giovedì, novembre 25, 2021

KEN SMITH, UN EREMITA NEL 3° MILLENNIO. LA CURIOSA AVVENTURA DI UN UOMO CHE DA OLTRE 40 ANNI RIFIUTA LA VITA COMUNITARIA.


Oristano 25 novembre 2021

Cari amici,

Robinson Crusoe

Isolarsi dal resto del mondo, diventare volontariamente un Robinson Crusoe nel millennio che attraversiamo, sembra quasi una favola d’altri tempi. Eppure è una concreta realtà. A volte la vita, per le ragioni più disparate, può cambiarci in modo incredibilmente diverso, in particolare se la nostra mente metabolizza un fatto fortemente traumatico, che porta il nostro IO a rifiutare in modo totale la presenza degli altri, isolandoci dal resto del mondo. È  quello che è accaduto 40 anni fa a Ken Smith, un operaio inglese allora di 34 anni, la cui storia oggi voglio raccontare anche a Voi.

Derbyshire

40 anni fa Ken Smith, un giovane inglese originario del Derbyshire, lavorava costruendo caserme per i vigili del fuoco. Era una persona tranquilla che amava il suo lavoro, considerato che aveva iniziato a lavorare all’età di 15 anni. La sua vita cambiò bruscamente quando di anni ne aveva 26, dopo aver subito un’aggressione da parte di una banda di delinquenti che lo picchiarono selvaggiamente; le ferite riportate erano talmente gravi che rimase privo di conoscenza per ben 23 giorni. I medici furono concordi nel dichiarare che difficilmente si sarebbe ripreso, che non avrebbe più parlato e camminato, ma non fu così.

Ken lentamente si riprese e, considerata la violenza subita, decise che da allora in poi avrebbe vissuto “a modo suo”, alle sue condizioni, senza accettare interferenze da parte di nessuno. Dopo aver ripreso con fatica a camminare cominciò a  vagare senza una meta precisa, studiando così il modo per riprendere in mano la sua vita. Camminando notte e giorno percorse ben 22mila miglia, attraversando perfino il territorio canadese dello Yukon fino ai confine con l’Alaska. Al suo ritorno in patria fece l’amara scoperta che i suoi genitori erano morti: lui purtroppo non lo aveva saputo in tempo perché nessuno era riuscito a rintracciarlo. Neppure questo immenso dolore, però, riuscì a fermarlo, anzi, forse, contribuì ad elaborare la sua nuova strategia di vita.

Rannoch

Riprese con buona lena a camminare nel suolo inglese natio, fermandosi a riflettere in quel di Rannoch. Qui metabolizzò il suo dolore, ripensando fortemente ai suoi genitori che non c’erano più, dando così sfogo al suo grande dolore. Riprese ancora a camminare meditando e piangendo, vagando senza meta in mezzo alla natura selvaggia. La sua mente iniziava a immaginare che il suo destino sarebbe stato quello di allontanarsi per sempre dalla comunità umana, per vivere una vita solitaria, isolato da tutto e da tutti.

Mentre camminava continuava a pensava: “dov'è il posto più isolato in Gran Bretagna?”. Poi arrivò il momento in cui restò incantato da un bosco che lo affascinò; era collocato in un luogo assolutamente privo di persone e abitazioni, lontano da ogni traccia di civiltà.  Lì decise di fermarsi: smise di piangere e pose fine al suo vagabondare. Per ripararsi dal freddo e dalle intemperie iniziò subito a costruire con dei tronchi una capanna, preparandosi a vivere in modo spartano, come un sopravvissuto.

Si procurava la legna tagliandola nel bosco e con quella riusciva a riscaldarsi durante la notte; inizialmente mangiava le bacche del bosco, poi iniziò a coltivare ortaggi e foraggi, ma la sua principale fonte di cibo la trovò nel vicino lago ricco di pesci. Per Ken questo fu l’inizio di un’esistenza nuova, indubbiamente fuori dai canoni dei nostri tempi: ovvero una vita da eremita, senza nessuna agevolazione tecnologica dell’era moderna. Questo succedeva a Ken quarant’anni fa, e, nonostante le difficoltà non gli siano mai mancate, ancora permane.

Lizzie McKenzie

Nel 2019, infatti, Ken ebbe un ictus mentre d’inverno era al lavoro nella neve; fortuna volle che fosse entrato in possesso, di recente, di un localizzatore personale GPS, strumento che gli era stato dato poco tempo prima dalla  regista della BBC della Scozia Lizzie McKenzie, che lo aveva raggiunto nel suo rifugio solitario per girare un documentario sulla sua vita da “eremita del terzo millennio: “The Hermit of Treig”. Una volta attivato un SOS con il GPS, arrivarono i soccorsi: Ken fu trasportato in aereo all'ospedale di Fort William dove trascorse sette settimane prima di riprendersi. I medici cercarono di convincerlo a tornare alla civiltà, ma senza successo.

Ken infatti tornò, appena ristabilitosi, tornò nella sua solitaria capanna, dove, pur senza chiederlo (in tanti, ormai, sapevano della sua avventura) qualche aiuto arrivò.  Il capo delle guardie ambientali che si occupavano del bosco dove Ken aveva posto la sua solitaria residenza, iniziò a portargli del cibo ogni due settimane, acquistandolo di tasca propria con la sua pensione. L’anno successivo Ken rischiò ancora la vita: un mucchio di tronchi gli crollò addosso, ma nonostante gli ulteriori acciacchi, non si disamorò dal continuare a vivere nella sua capanna. "Mi fermerò qui fino alla fine dei miei giorni, sicuramente. Io spero di arrivare a 102 anni", disse ancora orgogliosamente a quelli che cercavano di distoglierlo.

Cari amici, questa storia credo che faccia riflettere un po’ tutti noi. La vita violenta di oggi, quella che sacrifica tutti per adorare il dio denaro, porta l’uomo all’isolamento, al distaccarsi dalla vita sociale. Ken ha avuto una reazione forte, che pochi sono capaci di avere, ma lui è contento così. Ormai 74enne, pesca, si nutre di bacche, coltiva le sue verdure e lava i suoi vestiti in un vecchio bagno all’aperto. È felice di vivere in assoluta armonia con la natura che lo circonda, lontano dalla cattiveria degli uomini. “È una vita bellissima quella che ho scelto” - sostiene Ken con un sorriso - “Tutti desiderano e sperano di essere in grado di farla, ma in realtà nessuno ci prova”.

Credo che ogni ulteriore commento a questa storia sia davvero superfluo. A domani cari lettori.

Mario

mercoledì, novembre 24, 2021

LE GRANDI VIRTÙ DEL PEPERONCINO. LE NUMEROSE VARIETÀ, DI DIVERSA PICCANTEZZA, SONO UN VERO TOCCASANA PER LA NOSTRA SALUTE.


Oristano 24 novembre 2021

Cari amici, di peperoncino ho già parlato ampiamente su questo blog, ma oggi voglio tornare sull’argomento perché personalmente sono convinto che faccia davvero bene alla nostro organismo, in particolare per migliorare la nostra salute nell’inverno imminente. Per cui, seppure corro il rischio di ripetermi, sono certo di interessare anche Voi, amici lettori. Il peperoncino fa parte della famiglia delle solanacee e in particolare del genere Capsicum, a cui appartiene anche il peperone, altro ortaggio comunemente presente sulla nostra tavola.

Originario dell’America centrale, il peperoncino ha una storia millenaria, utilizzato dalle antiche tribù del Centroamerica, come è stato confermato dai numerosi reperti archeologici. Fu Cristoforo Colombo a portare questa preziosa pianta in Spagna, permettendone così la diffusione in tutta Europa. La sua coltivazione (può essere coltivato in vaso anche in città) è semplice: si semina all’inizio della primavera e si raccolgono i frutti in estate e autunno, in relazione alla varietà coltivata. Esiste in diversissime varietà, con colori che vanno dal rosso al giallo e al verde, e, ovviamente, con diversi gradi di piccantezza .

In cucina può essere utilizzato sia fresco che secco, e questo consente il suo utilizzo durante tutto l’anno. È usato in mille maniere: come aggiunta ai condimenti (una classica ricetta è spaghetti aglio, olio e peperoncino), cucinati ripieni di carne o verdure, sotto forma di crema spalmabile e in molti altri modi. Quanto alla piccantezza di questo frutto, ciò dipende dalla quantità di capsaicina contenuta, che viene misurata dalla scala di Scoville. Tra i peperoncini più piccanti e più conosciuti possiamo ricordare l’habanero, mentre le varietà cayenna, calabrese e jalapeno messicano sono considerate solo moderatamente piccanti. Ma veniamo alle sue eccellenti proprietà.

I benefici del peperoncino per il nostro organismo sono numerosi. Innanzitutto sono poveri di calorie (circa 30 ogni 100 gr), in quanto costituiti prevalentemente da acqua, da una buona quantità di carotenoidi, capsaicina e vitamine. Tra queste ultime la più rappresentata è la vitamina C: un peperoncino da 10 gr può contenere il 30% del fabbisogno giornaliero di vitamina C di un uomo adulto. Il calcolo è riferito al peperoncino fresco, in quanto il contenuto di questa vitamina risulta vicino allo zero da secco, a causa della sua volatilità. È anche ricco di polifenoli, sostanze antiossidanti che conferiscono al peperoncino proprietà benefiche per la nostra salute; il peperoncino è considerato anche un potente afrodisiaco, in quanto risulta presente la vitamina E, una vitamina che nell’uomo si è guadagnato anche il titolo di vitamina della fecondità e della potenza sessuale..

A livello terapeutico, la sua prima funzione è quella di favorire la secrezione dei succhi gastrici e facilitare a digestione. Il peperoncino migliora la circolazione, risultando un ottimo cardioprotettivo, ha inoltre proprietà vasodilatatrici ed è anticolesterolo; consente poi ai capillari di rimanere elastici e migliora l'ossigenazione del sangue. Queste proprietà sono dovute agli acidi grassi insaturi presenti nel seme, che rinforzano i vasi sanguigni. Grazie alle sue proprietà antinfiammatorie, il peperoncino è molto indicato in caso di tosse o raucedine. Purificando il sangue, allevia anche i dolori reumatici: l'ideale è metterlo a macerare nell'alcol e applicarlo poi sulla parte dolorante, in modo da alleviare il disturbo.

Amici, uno studio, sostenuto anche dalla Fondazione Veronesi, ha evidenziato che il consumo frequente di peperoncino riduce il rischio di morte per cause cardiovascolari. Inoltre, consumare regolarmente peperoncino aiuta a perdere peso (nell'ambito di una dieta dimagrante), oltre ad essere considerato una valida opportunità per proteggere la salute cardiovascolare. Secondo diversi, accreditati studi, il peperoncino avrebbe un'azione antibatterica e vasodilatrice, inoltre contribuirebbe anche a tenere sotto controllo i valori del colesterolo e della pressione sanguigna; e, sulla base delle conclusioni di uno studio pubblicato nel 2017 sull'International Journal of Food Sciences and Nutrition, il peperoncino sarebbe un elemento di cui non privarsi mai nel corso di una dieta dimagrante (grazie al suo potenziale effetto positivo sul metabolismo).

I benefici del peperoncino derivano da un mix di sostanze antiossidanti presenti al suo interno: vitamina C, carotenoidi, polifenoli. Ma il merito principale è da ascrivere alla capsaicina, la principale molecola contenuta nella bacca e che è responsabile della sua piccantezza. Elena Dogliotti, biologa nutrizionista e membro della supervisione scientifica di Fondazione Umberto Veronesi, sul peperoncino si è così espressa: «usare il peperoncino, come qualsiasi altra spezia, al posto del sale è opportuno per tenerne sotto controllo i consumi e, di conseguenza, i valori della pressione arteriosa».

Cari amici, seppure dotato di molteplici proprietà benefiche, il peperoncino deve però essere evitato in alcuni casi. Lo sanno bene coloro che soffrono di reflusso gastroesofageo, sindrome del colon irritabile, sindrome emorroidaria, ulcera gastrica e malattie infiammatorie intestinali in fase acuta. Una delle prime restrizioni che viene posta alle loro diete è proprio l'esclusione dei cibi piccanti e, più in generale, delle spezie. Cautela nel consumo di pietanze pungenti viene raccomandata anche alle donne in gravidanza.

Insomma, amici, il peperoncino, ovviamente nelle sue giuste dosi, non dovrebbe mai mancare nella nostra alimentazione!

A domani.

Mario

martedì, novembre 23, 2021

ALIMENTAZIONE. LA GRANDE DIFFERENZA FRA MANGIARE E NUTRIRSI. ADOTTARE LA “MINDFUL EATING” SIGNIFICA MANGIARE CON CONSAPEVOLEZZA


Oristano 23 novembre 2021

Cari amici,

I termini Mangiare e Nutrirsi non significano la stessa cosa, in quanto sono modi di alimentarsi molto diversi. Spesso, infatti, a chi non capita di mangiare senza avere reale bisogno di cibo, ma unicamente perché colpiti da ‘fame nervosa’, determinata da sensazioni ed emozioni come noia, tristezza, rabbia, infelicità oppure anche grande felicità. Nutrirsi, invece, è qualcosa di molto diverso, in quanto significa dare al nostro corpo il carburante giusto, quello di cui ha bisogno. Ciò sta a significare che dobbiamo mangiare in maniera consapevole, ovvero nutrirci!

Dare nutrimento al nostro corpo significa alimentare la nostra macchina  con il giusto carburante di cui necessita. In questo modo avremo una macchina efficiente che ci consente di affrontare la nostra vita in modo più sereno. Agli studiosi, infatti, è noto che molto dello stress che accumuliamo viene somatizzato nella zona stomaco-intestino. Proprio per questo i nutrizionisti ci insegnano la disciplina della mindful eating, ovvero come nutrire il nostro corpo mangiando con consapevolezza.

Per entrare nell’ordine di idee su cosa sia realmente la mindful eating, è necessario partire dall’origine; lo stesso termine inglese dato a questa disciplina, “Mindful”, significa consapevolezza, ed è proprio questo l’atteggiamento richiesto da tutte quelle tecniche psicologiche volte a ridurre, o almeno a controllare, lo stress. Consapevolezza, amici, che è quel sano comportamento che possiamo trasferire in qualsiasi altro campo, non solo in quello alimentare! Nel caso specifico di cui parliamo, la Mindful, ci  consente di avere un rapporto decisamente positivo con in cibo, eliminando quella fastidiosa sensazione di pesantezza e gonfiore che ci assale quando mangiamo in modo sbagliato.

Il suggerimento dato dagli esperti è quello di “cambiare abitudini”, iniziando così a muovere i primi passi nella mindful eating. Lasciare le vecchie e consolidate abitudini alimentari sbagliate, con l’aumentare dell’età diventa sempre più necessario; per capirci, non c’è bisogno di “versare lacrime sul latte versato”, ma vedere il cambiamento come un nuovo corso da intraprendere, capace di soddisfare un bisogno nuovo, suggeritoci da un campanello d’allarme che ci avvisa della strada sbagliata intrapresa, e quindi della necessità di cambiare.

Nell’intraprendere la nuova strada, dobbiamo partire non dal cibo ma dalla nostra mente. Dobbiamo iniziare a pensare che abbiamo necessità di cambiare, che variare l’alimentazione può essere anche una scoperta di nuove sensazioni e di nuovi sapori. Poi, una volta seduti a tavola, dovremmo lasciare da parte tutti gli altri pensieri per dedicarci a gustare quanto stiamo consumando. Il momento del pasto, infatti, risulta fondamentale per riscoprire nuovi gusti e magari riassaggiarne alcuni che credevamo in passato di detestare.

Si, è necessario dialogare di più e meglio con il nostro corpo, perché esso ci parla, ci lancia dei segnali che ci avvisano, indicandoci la via per stare bene; noi dobbiamo essere in grado di cogliere questi segnali, sia prima che quando siamo a tavola. È importantissimo quindi imparare a mangiare in modo consapevole per poter soddisfare le esigenze che il nostro corpo ci chiede, dandogli la giusta qualità e quantità di carburante, senza mai esagerare.

Amici, sappiamo anche che per star bene è necessario accompagnare l’alimentazione con il giusto movimento; questo non vuol dire che ci dobbiamo trasformare in atleti per mantenerci in forma! Bastano solo pochi esercizi, ma fatti bene e in modo costante, oppure fare una bella camminata rigeneratrice dopo le ore passare a scrivania. Se sappiamo davvero ascoltare il nostro corpo e gli diamo retta, ci accorgeremo dei significativi cambiamenti in positivo, e inizieremo così a vivere meno stressati, più soddisfatti, e capaci di affrontare al meglio la nostra quotidianità.

Cari amici, chi è arrivato alla mia età (sono nato nella prima metà del secolo scorso), sa bene che quello che dico è vero, e chi ha deciso di alimentarsi in modo razionale, ovvero ha adottato la mindful eating, ha sicuramente provato la grande gioia del cambiamento e un nuovo modo di star bene! Provare per credere! Anzi, provare per vivere!

A domani.

Mario

lunedì, novembre 22, 2021

DAL 1° DI GENNAIO CALA ANCORA IL LIMITE ALL'USO DEL CONTANTE. ECCO COSA CAMBIA NEI PAGAMENTI DAL PROSSIMO ANNO.


Oristano 22 novembre 2021

Cari amici,

Che l’evasione fiscale in Italia ci sia sempre stata, anche in modo massiccio, lo sappiamo bene tutti. Questo portò, fin dalla fine del secolo scorso a tentare di frenare l’evasione mettendo dei limiti all’uso dei pagamenti “per contanti”. Un tetto fu introdotto dal settimo governo Andreotti nel 1991e prevedeva (allora eravamo in lire) un limite di 20 milioni, corrispondenti oggi a circa 10 mila euro. Ebbene, ciò nonostante, non si può certo dire che la limitazione abbia fatto diminuire l’evasione fiscale, anzi si dice addirittura il contrario. L’uso del contante, come strumento di pagamento, infatti, è ancora assolutamente prevalente in Italia, tanto da rappresentare l’85,9% in volume e 68,4% in valore, contro un uso delle carte che si attesta al 12,9% in volume e al 28,6% in valore”.

Ciò nonostante, nel tempo furono stabilite ulteriori limitazioni ai pagamenti fatti in contanti. Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della legge numero 157 del 2019, furono stabiliti dei limiti scaglionati nel tempo, limiti  che, a partire dal 1° gennaio 2022, hanno portato a vietare i trasferimenti di danaro contante pari o superiori a 1.000 euro. Per cifre superiori sarà necessario usare esclusivamente strumenti di pagamento tracciabili (ad esempio, bancomat, carta di credito, assegni, bonifici). Si, amici, la normativa su richiamata è stata ora confermata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, che ha ufficializzato che per i contanti la soglia dei pagamenti varia da quella attuale, pari a 1.999,99 euro, alla nuova di 999,99 euro che entrerà in vigore dal prossimo gennaio.

La nuova soglia dei contanti, di un centesimo inferiore a mille euro, dovrà essere applicata per qualsiasi tipo di pagamento, cioè di passaggio di denaro tra persone fisiche o giuridiche. Questo significa che non solo l’acquisto di un bene o la prestazione di un professionista, ma anche una donazione o un prestito a un figlio per una cifra di almeno 1.000 euro dovrà essere giustificato ed effettuato con un tipo di pagamento tracciabile, come ad esempio un bonifico. Il rispetto della norma è importante, perché può costare una sanzione: pagare 999,99 euro in contanti dal primo giorno del 2022 è lecito, pagare 1.000 euro, cioè un centesimo in più, no.

Tuttavia, come precisa AdnKronos, nulla cambia per quanto riguarda prelievi e versamenti in banca, poiché non si tratta di trasferimenti di denaro tra due soggetti diversi ma di movimenti che interessano una sola persona. Per capirci, sarà perfettamente lecito andare in banca a ritirare 1.500 euro. Quello che non verrà consentito è di utilizzarli tutti insieme per fare un solo pagamento. Potranno essere tenuti in casa per essere spesi un po’ alla volta entro la soglia stabilita. Lo stesso vale per i versamenti. Poniamo il caso di chi ha ricevuto in contanti per la propria attività 500 euro, poi 400 euro e poi ancora 600 euro. In totale, 1.500 euro che possono essere versati insieme sul proprio conto corrente. Non viola le regole sull’uso dei contanti nemmeno chi fa un pagamento misto: cioè se per pagare un servizio che costa 1.800 euro consegno al professionista 900 euro in contanti e 900 euro con un assegno, o con la carta di credito o con un bonifico. L’importante è che la somma in contanti resti sempre al di sotto del limite di 999,99 euro.

Per chi viola le regole sono previste delle sanzioni. La nuova soglia di pagamenti in contanti deve essere rispettata non solo da chi paga ma anche da chi riceve il denaro: entrambi possono essere puniti nel caso in cui venga superato il limite di 999,99 euro. La legge prevede che con l’abbassamento del limite dei contanti diminuisca anche la sanzione minima. In sostanza: dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2021, la soglia per i pagamenti in cash è di 1999,99 euro, mentre la sanzione minima applicabile in caso di trasgressione (minima, non fissa) è di 2.000 euro. Ora, con il limite a 999,99 euro dal 1° gennaio 2022 la sanzione minima scenderà a 1.000 euro, fino ad un massimo di euro 50.000.

La predetta regola, però, varia in modo più forte per i professionisti o per chiunque non segnali le irregolarità alle direzioni territoriali di Bankitalia: in tal caso, la sanzione resta fissata da 3.000 a 15.000 euro, quindi con una soglia minima pari al triplo rispetto a quella prevista per chi commette la violazione. Restano in vigore le obbligatorie segnalazioni che le banche, gli istituti di credito, Poste Italiane, etc. continueranno ad inviare all’Unità di Informazione Finanziaria presso la Banca d’Italia (UIF) delle operazioni in contante (es. prelievi) pari o superiori a 10.000 euro complessivi mensili, anche se realizzate attraverso più operazioni.

Cari amici, in Europa i limiti all’uso del contante esistono in 12 Paesi, con Francia, Portogallo, Grecia e Spagna tra i più severi; nei primi due il massimale è fissato a 1.000 euro, nel terzo a 1.500 ed in Spagna a 2.500 euro. Tra i Paesi più permissivi, troviamo Polonia, Croazia e Repubblica Ceca, che hanno limiti di 15 e 14 mila euro. Fa eccezione la Germania, che non applica limiti, seppure possieda la più ricca economia del continente europeo.

Paese che vai…modo di pagare che trovi…

A domani.

Mario

 

domenica, novembre 21, 2021

DROGA DELLO STUPRO: STUDIATA UNA NUOVA TECNICA DI SOMMINISTRAZIONE NASCOSTA, LO “SPIKING” CON SIRINGA.


Oristano 21 novembre 2021

Cari amici,

La violenza contro le donne pare non fermarsi mai. La droga, in particolare quella dello stupro, sta allarmando sempre più le giovani donne che, senza accorgersene si ritrovano in corpo quei terribili veleni che fanno perdere conoscenza, diventando prede facili dello stupratore di turno. Dopo il così detto “drink spiking”, una pratica in cui la droga dello stupro viene aggiunta di nascosto nei drink, ora un altro sistema, ancora più insidioso, arriva in discoteca, studiato da soggetti senza scrupoli per predare inconsapevoli giovani donne facendo perdere loro conoscenza, per poi violentarle e stuprarle.

La nuova tecnica usata dallo stupratore di turno consiste nel preparare una siringa con la droga e, una volta arrivato nel gruppo che balla, individuare la preda e pungerla alla schiena o alle gambe, aspettando l’effetto. Il New York Times ha riportato di recente numerosi casi di operazioni di questo tipo, grazie alle numerose testimonianze di ragazze inglesi, soprattutto studentesse, che, durante una serata in un club affollato, hanno percepito un forte pizzico alla schiena, perdendo poco dopo conoscenza e diventando così preda dello stupratore.

Il problema, amici, pare che stia diventando davvero molto serio. Dopo i lunghi mesi di Lockdown sono ripresi gli incontri di socialità e la gioventù, in particolare quella studentesca, cerca ora di riappropriarsi della propria libertà divertendosi nei locali da tempo vietati, diventando, però, preda facile dei possibili violentatori. Già in precedenza era noto il pericolo nascosto nelle bevande alterate con l’aggiunta della droga, tanto che un’indagine condotta dalla BBC nel 2019 aveva portato alla luce più di 2.600 casi in Inghilterra e Galles a partire dal 2015. Di questi, il 72% riguardava donne, tra le quali si registrava un numero sempre maggiore di minorenni.

A questo si aggiunge ora la paura del nuovo pericolo della droga in siringa, che appare alquanto preoccupante per la difficoltà di difendersi. Finora le testimonianze raccolte confermano il dilagare del fenomeno; quanto ai sintomi che derivano dalla somministrazione della droga dello stupro, questi causano intontimento, nausea, problemi di vista, diminuzione delle inibizioni, confusione, debolezza estrema, e, in alcuni casi, svenimento, tanto che per lo stupratore la vittima diventa così preda facile per essere abusata sessualmente.

La dottoressa Sarah Jarvis, medico e consulente di Drinkaware, sullo spinoso problema si è così espressa: “I sintomi derivanti dalla così detta droga dello stupro dipendono da molti fattori: dal tipo di sostanza, dal mix, dalla dose, dal peso e da quanto alcol si è ingerito; nella maggior parte dei casi gli effetti si vedono in un periodo di tempo che va dai 15 ai 30 minuti, e i sintomi restano presenti per diverse ore”. Un pericolo, come tutti possiamo immaginare, davvero serio e preoccupante.

La questione dello spiking e del nuovo, terrificante modo di somministrare droga alle donne è finita anche sui tavoli del Governo. La Segretaria di Stato britannica, Priti Patel, secondo i media locali si è detta pronta a organizzare un tavolo di confronto sull’argomento. Il problema non riguarda soltanto le violenze in sé, ma anche gli strascichi psicologici che un’aggressione con queste modalità lascia sulle vittime; esse provano vergogna, si colpevolizzano per avere abbassato la guardia, nutrono dubbi e timori sull'essere prese sul serio e tendono a tenere per sé quanto accaduto, chiudendosi e rifiutando di sporgere denuncia. Cosa che, invece, è un passo fondamentale per accertare la tipologia di sostanza iniettata, che può essere individuata sino a 72 ore dopo la somministrazione attraverso una serie di specifici test.

In Inghilterra sono già in tante le giovani donne che in corteo hanno urlato “Stop allo spiking”; in migliaia hanno protestato in diverse città universitarie, come Bristol, Birmingham e Nottingham, e hanno deciso di boicottare discoteche, locali notturni e alcuni pub aperti la notte. Chiedono che all’ingresso nei locali i partecipanti vengano perquisiti, in modo da accertare che non possiedano sostanze o strumenti capaci di offendere. Indubbiamente non sarà facile, ma nel caso contrario la socialità ne risentirebbe parecchio.

Cari amici, il fenomeno droga sta diventando sempre più preoccupante, in particolare quando certe droghe vengono somministrate a persone inconsapevoli che si trovano così in balia dei loro possibili carnefici. Personalmente sono certo che dall’Inghilterra il fenomeno si diffonderà come un virus, e presto arriverà anche da noi in Italia. I rimedi? Indubbiamente difficili, perché pensare di perquisire tutti all'ingresso in discoteca appare utopia, ma punire severamente i colpevoli certamente porterebbe almeno a mitigare il fenomeno.

A domani.

Mario

sabato, novembre 20, 2021

ALIMENTAZIONE: COME COMBATTERE COLESTEROLO E GLICEMIA ALTA. ECCO L’ALIMENTAZIONE CHE AIUTA A TENERE SOTTO CONTROLLO GRASSSI E ZUCCHERI


Oristano 20 novembre 2021

Cari amici,

È la Sardegna la Regione che da sempre detiene il triste primato italiano d’incidenza di diabete di tipo 1, con oltre 12mila adulti, più di 1.500 under 18 e circa 120 nuovi casi all’anno, collocandosi ai vertici della classifica mondiale, risultando seconda solo alla Finlandia. Anche il diabete di tipo 2, quello in capo agli anziani, non risparmia i sardi. Tenere sotto controllo la glicemia, il colesterolo e i trigliceridi (in genere viaggiano insieme) richiede provvedimenti importanti, come una corretta alimentazione, fare movimento e, nell’eventualità, prendere i farmaci necessari a contenere i valori elevati.

Si, sedentarietà, pigrizia, poca attitudine a fare dello sport, sono ostacoli da rimuovere, e, dopo un anno di forzate clausure domestiche causate dalla pandemia, la salute di molte persone è pure peggiorata. Come prima accennato, trigliceridi, colesterolo LDL e glicemia alta sono un “tris” dannoso per il regolare metabolismo di zuccheri e grassi. Oltre il movimento fisico, se vogliamo evitare i danni creati dal diabete (come rischi di infarto e ictus), dobbiamo fare molto sul piano dell'alimentazione. La dieta è una forte alleata nella prevenzione del diabete o nel suo controllo. Il suo ruolo è talmente importante che non è possibile trascurarla né prima né dopo.

È importante, dunque, seguire una dieta appropriata, tale da mantenere il più possibile il peso nella norma e, se necessario, dimagrire. È anche importante moderare il consumo di alcolici: in caso di diabete possono aumentare il rischio di ipoglicemia, soprattutto se si stanno assumendo insulina o farmaci che ne influenzano i livelli. È invece consigliata l'assunzione di fibre, presenti per esempio nei cibi integrali. Ecco allora la necessità di scegliere alimenti con un basso indice glicemico. Fra gli alimenti con un basso indice glicemico (cioè inferiore o uguale a 50) sono inclusi: riso integrale e parboiled, pasta all'uovo, orzo perlato, fagioli, ceci, lenticchie, cracker, biscotti d'avena, bastoncini di crusca, latte intero, yogurt, noccioline, carote e anche diversi frutti.

Sono invece considerati alimenti con un indice glicemico medio (compreso tra 51 e 69), per esempio: spaghetti, pasta ripiena (tipo lasagne), riso basmati, grano saraceno, gnocchi di patate, pane di segale, grissini, muesli, barrette di cereali, biscotti secchi e frollini, patatine in busta, piselli, zucca e alcuni frutti. Sono, invece, considerati alimenti con indice glicemico alto (uguale o maggiore di 70): riso brillato e soffiato, pasta di riso, patate bollite, pizza, cornflakes e cereali in fiocchi al cioccolato, pane bianco, integrale, all'olio e senza glutine, miele di acacia e alcune varietà di frutta. Si, amici, ci sono qualità di frutta che possiamo mangiare e altre, invece, da evitare.

Fra le varietà di frutta ammesse nella dieta per la glicemia alta (quindi con indice glicemico basso) non ci sono solo le mele. Certo, la mela rientra nell'elenco della frutta con basso indice glicemico, ma possiamo mangiare tranquillamente anche arance e mandaranci, albicocche, fragole, ciliegie e uva bianca; anche la marmellata e il succo d'arancia hanno un indice glicemico basso. Questi frutti e prodotti sono fra quelli che possono essere inclusi nella dieta per la glicemia alta. Non esagerare, però: ne è ammesso un consumo moderato.

Hanno, invece, un indice glicemico medio, kiwi, ananas e melone, mentre anguria e banana sono caratterizzate da un indice glicemico alto, e, insieme ai canditi, alla frutta sciroppata e ai succhi di frutta industriali, sono assolutamente sconsigliati a chi ha problemi di diabete. Il problema dei succhi di frutta industriali è che spesso contengono zuccheri aggiunti; per lo stesso motivo la dieta per la glicemia alta prevede l'esclusione delle altre bevande zuccherate (tipo cola) e la riduzione di cibi con zuccheri aggiunti.

Una dieta per combattere la glicemia alta risulta utile anche per combattere colesterolo alto e trigliceridi. Infatti il controllo della glicemia non deve essere l'unica preoccupazione di chi convive con il diabete, perché questa patologia comporta anche rischi per la salute cardiovascolare. In particolare, può essere associata a pressione alta ed eccessi di trigliceridi e di colesterolo LDL (quello associato a un aumento del rischio cardiovascolare) e a livelli troppo bassi di colesterolo HDL (quello che invece non dovrebbe scendere sotto una quantità minima considerata benefica).

Cari amici, come consiglia la Dott.ssa Silvia Soligon, biologa nutrizionista, laureata in Scienze Biologiche con un dottorato in Scienze Genetiche e Biomolecolari, per controllare la glicemia alta, colesterolo, trigliceridi etc., usiamo una dieta che rispetti queste regole: limitare il consumo di sale (che aiuta a tenere sotto controllo la pressione), assumere dosi adeguate di omega 3, evitare i grassi saturi di origine animale (presenti per esempio nelle carni, nel latte, nei formaggi) e quelli idrogenati, e non esagerare nemmeno con il consumo di cibi ricchi di colesterolo, come le uova, i crostacei e i molluschi. Alla dieta, che comprende i cibi prima consigliati, non dimentichiamo mai di aggiungere l’attività fisica!

Vogliamo vivere più anni e più a lungo? Adottiamo uno stile di vita più salutare a 360 gradi!

A domani.

Mario