabbricare il vetro. A parte questi pochi usi, la Salsola è una pianta davvero infestante, addirittura praticamente “immortale”, vista la sua capacità di resistenza straordinaria!

Vive praticamente di nulla, riproducendosi in zone praticamente aride, secche. e talvolta anche saline o acquitrinose; la Salsola è infatti una pianta considerata alofita, proprio per via di questa sua caratteristica. Ciononostante la sua resistenza è al top, tanto da essere considerata praticamente immortale! Pur essendo una pianta a ciclo annuale, una volta secca tiene in serbo una montagna di semi tra i rami: fino a 200.000 in una sola pianta!

Una volta diventata secca, il cespuglio si stacca dalla radice e, appena soffia il vento, il cespuglio a forma di palla inizia a rotolare velocemente (fino a 40 km all’ora), facendo sì che i semi si spargono in tutti i terreni  lungo percorso; questi, appena trovano un po’ di umidità germinano, dando vita a tante altre nuove piante. Negli USA il dipartimento dell’agricoltura (Department of Agriculture – DOA) per decenni ha provato a liberarsi del problema ma senza risultati soddisfacenti. Ovunque si estirpi una pianta di Salsola, ne spuntano altre.

Amici, la Salsola è davvero una pianta difficilissima da combattere, considerata assolutamente invasiva. È la sua estrema capacità di sopravvivenza che la fa considerare quasi immortale. Anche quando alla vista si mostra secca e appassita, dentro è vivissima, e continua produrre semi che, come accennato prima. tra un rotolamento e l’altro, seminano chilometri di suoli seppure aridi. La sua è una dote aggressiva, che le permette di vivere e moltiplicarsi in uno dei luoghi meno fertili di questo pianeta! Inoltre, coperta di spine com’è, non è funzionale alla vita di nessun altro essere vivente, né tantomeno viene usata dagli insetti per l’impollinazione! Insomma la Salsola, a prescindere da tutto, esercita con forza il suo diritto all’esistenza!

Cari amici, credo che la Salsola, che ha fatto della filosofia della sopravvivenza una strategia inattaccabile, possa, però, insegnarci qualcosa. Spesso l’uomo, anche di fronte a difficoltà non proprio severissime, si arrende e si lascia andare. Tutti possiamo cadere, ma l’importante è non mollare e cercare subito di rialzarci; a volte, come ci insegna la Salsola, basta un alito di vento per trovare nuovo terreno fertile e ricominciare da zero. Sposiamo la filosofia di sopravvivenza di questa pianta, e riprendiamo, sempre e comunque, a camminare con lungimiranza verso il futuro, verso l’avvenire. Sempre, a qualsiasi età, perchè chi è giovane dentro e si fa sospingere dal vento non invecchia e non morirà mai!

A domani, amici lettori!

Mario

 

giovedì, ottobre 24, 2024

ENERGIE RINNOVABILI: ALLO STUDIO NUOVI SISTEMI PER SFRUTTARE L’ENERGIA EOLICA IN MODO MENO INVASIVO E PERICOLOSO. ECCO LE “TURBINE IMMOBILI”.


Oristano ottobre 2024

Cari amici,

Che le energie rinnovabili siano il futuro del nostro pianeta è una realtà incontestabile. Dall’energia idroelettrica a quella prodotta dai pannelli solari e dal vento, tanti i sistemi per cercare di dare un futuro più vivibile alle nuove generazioni, mandando definitivamente in soffitta i carburanti fossili, che continuano a mettere in pericolo la futura sopravvivenza del nostro pianeta. Il problema è alquanto serio, perché i nuovi sistemi di produzione debbono necessariamente essere in grado di coesistere con la vita svolta finora dall’uomo sulla terra, salvaguardando l’ecologia, il paesaggio, la storia e le tradizioni.

Ampio il dibattito che ogni giorno viene portato avanti sui danni, per esempio, che l’installazione sia dei pannelli solari che delle pale eoliche crea sul territorio, con forti reazioni da parte della popolazione che vede, in particolare nell’installazione delle pale eoliche, la distruzione di un patrimonio assolutamente da salvaguardare. La Sardegna in particolare ha avuto reazioni pesantissime sulla folle richiesta di coprire gran parte del territorio dell’isola con i potentissimi aerogeneratori.

Amici, reazione condivisibile e ampiamente giustificata, perché progetti portati avanti in maniera speculativa, senza nessun coinvolgimento della popolazione interessata. Bisognerà trovare soluzioni adeguate, per evitare danni che, una volta fatti, saranno irreversibili! Mentre la politica cerca una possibile soluzione, gli studiosi continuano le loro ricerche e alcuni studi sembrano approdare a soluzioni meno invasive e più accettabili delle immense pale eoliche in corso di installazione in terra e in mare.

Uno degli studi più interessanti è quello portato avanti dalla “BMW GROUP AEROMINE TECHNOLOGIES”, che lavora ad un progetto innovativo con una tecnologia d’avanguardia. Sarebbe il primo sistema eolico "immobile" del Regno Unito, e il primo esemplare è stato installato su un tetto di un loro stabilimento ad Oxford. Contrariamente alle turbine eoliche che conosciamo, collocate su enormi pale che girano per azionare un generatore di elettricità, questo sistema ideato dall'azienda statunitense Aeromine Technologies, produce l'energia senza movimento delle pale, con il vantaggio di essere più silenziosi e più sicuro anche per gli uccelli.

Ma come è fatto e come funziona questo sistema di energia eolica senza movimento? Intanto, c’è da dire che, allo stesso modo delle pompe di calore e degli altri dispositivi previsti dalla transizione energetica pulita, anche queste turbine non sono molto belle da vedere. Si collocano sui bordi dei tetti, inclinate verso la direzione da cui arriva maggiormente il vento. L'unità operativa è composta da profili alari verticali che creano un effetto di vuoto, attirando il vento all'interno dove si trova un'elica in grado di generare elettricità.

Come spiega Claus Lønborg, amministratore delegato di Aeromine, "La nostra tecnologia per l'energia eolica "immobile" è stata progettata per lavorare senza problemi accanto agli impianti solari, massimizzando la produzione di energia rinnovabile dai tetti e aiutando a risolvere problemi come il rumore, le vibrazioni e l'impatto sulla fauna selvatica". Come accennato, il primo impianto eolico “immobile” del Regno Unito è stato installato sul tetto dello stabilimento di Oxford del BMW Group Aeromine Technologies. L'unità funziona insieme a un sistema solare di pannelli, collocati sul tetto (un insieme di 11.000 pannelli), che coprono un'area grande come cinque campi da calcio e generano elettricità sufficiente ad alimentare l'equivalente di 850 famiglie per un anno.

L'idea di associare i due sistemi (pannelli solari e eolico) è scaturito dall’idea che l'unità eolica possa intervenire quando le condizioni dell'energia solare si indeboliscono: la sera e durante l'inverno. Secondo l'azienda, gli impianti eolici di Aeromine sono tipicamente da 50 kW o più e sono ideali per edifici di grandi dimensioni e con tetti piani, come magazzini, centri dati, uffici e condomini. L’idea della Aeromine pare abbia contagiato già altri ipotetici produttori, tanto che l’idea delle “turbine immobili” pare camminare più che velocemente.

Altri eco-inventori, infatti, si stanno dando da fare. L'azienda francese New World Wind, ad esempio, ha creato la tecnologia "Aeroleaf" che colloca microturbine eoliche su strutture che sembrano alberi. Queste si integrano facilmente in ambienti urbani, come le strade residenziali, e sono anche silenziose. Un altro progetto, che non prevede l'utilizzo di pale, proviene dalla startup spagnola Vortex Bladeless. Soprannominata "Skybrator": la sua turbina genera energia solo attraverso le vibrazioni.

Cari amici, il raggiungimento degli obiettivi di emissioni nette zero entro il 2050 dipenderà in larga misura dal successo dello sfruttamento dell’energia eolica e solare. Con i nuovi generatori “Turbine immobili”, che si interfacceranno con i pannelli solari, significa fare affidamento su una combinazione di risorse energetiche distribuite (DER), che è possibile collocare sui tetti delle strutture residenziali e commerciali.  Un mix che, applicato in larga scala, potrà davvero portare a quei risultati tanto attesi!

A domani.

Mario

mercoledì, ottobre 23, 2024

IL SAPORE DELL'ACQUA. SFATATO IL MITO CHE L'ACQUA È INODORE E INSAPORE. IN REALTÀ UN CERTO GUSTO CE L’HA!


Oristano 23 ottobre 2024

Cari amici,

Che l’acqua per l’organismo sia un bene prezioso e indispensabile è cosa alquanto nota. Se l'uomo, infatti, può sopravvivere fino a quindici giorni senza nutrirsi di cibo, senza acqua non sopravvive che per pochissimo tempo (qualche giorno); la disidratazione, infatti, diminuisce il volume plasmatico, l'attività cardiaca, la sudorazione e la capacità di resistenza. Il consiglio degli specialisti è che per tenere il corpo in salute è necessario berne almeno 1,5-2 litri di acqua al giorno.

L’acqua, dunque, questo bene preziosissimo, è un nostro alleato quotidiano. Questo liquido, da sempre definito “INODORE E INSAPORE”, in realtà  un certo gusto ce l’ha, anche se tenue  e delicato, rispetto alle diverse altre bevande che ogni giorno consumiamo. Cosa dà, dunque, un certo gusto all'acqua? L'acqua, sia quella dei torrenti, dei fiumi e dei laghi, così come l'acqua in bottiglia, contiene sempre dei sali minerali e altre particolari sostanze che derivano dal discioglimento delle rocce che l'acqua attraversa prima di affiorare in superficie. Sono proprio queste sostanze a conferire all'acqua il suo particolare gusto.

Seppure, fin dall’antichità, i filosofi abbiano affermato che l’acqua non ha sapore, gli studiosi di oggi sostengono che il gusto invece l’acqua ce l’ha, ed è legato, oltre a quanto affermato prima, alle nostre papille gustative, Ad esempio l’acqua ci sembra più dolce dopo aver mangiato qualcosa di salato, secondo alcuni esperimenti compiuti, l’acqua fa attivare in modo molto intenso gli stessi recettori del sapore aspro, per cui si può affermare, senza ombra di dubbio, che l’acqua, quando la beviamo, un suo gusto ce l’ha, e si differenzia a seconda del cibo che mangiamo, passando dal dolce al salato, dall’amaro all’aspro!

Amici, l’acqua, dunque, anche se incolore, limpida e inodore, un suo gusto ce l’ha, e alcune sue note di pregio derivano proprio dai sali minerali contenuti, e anche dal tipo di bollicine naturali che lasciano sul palato una sensazione tattile particolare; in primis la sentiamo sulla lingua, perché l’anidride carbonica ha un rimando acidulo. Quindi, riepilogando, le acque molto  ricche di sali minerali risultano molto saporite, e, secondo gli esperti, si si sposano bene con piatti di pesce e frutti di mare, ma anche con formaggi importanti o stagionati, come il grana, il pecorino sardo e il gorgonzola.

Le oligominerali, invece, ovvero quelle che contengono  pochi sali minerali, hanno un sapore più delicato,  che si accompagna bene con i vari tipi di pasta e con tutte le  verdure. Infine, quelle povere di minerali, cioè molto leggere (solitamente provengono da sorgenti di alta montagna), esse vanno a nozze con tutti gli insaccati e con la maggior parte dei dolci. Amici, non dimentichiamo poi che l’acqua la ritroviamo in tantissimi alimenti: le patate, per esempio, sono costituite da acqua all’80 per cento, i pomodori, contengono il 95 per cento di acqua, solo per fare due esempi! Noi stessi, poi, siamo costituito dal 65 per cento da acqua, il che ci fa più liquidi che solidi, con un rapporto di quasi due a uno!

L’acqua, amici lettori, oltre che essere assolutamente indispensabile, è in natura la cosa più bella che esiste! Ci basta osservare l’acqua limpida delle sorgenti, l’acqua trasparente dei ruscelli e l’acqua delle fonti campestri, quella che raccogliamo nel palmo della mano e che portiamo alle labbra per dissetarci, magari dopo un’escursione che ci ha stancati e assetati! Purtroppo ne comprendiamo l’importanza e la sua indispensabile presenza, solo quando iniziamo ad accorgerci della sua mancanza!

Cari amici, l’acqua è un bene preziosissimo, da custodire e da non sprecare mai! Evitiamo di usarla fuori misura e senza ragione, perché mancherebbe, poi, a noi e agli altri! I cambiamenti climatici in atto stanno creando grossi problemi di siccità (in questo momento la nostra Sardegna soffre non poco, con gli invasi a meno della metà della loro normale capienza), per cui ogni spreco è un delitto! Sta a tutti noi, rispettarla e usarla con rispetto e moderazione.

A domani, amici lettori.

Mario

martedì, ottobre 22, 2024

ORISTANO E IL DIFFICILE PUZZLE DELLA CONSERVAZIONE E VALORIZZAZIONE DEL SUO PATRIMONIO STORICO. DA “PRAZA DE SA MAJORIA A L’EX REGGIA GIUDICALE”.


Oristano 22 ottobre 2024

Cari amici,

Che Oristano nel passato abbia avuto un ruolo ed un’importanza notevole, quando il suo Giudicato d’Arborea era il più importante dell’isola e poteva competere e dialogare alla pari con i regni più importanti del mediterraneo è cosa più che nota. Col passare del tempo, però, la polvere dell’oblio si è posata con strati sempre più ampi sul suo patrimonio storico, che è stato in gran parte cancellato dalle demolizioni dei vari monumenti che, invece, erano il ricordo del suo glorioso passato. A dimostrarlo basti la demolizione, avvenuta ai primi del Novecento, dell’importante “Porta a Mari”, adiacente all’attuale Piazza Manno, una volta “Pratza de sa Majoria”, oltre alla quasi totale scomparsa dell’antica cinta muraria e delle sue torri, ad esclusione di qualche lembo di muro superstite, della Torre di Piazza Roma e dell’Ex Regia Giudicale, nel tempo brutalmente trasformata dallo Stato, circa un secolo fa, in casa circondariale, ovvero in carcere.

Una volta abbandonato l’immobile carcerario di Piazza Manno, col trasferimento dei detenuti nel nuovo carcere di Massama, in città in tanti sognarono la possibile acquisizione della Reggia Giudicale degli Arborea, per trasformarla in un “Museo Giudicale”, un giusto modo di rievocare i fasti del suo glorioso passato. Provando a ripercorrere l’iter successivo all’abbandono dell’immobile come carcere, iniziato nel 2012 con il trasferimento dei detenuti alla nuova casa di reclusione di Massama, fin da subito l’Amministrazione comunale, allora guidata dal sindaco Guido Tendas, iniziò a “rivendicarne idealmente l’acquisizione, in quanto l'immobile, seppure violato, era la ex Reggia giudicale, proponendo al Demanio dello Stato una permuta con altri immobili di proprietà del Comune”.

Da allora tanta acqua passò sotto i ponti, tante le reiterate richieste effettuate al Demanio, ma tutto continuò a tacere, e l’antica Reggia continuò a sonnecchiare, ormai vuota, sognando un suo possibile risveglio che la riportasse ai fasti del passato. Tanti i “tira e molla” dell'Amministrazione con il Demanio dello Stato, ma dagli incontri nulla derivò di concreto; il Demanio aveva altre mire, tanto che inoltrò varie proposte di utilizzo dell'ex carcere: uno per tutti, quello di trasferirvi diversi uffici statali, tra cui l’Agenzia delle Entrate, trovando, però, sempre opposizione. Alla fine si è arrivati alla recente decisione di trasferirvi la Prefettura. Ad annunciarlo, nei giorni scorsi, la Direttrice regionale dell’Agenzia del Demanio, Rita Soddu e il Prefetto Salvatore Angieri.

Dopo l’annuncio ufficiale si è scatenato, in primis all’interno dell’Amministrazione cittadina, un focoso dibattito tra maggioranza e opposizione, tanto che quest’ultima ha presentato un’interpellanza in Consiglio comunale (prima firmataria Carla Della Volpe di Oristano più), che ha ricordato che “già durante l’amministrazione Barberio si aprì un dibattito in seno al consiglio comunale, che rivendicò all’unanimità il diritto di prelazione del Comune sul bene statale”. Il Sindaco Massimiliano Sanna ha cercato di chiarire i motivi della mancata acquisizione, ribadendo che: “Come amministrazione avremmo preferito che la titolarità del bene fosse stata riconosciuta al Comune, e noi lo avremmo utilizzato pienamente a fini culturali, ma è comunque significativo che l’edificio venga recuperato, valorizzato e ritorni alla città”.

La minoranza e una parte della città, però, continua a non accettare quello che viene considerato lo scippo di un bene identitario, che poteva e doveva restare alla città, in quanto l’antica Reggia giudicale è un edificio che ha contrassegnato un periodo glorioso della città e dell’intera Sardegna; un bene che purtroppo sarà utilizzato per trasferirci uffici che nulla hanno a che fare con la storia di quell’edificio e della sua piazza. Un boccone amaro per molti, difficile da digerire, una spoliazione arrogante, quella effettuata dallo Stato, che, incurante del valore storico di quel bene, egoisticamente vuole continuare a possederlo per un problema di natura finanziaria, trasferendoci uffici che oggi pesano sul suo bilancio.

Inondato da critiche che non ritiene di meritare, il Sindaco Massimiliano Sanna ha poi rotto il silenzio e, con una comunicazione ufficiale ha voluto mettere i puntini sulle i, sulla vicenda che ha riscaldato non poco gli animi. «Al Comune rimarrà «una parte consistente della Reggia, ha ribadito il primo cittadino. La proprietà dell’antica reggia giudicale, a lungo sede della casa circondariale, è dello Stato, che non se ne è mai voluto disfare! Leggo con stupore del supposto immobilismo tenuto dal Comune, del mancato ricorso al diritto di prelazione, di una resa di fronte a un affronto e a uno scempio, operato dallo Stato, ma chi lo afferma è in errore. Ho già ricordato e ribadisco che il Comune non ha mai rinunciato a chiedere la titolarità dell’edificio. Questo impegno è confermato da documenti ufficiali e, per chi ha memoria, dalle cronache della stampa che ha puntualmente riferito degli sforzi compiuti attraverso ininterrotti confronti con lo Stato e la Regione».

Poi ha precisato: «Quanto alla decisione presa dal Demanio, non si faccia della demagogia: a chi sostiene che avremmo dovuto esercitare il diritto di prelazione, vogliamo ribadire che l’immobile non è mai stato dismesso dal Demanio, per cui non poteva essere esercitata nessuna prelazione! Chi fa appello allo Statuto della Regione che stabilisce che quest’ultima succeda nei beni e diritti patrimoniali dello Stato di natura immobiliare e in quelli demaniali, escluso quello marittimo, dovrebbe chiedere alla Regione perché non ha acquisito il bene al proprio patrimonio per poi cederlo al Comune accogliendo la richiesta avanzata tante volte dall’istituzione cittadina».

Cari amici, l’antica Reggia giudicale degli Arborea, in piazza Manno, l’antica “Pratza de sa Majoria”, diventerà, dunque, che ci piaccia o no, sede della Prefettura di Oristano. Per adeguarlo alle nuove esigenze, lo storico immobile sarà oggetto di un serio intervento di riqualificazione: sono stati stanziati ben 13 milioni di euro; si partirà con un concorso d’idee, da bandire entro la fine dell’anno. Al Comune di Oristano, comunque, ne toccherà una piccola parte; gli sarà assegnato, nell'ala più antica dell'edificio, uno spazio che sarà dedicato a fini storico-culturali; verrà realizzato anche un museo della memoria carceraria.

A domani.

Mario

lunedì, ottobre 21, 2024

L'ISTRUZIONE SCOLASTICA NELL'ANTICA ROMA. L’INSEGNAMENTO INIZIAVA IN FAMIGLIA, E SI PERFEZIONAVA POI CON L’AFFIDAMENTO AI VARI INSEGNANTI (MAGISTER, GRAMMATICUS E RHETOR).


Oristano 21 ottobre 2024

Cari amici,  

Anche quest’anno le vacanze sono finite e le scuole hanno riaperto i battenti, riprendendo la loro funzione educatrice; Oristano, già da un po', vede arrivare nel capoluogo tanti ragazzi provenienti dai paesi vicini. Ebbene, oggi cari lettori voglio riflettere con Voi sui vecchi sistemi scolastici, in particolare analizzando come veniva praticata l’istruzione nell’antica Roma. Indubbiamente, allora, il sistema scolastico era ben diverso da quello di oggi, per cui voglio, curiosamente, rivederlo insieme a Voi.

Se è pur vero che non esistevano delle scuole come noi le concepiamo oggi, anche ai tempi dell’antica Roma, l’istruzione era ben organizzata e preparata. Nella prima fase, in età scolare i bambini erano seguiti in casa, oltre che dai genitori, da un “Precettore” (di solito era uno schiavo), con il quale essi imparavano a leggere, a scrivere e a fare di conto; l’impegno era completato dallo svolgimento di attività fisiche. Gli schiavi preferiti dalle famiglie abbienti per l’istruzione dei loro figli erano i greci. Questi, chiamati “pedagoghi”, accompagnavano l’alunno per tutta la giornata, insegnandogli le regole, le nozioni, ma soprattutto le basi per avere un comportamento socialmente adeguato.

Nell’età imperiale, periodo nel quale a Roma la cultura aveva acquisito maggiore importanza, erano i genitori a stabilire quali insegnamenti trasmettere ai propri figli, man mano che crescevano. Nelle famiglie più ricche, i ragazzi potevano imparare anche la conoscenza delle leggi ed a rispettare chi fosse più grande e saggio di loro. Una volta esaurito il compito casalingo del Precettore, i figli entravano in una “scuola”, dove erano seguiti da insegnanti. Questi “Maestri” erano divisi per categorie. Vi era il MAGISTER, che era in pratica il maestro principale, poi c’era il GRAMMATICUS, che era il commentatore dei testi greco-latini, che insegnava soprattutto la poesia, la mitologia, l’astronomia ed i cori.

Il grammaticus, poi, aveva la funzione di insegnare la letteratura. Un’altra categoria di insegnanti era quella dei RHETOR, che insegnavano filosofia e retorica. I primi di questi istruttori provenivano dall’Egitto e dall’Asia e parlavano sia in greco che latino. Il più famoso di questi era Quintiliano. Insomma, nella Roma Imperiale, l’istruzione rappresentava un aspetto fondamentale per la formazione dei cittadini; il sistema educativo romano era organizzato al fine di garantire una formazione completa dalla prima infanzia fino all’età  adulta.

L’istruzione scolastica fu perfezionata in epoca imperiale: divenne di alto livello e fu realizzata grazie all’imperatore Vespasiano, che finalmente riconobbe l’importanza del ruolo dei MAGISTER, per i quali Vespasiano fissò il salario annuo a 100.000 sesterzi, erogati direttamente dalla “cassa imperiale privata” (fiscus). Vespasiano è stato quindi il primo imperatore romano a creare la figura dell’insegnante statale, stipendiato dall’amministrazione pubblica, anche se all’epoca, avendone i requisiti soprattutto economici ma anche educativi, era permesso a chiunque di aprire una scuola di grammatica o di retorica.

Una delle ragioni che spinsero Roma ad avere un’istruzione di alto livello, fu certamente quella “politica”, che permise a Roma l’espansione che ben conosciamo. A partire dal II secolo a.C., quando Roma iniziò a dominare sulla Grecia, ci si rese conto che i governanti romani avevano un livello di educazione di molto inferiore a quello dei loro sudditi. Questo aspetto favorì la creazione a Roma di scuole, con una formazione culturale simile a quella dei greci, ma siccome questo tipo di educazione superiore facilitava l’ascesa al potere politico, grazie all’eloquenza per dominare nei comizi e le assemblee, l’educazione superiore dell’antica Roma fu limitata solo ai giovani delle classi più elevate.

L’istruzione superiore, quindi, restò riservata solamente ad una ridotta élite di studenti, figli di famiglie abbienti e potenti, istruzione che includeva corsi di diritto, di medicina, di filosofia e di matematica. Le lezioni erano tenute da professori rinomati, conosciuti come “DOCTORES“. In realtà, a ben pensare, nemmeno oggi, seppure formalmente, l’istruzione risulta aperta a tutti: solo a certi ceti abbienti è possibile far frequentare ai propri figli certe Università d’élite!

Cari lettori, è una realtà incontestabile che a Roma, migliaia di anni fa, l’istruzione era considerata davvero un asse portante per la formazione dei giovani. A partire dal II secolo d.C., grazie all’imperatore Adriano, l’insegnamento elementare fu esteso a tutte le regioni dell’Impero, anche le più distanti; per convincere i MAGISTER ad andare ad insegnare in località  remote e disagiate, oltre che potenzialmente pericolose, furono anche offerti “incentivi” ai maestri che accettavano, come l’esenzione dal pagamento delle tasse. I romani di ieri, più illuminati dei governanti di oggi!

Cari amici, non credo ci sia altro da aggiungere: Roma, anche migliaia di anni fa, era eccellente anche nel campo dell’istruzione…

A domani.

Mario

domenica, ottobre 20, 2024

TECNOLOGIA E PRIVACY, NEL PROSSIMO FUTURO, LA PRIVACY DI CIASCUNO DI NOI, ANDRÀ A FARSI BENEDIRE…


Oristano 20 ottobre 2024

Cari amici,

Nei giorni scorsi hanno creato non poco clamore, le vicende che hanno riguardato un nostro ministro e una componente del suo staff (mi riferisco al caso Boccia – San Giuliano), in particolare per l’utilizzo di un sofisticatissimo paio di occhiali (dei super tecnologici  Ray-Ban Meta), contenenti degli strumenti alquanto innovativi. Questi super occhiali, apparentemente dall’aspetto solito, sono capaci, invece, di ben altro!

Questi super occhiali, ritornando al caso prima riportato, erano capaci di fotografare, filmare e registrare quanto avveniva intorno alla persona che li indossava, anche all’interno di contesti riservati, senza farsi notare. Su questo argomento, che parlava della recente rivitalizzazione pubblicitaria del marchio Ray-Ban Meta, e di questi particolari occhiali, ho pubblicato un post su questo blog il 9 settembre scorso, e, chi ritenesse di volerlo conoscere, può andare a leggerlo cliccando sul seguente link: http://amicomario.blogspot.com/2024/09/nuovamente-tutti-pazzi-per-i-ray-ban.html

La moderna tecnologia, in realtà, ogni giorno che passa fa passi da gigante, e, considerato che da cosa nasce cosa, di recente alcuni studenti, partendo proprio da questi particolari Ray-Ban Meta prima menzionati, sono riusciti in un’impresa che fa tremare tanti di noi, in quanto può stravolgere l’attuale concetto di Privacy! Davvero preoccupante, se pensate che i due studenti sono riusciti ad equipaggiare i Ray-Ban Meta con l’aggiunta di una tecnologia di riconoscimento facciale, capace di arrivare, in tempo reale, a conoscere l'identità di ogni persona inquadrata da chi sta usando questi particolari occhiali!

Amici, innanzitutto c’è da dire che gli attuali occhiali smart di Ray-Ban Meta, "senza aggiunte o modifiche", non sono in grado di riconoscere le persone, in quanto l'esperimento condotto dai due studenti ha aggiunto, con un escamotage pensato appositamente per questo scopo, un ulteriore marchingegno tecnologico per il riconoscimento facciale. Una funzione aggiuntiva non prevista ma possibile. Gli studenti, AnhPhu Nguyen e Caine Ardayfio, hanno infatti creato un particolare sistema, chiamato I-XRAY, col quale, utilizzando i Ray-Ban Meta smart glasses per trasmettere video in diretta su Instagram, un apposito programma può monitorare il flusso video, identificare i volti inquadrati e collegarli ad informazioni personali, come numeri di telefono e indirizzi, attraverso l'accesso a database pubblici.

Amici, in parole povere, attraverso la moderna tecnologia esistente, unendo diversi programmi, si può arrivare a costruire, senza bisogno di ulteriori modifiche, né a livello di hardware, né con un jailbreak, mettendo insieme i Ray-Ban Meta smart glasses con un altro programma compatibile, un marchingegno capace di identificare le persone, violando di conseguenza la privacy di ciascuno di noi! Pensate anche che, lo stesso identico esperimento sarebbe perfettamente replicabile con un qualsiasi smartphone dotato di fotocamera!

Cari lettori, a rendere davvero inquietante tutto questo, è il fatto che i Ray-Ban Meta offrono la possibilità di riprendere qualsiasi persona in maniera alquanto discreta: gli occhiali sono dotati di due led che si illuminano ogni volta che la fotocamera è in funzione, ma si tratta di un dettaglio che difficilmente viene notato in un luogo affollato o all'aperto, quando la luce diretta del sole attenua l'intensità dei LED. Ciò, amici, ci fa preoccupare non poco! Insomma, la nostra privacy, a cui tutti teniamo, credo che la possiamo considerare un privilegio del passato!

Il sistema chiamato I-XRAY studiato dagli studenti AnhPhu Nguyen e Caine Ardayfio, in effetti sfrutta tecnologie già esistenti, come PimEyes, un motore di ricerca facciale estremamente preciso e completo, e i modelli di linguaggio AI, per poter collegare foto a dati personali. Durante l'esperimento, i due studenti hanno usato gli occhiali per identificare in tempo reale i loro compagni di classe; poi, li hanno anche usati per identificare dei perfetti sconosciuti sui mezzi pubblici, che successivamente hanno approcciato sfruttando le informazioni ricavate dal sistema di riconoscimento facciale!

Cari amici, il pericolo è davvero reale, e c’è proprio da riflettere seriamente, se pensiamo che l’esperimento portato avanti dai due studenti è una perfetta dimostrazione di quanto sia semplice violare la privacy di terzi senza che questi ne vengano a conoscenza. Seppure Nguyen e Ardayfio abbiano affermato che il loro progetto mira a sensibilizzare sui rischi delle tecnologie di riconoscimento facciale e che non verrà rilasciato al pubblico, lo studio ha sollevato serie preoccupazioni sulle possibili ricadute sulla privacy, cosa che pone un problema serissimo da valutare e affrontare in tempi brevi da parte di chi ci governa.

A domani,

Mario