domenica, marzo 06, 2022

LAVORO DIPENDENTE E LIBERTÀ: GLI SCENARI FUTURI IN AZIENDA, TRA SMART WORKING, FIDUCIA E VALUTAZIONE DEL RISULTATO PER OBIETTIVI.


Oristano 6 marzo 2022

Cari amici,

Fino a pochi anni fa il vero sogno di ogni giovane che si affacciava al lavoro era quello di diventare dipendente di un’azienda solida (preferibilmente pubblica) che poteva garantirgli un lavoro sicuro, ben retribuito e, magari, con un bell’ufficio e una preziosa scrivania. Da tempo, però, questo sogno risulta tramontato, per tutta una serie di ragioni, non ultima una crescente “voglia di libertà”, oltre ad un interiore rifiuto al lavoro sedentario, fatto di orari, spazi e tempi limitati, e ferie concesse in periodi poco graditi.

Oggi l’aspirazione dei giovani non è più quella di ottenere un lavoro sicuro ma vincolato a orari, tempi e luoghi di svolgimento del lavoro, ma un “impegno lavorativo” flessibile, tale da appagare il forte desiderio di libertà; in sintesi, un lavoro che, seppure impegnativo, possa essere svolto in modo libero, nei luoghi di volta in volta da loro scelti, negli orari più consoni e nei tempi armonizzati con le esigenze personali, ferie comprese. Di questa necessità si sono rese conto le aziende più innovative, quelle che più che alla forma badano alla sostanza, ovvero aziende che tendono in modo forte al risultato, a prescindere dalla presenza fisica dei loro dipendenti “nelle grandi sedi-alveare”.

Si, amici, le aziende con un occhio al futuro hanno già intrapreso questa strada, pronte a mettere in atto una “rivoluzione culturale” innovativa, capace di creare un rapporto nuovo con i lavoratori dipendenti, fonte di un maggior benessere già sperimentato con il digitale e lo Smart-working. Trasformare questa “libera forma di lavoro fuori dall’azienda”, da temporanea in continuativa, quindi “a vita”, significherebbe dare vita a quel forte bisogno di libertà sentito dai loro dipendenti, consentendo loro di operare fuori dalla sede aziendale e miscelando l’impegno lavorativo con quello personale, svolgendo il compito assegnato a ciascuno in modo libero, purché sia garantito il raggiungimento dell’obiettivo.  

È questa la reale applicazione del concetto dell’”ottenimento del risultato”, a prescindere dal numero delle ore lavorate. Un concetto aziendale nuovo, in cui è presente e attivo un “forte senso di fiducia” tra azienda e lavoratore, dove l’azienda mostra la sua attenzione ai bisogni del lavoratore e questi la ripaga con il raggiungimento dei risultati richiesti. Una libertà che molte aziende per ora stentato a concedere ai dipendenti, ipotizzando usi e abusi, come tempi troppo flessibili, ferie libere e non concordate con l’azienda; di certo è un errore, perché la libertà concessa potrebbe consentire ottimi risultati aziendali, a prescindere dai tempi e dai modi usati per ottenerli.

Ebbene, amici, almeno due aziende importanti, con una mentalità alquanto aperta, hanno deciso, invece di “fidarsi” ed entrare nella nuova ottica di libertà per obiettivi. Una di queste aziende è la “OneDay”, che fin dal 2018 ha iniziato a sperimentare un percorso nuovo, abolendo il cartellino e spostando il focus della performance individuale sugli obiettivi raggiunti e non sul numero di ore lavorate. Un “cambio di strategia epocale”, messo in atto per l’ottenimento di una performance sostenibile, con l'obiettivo di ottenere il miglior risultato.

La manager Betty Pagnin, People & Culture Director di One Day, intervistata da Tiscali sull’innovativa direzione presa dall’azienda ha dichiarato, circa le criticità riscontrate per l’attuazione del nuovo sistema di lavoro, che “in Italia siamo estremamente legati alle regole di un CCNL che non rappresenta l'agilità necessaria per le aziende in forte crescita, e neppure le esigenze di una nuova generazione di lavoro, più fluida, più responsabile e agile. Noi, comunque, stiamo dando a tutti la possibilità di aumentare il numero di ore ferie previste dal contratto senza essere penalizzati e anzi lavorando in un contesto di settimana flessibile. Siamo work in progress con ogni Team, perché questo possa essere possibile”.

Altra azienda che si muove sulla stessa lunghezza d’onda è “Netflix”. La casa di produzione di "House of Cards" e "Orange is the New Black" usa anch’essa una strategia aziendale che l'ha portata a un successo strepitoso: i dipendenti possono godere di ferie illimitate e gestire le spese senza che vengano approvate dai direttori, a condizione che agiscano nell'interesse dell'azienda; soprattutto non vengono giudicati per la mole di lavoro. Insomma, Netflix tratta i dipendenti come adulti responsabili! Netflix è orgogliosa di assumere solo "adulti totalmente qualificati", che vengono trattati come tali. Viene conferita loro la massima libertà d'azione, in modo che possano correre rischi e proporre idee innovative senza restare "impantanati" in uno schema prestabilito. D’altro canto, l’azienda si aspetta che i dipendenti lavorino ad altissimi livelli, altrimenti vengono messi alla porta (naturalmente con una generosa liquidazione).

Cari amici, credo che le nuove generazioni vivranno modi di lavorare molto diversi dai nostri. Questa nuova cultura del lavoro basata su "libertà e responsabilità" sono certo che si estenderà enormemente, e sarà alla base del successo delle migliori aziende nel pieno Terzo Millennio!

A domani.

Mario

 

sabato, marzo 05, 2022

UNA NUOVA BEVANDA SI AFFACCIA SUL MERCATO: IL LATTE RICAVATO DALLE PATATE. PER ORA È IN COMMERCIO IN SVEZIA E INGHILTERRA, MA PRESTO ARRIVERÀ ANCHE SUL MERCATO ITALIANO.


Oristano 5 marzo 2022

Cari amici, il mercato delle bevande vegetali come sappiamo è in continua espansione. Ciò è derivato da fatto che sempre più persone sono orientate a sostituire il classico “latte vaccino”, base in primo luogo della colazione, con alternative vegetali. Negli ultimi anni, dunque, abbiamo assistito ad una crescente diffusione del così detto “latte vegetale”, tanto che in commercio se ne trovano di tanti tipi: latte di soia, latte di mandorle, latte di riso, latte di avena e latte di cocco. Si tratta sempre di bevande più leggere, con molti meno grassi rispetto al latte vaccino. Ebbene, ora a questi già noti si aggiunge un’altra interessante novità: il latte di patate.

C’è certamente da restare sorpresi: siamo abituati a mangiare le patate fritte, cotte a vapore, arrosto, al forno o lesse, ma chi avrebbe mai pensato che avremo potuto anche berle le patate? Questo curioso latte è nato dall’intuizione di Eva Tornberg, una curiosa docente presso l’Università di Lund in Svezia, che ha realizzato con questo tubero qualcosa di originale, sano e destinato a fare storia. Ne è fortemente convinta la Veg of Lund, la start up che ha iniziato a commercializzare questo nuovo latte vegetale col marchio Dug. La lista degli ingredienti che compongono questo latte è abbastanza stringata: acqua, patate, piselli, calcio, fibra di cicoria, vitamine, acido folico e maltodestrine.

Il procedimento è top secret, ma al consumatore forse basta sapere che il sapore è invitante, leggermente salato e richiama il gusto delle patate; inoltre, risulta adatto a tutti perché è gluten free, senza lattosio, senza soia, senza frutti a guscio ed è anche povero di zuccheri e grassi saturi. La bevanda è stata definita “Deliziosamente cremosa, perfettamente schiumosa, super sostenibile e versatile”. In termini nutrizionali, il contenuto proteico del potato milk è di 1,3 g ogni 100 grammi, quello di fibre è di 1,1 g e il sale 0,12. I nutrienti non mancano: è fonte di vitamina B12, vitamina D e acido folico. In misura minore sono presenti anche le vitamine A, C, E, K e i sali minerali, come calcio e ferro.

Il latte di patata per il momento è in vendita in Svezia e nel Regno Unito, ma ci sono già i presupposti affinché la rete di vendita si allarghi coprendo anche il nostro Belpaese, anche se per i più curiosi è possibile acquistarlo già online (è in vendita su Amazon). Si può scegliere fra tre gusti: original, barista (indicato soprattutto per i cappuccini, perché permette di ottenere una schiuma soffice e voluminosa) e unsweetened, cioè senza zuccheri aggiunti. Infine, il vantaggio del latte di patate è quello di avere un sapore meno deciso e più neutro rispetto agli altri prodotti vegetali, cosa che consente di aggiungerlo al caffè e al tè senza alterarne il gusto. Risulta ideale per fare il cappuccino; la sua cremosità permette di creare una schiuma perfetta.

L’abbandono del latte di origine animale, con la crescente diffusione delle bevande vegetali, cari amici, è avvenuto inizialmente come alternativa per gli intolleranti al lattosio; ora invece il consumo è sempre più in crescita sulle tavole degli italiani. In Italia circa 12 milioni di persone consumano le bevande vegetali, raggiungendo un totale di 85 milioni di litri all’anno. Si tratta di una categoria di bevande apprezzate soprattutto nella fascia d’età tra i 25 e i 54 anni, più al femminile che al maschile (58% donne) e con una fascia di reddito medio-alta (dati Nielsen).

Il latte di patate, amici, si presume possa diffondersi rapidamente anche per un altro motivo oggi alquanto sentito dai consumatori: il rispetto dell'ambiente. Questo latte, infatti, sposa i trend della sostenibilità. Le patate, ad esempio, hanno bisogno della metà del terreno necessario per la coltivazione della stessa quantità di avena, richiedono un quantitativo di acqua 56 volte inferiore rispetto alla coltivazione delle mandorle e, a differenza della soia, non sono legate alla problematica della deforestazione o alla produzione Ogm per soddisfare le richieste di mercato. Inoltre, se si confronta il latte vaccino con un'alternativa a base di patate, l'impronta climatica di quest’ultima bevanda riduce l'impatto sul clima di circa il 75%.

Cari amici, il mondo del cibo come sappiamo è in costante evoluzione, con crescenti novità e sorprese, anche curiose. Con l’aumento della popolazione mondiale, ci stiamo abituando all’idea di una alimentazione molto diversa da quella solita, fatta di insetti commestibili, di carne e pesce che escono dai laboratori, per cui non sarà certo un grosso problema abituarsi alla nuova bevanda vegetale ricavata dalle patate, che tra l'altro sta diventando già di moda! Credo che nel millennio che abbiamo appena iniziato a percorrere le novità, anche nel campo alimentare, non mancheranno di certo!

A domani.

Mario

venerdì, marzo 04, 2022

IN FUTURO I BAMBINI MALATI POTRANNO AVERE UN “ALTER EGO”: MANDERANNO IN CLASSE “STRETCH”, IL LORO ROBOT-CLONE, CHE PRENDERÀ IL LORO POSTO A SCUOLA.


Oristano 4 marzo 2022

Cari amici,

L’elettronica e l’Intelligenza Artificiale (AI) non smetteranno mai di stupirci! Pensate che è allo studio un Robot intelligente (è stato chiamato “STRETCH”), costruito a misura di bambino: sarà capace, nel caso si debba occupare di un bambino malato, di andare in classe al suo posto, prendere parte alla lezione, vedere, ascoltare e parlare con l’insegnante e i compagni, quasi allo stesso modo del bambino che rappresenta.

Questa macchina straordinaria, progettata originariamente per altri fini (come i controlli a distanza dei medici negli ospedali, oppure dai manager aziendali per collegarsi a strutture in remoto), ora potrebbe entrare in aula nelle scuole, con lo scopo di aiutare i bambini con malattie croniche e invalidanti. STRETCH, oltre a prendere parte alle lezioni come il bimbo che rappresenta nella classe, può chattare con i suoi amici e 'unirsi' ai compagni di classe per il pranzo, il coro o la ricreazione.

A credere fermamente nell’innovativo progetto di formazione scolastica e a portarlo avanti (già da alcuni anni, prima ancora dello scoppio della pandemia), è la ricercatrice Veronica Ahumada, esperta di informatica sanitaria e interazioni uomo-robot e operante presso l’Università della California. Il progetto che Lei porta avanti è volto ad aiutare le famiglie in cui sono presenti bambini affetti da malattie di tipo cronico o patologie gravi, al punto da impedire loro di presentarsi a scuola. La dedizione con cui la Ahumada porta avanti il progetto deriva certamente anche dal fatto che, quando era piccola, lei non è potuta andare a scuola per diverso tempo a causa di una malattia congenita che l’ha costretta a mesi di assenza scolastica e a tanta sofferenza.

La sua caparbietà da ex bambina ‘invalida’, l’ha portata ora ad essere particolarmente determinata: dopo aver ottenuto un finanziamento, dal 2020 collabora con la robotica sanitaria Laurel Riek presso l’UC San Diego, per progettare una macchina con caratteristiche studiate su misura per i bambini, inclusi gli altoparlanti in grado di trasmettere il suono attraverso il frastuono di un’aula, un “braccio” per raggiungere e afferrare e un’interfaccia utente operabile da parte dei bambini.

Nel corso del prossimo anno, sulla base degli studi portati avanti da Ahumada e Riek, verranno stabilite le caratteristiche di cui un bambino ha bisogno per sentirsi presente e impegnato nell’apprendimento; poi, gli studenti a distanza testeranno i loro prototipi. “Questi ragazzi sono dei professionisti”, dice Ahumada. Molto prima della pandemia, prima che molte famiglie pensassero alla scuola virtuale, “erano già i pionieri”. “Non abbiamo mai avuto nella storia del mondo l’opportunità per i bambini con queste gravi condizioni mediche di andare a scuola con i loro coetanei”, assicura Ahumada.

I bambini che utilizzano la tecnologia a loro dedicata l’hanno definita “cambiamento di vita”, grazie alle connessioni sociali che consente. Tuttavia, molto resta ancora da fare: i ricercatori non hanno ancora dimostrato se questi strumenti sono in grado di aiutare accademicamente, socialmente o emotivamente, si sostiene. Inoltre, la tecnologia stessa ha dei limiti: i robot non sono stati progettati per i bambini e non funzionano bene nelle scuole con Wi-Fi irregolare. Ahumada sta “cercando di capire come superare questi ostacoli”.

Ora gli studi proseguono, con l’obiettivo di approfondire il modo migliore per integrare i robot di telepresenza nelle classi; Veronica Ahumada e i suoi colleghi hanno già sondato in che modo decine di bambini con malattie diverse, insieme alle loro famiglie, compagni di classe e insegnanti, interagiscono con i dispositivi; inoltre, i ricercatori stanno pianificando di unire le forze con i medici, per definire se i benefici che i bambini riportano negli studi si traducano in guadagni in termini di salute mentale, voti o altre aree misurabili.

Cari amici, l’innovativo progetto portato avanti con grande caparbietà e determinazione da Veronica Ahumada unitamente a tutto il gruppo di esperti, potrebbe davvero raggiungere risultati di ottimo livello. L’Intelligenza Artificiale può fare molto, fin dalla più tenera età, se applicata con correttezza e senza secondi fini.

A domani.

Mario

giovedì, marzo 03, 2022

L’UOMO E L’AVANZARE DELLA MODERNA TECNOLOGIA: STIAMO COSTRUENDO UNA SOCIETÀ CHE DOMINA IL NUOVO O LO SUBISCE? OVVERO, UNA SOCIETÀ DI PADRONI O DI SCHIAVI?


Oristano 3 marzo 2022

Cari amici,

Che la nostra sia una società ipertecnologica non vi è ombra di dubbio! Ormai, giorno dopo giorno, l’intelligenza artificiale (AI) continua a fare passi da gigante, sostituendo l’uomo anche nelle mansioni più specialistiche; tutto questo fa nascere seri dubbi sul futuro lavorativo dell’uomo e sull’impatto sociale che potranno creare milioni di persone senza occupazione che, comunque, a prescindere da tutto, dovranno pure alimentarsi e vivere in società.

Il problema, a mio avviso, è già molto serio, tanto che, con il continuo avanzare della tecnologia, le nuove generazioni paiono più subirla che controllarla, considerato che risultano sempre più dipendenti da quello strumento che quasi come una “terza mano”, li accompagna giorno e notte: lo smartphone.  La domanda che sorge spontanea è questa: “Stiamo costruendo una Società che domina il nuovo o lo subisce? siamo padroni della ipertecnologia o ne siamo già schiavi?

Amici, vivere in una Società sempre più tecnologica certamente condiziona non poco la nostra vita, ma comprenderne i meccanismi ci può permettere di diventare Padroni e non Schiavi della tecnologia. I cellulari, i computer e tutti gli altri oggetti elettronici hanno permeato talmente la nostra vita che senza di loro ci sentiamo oramai persino smarriti. Essi, infatti, se è pur vero che ci semplificano moltissimo la vita, dall’altra ci condizionano: ogni movimento che facciamo può essere monitorato e osservato, al punto da essere guidati dalla rete stessa.

Si, amici, la tecnologia è nata per semplificarci la vita, facendo fare alle macchine ciò che prima facevamo noi, a partire dalle cose più semplici fino alle più sofisticate. Questo, però, alla fine impedisce al nostro cervello di elaborare strategie e soluzioni, e ciò non è positivo! Basti pensare che siamo arrivati, a furia di delegare alle macchine intelligenti, a non “pensare più”, tanto ci pensa il computer e risolvere il problema! Provate a interrogare un ragazzo delle scuole medie chiedendogli, ad esempio, quanto fa 8 X 7, vedrete che faticherà a rispondere, perché non ha più interesse ad imparare la tabellina: c’è lo smartphone che lavora per lui!

Che dire poi dei rapporti sociali e delle modalità di comunicazione che hanno fatto abbandonare l’incontro fisico, sostituito da quello virtuale? Anche l’incontro nei centri commerciali è calato non poco, sostituito dagli acquisti via Internet, incrementando un isolamento che porta sempre più ad una diminuzione delle relazioni fisiche. Dobbiamo trovare la forza di reagire a questa rete di iper-connessione, che inaridisce le relazioni umane! La tecnologia deve servire a crearci utilità, non a diventare prede e strumenti di concretizzazione di interessi di altri!

Si, amici, dobbiamo essere vigili e dominanti e non asserviti, “Padroni e non Schiavi” della tecnologia. Soprattutto, cerchiamo di porre grande attenzione ai nostri ragazzi che sono spesso i più fragili da questo punto di vista. Perennemente collegati ai diversi social, essi risultano totalmente dipendenti dalle tecnologie automatizzanti, da risultare incapaci non solo di fare di conto, ma addirittura si rifiutano di leggere e scrivere, sostituendo il necessario dialogo con messaggi vocali e visualizzazioni video su social, come TikTok, Facebook o Twitter.

Il mondo pare avviarsi verso una Società fatta più di dominati che di dominanti.  All’inizio lo sviluppo tecnologico era mirato a liberare l’uomo dalla grande fatica che prima ricadeva enormemente sulle sue spalle, e le macchine lo aiutavano, alleggerendogli questo peso; l’obiettivo dello sviluppo umano, in origine, era la conquista del benessere esistenziale, ovvero le macchine, di qualsiasi tipo lo avrebbero aiutato a vivere meglio. Ora, in realtà, sembra che il progresso scientifico-tecnologico sia diventato attore principale e l’uomo, “reso schiavo”, la comparsa che subisce.

Cari amici, quale, dunque, potrà essere una società del futuro basata su questi presupposti? Quando al posto nostro, nei posti di comando, ci saranno i ragazzi che oggi vivono attaccati al computer e allo smartphone come all’ossigeno, senza una seria cultura di base? Senza cambiamenti, credo che sarà una Società dominata dai pochi padroni della tecnoscienza, e da una grande massa di schiavi di essa! Se così sarà, tutto potrà essere, eccetto che una Società del benessere!

A domani.

Mario

mercoledì, marzo 02, 2022

IL LATINO E LA SUA GRANDE IMPORTANZA, QUANDO ERA MATERIA DI STUDIO NELLA SCUOLA MEDIA. ORA, DOPO L’ABOLIZIONE, SE NE IPOTIZZA IL RITORNO, SEPPURE TARDIVO.


Oristano 2 marzo 2022

Cari amici,

Siamo in tanti a lamentarci che i giovani, man mano che il tempo passa, stanno diventando sempre meno acculturati. Se ciò è certamente vero, pensiamo anche che la colpa, in buona parte, ricade sulla nostra generazione. In un recente concorso pubblico (in Magistratura) riservato a laureati, quindi teoricamente con un alto livello di preparazione culturale, è stato rilevato che sulla prova scritta, svolta da oltre mille partecipanti, il 94 per cento di loro è stato bocciato per gli errori di grammatica presenti sugli elaborati, sicuramente evitabili anche da studenti della Scuola media inferiore.

Si, amici, a mio avviso, la mancanza di formazione linguistica degli attuali neolaureati è derivata proprio dalla variazione dei programmi ministeriali (a partire proprio dalla Scuola Media), che da tempo hanno abolito, tra l’altro, programmi formativi importanti, come l’analisi logica e i primi insegnamenti della lingua latina! Ve lo posso confermare io, che ho frequentato le scuole medie di Piazza Manno a Oristano negli anni ’60 del secolo scorso e queste materie si studiavano e davano una buona formazione!

Il grande valore formativo della conoscenza della lingua latina è indubbiamente incontestabile, perché la nostra lingua è strettamente legata a questa disciplina, tanto da risultare funzionale al perfezionamento della comunicazione (scritta e orale) nella lingua italiana, oltre a migliorare le competenze interpersonali, sociali e di cittadinanza, fondamentali per il percorso di crescita e di formazione degli studenti. Personalmente sono certo che la mia formazione professionale ne ha avuto grande beneficio dal latino studiato nella scuola media, se penso che nel mio cervello risuonano ancora certe letture imparate a memoria (…Gallia est omnis divisa in partes tres, quarum unam incolunt Belgae, aliam Aquitani, tertiam qui ipsorum lingua Celtae, nostra Galli appellantur…).

Rimediare, però, volendo è possibile. Il 21 settembre 2021 un gruppo di senatori di Forza Italia si è rivolto al Ministro dell'Istruzione Patrizio Bianchi, chiedendo il ripristino dell’insegnamento del latino nella Scuola media, inopportunamente soppresso a partire dall'anno scolastico 1977/1978 dalla legge 348 del 1977. Nella richiesta essi hanno osservato che “…nel corso degli anni la padronanza della lingua latina ha garantito ad intere generazioni di studenti di avere una preparazione più completa basata sulla conoscenza, sulla metodica di studio e sull'interpretazione semantica”. E, ancora, “nel corso degli ultimi anni molte scuole stanno rivalutando l'introduzione di questa materia già dalla scuola secondaria di primo grado, riconoscendone l'importanza a livello formativo per gli studenti”.

La richiesta rivolta al Ministro, ben articolata, precisa anche: “diversi studiosi continuano a sostenere che dal punto di vista metodologico la lingua latina non è solo una lingua antica, ma innanzitutto è esercizio del pensiero, favorisce il miglioramento della conoscenza della lingua italiana, la formazione della personalità complessiva degli alunni e ne allena il senso critico”. E infine, “rispetto alle perplessità degli studenti e di diversi genitori, lo studio della lingua latina dovrebbe essere non solo un'occasione di riflessione sulla lingua italiana, ma soprattutto uno stimolo ad interpretare il mondo classico in chiave moderna, analizzando il pensiero degli antichi per comprendere meglio il confronto tra culture e i mutamenti culturali, cui la nostra Società va quotidianamente incontro”.

La risposta alla richiesta indirizzata al Ministro Bianchi, seppure auspicata per l’anno scolastico in corso, è però arrivata solo ora. Nella risposta il Ministro apre una porta al latino: “Il Ministro concorda nel riconoscere il valore formativo delle lingue classiche essenziali per comprendere il presente e per sviluppare i saperi fondamentali che conducono alla riflessione e alla più ampia conoscenza del mondo e della società moderni, allo spirito critico e al ragionamento necessari per l'emancipazione delle alunne e degli alunni, per la cittadinanza europea e per la difesa dei valori comuni”.

Tuttavia, fa intendere Bianchi, ci sono problemi importanti da risolvere! Il primo è che ora, nella scuola secondaria di primo grado, non è previsto in via ordinaria l'insegnamento del latino, stante la vigenza del Decreto del Presidente della Repubblica numero 89 del 2009; inoltre, l'insegnamento del latino non figura tra le discipline delle indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione, emanate con decreto ministeriale numero 254 del 2012. “Un'eventuale reintroduzione di tale disciplina – scrive il Ministro -  richiederebbe pertanto, un intervento normativo di tipo regolamentare che vada ad incidere sull'assetto ordinamentale, organizzativo e didattico della scuola secondaria di primo grado con una rimodulazione dell'intero piano di studi e dei relativi quadri orari puntualmente definiti dal citato decreto del Presidente della Repubblica numero 89 del 2009, oltre a una modificazione delle citate indicazioni nazionali per il curricolo”.

Cari amici, che la super complessa struttura burocratica che ci avviluppa nelle sue spire renda tutto più difficile lo sappiamo bene, ma, come accennato prima, il Ministro Bianchi lascia una porta aperta al latino: eccola. Al termine della sua risposta si legge: “Cionondimeno, è importante considerare che i Collegi dei docenti possono, nell'ambito delle prerogative concesse dal Decreto del Presidente della Repubblica numero 275 del 1999, ‘Regolamento sull'autonomia delle Istituzioni scolastiche’, attivare insegnamenti e potenziare discipline, nel limite massimo del 20 per cento dell'orario delle lezioni”.

Insomma, amici, se i Collegi dei docenti della Scuola Media vogliono, il latino può rientrare in aula!

A domani.

Mario

 

martedì, marzo 01, 2022

ITALIA: IL CROLLO DELLE NASCITE NEL 2020. LA SARDEGNA È IN TESTA NEL TRISTE PRIMATO. E IL 2021 NON MOSTRA NIENTE DI BUONO…


Oristano 1 marzo 2022

Cari amici,

Ho deciso di iniziare i post di marzo, parlando con Voi di un problema alquanto serio: il crollo delle nascite, nel nostro Paese, ma che vede la Sardegna tristemente al primo posto. I dati diffusi di recente dall’ISTAT sull’andamento della natalità e della fecondità nel 2020 in Italia, sono drammatici; da tempo essi continuano a presentare una tendenza negativa che sembra proprio non arrestarsi. I dati raccolti dal nostro Istituto di Statistica evidenziano che nel corso del 2020 i nati sono stati 405 mila, 15 mila in meno rispetto al 2019. I tristi risultati, del resto già anticipati dai precedenti comunicati forniti dall’Istituto, fanno presupporre che anche il 2021 non ha chiuso meglio, in quanto i calcoli relativi ai primi 9 mesi mostrano che il calo è continuato: -12,5 mila al 30 settembre, un dato che rende concreta la prospettiva di un’ulteriore significativa riduzione per l’anno in corso.

Eppure, la politica, salvo poche chiacchiere, sembra quasi indifferente, nonostante il terribile pericolo dello spopolamento appaia sempre più minaccioso; la carenza di nascite non fa altro che portare all’estinzione! La pessima situazione non è certo casuale: è il risultato di un complesso di fattori, tra cui la riduzione del numero delle donne fertili, derivato dall’abbassamento del tasso di fecondità delle donne tra i 15 e i 45 anni, dalla riduzione del numero dei matrimoni, e dal collegato fattore negativo delle crescenti crisi economiche e occupazionali, che comportano una netta riduzione dei redditi delle persone e delle famiglie, costrette quindi ad evitare di aggiungere nuovi nati al magro bilancio familiare.

Analizzando in dettaglio i dati e rapportandoli a quelli del 2002, si scopre che in Italia il tasso di natalità nel 2020 è crollato del 27,7% rispetto al 2002! Se, però, tra il 2002 e il 2008 questo triste fenomeno ha riguardato principalmente il sud e le isole, dopo la grande crisi economica, anche il centro e il nord del Paese non sono stati risparmiati. Se poi focalizziamo la nostra attenzione sulla Sardegna, notiamo che questo triste, terribile fenomeno, la colpisce in modo particolare e, al suo interno, la nostra Provincia di Oristano ha segnato un dato ancora più sconfortante: l’Oristanese nel 2020 ha presentato il dato peggiore in assoluto di tutta l’Italia!

Nel 2020 in Provincia di Oristano sono nati solo 4,6 bambini ogni mille abitanti: è il dato peggiore in assoluto nel nostro Paese. Lo evidenzia uno studio pubblicato dal quotidiano di informazione economica Il Sole 24 Ore. Per quanto riguarda le stime ISTAT per il 2021, queste evidenziano una piccolissima ripresa, con 4,9 nati ogni mille abitanti nell’Oristanese, ma appare solo una piccola goccia. Pensate che l’unica Provincia che lo scorso anno ha registrato un dato inferiore è quella del Sud Sardegna (4,8 nati ogni mille abitanti: nel 2020 erano stati 5,1). Il Sindaco di Oristano, intervistato sulla situazione in Provincia, ha dichiarato al Sole 24 Ore: “Il territorio sconta le difficoltà della sua economia e la crisi del mondo del lavoro; per quanto siamo attrattivi per qualità dell’ambiente e sicurezza del territorio e approviamo numerose iniziative per i giovani, gli Enti Locali non hanno armi a disposizione: i progetti di vita dei cittadini devono potersi fondare su basi solide”.

Amici, tornando all’analisi dei dati riferiti agli ultimi 18/20 anni (analisi e confronti tra i dati del 2002 e quelli del 2020), estrapolando i dati relativi alla Sardegna, si rileva che nell’Oristanese si arriva addirittura ad un calo di nascite di un meno 37,8 per cento, dato condiviso con Cagliari. Solo Barletta (-39,5%) e Sassari (-37,9%) hanno fatto peggio. Leggermente meglio Nuoro (-34,1%) e il Sud Sardegna (-31,1%). Un problema davvero serio, visto che la nostra isola è costituita da tanti piccoli comuni che, con il perdurare del calo delle nascite, rischiano seriamente la cancellazione, in particolare quelli delle zone interne.

Cari amici, quelli prima esposti sono dati che dovrebbero preoccupare non poco tutti, a partire da chi ci governa. Con il crollo delle nascite, infatti, l’Italia è a un passo dall’insostenibilità economica e sociale. Tutto è a rischio: le pensioni, perché l’INPS non introiterà dai nuovi lavoratori i necessari incassi per compensarne il pagamento, le famiglie, che chissà come potranno far quadrare il bilancio familiare, e soprattutto lo Stato, che senza un congruo incasso di tasse, dovrà drasticamente ridimensionare lo Stato sociale: dal garantire l’assistenza sanitaria per tutti agli interventi sui meno abbienti col Reddito di Cittadinanza. Difficile prevedere come saremo capaci di gestire il nostro Paese nel futuro prossimo!

A domani.

Mario