lunedì, aprile 24, 2023

LE ZANZARE CON L’ARRIVO DEL CALDO SONO GIÀ IN CIRCOLAZIONE! ECCO UN METODO CASALINGO PER DIFENDERCI IN MODO SEMPLICE ED EFFICACE.


Oristano 24 aprile 2023

Cari amici,

La nostra città, Oristano, è circondata da zone umide (lo stesso nome dato alla città significa vicino agli stagni, ORU E’ ISTANJUS), e, come ben sappiamo, le zone umide sono il terreno eccellente per la vita e la riproduzione delle zanzare. Incistidate negli anfratti tiepidi durante l’inverno, le zanzare escono appena il tepore le risveglia, pronte, quando il sole primaverile inizia a riscaldare l’ambiente, a scatenare la loro fame per fare banchetto con il nostro sangue, affamate dal lungo inverno. In particolare dopo il tramonto, partono all’attacco, trasformando una piacevole serata sul terrazzo in un vero e proprio incubo.

Per combattere questi fastidiosi attacchi, da tempo si cercano i rimedi più fantasiosi: circondarci di piante che emanano profumo a loro non graditi come gerani, basilico, rosmarino e menta, oppure accendere delle candele alla citronella o spruzzarci addosso un fastidioso repellente per insetti; ma non sempre, però, raggiungendo il risultato sperato. Anche l’acquisto di particolari lampade cattura insetti non elimina il fastidioso attacco delle fameliche zanzare! Che fare allora per poter trascorrere in santa pace una serata all’aperto e poter godere dei primi, tiepidi caldi pomeriggi dopo l’inverno? Qualcuno ha pensato ad un semplice rimedio “fai da te”, che ha dimostrato una bella efficacia. Ecco di cosa si tratta.

Con pochi ingredienti che in tanti abbiamo in casa è possibile costruire una trappola per zanzare “fatta in casa”! Vediamo come. L’invenzione parte dal presupposto che le zanzare trovano le loro vittime seguendo le tracce di anidride carbonica, che emettiamo con l’espirazione. Molte trappole commerciali, infatti, attirano gli insetti bruciando propano per produrre anidride carbonica, in modo da attirare questi insetti. Mentre l’anidride carbonica porta le zanzare verso di noi, come loro bersaglio preferito, il calore è probabilmente il modo in cui capiscono dove pungerci. Le zanzare, infatti, scelgono spesso le zone del nostro corpo in cui il sangue scorre vicino alla superficie; si tratta di zone come la fronte, i polsi, i gomiti e il collo.

La trappola per catturare le zanzare nostre sanguisughe è stata studiata creando un congegno che genera un flusso di anidride carbonica tale da attirarle per poi intrappolarle prima che ci vengano addosso. Vediamo i dettagli di questa ingegnosa trappola semplice, che tanti di noi possono realizzare in casa. Iniziamo a mettere da parte ciò che ci occorre. In casa abbiamo certamente delle bottiglie di plastica per acqua minerale da 2 litri, poi del lievito e dello zucchero di canna. Con questi ingredienti possiamo creare quel flusso di anidride carbonica che attira gli insetti nella trappola.

Una volta che abbiamo messo da parte gli ingredienti prima descritti, ci serve un coltello ben affilato, del nastro adesivo e dell’acqua calda. Ora procediamo. Con il coltello tagliamo la parte superiore della bottiglia appena sotto l’area in cui il collo della bottiglia si svasa per incontrare la parte principale della bottiglia. Una volta tagliata la parte superiore, i due pezzi costituiscono la parte-base della trappola: il cilindro inferiore e il collo di bottiglia. Ora rimuoviamo il tappo dal collo della bottiglia, capovolgiamo il collo della bottiglia e lo inseriamo capovolto nel cilindro, come fosse un imbuto.

Senza spingerlo fino in fondo, lo appoggiamo semplicemente, lasciando uno spazio sufficiente tra il collo della bottiglia e il fondo per aggiungere una tazza circa del liquido che andremo a preparare e uno spazio d’aria tra la superficie del liquido e il punto più basso dell’imbuto. Prendiamo ora il nastro adesivo per fissare l’imbuto. Il nastro adesivo non solo deve tenere l’imbuto in posizione, ma deve sigillare anche i bordi dell’imbuto con i bordi della bottiglia; in questo modo è più difficile per gli insetti che entrano nella trappola, cercare, poi, di fuggire. Prepariamo ora l’esca per la cattura delle zanzare. In una tazza di acqua bollente sciogliamo 1/4 di tazza di zucchero di canna, mescolando accuratamente fino a quando lo zucchero si è completamente sciolto. Lasciamo poi raffreddare la miscela fino ad abbassare la temperatura a 50°C circa, in quanto se la miscela risulta troppo calda, l’alta temperatura ucciderà il lievito. Se è troppo fredda, il lievito non si attiverà completamente. Raggiunta la temperatura corretta, mescoliamo delicatamente il lievito, versando poi la miscela nella bottiglia (l’imbuto rovesciato facilita l’operazione) e la trappola per zanzare è pronta.

Ecco come funziona. Il lievito e lo zucchero di canna creano un flusso di anidride carbonica che attira gli insetti nella trappola. Le zanzare affamate seguono la scia nella bottiglia e scendono attraverso l’imbuto. Quando si rendono conto che non c’è cibo, volano lungo la superficie della miscela di zucchero di canna fino a raggiungere i lati della bottiglia. Gli insetti a quel punto cercano di uscire dai lati della bottiglia, ma la loro fuga è bloccata dall’imbuto rovesciato (ecco il motivo per sigillare i bordi con il nastro adesivo). I piccoli insetti, una volta entrati, ora sono in trappola! Le zanzare dopo i tanti sforzi per liberarsi si stancano e cadono nel liquido annegando.

Cari amici, a me sembra una gran bella invenzione, perché, seppure alcune zanzare fortunate riusciranno ad uscire, risalendo attraverso lo stretto ingresso dell’imbuto verso la libertà (e magari a morderci di nuovo in un altro giorno), la maggior parte degli insetti che sono entrati nella trappola periranno e non ci daranno più fastidio, catturati dalla nostra magica bottiglia! Provare per credere!

A domani.

Mario

 

 

domenica, aprile 23, 2023

LA SCUOLA CHE CAMBIA: MEGLIO VALUTARE GLI STUDENTI DANDO LORO UN GIUDIZIO DI MERITO ANZICHE' DEI VOTI DA 1 A 10. MA DOVE STA, IN REALTÀ, IL CAMBIAMENTO?


Oristano 23 aprile 2023

Cari amici,

Una volta, studiando la matematica a scuola, il professore sosteneva la regola che “Cambiando l’ordine dei fattori il prodotto non cambia”. La regola richiamata dal docente altro non era che l’evidenziazione della proprietà commutativa, una proprietà algebrica che caratterizza l'addizione e la moltiplicazione, e stabilisce nel primo caso che cambiando l'ordine degli addendi il risultato non cambia, nel secondo che cambiando l'ordine dei fattori il prodotto non cambia.

Ho voluto utilizzare la regola della “proprietà commutativa” per parlarvi oggi di un esperimento, portato avanti in un Liceo di Mestre, inteso a cambiare la metodica di valutazione degli alunni. Un esperimento che, però, ha fatto molto discutere i genitori dei ragazzi. L’iniziativa, presa nel Liceo “Giordano Bruno” dal corpo insegnante, intende cambiare il metro di giudizio di merito finora applicato nei confronti dei ragazzi; una decisione, a loro dire, presa per salvaguardare la salute mentale degli studenti dell’Istituto. Finora il “metro di giudizio” universalmente utilizzato è, come sappiamo, la valutazione numerica, ovvero con l’assegnazione di voti da 1 a 10. Con la ventilata innovazione, invece, anche se in realtà i voti non saranno del tutto eliminati, essi verranno sostituiti con dei “giudizi”, che, a quanto pare, saranno “giudizi meno severi e categorici”, e questo per evitare agli studenti lo stress dato dalla valutazione numerica.

Ciò significa che, attraverso questa “trasformazione”, seppure da un lato gli alunni continueranno a fare le verifiche stabilite dagli insegnanti, al termine di queste, che siano interrogazioni, compiti o chiamate alla lavagna, nei loro confronti non ci sarà più la temuta o cercata casella con la numerazione da 1 a 10, ma un giudizio espresso con un giro di parole che – a dire degli insegnanti – sarà, pensate, per loro meno traumatico!

Questo innovativo modo di dare agli studenti il previsto giudizio di merito “a parole e non con i numeri”, dovrebbe evitare loro le “Crisi d'ansia per i voti”! Con il nuovo sistema gli studenti leggeranno, magarti scritto con penna di colore verde, i positivi “risultati raggiunti”, oppure, vergati con la penna rossa, i giudizi espressi con “preparazione da migliorare”. In aggiunta, piccoli dettagli, come “annotazioni mirate” tipo “non funziona la sintassi” oppure “la riflessione va approfondita”. Il voto ritornerà quindi, però solo a fine quadrimestre e sarà scritto direttamente in pagella.

Amici, che ne dite della soluzione “antistress” introdotta presso il Liceo “Giordano Bruno” di Mestre, concordata dai vari docenti? Per la dirigente scolastica, Michela Michieletto, la modifica adottata consentirebbe di “aiutare a gestire lo stress dei ragazzi; insegnare agli alunni a non vivere un cattivo giudizio in aula come un incidente demotivante nel cammino che porta alla maturità”. I docenti delle classi prime del liceo hanno sottoposto la discussione ai genitori prima e ai consigli di classe poi. Anche la preside è apparsa favorevole: “Ci pensavo da un po’ ad attivare una sperimentazione di questo tipo, ora abbiamo trovato l’occasione. Abbiamo scelto alcuni contesti particolari, alcune classi specifiche”.

Amici, come accennavo prima, ho introdotto la riflessione di oggi parlando della “proprietà commutativa”. Io credo che anche i genitori si siano posti, in realtà, i miei stessi dubbi: a che serve, davvero, questo cambiamento, che intende usare le parole anziché i numeri? Siamo sicuri che il ragazzo, leggendo il giudizio, sia maggiormente stimolato a migliorarsi, rispetto a quando, in presenza di un 4 o di un 5 sapeva bene quanto mancava a raggiungere la sufficienza?

Cari amici, personalmente non ho mai creduto ai cambiamenti di facciata, ma a quelli che realmente e concretamente sono in grado di garantire metodiche serie e innovative; penso che una delle cose certamente da migliorare nella scuola sia il rapporto dei docenti con i genitori dei ragazzi, che oggi credo abbia raggiunto un livello alquanto basso. Solo la piena collaborazione tra scuola e famiglia potrà migliorare la formazione degli studenti, che oggi vivono lo scollamento che ben conosciamo e che di certo causa più stress che leggere un voto come un 4 o 5 sul compito.

A domani.

Mario

 

sabato, aprile 22, 2023

LA TELENOVELA DELLE PROVINCE IN ITALIA: SERVONO O NON SERVONO? PREVISTE DALLA COSTITUZIONE, OGGI IN REALTÀ ESISTONO SOLO SULLA CARTA.


Oristano 22 aprile 2023

Cari amici,

Nella nostra Costituzione le Province sono sempre state previste. L’articolo 114 recita: "La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni [cfr. art. 131] e dallo Stato. I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono Enti autonomi. con propri statuti, poteri e funzioni secondo i princìpi fissati dalla Costituzione". Nel 2014 un tentativo di riforma costituzionale, che era stata finalizzata alla soppressione delle Province, ha aperto la strada ad un dibattito istituzionale sull'opportunità, o meno, di riconsiderare il riordino degli Enti locali. Con la legge nº 56 del 7 aprile 2014, le Province delle Regioni ordinarie sono state trasformate in Enti amministrativi di secondo livello, con elezione dei propri organi a suffragio ristretto, ed è stata prevista la trasformazione di dieci province in città metropolitane.

Ebbene, amici, a volte succede che, con la voglia di cambiare, si dispone la soppressione di un Ente, senza prima aver seriamente pensato a chi attribuire, ovviamente prima della soppressione, i compiti in capo alle Province che si cercava di abolire! E, come purtroppo è successo, i compiti in carico alle Province, che non erano mica di poco conto, sono rimasti nel limbo! I poteri delegati alle Province, amici, spaziano dalla cura delle strade alla scuola, dalla sicurezza alla difesa dell’ambiente! Con il Decreto Lgs. del 31 marzo 1998, n. 112) sono state attribuite alle Province le funzioni di progettazione, costruzione e manutenzione della rete stradale regionale e provinciale, ivi compresi gli interventi di nuova costruzione e miglioramento, nonché i compiti di vigilanza. Chi, con pericolosa sufficienza, ha ipotizzato di abolirle, forse, non si era preoccupato di girare – prima - questi compiti ad altri, individuando il nuovo Ente delegato ad occuparsene e dotandolo dei fondi necessari per espletare il compito assegnato!

Oggi le Province sono solo un contenitore vuoto, senza fondi e con scarsissimo personale, amministrate da un Commissario straordinario che con i pochi soldi che ha a disposizione poco può fare! Che le popolazioni abbiano notato questo vuoto è chiaro e lampante, tanto che ora si ipotizza di ripristinarle, tentando di modificare quanto stabilito con la legge 56 del 2014. La prima constatazione del fallimento di questa legge è il fatto che Il risparmio previsto, con l’abolizione dei Consigli Provinciali, del Presidente e della Giunta, era assolutamente irrilevante, a fronte di una semplificazione mancata, dei rovinosi tagli effettuati ai servizi prestati e del pericoloso caos creato sui territori.

A cercare di far fronte alla caotica situazione dei territori, si sta, ora, cercando di mettere riparo facendole tornare in vita, ripristinando le Province come Enti di Primo Livello, quindi con l’elezione diretta del Presidente della Provincia e dei relativi consiglieri. Una resurrezione, insomma, una nuova esistenza per le Province che sarebbero dovute scomparire, ma che poi, il naufragio del referendum costituzionale ha tenuto in sospeso in un limbo tra la vita e la morte. In realtà, il tentativo di soppressione, come accennato prima, non ha prodotto nel bilancio dello Stato risparmi significativi, in quanto, il risparmio prodotto da quella legge è stato di appena 16 milioni di euro, 26 centesimi per ogni cittadino. Spiccioli, insomma, al punto che oggi si pensa che tanto vale tornare al vecchio sistema.

Amici, in realtà, a mio avviso, non è solo una questione sui costi che il ripristino potrà creare al bilancio dello Stato. Il problema vero è quello della rappresentanza dei territori. Qui vorrei accennare, anche se solo per un attimo. alla recente riforma che ha “snellito il Parlamento”. Io credo che lo stesso risultato, anzi, forse migliore, lo si sarebbe ottenuto diminuendo drasticamente il costo dei Parlamentari, oggi fra i più alti in assoluto. Bastava dimezzare il "quantum" oggi percepito da ogni parlamentare, e il risparmio ci sarebbe stato ampiamente, mantenendo in vita quella rappresentanza che oggi purtroppo manca in diverse zone del Paese.

Cari lettori, le 76 Province delle regioni ordinarie, e le 10 semi-Province realizzate in Sicilia e Sardegna, che oggi sono in letargo. quasi certamente rinasceranno a nuova vita.  Il testo che verrà portato in Parlamento è in preparazione da parte del Governo e, credo che presto, ri-vedremo le nostre Province rinate a nuova vita, ovvero risorte!

A domani.

Mario

venerdì, aprile 21, 2023

MA LA SCHIAVITÙ NON ERA STATA ABOLITA? PURTROPPO NO! ESISTE ANCORA E IL PROBLEMA È PIÙ GRAVE DI QUANTO SI POSSA IMMAGINARE.


Oristano 21 aprile 2023

Cari amici,

L'Abolizione della tratta degli schiavi, almeno formalmente è avvenuta molto tempo fa, ma in realtà la schiavitù vera e propria continua ad esistere, anche se paludata da mille veli. La storia ci racconta che fu per prima la Repubblica di Venezia, nel 960, con il Doge Pietro IV Candiano, a vietare formalmente il commercio di schiavi, ma di fatto la schiavitù continuò ad esistere fino a tutto il XVII secolo. Arrivarono poi, comunque, le altre formali abolizioni: nel 1750 Sebastião José de Carvalho e Melo abolì lo schiavismo nei confronti dei nativi delle colonie portoghesi, a cui seguirono molte altre abolizioni: da quelle di Francia e Inghilterra nel 1814, alla Dichiarazione contro la tratta dei negri presa al Congresso di Vienna per poi arrivare alla fine del XIX secolo, quando tutta l'Africa era stata spartita in colonie, e praticamente tutti i regimi coloniali (America compresa) imposero formalmente l'abolizione della schiavitù. Eppure, lo “SCHIAVISMO” non è mai scomparso, perché continua ad esistere anche oggi, in pieno Terzo Millennio.

La schiavitù, amici, non è un ricordo del passato ma una realtà ancora presente. Si, perché molti esseri umani continuano a vivere da schiavi anche nel mondo moderno e il problema è molto più grave di quanto si possa pensare. Nello scorso 2022 l'Organizzazione Interna del Lavoro delle Nazioni Unite (ILO) ha pubblicato un rapporto in cui si stimava che circa 50 milioni di persone fossero ridotte in schiavitù in tutto il mondo, un numero che era aumentato significativamente rispetto alla precedente ricerca pubblicata dall'istituzione nel 2016. "Un aumento significativo quello avvenuto negli ultimi cinque anni", ha dichiarato l'ILO in un comunicato stampa pubblicato sul suo sito web. "Donne e bambini rimangono sproporzionatamente vulnerabili".

"La schiavitù moderna è presente in quasi tutti i paesi del mondo e attraversa le linee etniche, culturali e religiose", si legge nel comunicato stampa dell'ILO. Secondo l'ILO, più della metà delle persone ridotte in schiavitù oggi possono essere considerate lavoratori forzati e quasi un quarto delle persone ridotte in schiavitù sono parte di un matrimonio forzato, cosa che secondo l'ILO avviene a tutti i livelli di reddito e in tutti i Paesi. Ad essere maggiormente colpite dallo schiavismo sono le donne, in particolare le giovanissime, che sono le principali vittime dei matrimoni forzati, cosa che si traduce in circa 22 milioni di persone oggi ridotte in schiavitù.

Altro settore soggetto a schiavitù è quello dei lavoratori migranti, che corre il rischio maggiore di sfruttamento. Secondo l'ILO, i migranti hanno il triplo delle probabilità di essere obbligati a lavorare rispetto agli altri lavoratori adulti non migranti. e il comunicato stampa dell'organizzazione sottolinea che i migranti sono "particolarmente vulnerabili al lavoro forzato e alla tratta". Guy Ryder, Direttore Generale dell'OIL (Organizzazione internazionale del lavoro) ha dichiarato: "È sconvolgente che la situazione della schiavitù moderna non stia migliorando. Nulla può giustificare la persistenza di questa fondamentale violazione dei diritti umani! Sappiamo cosa bisogna fare e sappiamo che si può fare".

India, Cina e Pakistan sono i Paesi considerati i peggiori quanto a trasgressione; l’India con circa 7,9 milioni di persone ridotte in schiavitù, mentre la Cina e il Pakistan si sono piazzati al secondo e terzo posto con oltre 3 milioni di persone ridotte in schiavitù in ciascuno dei due Paesi. Ma succede anche in Occidente. La schiavitù moderna tocca ogni parte del mondo, compresi gli Stati Uniti e l'Europa, che hanno entrambi un numero assoluto di vittime stimato in centinaia di migliaia. Molto più di quanto si possiamo pensare.

Amici, i nuovi schiavi esistono anche oggi! La schiavitù non è qualcosa che riguarda solo il passato, ma una pratica che si perpetua, che ha radici profonde. Esiste ancora oggi in molte forme diverse: traffico di esseri umani, sfruttamento del lavoro per debiti, sfruttamento dei bambini, sfruttamento sessuale e lavori domestici forzati sono solo alcune. Tutte terribili, una più grave e disumana dell’altra. La maggior parte dei moderni schiavi lavora in settori come agricoltura, pesca, artigianato, estrazione mineraria, servizi e lavori domestici: si tratta di circa 16 milioni di persone. La schiavitù moderna è un enorme business. Secondo uno studio dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, la schiavitù moderna genera profitti annuali per oltre 150 miliardi di dollari americani. Quanto i profitti combinati delle quattro aziende più redditizie del mondo.

Esistono vari fattori che stanno radicalmente mutando il rapporto uomo-lavoro: una crescente pressione sociale, una politica aziendale strutturata nell’esternalizzare tutto il possibile e una veloce digitalizzazione nell’industria (a svantaggio della forza lavoro umana, in molti settori). Una delle maggiori cause della rinascita moderna dello schiavismo è costituita proprio dalle esternalizzazioni! Nell’apparenza è questo uno dei grandi successi della società moderna, capitalista e liberista, ma nella realtà si traduce in una pratica indubbiamente “schiavista”.

Cari amici, la schiavitù moderna, a ben pensare, ha delle conseguenze per tutti, non solo per coloro che ne sono direttamente coinvolti. Le conseguenze dello sfruttamento del lavoro si concretizzano in abbassamento dei salari, riduzione del gettito fiscale, impiego di ingenti risorse economiche per sostenere le classi sociali meno abbienti. Lo schiavismo, inteso come sfruttamento, incertezza per quanto riguarda il futuro, in particolare dei giovani, con la conseguente mancanza di libertà, è, purtroppo, una tristissima realtà difficile da debellare.

A domani.

Mario

giovedì, aprile 20, 2023

LA TRISTE STORIA DI CATALINA LAY, LA LEVATRICE OGLIASTRINA CONDANNATA PER STREGONERIA. QUANDO L'INQUISIZIONE, ANCHE IN SARDEGNA, PERSEGUITAVA E TORTURAVA CHI PRATICAVA RITI NON CATTOLICI.


Oristano 20 aprile 2023

Cari amici,

Il periodo della “Santa Inquisizione Spagnola” è sicuramente uno dei periodi più bui della Chiesa cristiana del Medioevo. Un periodo, quello del delicato passaggio dal Medioevo all’Età Moderna. in cui il Cattolicesimo aveva più che paura terrore dei riti paranormali o delle pratiche guaritorie non riconosciute dalla Chiesa e perciò considerate opera del diavolo.  La Chiesa, pertanto, condannava aspramente questi riti, considerando “miscredenti” chi li praticava. Allora il principale compito della Chiesa era la difesa della fede dai miscredenti, isolandoli, processandoli e mandandoli, in molti casi anche al rogo.

Focalizzando l’attenzione sulla Sardegna, si rileva che nel 1492, il temibile, Tomás De Torquemada, il religioso spagnolo, primo grande rappresentante dell'Inquisizione spagnola, priore del convento domenicano della Santa Cruz di Segovia e confessore dei re cattolici, Isabella di Castiglia e Ferdinando II d'Aragona, nominava Sancho Marin inquisitore del Tribunale del Sant’Uffizio di Cagliari. Con l’arrivo della Santa Inquisizione Spagnola nella nostra isola, iniziava per i sardi uno dei periodi più oscuri, destinato a cambiare per sempre la vita comunitaria, fatta di usi, costumi e tradizioni millenarie, che si scontravano con l'allora rigida visione della Chiesa.

Iniziò così una lotta feroce e incontrollata, contro determinate persone che praticavano i riti antichi non condivisi dalla Chiesa, figure che venivano definite “Streghe”. Il timore atavico dimostrato cavalcava l’onda della superstizione e dava corpo all’incubo di una metamorfosi tra l’umano e il diabolico, la cui sintesi perfetta era costituita dalla donna, che in Sardegna era quella che praticava i riti così detti magici. Ovviamente, la Chiesa aveva il pieno consenso dei governanti che avallavano il duro comportamento e gli istituiti tribunali dell’Inquisizione.

Il Governatore del Logudoro, Don Pietro Aymerich, ammoniva così le donne del suo territorio: “Attente a vivere cristianamente: non siate streghe, perché se siete streghe il Sant’Uffizio vi prenderà e vi brucerà”. Il termine strega, generico, comprendeva un numeroso ‘insieme’ di persone: Guaritrici, veggenti e rabdomanti, tutte persone, in particolare donne, dotate di una sensibilità superiore, nei confronti dei poteri della Natura, nonché antiche depositarie di un sapere rituale tramandato da generazioni. Per la Chiesa, invece, seppure esse vivevano cristianamente, venivano considerate creature malvagie, addirittura assetate di sangue. In sardo erano dette “Cogas”, “majarzas”, “bruxias”, “surbiles”, una varietas di “streghe” che, nella Sardegna dei secoli che vanno dal XVI al XVIII, erano diventate amiche del diavolo.

In Sardegna furono preda dell’Inquisizione Dominica Figus, Maria Murgia, Angela Borras, Teresa Serra, Caterina Corellas, Catalina Lay, Julia Carta e molte altre, tutte accusate di stregoneria dalla terribile Inquisizione spagnola. Nei loro confronti il Sant’Uffizio attuò delle severe condanne, la cui efferatezza culminò spesso con il rogo. Sotto le terribili torture tutte confessarono le fantasiose colpe di cui erano accusate: aver giaciuto con il demonio, aver praticato rituali orgiastici ed aver trescato con il demonio.

Amici, oggi voglio raccontarvi una di queste storie, quella di Catalina Lay, la levatrice di Seui, piccolo paese dell’Ogliastra, che faceva parte delle donne inquisite come streghe. Arrestata dall’arcivescovo di Cagliari, si era ritrovata il giorno di Ferragosto del 1583, scalza, ad ascoltare l’Autodafé (la proclamazione della sentenza di condanna) a Sassari nella piazza della Carra (oggi Piazza Tola), città in cui, dal 1563, aveva sede il tribunale inquisitorio. Non era sola, con lei altre otto donne trai trenta e i sessant’anni: Joanna Porcu e Clara Dominicon di Sedini, Antonia Orrú di Escolca, Pasca Serra di Villanofranca, Catalina Pira di Tertenia, Sebastiana Porru di Gemussi, Catalina Escofera di Cuglieri.

Catalina Lay era una levatrice provetta (in “Limba” una “maista de partu”), che pagò a caro prezzo la sua grande competenza e la sua abilità nel coadiuvare le donne nel parto; essa operava conoscendo bene le procedure tramandate da generazione in generazione sull’uso dei medicamenti naturali e il potere degli antichi “abrebus” (le parole proibite dei riti magici religiosi). In un’epoca nella quale la mortalità infantile era molto alta, le capacità di Catalina erano apprezzate, rispettate e temute allo stesso tempo, quasi potesse avere un invisibile potere di vita o di morte sul nascituro. Questo “potere” era alquanto temuto dalla Chiesa, tanto che non era raro che all’epoca persone come lei fossero perseguitate: bastava un’accusa ingiustificata mossa da chiunque per portare una di queste davanti al giudice inquisitore.

Così successe anche per Catalina Lay, che, nel processo svoltosi tra il 14 o 15 agosto del 1583 ricevette la condanna a sei anni di reclusione, duecento frustate e altre terribili pene. Dopo l’autodafé a Sassari, la cerimonia pubblica nella quale fu eseguita la penitenza e decretata la condanna, non si sono più rintracciate notizie su Catalina. Pertanto, non si sa se sia riuscita a sopravvivere agli anni del carcere. Resta, dunque, anche il mistero se abbia o meno fatto ritorno al suo paese, Seui, dove il Tribunale Ecclesiastico le aveva confiscato tutti i beni.

A Seui, però, il suo ricordo è ancora vivo e la tragica vicenda umana da lei vissuta non è stata dimenticata. Nel Museo di Seui, gestito dalla locale Cooperativa S’Eremigu, le è stata dedicata una sezione in “S’Omu ‘e Sa Maja”. L’edificio dove sorge il museo, un palazzo del 1600, oggi ospita, tra l’altro, varie collezioni museali legate al mondo magico religioso e alle antiche tradizioni precristiane della zona. Ricordare l’ingiusta punizione subita da Catalina è ritenuto un atto di giustizia, affinché non venga reciso il filo della memoria di tante donne vittime dell’Inquisizione, passate alla storia come streghe.

A domani cari amici lettori!

Mario

 

mercoledì, aprile 19, 2023

NEGLI USA ENTRA IN AULA IL “TUTOR ARTIFICIALE”, COME SUPPORTO AL MAESTRO ELEMENTARE! L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE SOSTITUISCE QUELLA UMANA?


Oristano 19 aprile 2023

Cari amici,

Che l’Intelligenza Artificiale (AI) stia facendo, ogni giorno che passa, passi da gigante è una realtà incontestabile! Con la temuta CHAT-GPT, che sta preoccupando non poco, l’AI si candida a sostituire l’uomo praticamente in tutte le branche del sapere, della conoscenza e delle relative applicazioni. Ebbene, mentre in Italia la preoccupazione che ChatGPT ha creato (in particolare nel mondo dell’istruzione), ha raggiunto gli alti vertici, tanto che l’accesso alla piattaforma è stato sospeso da parte del Garante della Privacy, all’estero, però, per ora risulta esserci piena libertà di utilizzo.

A temere l’impatto che CHAT-GPT poteva avere sull’apprendimento a scuola sono stati in gran numero i professori e gli insegnanti, preoccupati per un possibile utilizzo indiscriminato del nuovo strumento da parte degli studenti. In altre parti del mondo, in particolare negli Stati Uniti, invece, ad introdurre l'intelligenza artificiale sviluppata da Open AI nella didattica, ovvero Chat-GPT, in una scuola elementare privata è stato Sal Khan, uno degli educatori più noti degli Stati Uniti, celebre soprattutto per le sue idee innovative.  L’esperimento è stato condotto dalla Khan Lab School di Palo Alto, nel cuore della Silicon Valley, a pochissima distanza dalla sede di Google, da quella di Tesla, e dalla Stanford University.

Questo avveniristico educatore Sal Khan nell’istituto prima citato ha introdotto e sviluppato un chatbot, chiamato Khanmigo, con la funzione di TUTOR degli studenti. Secondo quanto riferito dal Washington Post, Sal Khan fondatore della Khan Lab School, ha affermato che “Khanmigo è più di un tutor premuroso, che aiuterà i ragazzi a progredire negli studi”. “Il mio team – ha proseguito – ha trascorso migliaia di ore per addestrarlo e fissare regole più stringenti di quelle previste da ChatGPT, per evitare che dia risposte non adatte agli studenti”. “La maggior parte dei genitori – ha concluso - sono piuttosto entusiasti”.

In realtà anche i giudizi degli insegnanti risultano positivi. “Mi aspettavo domande più sciocche da parte dei bambini – ha affermato uno di essi – ma è stata una piacevole sorpresa scoprire che la maggior parte ha preso l’esperimento molto seriamente”. Lo stesso insegnante ha avvertito che “un uso eccessivo del tutor potrebbe essere negativo”, ma ha anche sottolineato che esso agevola l’apprendimento da parte dei ragazzi più timidi “che hanno problemi a porre domande ad alta voce”.

Come accennato prima la suola è stata creata da Sal Khan, uno degli educatori più noti degli Stati Uniti, celebre soprattutto per le sue idee innovative. Nel 2012 il Time lo ha inserito tra le 100 persone più influenti del mondo. Autore di libri tradotti anche in italiano (La scuola in rete – Reinventare l’istruzione nella società globale) da anni cura un canale su You Tube (Khan Academy) che ha ben 7,8 milioni di iscritti. “Il nostro approccio – si legge sul sito internet della Khan Lab School – è incentrato sullo studente, punta a promuovere la sua curiosità, la sua indipendenza e perseguire progetti in linea con i suoi interessi e ambizioni. "Ci concentriamo sui risultati di apprendimento che contano di più e valutiamo la crescita degli studenti con metriche significative piuttosto che con i tradizionali voti in lettere”, si legge.

Amici, a prescindere dalla paura che le novità tecnologiche sempre creano, non è che ci sarà una certa dose di incoscienza in chi crede seriamente in questa poderosa intelligenza artificiale, senza averne paura? Insomma, per alcuni, ci troviamo di fronte ad una eccellenza in campo educativo che non desta timori, mentre invece è probabile che stiamo entrando in un futuro di cui ignoriamo le conseguenze che potrebbero essere alquanto pericolose.

Cari amici, il problema è indubbiamente più serio di quanto appaia. Certo, cercare di integrare gli attuali programmi con l’ausilio dell’Intelligenza Artificiale, servirà a costruire la scuola del futuro, ma valutando per bene limiti e autonomie. Saranno i numerosi test a cui l’AI dovrà essere sottoposta, a garantire all’uomo un futuro privo di rischi, in quanto l’AI, senza alcun dubbio, impatterà su tutti gli ambiti della società, non solo sulla scuola.

A domani.

Mario