sabato, novembre 21, 2009

GLI STRANI GENI MODERNI DELLE LAMPADE ( QUELLA DI ALADINO E' SOLO UN RICORDO...)!





Oristano 21 Novembre 2009

Percorrere i sentieri della rete è sempre stato per me un modo per rilassarmi ed allo stesso tempo soddisfare la mia inestinguibile curiosità.

Oggi mi sono imbattuto in una bellissima riflessione di Michela Murgia, sarda, appassionata, innamorata da sempre della Sua terra, la Sardegna.

La riflessione di Michela è riferita ad un luogo antico e sempre bellissimo: San Salvatore del Sinis. Un luogo che conosco bene, che adoro e che mi consente di fermarmi a pensare, riflettere.

Non aggiungo nulla alle Sue riflessioni. Grazie Michela!
Il Suo sito è sempre molto interessante ( http://www.michelamurgia.com/ ) e lo consiglio a tutti gli amici.
Ecco il "pezzo" di Michela.


Geni della lampada (ho visto la luce a San Salvatore)

di Michela Murgia.

(Attenzione: contiene specifiche riflessioni sulla luce, ombelicalismi sullo spirito dei luoghi dove sono nata e rabbia per l'incapacità dichiarata di troppi sardi di passare sulla loro terra leggeri).
C'è un posto vicino a casa mia che si chiama San Salvatore. E' un classico paese novenariale campestre, cioè un agglomerato di case molto piccole (cumbessias) sorte per essere abitate dai cabraresi solo per 9 giorni all'anno, in corrispondenza della festa del santo a cui è dedicata la chiesetta che fa da baricentro alla località. E' un luogo di natura spirituale, dove il sacro ha radici visibili che si piantano nei millenni.

Per gli increduli ci sono anche le prove: sotto il pavimento della chiesetta attuale c'è infatti un ipogeo di presunta matrice pre-nuragica, a cui si è poi sovrapposto il culto nuragico delle acque, quello punico di Sid, probabilmente quello romano di Asclepio e infine la devozione al Cristo Salvatore che oggi dà il nome al paesino. Tutte le culture che ci sono entrate hanno riconosciuto la sacralità del luogo e l'hanno a loro modo rispettata, ricalcandola.

La magia del novenario di San Salvatore ha i tempi ritmati dalla preghiera: la messa, la via crucis e la novena al pomeriggio sono gli unici impegni comuni del giorno, il resto del tempo è riposo e amicizia, in una convivialità fatta di lente chiaccherate, di giochi di bambini sulla terra battuta, di penombre serali e di piccole case in piccolissime vie. Non ci sono negozi, non ci sono altre piazze che quella che fa da perno alle case, in cerchio come per un ballo. E' un paese sacro anche per questo, San Salvatore, perché è separato, distinto dal tempo e dai luoghi del lavoro e della vita più impegnata della quotidianità di Cabras; è un posto per permettersi anche il non far niente, il relax del silenzio e della socialità spontanea, non rituale, favorita dall'intimità forzata delle casette tenute in piedi l'una dall'altra. Chiamarle casette è relativo, in fondo metà degli appartamenti di Milano - compreso il mio - ha cubatura uguale o inferiore alle cumbessias di San Salvatore, ma è significativo che in questo microcosmo la dimensione angusta delle case sia la scusa per stare sempre sulla soglia, anzichè rintanati dentro come in un alveare. San Salvatore ha poi una sua luce, e questa luce è parte integrante della sua atmosfera. E' sempre stata fioca, discreta, affidata alle porte aperte e all'illuminazione interna delle case, costantemente accesa al servizio di un via vai continuo che da una soglia all'altra porta le persone a riprendersi il tempo per scambiare due parole, bere un bicchiere di vernaccia, condividere un dolcetto o un cucchiaio di gelato.

Il fatto che negli anni il carattere spirituale della permanenza nel paese si fosse via via sbilanciato in favore di una ben più laica voglia di festa aveva cambiato molte cose, ma non ancora quella: San Salvatore restava un paese in penombra, smorzato e pacifico, tutelato architettonicamente dalla Soprintendenza e vigilato nel resto delle cose dai suoi stessi fruitori tradizionali, gli orgogliosi padroni delle cumbessias. Poi domenica scorsa ci faccio una passeggiata, e trovo l'assurdo: dal terreno adesso spuntano decine di pali della luce a raggio intenso, alti più delle case, con tubi imponenti come tronchi e lampade a forma di cappello di gnomo che fanno una luce da stadio. E' il nuovo intervento di illuminazione del paese, mi dicono al bar centrale di Cabras con aria perplessa. Forse un po' fuori misura, azzarda qualcuno, per un paese abitato solo per una settimana. Quella luce è troppa, non serviva, aggiunge qualcun altro. Certo, belli di certo non sono, conclude uno che si sta pagando distrattamente il caffè. Pare che il sindaco Cristiano Carrus, interpellato in merito da un comitato spontaneo di cittadini sbalorditi, abbia risposto che l'intervento è la realizzazione di un progetto della giunta precedente - centrodestra l'una e l'altra - per di più approvato dalla Soprintendenza. Ora, io non so a chi dare la colpa di questo scempio spacciato per azione di servizio, ma mi sembra esemplare di un certo modo di stare al mondo, superficiale nel cogliere i significati delle cose e invasivo nel manipolare le forme in cui questi significati si esprimono, fino a soffocarli e renderli un sussurro distorto e deformato. Buon senso imporrebbe di levare subito quei cosi e porli a rimedio della penosa illuminazione cittadina di Cabras, lasciata scarsa probabilmente per celare la condizione ancora disastrosa del manto stradale urbano di tutte le vie principali. Per San Salvatore il rispetto del genius loci imporrebbe il ripristino delle tradizionali lampade col piatto di ferrosmalto, o ci resteranno da dire solo le parole de is coggius: Dulche Jesu Salvadore, sas offesas perdonade.

Michela Murgia
http://michelamurgia.altervista.org Realizzata con Joomla! Generata: 21 November, 2009, 16:36






venerdì, novembre 06, 2009

MAL DI SARDEGNA !


Oristano 6 Novembre 2009
Cari amici,
giorni fa a casa di un amico ho rivisto una bellissima poesia di Marcello Serra. Non è solo una poesia: è un inno d'amore verso l'amata Sardegna, isola splendida, capace di catturare tutti!
Rileggiamola insieme!!
Eccola.

SORTILEGIO

Quando ti staccherai per ripartire
dall’Isola dei Sardi
con la memoria densa
di favolosi incontri, di paesaggi
senza tempo e di antiche creature
pazienti, allora il cuore,
fratello d’oltremare,
ti peserà come un frutto maturo.
I tuoi occhi e i pensieri stenteranno
in quel commiato a sciogliersi
dalla terra, che quanto più dirada
tremula all’orizzonte,
sommessa più nell’anima s’addentra
con il suo sortilegio. Con un filtro
che ha il profumo del timo del Limbara
e del vino d’Oliena,
l’alito dei lentischi,
delle macchie di cisto,
il fiato delle umide scogliere,
il sapore del miele di Barbagia,
la dolcezza dei lidi e dei tramonti
lungo il Golfo degli Angeli,
il colore d’Alghero stemperato
con le sue torri bionde e le sue guglie
tra rive di corallo,
la forza millenaria
dei tòneri d’Ogliastra
e dei graniti azzurri di Gallura.
Questo filtro spremuto alle brughiere
e dal seno dei toschi,
dai vertici dei monti e dal respiro
degli abissi marini
ti correrà le vene in un languore
dolce ed amaro di malinconia
che forse chiamerai mal di Sardegna.

Marcello Serra 1982

Eccolo, lo stesso inno d'amore, come fa sognare me!!
Ciao a tutti.
Mario.
























mercoledì, ottobre 14, 2009

GIORGIO CANNAS, L’autista di pullman con la passione per il Neolitico. Dalle strade in asfalto alle”strade” dell’ossidiana.













GIORGIO CANNAS
L’autista di pullman con la passione per il Neolitico.
Dalle strade in asfalto alle”strade” dell’ossidiana.

Il percorso di ognuno di noi è davvero lungo e tortuoso. Quello di Giorgio Cannas addirittura fantastico. Ho rivisto Giorgio pochi giorni fa in "Via Dritta" ad Oristano. Mi ha riconosciuto Lui, vispo come sempre e ci siamo abbracciati.
Avevo conosciuto Giorgio Cannas molti anni fa. Io dirigevo la filiale del Banco di Sardegna a Terralba e lui era ancora un giovane di belle speranze. Il suo estro, le sue capacità erano, però, già in buona evidenza. Il lavoro lo trova come autista dei pullman dell’Azienda Regionale Sarda Trasporti. E’ l’inizio di un lungo viaggio.
Una vita intera passata a guidare i pullman, stranamente ed inesorabilmente cambiata da due grandi sogni, due grandi amori: Il tiro con l'arco e le ricerche sulle frecce preistoriche. Per fare questo ha dovuto lottare, molto; a partire dalla sua voglia di tornare a scuole per completare un percorso culturale non avvenuto a tempo e luogo.














Ecco la Sua storia che ha interessato anche i giornali.
“ Torna a scuola a cinquant'anni ma l'Arst gli nega l'autorizzazione. Un autista scrive al presidente Ciampi: voglio la maturità classica “.

Titola cosi, Mercoledì 24 novembre 2004, l’Unione Sarda, che, con un articolo di Nanni Di Cesare, riporta la curiosa storia di Giorgio. Ecco una sintesi.
Giorgio Cannas abita a Terralba e all'inizio dell'anno scolastico in corso, così come prevede il decreto presidenziale che garantisce il diritto allo studio dei lavoratori nel caso che questo non rechi danni all'azienda, ha deciso di iscriversi e frequentare i corsi di studio al Ginnasio De Castro di Oristano. «La mia iniziativa è stata accolta con entusiasmo dal preside dell'istituto, dai giovani colleghi di studio,” racconta con amarezza Giorgio Cannas, “ e anche dai miei familiari. Devo dire, a onor del vero, che anche alcuni dirigenti della sede Arst di Oristano, hanno avuto parole d'elogio».
Con queste premesse il conducente di autobus ha avviato la sua pratica di iscrizione ai corsi. Ma i problemi sono arrivati al momento di ottenere l'autorizzazione dalla direzione dell'Azienda regionale dei trasporti. «Come previsto dai regolamenti “, prosegue Cannas, “ ho inviato la richiesta per ottenere l'approvazione da parte dell'azienda. L'ho fatto circa tre mesi fa, ma a tutt'oggi non ho ottenuto ancora nessuna risposta. E questo mi preoccupa non poco». Silenzio assenso? Non proprio. Ripetute volte Giorgio Cannas ha provato a contattare telefonicamente i responsabili della società di trasporti con sede a Cagliari, ma in tutte le occasioni ha ottenuto solo risposte vaghe, che terminavano con la solita frase: «Le faremo sapere quanto prima». Quanto? Chissà. Il rispetto dei diritti sanciti dalle leggi italiane ha animato lo spirito del lavoratore, che stufo di attendere una risposta che non arrivava mai, ha deciso di intraprendere la via legale. «Mi sono rivolto a un avvocato “, conferma, “ e così è partita una lettera ufficiale nella quale esprimo all'Arst la mia ferma intenzione di procedere nel progetto scolastico». Ma Giorgio Cannas non si è limitato a questo e anzi ha rincarato la dose, ha scritto di proprio pugno una lettera indirizzata al Capo dello Stato, Carlo Azeglio Ciampi, nella quale spiega la situazione in cui si trova da ormai tre lunghi mesi. «Non capisco il perché dell'atteggiamento assunto dai dirigenti dell'azienda “, precisa ancora Giorgio Cannas, “ visto che la mia richiesta, di fatto non implica alcun disservizio ai danni dell'azienda. Nelle ore che dovrei frequentare le lezioni ”, aggiunge, “ nessuno mi deve sostituire, visto che una volta conclusa la corsa che deposita gli studenti nelle scuole, rimango inoperoso sino all'ora di uscita dei ragazzi». Adesso il conducente con il sogno di ottenere un diploma di scuola superiore, spera che qualcuno si interessi al suo caso e che i suoi diritti vengano tutelati. Intanto non abbandona i libri: sta seguendo il programma alla lettera. Il suo impegno scolastico continua, comunque.
La cultura, lo sappiamo è contagiosa. Per Giorgio quasi una seria malattia, ma necessaria per concretizzare il suo grande sogno.
Il suo sogno globale è chiaro anche nei particolari: ricostruire un villaggio neolitico com'era migliaia di anni fa. Nei minimi dettagli. Per realizzarlo Giorgio Cannas, over 50, dopo i lunghi anni di guida ai pullman di mezza Sardegna, ha messo a disposizione un suo terreno a Sa Cora,alla periferia di Terralba.
"Da piccolo ho sempre lavorato in campagna, provengo da una famiglia di agricoltori"; “ ho sempre amato la campagna “ dice, raccontando il suo sogno agli amici. Ma le sue campagne non erano come quelle che vediamo normalmente in giro, erano diverse; "La maggior parte dei nostri terreni traboccava di ossidiana", ricorda Giorgio. Facile per un ragazzo incuriosirsi con una pietra più simile al vetro che ai normali sassi che in Sardegna abbondano. "Noi la chiamiamo pedra de pistoni, pietra di bottiglione, pietra di vetro. Su pistoni è il bottiglione da due litri che si usa per il vino. Altrove la chiamano pedra corbina, pietra corvina, per la sua colorazione nera come il piumaggio dei corvi “.
La vita lavorativa ti porta lontano dai sogni, però questi non muoiono, restano dentro di Te. “Quando iniziai a praticare il tiro con l’arco, leggendo una rivista della federazione che si occupava di ricerche storiche sugli archi di tutto il mondo, pensai a come potevano essere stati concepiti gli archi degli antichi sardi. Speravo di trovare notizie su questo aspetto ma invano: forse uno studio sulla nostra Isola non era stato mai realizzato".
Giorgio Cannas, però, non si arrende. Inizia a studiare nelle fotografie dei bronzetti la tipologia degli archi rappresentati e quella delle punte di freccia. All'Università non c'era nulla di specifico ma attraverso le foto dei bronzetti pubblicate dal professor Lilliu e da altri inizia a capire qualcosa di più. Non si accontenta delle foto. Raggiunge Torino dove riesce ad incontrare l'archeologo autore degli articoli della rivista prima citata. Apprende i sistemi di lavorazione dell’ossidiana: gli attrezzi neolitici usati per lavorare l'ossidiana erano di legno, pietra e osso. Una pietra per scheggiare, oppure un osso di bue o un corno di cervo o un punteruolo d'osso. Grande difficoltà quella di lavorarla, ma l’uomo non si è mai arreso. Le difficoltà, però, aguzzano l’ingegno. “ Per me ormai era diventata una specie di malattia “, continua Giorgio, “ L'ossidiana ti affascina forse proprio per la grande difficoltà a lavorarla. L'oro nero della preistoria è una magia “. Continua, poi, durante la lunga chiacchierata . ” Me l'hanno trasmessa due grandi spiriti della nostra civiltà: Giovanni Lilliu e Costantino Nivola".
Con questa passione, con questo fuoco interiore comincia, così, a lavorarla. Inizia ricreando oggettini della cultura neolitica e nuragica, attingendo anche dalle rielaborazioni artistiche di Nivola. Realizza, poi, oggetti di sua invenzione come la pintadera o il falcetto, per scoprire appieno i segreti della lavorazione di questa pietra di origine vulcanica. “ Mi sono munito di attrezzi diamantati: dischetti e punte di trapano", dice, “ per superare le prime difficoltà” . Subito dopo cerca di “tornare al passato “ usando gli stessi strumenti del Neolitico: ovvero fare prove di “Archeologia sperimentale “. Cosa significa, Giorgio, questo termine?, chiedo. “ Rifare gli oggetti che i nostri antenati costruivano migliaia di anni fa utilizzando gli stessi, identici loro attrezzi", risponde. Come può il legno spezzare una pietra dura?, continuo io. " L'ossidiana è durissima ma nello stesso tempo fragile, essendo un vetro. Quando riceve un colpo si scheggia, proprio come il vetro. Puoi realizzare un coltellino, un raschiatoio o una punta di freccia, la cosa più difficile". Altre sperimentazioni?, chiedo ancora. " Per sperimentare l'effetto delle frecce nella caccia ai volatili compravamo polli in macelleria e li mettevamo come bersaglio per verificare che cosa succedeva quando venivano colpiti da punte di ossidiana. Teniamo presente che alla mummia di Bolzano hanno trovato addosso l'attrezzatura per scheggiare la selce e ritoccarla, con un pugnale e un arco fatto con un legno che abbiamo anche noi: il tasso". A che punto siamo nell'archeologia sperimentale?, domando. " In Sardegna e nel resto d'Italia siamo solo agli inizi, ma in Francia è una disciplina coltivata anche a livello di divulgazione dei risultati raggiunti negli esperimenti. Loro parlano di archeologia cognitiva ". L'uomo neolitico aveva già molte cognizioni, si dice. Tu personalmente cosa ne pensi? " Ho preso parte a un convegno a Montale, zona di Modena, sulle palafitte dell'età del bronzo. Hanno ricostruito il villaggio. Noi siamo pieni di testimonianze neolitiche, questa bellissima disciplina potrebbe essere coltivata con profitto anche in Sardegna. Il nucleo più bello di ossidiana l'ho visto al museo Sanna di Sassari. Nel museo di Perfugas ci sono due lame di selce di una trentina di centimetri l'una, bellissime".
Il grande sogno di Giorgio Cannas è quello di ricreare, ricostruire, un villaggio neolitico com'era migliaia di anni fa. Nei minimi dettagli. Credo che la Sardegna meriti questa attenzione di un suo figlio, cresciuto nella modernità, tra pullman, asfalto e smog, ma mai dimentico, da sardo autentico, delle Sue, delle nostre origini.

Mario Virdis




















martedì, ottobre 13, 2009

INTERCLUB ROTARIANO A S.M. DI NEAPOLIS: UNA DELLE TRE CITTA' DEL GOLFO DEI FENICI, L'ODIERNO GOLFO DI ORISTANO.


Organizzata dal Club di Sassari e rivolta ai Club del Nord Sardegna si è svolta ieri una interessante "gita culturale" alle rovine della antica città di Neapolis.
Il presidente del club, il prof. Mario Atzori non ha avuto difficoltà a coinvolgere uno dei maggiori conoscitori del sito, il prof. Raimondo Zucca, suo collega all'Università di Sassari e notissimo studioso di archeologia.Con un relatore di questo calibro il successo era assicurato! A chiudere la giornata una breve visita all'Antiquarium Arborense, il museo della nostra città, diretto proprio dal prof. Zucca.
Ecco il resoconto della giornata ed una breve storia delle origini del sito.

Complice una calda giornata d'inizio d'autunno l'itinerario archeologico si è snodato lentamente tra le rovine dell'antica città, calpestando una infinità di cocci millenari risalenti alle epoche più disparate. Affascinanante e coinvolgente la descrizione dei siti da parte del prof. Zucca, capace di trascinare per ore anche i più riottosi. Grazie prof. Zucca della sua cultura e della sua grande capacità oratoria!
Il pubblico presente era numeroso. Oltre ai club di Sassari erano presenti il club di Alghero, di Ozieri, di Tempio ed, ovviamente, il nostro ( con undici presenze ) che fungeva da "padrone di casa".
Quanto raccontava il professore era cosi interessante che neanche l'afa di una domenica velata di nuvole riusciva a distrarre i presenti. Ecco una sintesi della storia di Neapolis, ricavata dai testi del prof. Zucca.
Nella provincia di Oristano l’uomo arrivò circa 6.000 anni prima di Cristo per cercarvi l’ossidiana nelle viscere del Monte Arci. Lungo le rive degli stagni sorsero allora i primi villaggi di capanne.Il golfo di Oristano si prestava bene alla costruzione di luoghi di approdo e per questa ragione sorsero successivamente tre importanti porti: Tharros, Othoca e Neapolis .Intorno al 725 a.C. i Fenici fondarono le città di Tharros e di Othoca (Santa Giusta), mentre i Cartaginesi, dopo aver conquistato la Sardegna alla fine del VI secolo a.C., edificarono le città di Neapolis (a sud dello stagno di Marceddì) e di Cornus (presso Santa Caterina di Pittinuri). Questi centri divennero prosperi per i commerci e le attività agricole e dell’allevamento e si dotarono durante l’epoca romana (238 a.C.- 450/460 d.C.) di infrastrutture quali terme, acquedotti e templi che ancora oggi dominano il panorama di queste città morte.Della città di Neapolis e del suo porto poco o nulla è visibile oggi. L’oblio del tempo ha coperto di polvere un’antica ed importantissima città.

“ Delle antiche città sarde distrutte la meno conosciuta è questa di Neapolis”, scriveva Giovanni Spano, il fondatore della moderna archeologia sarda, nel 1859.

I primi scavi importanti a Neapolis furono realizzati nel periodo maggio-luglio 1951 e si concentrarono su un edificio termale medio-imperiale e su un’area cimiteriale dell’Alto Medioevo. I successivi scavi del 1967 portarono alla scoperta di ceramiche puniche a Neapolis. I recenti scavi del 2000, invece, consentirono altre scoperte molto importanti. La campagna, iniziata il 4 settembre si concluse il 7 dicembre di quell'anno. Tre mesi di scavi che hanno permesso di recuperare reperti che i direttori scientifici, i proff. Raimondo Zucca e Paolo Bernardini, ritengono eccezionali.

Il risultato di queste scoperte dimostra che la città di Neapolis è una fondazione urbana dei cartaginesi che ebbe notevoli rapporti con i Greci. Il porto della città si trovava nelle acque dell’attuale stagno di San Giovanni, sulle cui sponde meridionali sorgeva l’agglomerato urbano." A prescindere da un breve scavo condotto mezzo secolo fa dall’accademico dei Licei Giovanni Lilliu - afferma l’archeologo Raimondo Zucca - la città è sostanzialmente vergine e in questa prima fase degli scavi sono stati acquisiti risultati importantissimi ".I reperti ritrovati non solo hanno confermato che Neapolis ebbe stretti rapporti con Cartagine, Atene e Roma, ma anche con Bisanzio. Sono stati trovati dei resti con scritte risalenti al periodo bizantino, quindi Neapolis fu abitata anche dopo la caduta dell’impero romano.

L'importanza delle scoperte è stata tale che è stato concesso un ulteriore finanziamento per la ripresa degli scavi tuttora in atto. Il lavoro di ricerca, condotto dalla Soprintendenza archeologica di Cagliari e dall’università di Sassari, vede ancora protagonista il prof. Zucca che presto darà certamente a tutti noi altre interessantissime novità!

Per completezza ecco alcune immagini della bellissima gita culturale.Un grazie particolare a Mario Atzori e Momo Zucca per il loro grande contributo.

Non dimentichiamo la nostra bella ed antica storia!
M.Virdis

giovedì, ottobre 01, 2009

CAVALLI E CAVALIERI SULLE ORME DEL PASSATO





Il Panathlon Club “ Penisola del Sinis”, proseguendo orgogliosamente una manifestazione ideata e fortemente voluta dal suo primo Presidente, l’Ing. Beniamino Bagnolo, ha realizzato nei mesi scorsi la settima edizione dell’escursione a cavallo denominata “ Cavalli e Cavalieri sulle orme del passato”, che da quest’anno assume anche il nome di “ Memorial Ing. Beniamino Bagnolo”.
Faticoso certamente ma anche entusiasmante organizzare un percorso di 54 miglia, circa ottanta chilometri, che viene ripartito in tre tappe.
Il percorso, studiato in chiave storica e con la partecipazione della sezione sarda dei Cavalieri di Malta, riporta in vita un antico itinerario che, partendo da Tharros, allora importante porto del Mediterraneo, dove i Crociati provenienti da Gerusalemme attraccavano le loro navi cariche di feriti, proseguiva, poi, a cavallo verso il borgo di S. Leonardo dove l’Ordine di S.Giovanni di Gerusalemme (oggi Ordine di Malta) possedeva un ospedale annesso alla Chiesa tutt’ora esistente. Ecco il percorso con le relative tappe.

Il primo giorno partenza da S.Giovanni di Sinis, breve sosta a Is Aruttas ed arrivo a Su Pallosu per la cena ed il pernottamento.

Il secondo giorno partenza da Su Pallosu, breve sosta a S.Vero Milis per proseguire, poi, alla volta della Chiesa di S.Perdu de Milis Pizzinnu (tra Milis e Narbolia) dove viene ricordata la figura dell’Ing. Bagnolo durante la S.Messa di suggragio. I cavalieri proseguono poi per Milis, dove presso il Palazzo Boyl si è tenuto un seminario su “ La presenza dei Cavalieri di Malta nel territorio”.

Il terzo giorno partenza da Milis per raggiungere la località di S.Leonardo, tappa finale con pranzo organizzato nella corte esterna della Chiesa dei Cavalieri di Malta intitolata a S.Leonardo.
La manifestazione ha rivitalizzato nel territorio, già dalla sua prima edizione, l’interesse per l’utilizzo del cavallo in percorsi medio-lunghi, capaci di avvicinare alla disciplina anche i giovani.

La manifestazione, sponsorizzata dalla Provincia di Oristano, dai Comuni interessati alla manifestazione, dalla Camera di Commercio e dalle varie associazioni ippiche, ha avuto un gran bel risultato. Tutto questo grazie alla iniziale brillante idea del nostro primo Presidente Mino Bagnolo. Grazie da tutti noi!

Panathlon Club “ Penisola del Sinis”
Dr. Mario Virdis, addetto PP.RR.







martedì, settembre 29, 2009

ORISTANO: LA CITTA' RECUPERA UNO DEI SUOI PIU' IMPORTANTI TESORI CUSTODITO NELLA CHIESA DI S. CHIARA.


















COMPLETATO IL RECUPERO DI UN TESORO MEDIOEVALE.


La Chiesa annessa al Monastero S. Chiara è stata sapientemente restaurata in contemporanea al recupero del prezioso affresco medioevale recentemente ritrovato.

La bella giornata di ieri ha fatto da cornice alla presentazione al pubblico dello splendido restauro della Chiesa di Santa Chiara, una delle più antiche di Oristano. A breve, dopo il ripristino dell’Altare Maggiore, sarà riaperta ufficialmente al culto questa antica Chiesa, parte integrante dell’omonimo Monastero delle Clarisse, ubicato in pieno centro storico ad Oristano. Per il completamento dei difficili e costosi lavori di restauro è stato bandito un “concorso di idee progetto” atte a studiare il nuovo altare che dovrà trovare la giusta soluzione e collocazione, dovendo integrarsi con gli splendidi manufatti trecenteschi, riportati all’antico splendore.
Il Convento di Santa Chiara (con l’annessa Chiesa) in Oristano, secondo alcuni storici, è il più antico monastero di Clarisse sorto in Sardegna e risalirebbe a circa dieci anni dopo la morte di Santa Chiara. La presenza delle Clarisse ad Oristano risalirebbe alla seconda metà del 1200, anche se non ci sono documenti che possano provarlo con certezza. Certa è invece la data di "rifondazione": 22 settembre 1343, come si rileva dalla lettera apostolica inviata dal papa Clemente VI al giudice Pietro III.
Il monastero già nel 1345 era abitato da tredici suore provenienti in parte da Pisa. Dati certi questi, in quanto i nomi delle suore compaiono in lettere papali del 1371 e 1373, ma anche in atto pubblico del giudice Mariano IV del 1368.
Il giudice Pietro III, che donò vita a questo monastero, morì nel 1347 e sua moglie donna Costanza, figlia di Filippo Aleramici marchese di Saluzzo, si ritirò in monastero trascorrendo qui gli ultimi mesi della sua vedovanza e vita. Una lapide ritrovata nel secolo scorso, scritta in caratteri gotici ci ha lasciato la data della sua morte, 18 febbraio 1348. Di donna Costanza di Saluzzo resta pure il testamento col quale donò al monastero di Santa Chiara la Villa di Molins de Rey, in Catalogna, che aveva ricevuto in dono dal marito, e che le suore per la lontananza e la difficoltà di amministrarla, rivendettero alla regina Eleonora d'Aragona, come attestano diverse lettere indirizzate dal pontefice Urbano V ai vescovi di Bosa e di Barcellona ed alla stessa regina d'Aragona per la riuscita della vendita.
Veramente ricco di storia, dunque, questo antico e ancora splendido gioiello architettonico, grande orgoglio della nostra città, e che meritava certamente gli impegnativi lavori eseguiti con grande perizia e maestria.


Unico nel suo genere in Sardegna l’affresco recentemente venuto alla luce: un tesoro di inestimabile valore. Il dipinto, di circa sei metri quadri, è rimasto ignoto per secoli, in quanto ubicato nel “Coretto” a lato alla navata centrale della Chiesa. La casuale recente scoperta, anche se alcuni ben informati sostengono che la prima ad accorgersi dell’esistenza di quel tesoro è stata suor Celina Pau, suora del convento, talmente affezionata alla storia della Sua Chiesa da diventare un’appassionata studiosa di storia dell’arte, ha mobilitato studiosi ed esperti. Difficile il recupero dell’antico affresco, in quanto ubicato in uno spazio più volte modificato: l’ultima destinazione l’adibizione a “ Coretto “, per la cui realizzazione l’affresco venne tagliato a metà per l’inserimento dei travi di sostegno alla scala di accesso; danni, quelli subiti in quei punti, irrecuperabili. Le difficoltà incontrate sono state sapientemente descritte dalla D.ssa OLIVO, funzionario della Sovrintendenza di Cagliari e Oristano, alla quale era stato affidato il progetto di restauro della preziosa opera. Pur con gli irreversibili danni subiti il dipinto è ora in grado di mostrare ai visitatori le grandi capacità pittoriche dei maestri dell’epoca. Roberto Coroneo, docente di Storia medioevale e direttore del Dipartimento di Scienze archeologiche e storico-artistiche dell’Università di Cagliari, affermava all’epoca del ritrovamento:
“…dalle prime indagini che siamo riusciti a svolgere sul posto è possibile intravedere un crocefisso, una figura inginocchiata e degli angeli… ma per avere qualche informazione più precisa è necessario svolgere studi particolari, utilizzando non soltanto metodi tradizionali ma anche scientifici e di diagnostica con strumenti tecnologici. La scoperta, comunque, è importante perché non esistono testimonianze medioevali paragonabili a questa in Sardegna…”.

Il restauro del dipinto ha, dunque, iniziato il suo iter, unitamente al restauro della Chiesa, resosi oltremodo necessario per le numerose infiltrazioni d’acqua provenienti dalla vetusta copertura. Un pool di esperti di valore, gli architetti Rossella Sanna e Federica Pinna, con gli storici dell’arte Andrea Pala e Nicoletta Usai, hanno messo in piedi un sapiente lavoro di recupero e di ricerca storica. Il faticoso lavoro che li ha impegnati è stato raccontato all’attento pubblico presente: ognuno ha elencato le difficoltà incontrate e le soluzioni trovate. Ora, a lavoro praticamente ultimato, la gran bella soddisfazione del risultato: Oristano avrà presto, di nuovo fruibile, la splendida ed antica Chiesa degli Arborea.
Oristano, città pur ricca di storia, ha perso con il tempo non poche testimonianze del proprio glorioso passato: la città, patria di Eleonora D’Arborea, cerca oggi di ritrovare e valorizzare quanto si è salvato dall’incuria del tempo e degli uomini. Questo ritrovamento è per Oristano molto importante, come è stato sostenuto anche ieri durante la presentazione dalla D.ssa Olivo, in quanto pochi sono in Sardegna gli esempi di pittura medioevale ritrovati. Le poche tracce visibili sono a Sant’Andrea Priu a Bonorva, nella cripta di S.Lussorio a Fordongianus e, come arte romanica, a Saccargia, S.Nicola di Trullas, a Semestene e a Galtellì.

Il Rotary Club di Oristano, unitamente agli altri due club di servizio cittadini, Lions e Soroptimist, ha messo a disposizione un proprio contributo per completare l’opera, cosi che la Città possa presto esibire nuovamente uno dei suoi più importanti tesori.

I vividi raggi di sole che ieri pomeriggio illuminavano la navata dell’antica Chiesa sembravano anch’essi felici di far risplendere il ritrovato gioiello.
Dr.Mario Virdis
-Responsabile Comunicazione del Club di Oristano

Allegate foto del dipinto e del complesso ristrutturato.





giovedì, settembre 17, 2009

OBAMA E KENNY, UNA COMUNE VISIONE DEL DOMANI: “IL FUTURO E’ NELLE VOSTRE MANI “.















ORISTANO 17 SETTEMBRE 2009

John Kenny, Presidente del Rotary International 2009/10, nell’assumere il suo mandato si è presentato al mondo rotariano con queste parole:
…" Sono orgoglioso di potervi rappresentare nei prossimi 12 mesi. Voi siete il futuro del Rotary e una speranza per un mondo migliore. Come dice il tema di quest’anno, Il futuro del Rotary è nelle vostre mani ".
In altra parte della sua prima lettera diretta a tutti i rotariani ha ribadito che “…Nel Rotary, tutto ciò che siamo, e tutto ciò a cui aspiriamo, sta nelle mani dei Rotariani nei loro club. Se i nostri club sono un punto di ritrovo piacevole e i nostri incontri ben organizzati, se il nostro servizio è programmato con cura e realizzato con competenza, se i nostri soci sono qualificati, onesti e rispettati nelle loro professioni e comunità, allora tutto il Rotary avrà successo. Ecco perché affermo che Il futuro del Rotary è nelle vostre mani. “

La visione del futuro del mondo, non solo rotariano, di Kenny coincide alla perfezione con quella del Presidente degli Stati Uniti Obama, come recentemente abbiamo potuto constatare dopo la sua recente visita in Europa.
“Il futuro dell’Africa è nelle mani degli africani”, ha detto Barack Obama durante il suo discorso al parlamento di Accra ( 11 c.m. ) sottolineando che gli “Usa continueranno a dare il loro contributo” per lo sviluppo del Continente Nero, perché l’Africa “ non è separata dal contesto internazionale”.
Per il presidente degli Stati Uniti, che dopo il G8 in Italia, si è recato in Ghana è stato un successo politico e di folla. Incontrando il capo dello stato John Atta Mills, Obama ha affermato che “ il Ghana è uno straordinario modello positivo per l’Africa”.
Anche le aree di intervento praticamente coincidono:Acqua, sanità, fame e alfabetizzazione.
“…Le nostre aree di intervento per l'anno venturo saranno Acqua, Salute, Fame e Alfabetizzazione. In quest’anno rotariano, chiedo a tutti i Rotariani, ovunque siano, di continuare ad imparare dalle nostre esperienze e a realizzare le loro opere in base ai nostri successi. Vi chiedo di continuare ad impegnarvi per la salute ed il benessere non solo dei bambini ma delle loro famiglie e delle persone di tutto il mondo. In modo particolare, vi esorto di focalizzare la vostra attenzione su acqua e servizi igienici, poiché la scarsità di acqua potabile sta diventando sempre più un grave problema in molte parti del mondo... “,
sostiene Kenny nel suo primo discorso ai rotariani, mentre cosi parla Obama al popolo africano ad Accra:
"…occorre mettere fine alle pratiche antidemocratiche ed alla corruzione, adottando le regole del buon governo. Negli ultimi anni, enormi progressi sono stati compiuti in alcune parti dell'Africa. Molto persone riescono a convivere con l'HIV/AIDS, e hanno i farmaci di cui hanno bisogno..”. “Ma troppi ancora muoiono", ha detto Obama. Oltre agli aiuti esteri e sanitari, occorre che "i singoli africani facciano scelte responsabili, che impediscano la diffusione delle malattie, promuovendo al tempo stesso la salute pubblica nelle loro comunità e Paesi".

Mi è piaciuta molto questa comune visione del futuro tra il nostro Presidente Kenny ed il Presidente Obama. Uomini certamente diversi ( scozzese l’uno, afro-americano l’altro), ma legati da un’unica grande volontà e determinazione: riuscire a dare un futuro non solo al mondo che governano, il Rotary e gli Stati Uniti, ma all’intero pianeta.
Oggi il mondo è afflitto da una serie di problemi che solo affrontati insieme, senza falsi pregiudizi, possono essere risolti; tutti sono tenuti a fare la loro parte: Paesi ricchi e Paesi poveri. E’ con il concorso di tutti, nessuno escluso, che si può dare vita a quel processo di migliore distribuzione della ricchezza, a partire dalla eliminazione delle maggiori criticità ( Acqua, sanità, fame e alfabetizzazione, in primo luogo ) che sicuramente potranno portare ad una vera, reale, pacifica convivenza tra tutti i popoli della terra.
Questo, certamente, il vero significato del monito del nostro Presidente Kenny:

"Sono le nostre azioni quotidiane, e le nostre decisioni quotidiane, a determinare il corso del Rotary per tutti noi. Il Futuro del Rotary è nelle vostre mani" .

Facciamo si che questo desiderio, questo invito, non resti solo una speranza ma diventi una concreta realtà.
……………………………………

Mario Virdis, P.P. del Rotary Club di Oristano
Past Assist. Governor del Distretto 2080








mercoledì, luglio 15, 2009

L'ETICA PROFESSIONALE DEL ROTARIANO


Cari Amici,

oggi voglio continuare le mie "riflessioni" sul Rotary.

Dopo aver esaminato il primo valore, L'AMICIZIA, passiamo al secondo:
" L'ETICA NELLE PROFESSIONI ".

Tutti i rotariani sono professionisti ai vertici delle rispettive professioni. Il loro impegno lavorativo è regolato da precise norme comportamentali.

Quanto segue è tratto dalla mia Tesi sul Rotary, già nota a chi legge.
Ecco quanto riportato circa le difinizioni di Etica Rotariana.



Etica negli affari e nelle professioni.

L’etica, nella sua definizione, è quella parte della filosofia che si occupa del comportamento umano in quanto giudicabile come buono o cattivo. L’etica o filosofia della morale viene perciò considerata come la dottrina che, ponendo giudizi di valore, consente di distinguere ciò che è bene da ciò che è male. Il termine, dal greco ethos (consuetudine, costume) fu introdotto da Aristotele per indicare le sue trattazioni di filosofia della pratica.
L’applicazione dell’etica al mondo degli affari e delle professioni ha origini lontane. L’uomo è un animale sociale che opera, vive, ricava quanto gli necessita per vivere, unendosi in gruppo con gli altri suoi simili. A differenza degli animali, che in larga misura cacciano da soli e provvedono singolarmente ai loro bisogni, l’uomo svolge queste attività unendosi ad altri suoi simili.
Scrive Adam Smith nel suo libro "Indagine sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni", (Isedi, Mi 1973) :
... L’uomo ha invece quasi sempre bisogno dell’aiuto dei suoi simili e lo aspetterebbe invano dalla sola benevolenza; avrà molta più probabilità di ottenerlo volgendo a suo favore l’egoismo altrui e dimostrando il vantaggio che gli altri otterrebbero facendo ciò che egli chiede. Chiunque offra a un altro un contratto, avanza una proposta di questo tipo: dammi la tal cosa, di cui ho bisogno, e te ne darò un’altra, di cui hai bisogno tu… [i]
L’interazione, lo scambio, la relazione economica e sociale con gli altri individui esiste fin dagli albori dell’umanità. Nel tempo tanti gli strumenti e le regole applicate e successivamente modificate per armonizzare la vita sociale e tenerla al passo coi tempi. Regole, però, con un fine ultimo preciso: far convivere l’innato egoismo dell’uomo con l’altruismo; conciliare l’interesse personale con l’interesse collettivo, ovvero il profitto con il dono. Creare quelle regole di convivenza civile dove ciascuno soddisfi i propri bisogni senza prevaricare quelli degli altri.
Cosa intende, oggi, il Rotary per comportamento etico negli affari e nelle professioni? Qual è il senso, il valore, del Business ethic, cioè dell’etica negli affari?
Franco Arzano, ingegnere, dirigente industriale di livello europeo, consulente ed esperto di telecomunicazioni, governatore del nostro distretto rotariano, ha scritto in un suo articolo (2004) intitolato "Etica e affari":
… Cominciamo allora da un punto di vista strettamente “economico”. Amartya Sen, l’economista-filosofo di origine indiana, professore ad Harward e premio Nobel sostiene che – dopo un lungo periodo in cui gli economisti hanno trascurato la dimensione etica, appare oggi chiaro che il successo economico non può essere disgiunto da una base etica. E del resto, continua Sen, la tendenza della teoria economica a ignorare gli aspetti etici non era condivisa neppure da Adam Smith, il quale riteneva che il perseguimento del profitto non fosse possibile se non all’interno di un ampio spettro di motivazioni morali che investono sia lo scambio commerciale (dove la fiducia reciproca degli operatori gioca un ruolo importantissimo) sia la redistribuzione della ricchezza (con il principio secondo il quale il modo in cui si divide la torta sociale influisce sugli incentivi al business e dunque sulla dimensione della torta stessa), come ha recentemente ribadito lo stesso Segretario Generale dell’ONU. Una prima riflessione è quindi che il “senso economico” della Business ethic non va identificato con il semplice perseguimento del profitto, ma comprende un’idea più generale: quella della costituzione di una “buona società in cui vivere”, dove il “fare affari” in modo corretto gioca un ruolo importantissimo: l’impresa che funziona, l’impresa che ha successo è di per se stessa “un bene pubblico”, specie se all’interno delle imprese sia pubbliche che private si riescono ad introdurre elementi non-profit con forte valenza sociale…[ii]

Questa concezione etica è alla base della cultura e della filosofia del Rotary.

L’associazione, rappresentata oggi più di ieri, da imprenditori, dirigenti e professionisti ai massimi livelli nelle categorie, esige che i suoi soci applichino, in tutte le professioni, i più alti principi etici, come del resto prescritto dal manuale di procedura. Corre, qui, l’obbligo di alcune precisazioni. La regola di ingresso ad un club Rotary, che prevede un solo rappresentante per ogni professione, stabilisce, per qualsiasi attività professionale, dalla più alta alla più modesta, che venga cooptato un rappresentante al vertice di quella professione. In America, nell’associazione, sono rappresentate praticamente tutte le professioni: dall’industriale al negoziante, dal banchiere al meccanico, dal finanziere al piccolo artigiano. In alcune nazioni, tra cui l’Italia, l’accesso al Rotary, come precisato nella parte dedicata al Rotary italiano, si è volutamente limitato solo ad alcune professioni cosi dette nobili. Virgilio Gaito, civilista di chiara fama, già direttore della rivista giuridica Foro romano, socio del club di Roma, in un suo recente saggio (1993), dal titolo Etica e professioni, pubblicato da Realtà Nuova, cosi scrive:
… Senza lasciarci prendere la mano dalla retorica, possiamo con orgoglio affermare che il professionista è chiamato ad adempiere una missione, anzitutto nell’interesse di chi a lui si affida, poi nel proprio, ma tenendo ben presente che l’interesse pubblico, siccome ispirato alla tutela del bene comune, sia sempre prevalente, atteso che il professionista è e deve essere un buono e leale cittadino chiamato a servire con coscienza e preparazione una collettività in continua evoluzione e perciò bisognosa di valori guida. Ed ecco ritrovato l’anello di congiunzione tra etica e professione: questa e inconcepibile senza quella...[iii]

È una chiara dimostrazione del significato del nostro motto Service above self, servire al di sopra dell’interesse personale.


[i] Adam Smith, Indagine sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni, Isedi, Milano,1973 pp.17-20

[ii] Franco Arzano, Impresa, Mercato e Solidarietà “ Etica e affari” , Voce del Rotary n.12/2004 pag. 12-15

[iii] Virgilio Gaito, Etica e professioni –Realtà Nuova – I.C.R. n. 7/8 1993

















Alle mie riflessioni aggiungo quelle, ben più erudite, di un grande rotariano: il Prof. Raffaele Pallotta d'Acquapendente.

Il professor Raffaele Pallotta d’Acquapendente, oltre ad essere un pioniere della medicina iperbarica, ammiraglio medico, presidente di varie associazioni e rappresentante presso l’Unesco e la Fao, ha dedicato soprattutto al Rotary gran parte del Suo impegno sociale. Ha al suo attivo nove Paul Harris, ed è Past Governor e Past Board Director del R.I.

Ecco alcuni spunti di una Sua riflessione sul Rotary, dal titolo:

“ MISSIONE PROFESSIONALE ED ETICA NEL ROTARY. “

(...) Paul Harris diceva che il Rotary è un mondo con le sue aspirazioni, le sue regole e, anche, i suoi problemi. 1 suoi membri sono impegnati in una costante attività di servire al di sopra d'ogni interesse personale. Il Rotary è un modo di essere. E' un mondo particolare in cui il piacere dell’Amicizia proviene dalla volontà di adoperarsi per gli altri. E' un mondo in cui, accanto a“utopici" grandi ideali, esistono concrete possibilità di aiutare singoli e comunità a cercare di progredire verso un migliore modello di società.(….)
Il servizio è il cammino da noi scelto per avvicinarci al nostro utopico ideale di un mondo in pace. Chi sente il bisogno e il dovere d'impegnarsi, ritiene che l'invito, a far parte del Rotary sia una irripetibile opportunità d'usare parte dello scarso e prezioso tempo libero per tentare di migliorare la vita degli altri e, quindi, anche la propria. Non la considera una delle tante occasioni di presenza sociale cui si è tenuti nella vita di relazione e di lavoro; ne, tanto meno, un'occasione, fatua e a volte noiosa, d'incontrare persone di livello per mettersi in mostra, ma solo l'impegno gratificante di un servizio volontariamente scelto.

Quando Antonio Gramsci scriveva dì temere che il programma del Rotary potesse costituire “la pericolosa diffusione di un nuovo spirito capitalistico, che tentava di spacciare il concetto che l’industria, il commercio e le professioni, prima d'essere un affare, potessero essere un servizio sociale ", Paul Harris rispondeva che: " Il Rotary è un modello di vita che cerca di conciliare l’eterno conflitto esistente tra il legittimo desiderio del proprio guadagno e il dovere di usarlo a servizio della comunità ”.(…)
Dal 1905 a oggi il Rotary si è diffuso in quasi tutti i Paesi dove esiste libertà di pensiero formando, come lo definì il rotariano Eisenhower - che se ne intendeva - il più grande esercito di pace esistente al mondo. Fondando il Rotary, Harris volle affermare i diritti naturali e fondamentali dell'individuo: alla vita., alla libertà e alla solidarietà. Egli riteneva che la mente umana avrebbe potuto essere libera solo in una società libera, che non penalizzasse il merito e non perseguisse l'omologazione forzata. L 'uomo di Harris non è un edonista; è una persona con sensibilità straordinaria che vuole rinunziare all'unicità della propria esistenza e vuole viverla servendo la comunità, impegnandosi a dare un'anima al nuovo modello di sviluppo per garantire il primato dell'uomo e della sua dignità oltre e, se necessario, contro esigenze di mercato non accettabili. E' la celebrazione dell'uomo come essere eroico, unico e irripetibile, in lotta contro chiunque cerchi di annullare la sua individualità. Il Rotary rappresenta il confluire di tante volontà individuali che hanno l'esigenza morale di servire la comunità non attraverso la carità, ma cercando di migliorarne le condizioni di vita, aiutando i cittadini a rendere più efficaci e produttivi i loro comportamenti.
"Il Rotary non si ferma, non può fermarsi, perché il nostro è un mondo che cambia e noi dobbiamo cambiare con lui ". ricordava spesso Paul Harris. Anche Martin Luther King amava ripetere che: "Dobbiamo ricordare che non abbiamo molto tempo per impegnarci a favore della comunità perché domani è già oggi e, se non agiamo in fretta, siamo già dei sorpassati".
Chesley R. Perry, Segretario Generale dal 1910 al 1942, definito da Harris "il costruttore" del Rotary. scrisse che "Aumentando il numero di coloro che accettano e praticano l'ideale del "Service " possiamo tentare di migliorare la vita, nelle varie comunità. sia a livello personale che collettivo, marciando con i tempi”.(…)

L'espressione anglosassone di. "service", applicata al Rotary, esprime un modello di vita che presuppone l'impegno a migliorare la qualità della vita nella comunità, ad affrontare i piccoli e i grandi problemi del vivere quotidiano per tentare di migliorare le condizioni esistenziali delle fasce deboli e tutelare la loro dignità. Con etica, professionalità e amicizia. E', quindi, l'etica nell'agire dei singoli la pietra angolare del sistema di relazioni interne ed esterne nei nostri club.
Fu nel 1912 che Arthur Frederik Sheldon, del club dì Chicago, propose i due motti che esprimono il significato del service. rotariano: “Service above self” e “He profits most who serves best”. Essi indicano che l'altruismo del rotariano non è disgiunto dal giusto utile personale che può derivarne. Nel nostro modello di Società, l'appartenenza a un club laico di servizio, con esclusivi contenuti benefici, non è considerata molta attrattiva. La voglia di farne parte, è in rapporto all'attività, all'esclusività, all'interesse professionale, all'interesse sociale, al vantaggio che ne può derivare per la comunità. La Società in cui viviamo è alla costante ricerca di nuovi modelli di vivere sociale ora che si sta liberando dalla schiavitù dei tempi e dei luoghi di lavoro. L'inserimento in qualificati gruppi sociali - per conoscere e farsi conoscere in un rapporto di pari dignità- costituisce un potere. Il club rotariano rappresenta un importante gruppo sociale perché ha la possibilità d'influire sulla comunità, assicurando, quindi, dei vantaggi anche a chi é chiamato a fame parte.

Nella moderna Società della comunicazione e dell'immagine, è necessario dimostrare di poter gestire un potere reale se si vuole conservare un proprio ruolo. (…)
Il nostro impegno è di essere testimoni di speranza, operando nel Rotary per cercare di aprire la via a un futuro migliore.

Sagge riflessioni quelle sopra riportate. Io ho conosciuto personalmente Raffaele e Vi posso assicurare che è una persona davvero straordinaria: un rotariano di grande fede e di grande capacità e disponibilità.


Voglio concludere, queste riflessioni, oggi, con lo sguardo rivolto al futuro, nostro e del mondo. Nessuno di noi rotariani può dimenticare che “ Il futuro del Rotary è nelle nostre mani”, come ci ricorda John Kenny, il R.I. President del nuovo anno rotariano 2009/10.

Grazie dell'attenzione.

Mario Virdis

domenica, giugno 21, 2009

L'AMICIZIA NEL ROTARY: UN VALORE ASSOLUTO!




ORISTANO 21 GIUGNO 2009
Cari amici,
prima di chiudere questo anno rotariano ho pensato di fare, con tutti Voi, una riflessione sulla nostra Associazione. Oltre 100 anni fa Paul Harris fondando il Rotary lo immaginò come una grande catena di amici. Ecco, il primo dei valori fondanti del Rotary è proprio l'amicizia.
Qualche anno fa chiudendo la mia laurea in Scienze della Comunicazione e Giornalismo all'Università di Sassari, volli farlo proprio con una tesi sul Rotary. Volevo approfondire la conoscenza, solo di base che avevo allora, di questa Associazione per capirne l'essenza, per sapere qual'era il vero collante che la teneva unita e forte. Questo studio sociologico sul Rotary International mi ha consentito di capire meglio i veri valori che lo governano. Ecco uno stralcio di questo mio lavoro che porta, come titolo:
" STUDIO SOCIOLOGICO DI UNA ASSOCIAZIONE NO-PROFIT DI PROFESSIONISTI:
IL ROTARY INTERNATIONAL
Ecco la parte che analizza l'amicizia rotariana.
Buona lettura.
Mario Virdis

I VALORI DEL ROTARY

Il Rotary non è una corrente filosofica o un movimento ideologico, quindi il termine filosofia rotariana è certamente improprio. Tuttavia il termine filosofia rotariana è usato per meglio definire i suoi principi ispiratori, i concetti sull’uomo e sui suoi comportamenti sociali, auspicati e sostenuti. Valori fondamentali, validi ieri come oggi e domani, e sui quali il Rotary è costruito. Ma cos’è in effetti il Rotary? La definizione ufficiale la ricaviamo dal manuale di procedura dell’organizzazione stessa:... Il Rotary è un’organizzazione di imprenditori, dirigenti e professionisti che si dedicano ad attività umanitarie, lavorano perché tutte le professioni siano improntate ad alti principi etici e cercano di costruire un mondo in cui regnino la pace e la buona volontà…[i]
Quali gli scopi del Rotary? Sempre dal manuale di proceduta rileviamo:... Lo scopo del Rotary è di diffondere il valore del servizio, motore e propulsore ideale di ogni attività. In particolare, esso si propone di :
Primo. Promuovere e sviluppare relazioni amichevoli fra i propri soci per renderli meglio atti a servire l’interesse generale;
Secondo. Informare ai principi della più alta rettitudine l’attività professionale e imprenditoriale, riconoscendo la dignità di ogni occupazione utile e facendo sì che venga esercitata nella maniera più nobile, quale mezzo per servire la collettività;
Terzo. Orientare l’attività privata, professionale e pubblica di ogni socio del club secondo l’ideale del servizio;
Quarto. Propagare la comprensione reciproca, la cooperazione e la pace a livello internazionale mediante il diffondersi nel mondo di relazioni amichevoli fra persone esercitanti diverse attività economiche e professionali, unite nel comune proposito e nella volontà di servire…[ii]
I cardini su cui si basa la filosofia rotariana possono essere cosi sintetizzati:
- Amicizia
- Etica negli affari e nelle professioni
- Servire l’interesse generale
- Tolleranza e comprensione reciproca
- Cooperazione e ricerca della pace mondiale
L’amicizia, dunque, come punto centrale e unificatore dell’intera associazione.
Ho voluto analizzare, in questo capitolo, uno per uno questi punti focali della filosofia del Rotary, aggiungendo poi, in chiusura, un punto di raccordo con le associazioni di volontariato, dove è preminente, invece, il concetto altruistico, la filosofia del Dono.
Questo confronto lo ritengo molto importante perché analizza due diverse vie di impegno sociale: quella rotariana improntata all’etica economica e sociale, che si muove nella logica dell’homo oeconomicus e quella del volontariato, animata dalla filosofia del dono, che si muove, invece, nella logica dell’homo donator.
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[i] Manuale di procedura 2004, pag.49 -. ediz. Rotary International –2004
[ii] Manuale di procedura 2004, pag.49 -. ediz. Rotary International -2004



















AMICIZIA

Il cammino dell’uomo è una continua ricerca di luoghi comuni di incontro. Luoghi dove incontrarsi, discutere, ascoltare, agire; dove accogliere e stringere amicizie. L’amicizia è un sentimento che ha sempre destato l’interesse di studiosi e pensatori, di poeti e filosofi, di tutte le culture e religioni. Il termine amicizia corrisponde al termine greco philía e si incontra nella filosofia greca dapprima come concetto fisico in Empedocle, poi come concetto etico che, fino a Platone, veniva ancora non nettamente distinto dall’eros, dall’amore. Ma cosa intende il Rotary per amicizia? Partiamo dalle definizione di amicizia. Nel lessico corrente la parola amicizia viene usata molto spesso in modo improprio. Spesso viene equivocata con la conoscenza, con la benevolenza, con la simpatia e l’amichevolezza. Scrive F. Alberoni ne L’amicizia (ediz.Garzanti 2002):… Vediamo, allora, brevemente quali sono i significati più comuni di questa parola. Ci accorgeremo che, nella maggioranza dei casi, la parola amicizia ha ben poco a che fare con quello che noi intendiamo quando pensiamo ad un vero amico. Primo significato: i conoscenti [….] secondo significato: solidarietà collettiva […] terzo significato: relazioni di ruolo […] quarto significato:simpatia e amichevolezza […] Cosa dobbiamo intendere, allora, per amicizia? Intuitivamente questa parola ci fa venire in mente un sentimento sereno, limpido, fatto di fiducia, di confidenza […]
In un libro recente J. M. Reisman, dopo aver esaminato tutta l’immensa letteratura sull’argomento, ha dato la seguente definizione dell’amicizia: <<...AMICO E' COLUI A CUI PIACE E CHE DESIDERA FARE DEL BENE AD UN ALTRO E CHE RITIENE CHE I SUOI SENTIMENTI SIANO RICAMBIATI...>>.
Con questa definizione Reisman colloca l’amicizia nel mondo dei sentimenti altruistici e sinceri. … [i].
La definizione data da Reisman è quella che più si avvicina al concetto di amicizia rotariana, anche se non lo esaurisce. L’amicizia non è data dalla semplice frequentazione, dal trascorrere parte del tempo negli stessi luoghi. Vi sono persone che conoscono tutti, danno del tu a tutti, hanno il numero di telefono e dichiarano di essere amici di tutti, ma non sono amici di nessuno. Ė uno dei tanti modi di millantare l’amicizia. Si può essere colleghi, vicini di casa, soci, compagni di lotta e di ideologia, ma non amici nel senso rotariano del termine. Perché l’amicizia è qualcosa di più forte ed importante del semplice interesse a stare insieme. Già Aristotele nell’Etica nicomachea distingueva quella “fondata sull’utile” da quella vera “fondata sulla virtù”.
Non siamo, però, ancora arrivati all’esatta definizione del concetto di amicizia che stiamo cercando. L’amicizia che cerchiamo è più complessa: gli ingredienti sono tanti e tutti di estrema importanza. Questa amicizia è costituita da reciprocità, simpatia, affetto, stima, educazione, affinità, rispetto della diversità, lealtà. Ognuno di questi elementi concorre a determinare e completare quel sentimento gioioso, che Alberoni definisce di grande “intensità vitale”, qual è la vera amicizia.
L’amicizia, questa amicizia, è nel Rotary di importanza assoluta, vitale; anima dibattiti ed è oggetto di discussione anche nelle assise annuali di incontro e confronto.
Anche il congresso dell’anno 2005-06 del distretto 2080 (comprende il Lazio, la Sardegna e la capitale, Roma) era prevalentemente dedicato all’amicizia, con il tema: l’amicizia nel Rotary, l’amicizia del Rotary. [ii] Fra le relazioni, tutte interessanti, una in particolare, quella Di Mario Morcellini, preside della facoltà di scienze della comunicazione dell’Università di Roma La Sapienza, ha messo a fuoco un aspetto particolarmente importante dell’amicizia: quello inteso come “Amicizia come scoperta e valorizzazione dell’altro: va dove ti porta l’amicizia”. Amicizia, quindi, sostiene Morcellini, come scambievole scoperta reciproca, affetto disinteressato, che matura con la frequentazione, si arricchisce continuamente nella scambio di stima reciproca, poggia le sue fondamenta sulle affinità di sentimenti, di educazione e di cultura.L’amicizia, però, non è eros, non è amore che può nascere a prima vista. Nell’amicizia non c’è colpo di fulmine. L’amicizia ha bisogno di lunga ricerca. L’amicizia è un sentimento complesso che si sviluppa attraverso un lungo cammino. L’amicizia, come dice Alberoni, si costituisce attraverso una successione di incontri; è una “filigrana di incontri”.…
Osservata dall’esterno, da una prospettiva sociologica, l’amicizia è una solidarietà seriale. Gli individui non sono posti in cerchio, ma uno di seguito all’altro, in fila indiana […]che si incontrano e si lasciano per ritrovarsi di nuovo...[iii]
La filosofia rotariana, che pone l’amicizia alla base della propria esistenza, la concepisce proprio come forma etica dell’amore in cui la stima si antepone all’affetto ed il rapporto relazionale coinvolge più persone. Una delle finalità del Rotary è proprio quella, già citata alla nota 13, di:… Promuovere e sviluppare relazioni amichevoli tra i propri soci per renderli meglio atti al servire… e ancora … propagare la comprensione reciproca, la buona volontà e la pace tra Nazione e Nazione mediante il diffondersi nel mondo di relazioni amichevoli…
L’amicizia per il rotariano non è solo un fine, ma anche un mezzo per meglio servire l’uomo e i suoi bisogni . L’amicizia nel Rotary, però, non è un obbligo, una imposizione. Il Rotary non ha titolo per imporre l’amicizia. Il Rotary può raccomandare la tolleranza, la comprensione, l’indulgenza e incoraggiare comportamenti etici ed impegno sociale. L’amicizia non è una semplice conseguenza dell’appartenenza al Rotary. Esiste, invece, l’amicizia vera, con tutte le sue implicazioni, che nasce in virtù delle regole del Rotary e che il Rotary prepara e favorisce. Amicizia necessaria per realizzare i suoi scopi: comportamento etico all’interno ed all’esterno, tolleranza e cooperazione.
Perché nell’associazione non si entra a domanda, ma mediante la cooptazione? Ma perché gli amici si scelgono! Solo con la scelta, chi è già rotariano, individua un altro soggetto con le caratteristiche e le capacità necessarie per condividere in libertà i fini e gli scopi dell’associazione.
Questa, in sintesi, l’amicizia rotariana.
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[i] Francesco Alberoni, L’amicizia pag. 9-11 –ed. Garzanti 2002
[ii] Il tema del 49° congresso annuale del Distretto 2080, svoltosi a Viterbo dall’11 al 14 maggio 2006, aveva per tema L’amicizia nel Rotary, l’amicizia del Rotary. Relatori il prof. Michele Piccione dell’Università di Roma La Sapienza, il vescovo di Viterbo S.E. prof. Lorenzo Chiarinelli, il prof. Marco Mancini, rettore dell’Università della Tuscia, il prof. Mario Morcellini, preside della facoltà di Scienze della Comunicazione dell’Università di Roma La Sapienza, la prof. Emanuela Abis dell’Università di Cagliari e la prof. Laura del Terra dell’Università di Roma La Sapienza.
[iii] Francesco Alberoni, L’amicizia pag. 63 –ed. Garzanti 2002
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