lunedì, giugno 23, 2008

ECONOMIA DEI MEDIA: IL NUOVO MERCATO DELLA TV














UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI SASSARI
FACOLTA’ DI SCIENZE POLITICHE
CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN EDITORIA, COMUNICAZIONE MULTIMEDIALE E GIORNALISMO





MERCATO A DUE VERSANTI: DALLA TEORIA DEL BENE PUBBLICO AL “ MERCATO MULTIPIATTAFORMA


RELAZIONE DI: MARIO VIRDIS
Esame di: ECONOMIA DEI MEDIA
DOCENTE: PROF. AUGUSTO PRETA



PREMESSA



ORIGINI ED EVOLUZIONE DEL SISTEMA TELEVISIVO



La prima regolamentazione delle trasmissioni televisive avviene attraverso il codice postale, datato anni '30, che adattato, non senza eccessive semplificazioni, ai nuovi mezzi di comunicazione, riservava allo Stato "i servizi di televisione circolare a mezzo di onde radioelettriche", con esclusione di ogni altro soggetto. Lo Stato poi aveva concesso in esclusiva alla Rai- Radiotelevisione italiana, fin dal 1952, l'esercizio dei "servizi di radiodiffusione e di televisione".
Come sostenuto dal Prof. Vincenzo Zeno Zencovich “…Il governo del sistema radiotelevisivo poggia da quasi mezzo secolo su due dogmi: la scarsità delle radiofrequenze e la speciale capacità del mezzo di influenzare l’opinione pubblica…”.
Questi presupposti, soprattutto il primo, quello di bene “scarso”, hanno fatto sì che da sempre la gran parte degli Stati europei (governi, parlamenti, giudici), abbia ritenuti di assoggettare il sistema di radio-diffusione alla normativa del “ Bene Pubblico “.
L’argomento della scarsità delle radiofrequenze è stato utilizzato ieri (in parte anche oggi) per giustificare il monopolio statale dei servizi radiotelevisivi, oggi invece, soprattutto, per disciplinare la materia ed evitare pericolose concentrazioni, capaci di ledere la libertà dei mezzi di diffusione.
Il secondo dogma, invece, quello della forza persuasiva del mezzo, è utilizzato, oggi come in passato, per una minuziosa regolamentazione dei contenuti trasmessi (dai notiziari alla pubblicità, dalla tutela dei minori alle trasmissioni politiche, dalle quote riservate a produzioni europee alla tutela delle minoranze linguistiche). Questa disciplina non è una peculiarità del modello radiotelevisivo europeo, ma si avvale, anzi è mutuata dalla precedente esperienza statunitense, che in gran parte ha da sempre anticipato molti dei fenomeni relativi al broadcasting.
Ai due precedenti postulati, in tempi più recenti, se ne è aggiunto un terzo, quello del pluralismo. Il termine, recepito dalla filosofia politica, ha scopo ed utilizzo ben precisi: il sistema radiotelevisivo deve assicurare il pluralismo (politico, culturale, religioso, linguistico ecc.) e, a tal fine, risulta giustificato un penetrante controllo su di esso.
La risultante di tutto ciò è che la materia risulta talmente scottante, di cosi perenne attualità, che la lotta per il potere, per il controllo del mezzo, non ha un attimo di tregua. Partiamo dalle origini.
C'era, dunque una volta la Rai. Una “Istituzione”: bella, monolitica, democristiana, mamma Rai, insomma.
Rai padrona assoluta dell'etere, divinamente scelta per governare e proteggere un bene prezioso, rarefatto, unico e pericoloso. Inoltre i costi di gestione di quella tecnologia novecentesca chiamata tele-visione risultavano ingentissimi: naturale pensare ad un monopolio pubblico (sempre esistito, tra l’altro, prima con l’Eiar, la propaganda di regime, la notizia addomesticata). Certo, trattandosi di un “ bene pubblico” mica poteva essere assoggettato al mercato: era meglio la “mano pubblica” della “mano invisibile” ! Troppi rischi.


Mi piace ricordarla la “teoria del bene pubblico”, per togliere ogni dubbio.
Nel mondo, oggi più di ieri, tutto è oggetto di commercio La teoria economica moderna, è tutta basata su un concetto cardine: quello di bene, per distinguerlo dal suo opposto, quello di male. Un concetto importante dalle numerose conseguenze, anche pratiche. Il bene è una qualsiasi cosa oggetto di interesse da parte di qualcuno. Un centro di interesse, dunque. Vieppiù, se questo “qualche cosa” presenta la caratteristica della scarsità, allora rientra a pieno titolo nella sfera economica. L’economia, infatti, osserva e giudica i differenti metodi di allocazione delle risorse all’interno di una comunità.
Un bene che scarseggia è dunque un bene da proteggere, da sottrarre e da escludere alle comuni leggi di mercato: non può rientrare nelle ordinarie regole della domanda e dell’offerta. Questo, però, non è un concetto così pacifico come apparentemente sembra.
Il mondo e tutti i suoi beni non sono statici, non sono immutabili, ma in continua e progressiva evoluzione: basti pensare alle grandi rivoluzioni industriali ed umane degli ultimi secoli. Il concetto di bene, dunque, e quello della sua disponibilità sono indiscutibilmente variabili. La sua unità di misura è quindi una misura dinamica, variabile, tempo per tempo, in relazione alla disponibilità ed alla necessità di questi beni per gli individui. Pare ovvio, e credo proprio che lo sia, pensare che il valore di un qualsiasi bene è in stretto rapporto con la sua utilità, con il gradimento che, in un determinato momento, esso ha per un individuo o per un gruppo. Vorrei rimarcare che il gradimento, l’utilità di oggi, potrebbe diventare il rifiuto o l’inutilità di domani. Questa utilità/inutilità dimostra quanto il bene sia volatile: quanto le preferenze dell’uomo. La quantità di bene-risorsa presente in un determinato istante all’interno di una comunità è ben lungi, dunque, dall’essere statica e predeterminata. Al contrario, la dinamicità delle preferenze individuali la trasforma e la muta in un processo continuo. E’ solo nell’uomo la capacità della scoperta, dell’invenzione, dell’innovazione.
Definito il concetto di bene cerchiamo ora di focalizzare quale di questi beni rientri nel concetto di bene pubblico. Sicuramente sono pubblici quei beni sui quali non sarebbe pensabile costruire tutele all’interesse di un singolo. Sono le res communes omnium: L’aria, il calore e la luce del sole, ecc. Non può esistere una tutela privata su questi beni; non per qualche strana ragione equitativa, ma per il semplice fatto che nessuno avrebbe interesse a delimitare i suoi diritti su un qualcosa che non presenta alcun problema di scarsità. Sarebbe anche difficile osservare questo tipo di beni dal punto di vista economico, visto che non presentano alcun conflitto di allocazione. Il bene è definito bene non rivale. Non sorge rivalità nell’utilizzo e nello sfruttamento del bene. In questi termini, si può ben accettare il concetto di bene pubblico come un concetto sacrosanto, anche se praticamente inutile ai fini economici. Ma i c.d. beni pubblici non si limitano a questi. La difesa nazionale, l’ordine pubblico, le reti viarie e non pochi altri sono beni dei quali non si ci può appropriare, dai quali non si ci può escludere. Anche molti altri “beni” sono rientrati tra quelli pubblici. Uno di questi è il mercato radiotelevisivo.
Fin dalla scoperta delle onde radio-elettriche ( la radio inizialmente era uno strumento di importanza militare), si cercò di “riservare” e proteggere questo strumento. Strumento che, consentendo di allargare immensamente la comunicazione, costituiva un potente mezzo capace di mettere in pericolo l’autorità costituita. Il broadcasting, il potente strumento di grande capacità comunicativa, nasce, dunque, con le caratteristiche di “servizio pubblico”. La logica corrente era, allora, che il nuovo strumento non poteva essere concepito con semplici finalità di intrattenimento ma, invece, era necessario utilizzarlo per scopi ben più alti: formativi, pedagogici, culturali. Informare, educare divertire: questo sarà per oltre mezzo secolo il compito del nuovo strumento comunicativo televisivo.
Col passare del tempo, siamo nella seconda metà del Novecento, l’unica rete cede al passo alle altre e si moltiplica; tuttavia in gran parte si resta convinti che “ la mano pubblica” sulle reti radiotelevisive sia “cosa buona e giusta”, poiché essendo limitato il numero delle frequenze le poche disponibili era meglio che fossero gestite dalla mano pubblica. In quel modo si sarebbe evitata la nascita di un mercato probabilmente oligopolista, con corruzione e accordi di cartello. Oggi, invece, tutto questo fa parte solo del passato, ancorché di un passato recente. Ora i servizi radiotelevisivi, con le nuove tecnologie, sono facilmente moltiplicabili, cosa che fa cadere uno dei presupposti ( la scarsità delle frequenza) su cui si basava il concetto di bene da “proteggere”.
Per poter meglio comprendere il passaggio da monopolio ad oligopolio e in ultimo al mercato multipiattaforma, si riepilogano le tappe più importanti, dalle origini ai giorni nostri.


CAPITOLO PRIMO


DALLA TV DI STATO ALLA TV COMMERCIALE


L'esercizio dei "servizi di radiodiffusione e di televisione", che lo Stato aveva concesso in esclusiva alla Rai - Radiotelevisione italiana, fin dal 1952, non aveva destato, nei primi tempi, contestazioni o richieste al Ministero delle Poste di deroghe per iniziative di natura privatistica.

Già nel 1956, però, qualcosa iniziò a muoversi: un gruppo vicino al giornale il Tempo lanciò un'iniziativa editoriale per la realizzazione di un servizio di radiodiffusione televisiva, basato economicamente sui proventi della pubblicità, da attuare nel Lazio, in Campania ed in Toscana, con eventuale successiva estensione ad altre regioni. La richiesta di concessione di frequenze al Ministero delle Poste venne respinta. In Lombardia furono più intraprendenti: Tvl Televisione Libera, finanziata da una cordata imprenditoriale, decise di tentare la forzatura, ma il 24 ottobre del 1958 la magistratura sequestrò tutte le apparecchiature prima dell'inizio delle trasmissioni. I tentativi di forzare il monopolio furono respinti brutalmente. Ma nessuno si arrese. Prima le battaglie al Consiglio di Stato, poi successivamente alla Corte Costituzionale. Si arriva, nel frattempo, al 1960.

Con la sentenza del 13 luglio 1960 la Consulta, per bocca del giudice relatore Sandulli, afferma che data la limitatezza di fatto dei canali utilizzabili, la televisione a mezzo di onde radioelettriche (radiotelevisione) si caratterizzava indubbiamente come una attività predestinata, in regime di libera iniziativa, quanto meno all'oligopolio: oligopolio totale od oligopolio locale, a seconda che i servizi venissero realizzati su scala nazionale o su scala locale. E siccome poi i servizi radiotelevisivi, se non fossero stati riservati allo Stato o a un ente statale ad hoc, sarebbero caduti naturalmente nella disponibilità di uno o di pochi soggetti, prevedibilmente mossi da interessi particolari, non poteva considerarsi arbitrario neanche il riconoscimento della esistenza di ragioni "di utilità generale" idonee a giustificare, ai sensi dell'art. 43 Cost., l'avocazione, in esclusiva, dei servizi allo Stato, dato che questo, istituzionalmente, é in grado di esercitarli in più favorevoli condizioni di obbiettività, di imparzialità, di completezza e di continuità in tutto il territorio nazionale.
Sostanzialmente nel 1960 la Corte Costituzionale conferma il monopolio Rai, pur esortando lo Stato a garantire un ampio accesso all'utilizzazione del servizio, basandosi sulle caratteristiche tecniche della radiotelevisione. Per un decennio nulla cambia. E’ con gli anni '70 che esplode il fenomeno delle radio e delle tv libere. Tra il '71 e il '72 nasce TeleBiella, inzialmente via cavo, ritenuta la prima tv privata italiana. E' da questo momento che il tema della tv privata comincia ad assumere i toni di un vero e proprio scontro: nel marzo del 1973 viene emanato il nuovo codice postale, il quale, riconducendo tutti i mezzi di comunicazione a distanza ad una categoria unica, sostanzialmente estendeva il monopolio pubblico a tutte le forme di trasmissione. Anche la tv via cavo privata diviene illegale. Il 1° giugno del '73 il provvedimento di chiusura: l'autorità taglia il cavo di trasmissione di TeleBiella mentre la tv tiene un'apposita diretta. Nel frattempo si pone anche il problema delle tv estere confinanti: Telemontecarlo, Telecapodistria, la tv svizzera, ed i loro programmi a colori, arrivano in territorio italiano grazie a ripetitori nostrani; nel giugno del 1974 il ministro delle poste decreta lo smantellamento anche di tali ripetitori. Non è finita.


Nuovi procedimenti penali contro i responsabili delle innumerevoli tv locali, nate sulla scia di TeleBiella, promossi dai pretori un po' in tutt'Italia, approdano nuovamente alla Corte Costituzionale. E' il 10 luglio 1974. I giudici costituzionali confermano il loro orientamento: la televisione opera in un campo dalle frequenze limitate e dai costi enormi, pertanto a fronte del rischio di monopolio o oligopoli privati meglio conservare la riserva statale. Tuttavia ciò non è certo applicabile ai sistemi televisivi via cavo a dimensione locale, che di conseguenza devono ritenersi pienamente leciti. Similmente si risolve la questione di ripetitori delle tv estere. La legge 103/1975, di riforma della Rai, sancì tali acquisizioni, ma il fronte del monopolio si andava incrinando con altri interventi giurisprudenziali via via sempre più derogatori. Sdoganato il cavo rimaneva ancora il tabù dell'etere. La Corte Costituzionale il 28 luglio 1976 ribadì con le consuete motivazioni la riserva statale ma ritenne perfettamente legittimi "l'installazione e l'esercizio di impianti di diffusione radiofonica e televisiva via etere di portata non eccedente l'ambito locale". A questa sentenza non seguì alcuna legge per disciplinare la comunicazione via etere sino al 1990 (la nota legge Mammì). Il nostro sistema era notoriamente definito Far west dell'etere.

Dal novembre 1977 inizia la diffusione su larga scala: ad Antenna3 Lombardia, alla cui attività parteciperà significativamente anche il presentatore Rai Enzo Tortora, che inaugurò una delle prime vere competizioni tra emittenza pubblica e privata, ne seguirono altre. L'affare diventava interessante. Entrano in gioco i gruppi editoriali: Mondadori, Rusconi, e nel 1978 il costruttore Silvio Berlusconi che vara Tele Milano 58 (ma già a Milano2 trasmetteva via cavo).
Nel 1979 nasce l'idea per superare il limite della trasmissione locale: il network delle reti Elefante trasmette su varie emittenti i programmi inviati da un'emittente centrale; il sistema viene perfezionato l'anno successivo quando Telemilano 58, TeleEmiliaRomagna, TeleTorino, VideoVeneto e A&G Television iniziano a trasmettere in contemporenea (con leggero sfasamento) lo stesso programma recando in sovraimpressione la scritta Canale5.

Nel 1980 Rizzoli, lancia Contatto, il primo telegiornale "privato", diretto da Maurizio Costanzo. La Rai questa volta agisce in prima persona e chiede al Pretore di Roma un provvedimento d'urgenza per impedire l'inizio delle trasmissioni: il Pretore concede l'inibitoria ma successivamente, su istanza della difesa Rizzoli, invia gli atti alla Corte Costituzionale. La Corte conferma il precedente pensiero. Nel gennaio del 1982 altri due network iniziano similmente a trasmettere: si tratta di Italia1 (Rusconi), e di Rete4 (Mondadori). Nello stesso anno Italia1 passa a Berlusconi, due anni dopo la stessa cosa avviene con Rete4.
La svolta avviene il 16 ottobre 1984: i pretori di Roma, Torino e Pescara, su denuncia di gestori di emittenti di ambito locale, dispongono l'oscuramento delle reti del gruppo Berlusconi, sequestrando nel contempo le cassette dei programmi registrati. Alla Presidenza del Consiglio siede da un anno Bettino Craxi, il quale, nell'arco di soli 4 giorni emana un decreto legge ad hoc (d.l. 694/1984) per consentire la "prosecuzione dell'attività delle singole emittenti radiotelevisive private", disponendo espressamente che "è consentita la trasmissione ad opera di più emittenti dello stesso programma pre-registrato, indipendentemente dagli orari prescelti".

L'operazione, spregiudicata, non passa esente da critiche e finisce silurata il 28 novembre 1984, quando, sottoposto a pregiudiziale di costituzionalità, il decreto viene bocciato dalla Camera dei Deputati con 256 voti contro 236. Un Craxi furente fa approvare in pochissimi giorni (5 dicembre) un nuovo decreto-legge, che viene pubblicato il giorno successivo (d.l. 807/1984). Il decreto contiene un articolo denominato "norme transitorie" che ripropone esattamente il contenuto del provvedimento decaduto, ma aggiunge anche una disciplina sulla struttura aziendale Rai (nomina e composizione degli organi di vertice).
Questa volta Craxi minaccia la crisi di governo e impone il voto di fiducia: le pregiudiziali di costituzionalità sono respinte alla Camera (12 dicembre 1984) ed al Senato (4 febbraio 1985). La legge di conversione (l. 10/1985) mette in salvo le reti Fininvest. Sotto l'auspicio del ministro delle poste Gava comincia l'attesa per la definitiva disciplina del sistema radiotelevisivo, che si concluderà nel 1990 con la legge c.d. Mammì: la transizione dal monopolio al duopolio è così compiuta.

Altre leggi completeranno il quadro legislativo relativo alla nuova situazione: dalla l. 249/97, c.d. legge Maccanico,che istituì l’Autorità garante per le Comunicazioni, alla 112/2004, c.d. Legge Gasparri, dalle Direttive Comunitarie sul commercio elettronico ( 31/2000) al Dlgs. 67/2000 sulla pubblicità comparativa. Tutte, a partire da quelle emanate dall’autorità europea, hanno dato ulteriore regolamentazione alla nuova emittenza: quella commerciale.


CAPITOLO SECONDO


LA TV COMMERCIALE


- la Tv generalista

La TV “pubblica”, agendo in regime di monopolio, lo abbiamo già detto, non era sottoposta alle leggi economiche della domanda e dell’offerta. Mancando un rapporto diretto tra domanda e offerta, potendo quest’ultima prescindere dalla prima, il prezzo per usufruire del programma o palinsesto, risultava indipendente dalle regole economiche. La prima dimostrazione di questa situazione è che la TV pubblica, per la sua gestione, ricava in parte i suoi mezzi applicando ai detentori del “ricevitore” una c.d. Tassa di possesso, un canone, che, calcolato alla fonte, non tiene conto delle leggi di mercato. Diverso, invece, il modello commerciale.

A differenza del modello pubblico l’emittenza commerciale, legata alle inderogabili esigenze di profitto cui necessariamente deve orientare la propria attività, opera in regime di concorrenza, di conflittualità, anche particolarmente aggressiva, con gli altri media. Tutto questo per fagocitare, acquisire, un importante numero di utilizzatori dei suoi programmi. E’ proprio il telespettatore la sua merce più preziosa. Questo non significa che la TV commerciale non faccia parte a pieno titolo dell’industria culturale e di informazione come quella pubblica.

Pur operando in ambienti apparentemente contradditori l’emittenza commerciale, attraverso una sapiente organizzazione del palinsesto, cerca di massimizzare gli ascolti per ogni singolo segmento offerto. In altri termini il palinsesto dell’emittente commerciale non è il prodotto finale, l’offerta, ma un fattore di produzione del bene, rappresentato dal pubblico, che viene venduto all’inserzionista, nel momento che egli dedica alla visione dello spot o messaggio pubblicitario. La merce, il prodotto da valorizzare, non è quindi il programma, la trasmissione, ma il pubblico che, esaminato sotto il profilo commerciale della domanda e dell’offerta, da soggetto si trasforma in oggetto della transazione economica, diventando merce di scambio, in quel particolare mercato, quello pubblicitario, tra il broadcaster, che da la programmazione in cui si inserisce lo spot, e l’inserzionista pubblicitario che lo acquista. Questa formula è efficacemente sintetizzata nell’espressione “ L’emittente commerciale vende pubblico ai pubblicitari ” (A.Preta , Economia dei contenuti, pag.51). Pubblico e Pubblicitari sono, dunque, i due piatti della bilancia dell’offerta radio-televisiva commerciale, i due versanti di un mercato dall’incerto equilibrio.
La TV commerciale, finanziata dalla pubblicità, estrinseca la sua offerta mediante tre modelli differenti:
1- TV generalista in chiaro
2- Canali tematici
3- TV locali
Il primo modello, multigenere, tende a massimizzare gli ascolti, che consente di attrarre rilevanti investimenti pubblicitari.
Il secondo modello, con trasmissioni sia in chiaro che a pagamento, è rivolta ad un pubblico di nicchia; a fronte di costi minori, però, fanno riscontro anche ricavi limitati.
Il terzo, anch’esso finanziato dalla pubblicità, è rivolto ad un mercato “limitato”, territoriale, ad un ristretto ambito geografico, dove prevale l’interesse locale. La TV generalista è, in tutti i principali mercati europei, la componente prevalente.
La TV generalista, ad alto indice di ascolto, è caratterizzata da forte concentrazione: un numero ridotto di canali ( da 4 a 6 ) si spartisce la gran parte degli introiti pubblicitari e degli ascolti, con i primi due operatori che controllano mediamente il 50% degli ascolti e degli introiti.

Il modello di business della TV generalista, finanziata dalla pubblicità, è ovvio che spinga alla competizione per assicurarsi quell’audience, base fondamentale della formula che quantifica i ricavi pubblicitari. In un mercato competitivo di questo genere, in presenza di una “concentrazione” non temporanea, la risultante di “oligopolio naturale” è generata, derivata, da un insieme di fattori i cui più importanti sono:
1- l’esistenza di costi irrecuperabili (sunk costs), sostenuti per l’acquisizione di strumenti che una volta usciti dal mercato, non sono più spendibili, recuperabili;
2- l’elevata dimensione degli operatori già presenti sul mercato, fatto che consente di avere costi di produzione assai bassi, nonché i nuovi mezzi per stare al passo con l’innovazione tecnologica;
3- la migliore conoscenza delle tecniche di gestione delle aziende del settore;
4- il maggiore potere contrattuale degli esperti operatori sul mercato sia con i clienti che con i finanziatori (Banche e finanziarie);
5- la già acquisita fidelizzazione della clientela in portafoglio.
Queste risultanti autorizzano la definizione di “oligopolio naturale”, come sostengono Sutton e Shaked (J. Sutton – A. Shaked, Natural Oligopolies -1983).

L’oligopolio naturale prima evidenziato, considerata l’esistenza dei “costi irrecuperabili”, prima evidenziati e delle altre variabili difficilmente superabili, limita fortemente il possibile ingresso di altro competitori, che difficilmente sarebbero capaci di produrre a costi uguali o inferiori a quelli degli operatori già presenti. E’ il “circolo vizioso/virtuoso che “…genera pochi vincitori ” ( A. Preta già citato, pag. 55).
Queste forti e permanenti ” barriere all’entrata “ sono ulteriormente aggravate dai seguenti altri fattori:
1- la necessità di disporre delle frequenze, notoriamente limitate;
2- la presenza di due operatori che già possiedono e controllano tre reti TV ciascuno ( gli eventuali altri ingressi dovrebbero anch’essi operare con lo stesso numero di reti);
3- L’integrazione verticale (proprietà della rete) che consente di massimizzare i vantaggi competitivi.
Tutto questo ha, di fatto, impedito l’ingresso di altri competitori, confermando la struttura duopolistica.

- la Tv a pagamento

Ad una TV in chiaro, pubblica o finanziata dalla pubblicità non importa, qualche decennio dopo si affianca, una nuova TV: quella a pagamento.

Nel corso dei primi anni settanta negli Stati Uniti, in anticipo di dieci anni rispetto all’Europa, si sviluppa un nuovo modello di televisione, inizialmente operante via cavo e successivamente via satellite, destinato a soddisfare nuove esigenze di un consumatore sempre più “particolare”, sempre più attento ai suoi bisogni. E’ questo il passaggio dalla TV uguale per tutti, “universale”, a quella specialistica, dove è l’utente che sceglie la tipologia dei contenuti a lui più soddisfacenti.

E’ questo un passaggio epocale: l’abbattimento delle barriere tecnologiche, pone le condizioni anche per il superamento delle barriere economiche, derivanti dalla non escludibilità del bene, che rendevano improduttivo un investimento in presenza di un mercato prevalentemente generalista. Le nuove tecnologie inoltre consentono il superamento della penuria di canali ( con il digitale teoricamente la moltiplicazione è infinita) creando, quindi, nuove possibilità, aprendo nuove frontiere.
Questa rivoluzione, in primis, travolge, distrugge, uno dei pilastri fondamentali su cui si era basato per tanto tempo il prodotto radiotelevisivo: il concetto di “ bene pubblico” in quanto scarso, limitato. Caduto il “muro”, il prodotto televisivo si libera dai vincoli e si trasforma: diventa “bene privato”, commerciabile, vendibile attraverso la definizione di un prezzo, regolato dalle leggi dello scambio economico. E’ il passaggio alla logica economica del libero mercato, dove si confrontano, si instaurano rapporti diretti tra domanda e offerta, basati sulla disponibilità del consumatore/cliente a pagare per il prodotto il prezzo relativo.

Il costo richiesto al cliente/consumatore per il prodotto televisivo fornito, si basa sulla logica del “valore percepito”, ovvero da quanto il consumatore è disposto a pagare per il prodotto offerto. La differenza tra il valore massimo che il consumatore attribuisce al prodotto offerto e quanto effettivamente richiesto, costituisce il suo guadagno, meglio definito come il “ Surplus del consumatore”.
Nella teoria economica il surplus del consumatore è strettamente legato al concetto di benessere economico: il consumatore acquista un bene se ne trae utilità, se questo bene gli da la soddisfazione richiesta. Questa utilità, questa soddisfazione, ha per il consumatore un prezzo massimo, ovviamente legato al reddito. Se il prezzo richiesto è più basso il consumatore comprerà, se il prezzo supera la soglia rifiuterà l’offerta. Più basso è il prezzo, maggiore sarà la differenza tra il prezzo massimo da lui attribuito al prodotto ed il prezzo pagato. Questa differenza è il surplus del consumatore.
Esaminando, invece, il problema dall’altra parte, quella dell’impresa che fornisce il servizio, i termini risulteranno rovesciati. Infatti dal prezzo attribuito al servizio l’impresa deve detrarre il costo sostenuto per produrlo: maggiore è la differenza tra il costo sostenuto ed il prezzo di vendita del servizio, maggiore sarà il suo guadagno (surplus del produttore). La risultante che stabilisce il “massimo benessere economico”, la massima efficienza del mercato, in situazione di concorrenza perfetta ed in assenza di esternalità, è ottenuta quando si massimizza il Surplus totale, cioè quando i consumatori attribuiscono ai beni il valore più elevato ed i produttori sono in grado di offrirli al costo più basso.

La TV commerciale ha, negli ultimi anni, modificato radicalmente le abitudini dei suoi fruitori/consumatori. Il forte cambiamento portato dalle Pay TV, o TV multichannel, si basa su due forti elementi di novità:
1- la disponibilità di un maggior numero di canali, ottenuta mediante la diffusione via cavo o via satellite;
2- l’utilizzo in via predominante, anche se non esclusiva, degli abbonamenti.

Il primo elemento, certamente il più importante, è quello che fa cadere uno dei due dogmi da cui siamo partiti: la scarsità delle radiofrequenze. Se agli inizi del secolo scorso i presupposto fossero stati quelli di oggi, forse, il percorso fin’ora seguito sarebbe stato molto diverso! Il modello originario televisivo, analogico, universale, in chiaro e terrestre, forse non sarebbe mai esistito.

Il progresso, però, come è giusto che sia, non si ferma mai. L’era del digitale da una parte ha resa obsoleta una parte importante del nostro passato ma, soprattutto, ha aperto frontiere di portata ancora tutta da scoprire. La Pay TV multichannel è solo un primo passo verso un futuro fatto di ben altro.



Tramontato il dogma più importante, quello di bene pubblico, quindi limitato, entrata a pieno titolo nel “mercato” commerciale dopo la caduta del monopolio prima e dell’oligopolio dopo, l’industria dei media è diventata grande. Oggi, raggiunta la maturità, ha non solo migliorato se stessa ma ha anche contratto più di un matrimonio: con la telefonia e con la rete di Internet. E’ questo il passaggio, ancora in corso, del mercato televisivo dalla piattaforma unica al mercato multipiattaforma.

Questa, però, è un’altra storia!!!


Mario Virdis, ECG, matr. 30019800



lunedì, giugno 02, 2008

ORGOGLIOSI DI ESSERE SARDI!



























SEI SARDO SE…..




sei sardo se pur non avendo un lavoro e un euro in tasca offri il caffè al bar ai tuoi amici!



• sei sardo quando ti lamenti sempre della tua città e quando sei fuori la vanti come se fosse il paese delle meraviglie!


• sei sardo se, quando vivi fuori, almeno 1 volta al mese ricevi il pacco che ti manda tua madre da giù con tutte le cose tipiche!


• sei sardo se ami la tua terra e ti fai le vacanze nei tuoi posti di mare!


• sei sardo se, pur vivendo al Nord da dieci anni, non hai perso una virgola del tuo meraviglioso accento! ( puru si ti leana pro su culu!).


• sei sardo se parcheggi la macchina in quinta fila e dopo ti lamenti pure perché ti hanno fatto la multa!


• sei sardo se sei abbronzato 8 mesi su 12 e hai il segno del costume a vita!


• sei sardo se conosci le persone in internet ma ti vergogni di parlarci di persona!


• sei sardo se ti spulci il sito di Crastulo per 'pidanciulare' sulla gente e vedere se c'è la tua foto!


• sei sarda se ad un primo e fantastico appuntamento gli concedi un bacio sulle labbra e poi aspetti che ti caghi lui per fare la preziosa e lasciarlo sulle spine 1 o 2 settimane, finché, non si stanca ed esce con un'altra tipa e allora li ti incazzi e dai del coglione a lui e della bagassa a lei (magari alimentando scene stile Peppedda vs. Valentina).


• sei sardo se per fare 100 metri prendi la macchina!


• sei sardo se vai fino al lungo mare o al belvedere e poi non scendi e rimani in macchina a guardare.


• sei sardo se già quando hai un anno mangi 'pane e saltizza'!


• sei sardo se hai la marmitta modificata o i neon blu nella macchina.


• sei sardo se vai allo stadio con la macchina piena di gente vestita con i colori della tua città, con la sciarpa fuori al finestrino, e imprechi contro la squadra avversaria!


• sei sardo se abiti in un paesino di 4000 abitanti e conosci tutti.


• sei sardo se ad ogni rumore che senti ti affacci a vedere ché è successo.


• sei sardo se vai a fare il militare perché non sai che fare del tuo futuro.


• sei sardo se dopo 3 ore che conosci una persona la inviti a casa per le vacanze estive.


• sei sardo se parcheggi la macchina ai parcheggi abusivi e per te è tutto normale.


• sei sardo se trovi normale vedere 3 ragazzi che vanno in giro tutti su uno scooter.


• sei sardo se almeno una volta nella vita sei stato raccomandato!


• sei sardo se quando vai in macchina alzi la musica a palla.


• sei sardo se quando incontri fuori dalla Sardegna un tuo concittadino che magari conoscevi di vista e non avevi mai cagato in città, ci parli e: …sembra come se usciste insieme da una vita; oppure (più frequentemente)… …fai finta di non averlo mai visto prima, poi scopri di avere fatto le stesse scuole dall'asilo e inizi a fare l elenco delle persone in comune!


• sei sardo quando dici di non essere permaloso e ti incazzi ad ogni appunto che ti fanno!


• sei sardo quando vivi al nord e almeno una volta al giorno ti viene nostalgia della tua terra e della sua gente!


• sei sardo se ridi anche nelle situazioni drammatiche e fai divertire la gente.


• sei sardo se ti fai in quattro per fare un favore ad un amico.


• sei sardo se lavori in nero pure tutta la vita.


• sei sardo se passi l'estate tra disco e sagre di paese.


• sei sardo se il sabato sera vai a ballare solo se hai gli omaggi.


• sei sardo se hai sempre un sorriso e un consiglio per gli amici.


• sei sardo se ti chiamano 'pecoraro' al Nord e pensi:'abbaida cussu coglione che tanto d'estate viene in Sardegna a faghere casinu e a rubarsi le pivelle più bone'.


• sei sardo se in estate la prima volta che ti abbronzi, ti ustioni e spelli perché non vedi l’ora di abbronzarti subito.


• Ma sei sardo soprattutto quando non ti vergogni della tua terra e ricordi sempre il luogo dove sei nato. Quando la esalti per il mare e la buona cucina, il sole caldo anche d'inverno, per l'ospitalità della gente e per tutte le bellezze che la rendono una terra splendida!


ORGOGLIOSI DI ESSERE SARDI.. sei sardo anche se dopo aver letto questo reportage non vedi l'ora di mandarla a tutti gli amici e magari di farne una copia da appendere in camera!





MARIO (noto "amicomario" o anche "gattomario")




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Questi pensieri li ho ricevuta da una sarda D.O.C. ( A DENOMINAZIONE DI ORIGINE CONTROLLATA..): L'AMICA D.SSA FRANCESCA CAMBONI !
VIVA FRANCESCA!

mercoledì, maggio 21, 2008

51° CONGRESSO R.I. - DISTRETTO 2O80: " IL ROTARY ATTIVO E ... COINVOLGENTE.








Oristano 20 Maggio 2008


UNA MEDITATA RIFLESSIONE SUL TEMA DEL 51° CONGRESSO DISTRETTUALE:

IL ROTARY ATTIVO E…COINVOLGENTE!

CONSIDERAZIONI DI UN PRESIDENTE RIPETENTE

Chi pensa che l’emozione degli esami è forte solo la prima volta si sbaglia. Se è vero il detto che gli esami non finiscono mai è vero anche che rimettersi in gioco, riprendere le sfide, dà sempre una forte emozione. Noi rotariani siamo abituati alle sfide: nella professione, nella Società e, da rotariani impegnati, nell’Associazione. Ho letto questa emozione anche nel volto e nella voce del nostro governatore Franco Arzano, nella sua relazione di chiusura di questo 51° Congresso che ha riepilogato un nuovo anno di intenso impegno rotariano.
Salutando Franco, domenica, prima di partire per la Sardegna, gli ho solo detto: “ Grazie Franco anche per quello che in questo anno mi hai insegnato”. Lui, come suo solito senza scomporsi, mi ha risposto: “ Io non ho insegnato niente, forse abbiamo appreso molte cose insieme”.
La sua non era una risposta “formale”, era, invece, a mio avviso la più corretta applicazione del nostro modo di essere rotariani: la condivisione, tutti insieme, all’interno ed all’esterno, del nostro patrimonio professionale, culturale e di servizio.
L’ho apprezzato molto quest’anno il motto del nostro Presidente Wilkinson, “ Rotary Shares”, perché rappresenta l’essenza del nostro impegno; è, a mio avviso, la corretta applicazione del nostro motto “ Servire al di sopra di ogni interesse personale”.
Il Congresso, attraverso la relazione di chiusura del nostro Governatore, le relazioni del rappresentante del Presidente Internazionale, l’ing. Carlo Michelotti e dei relatori, hanno messo in luce non solo il prezioso lavoro svolto nell’anno dal Distretto, ma anche la necessità di adeguare il Rotary alle necessità di un mondo in continua evoluzione. Il dibattito ha toccato i grandi problemi che affliggono l’umanità: la fame, l’istruzione, la salute, a partire dal bene più prezioso: l’acqua. Sono questi i grandi problemi che affliggono mondo, per la cui soluzione tutti debbono apportare il loro contributo.
Il tema del Congresso, “Il Rotary attivo e …coinvolgente” voleva certamente evidenziare che senza impegno e senza coinvolgere gli altri non si fa servizio rotariano. A partire dalla comunicazione.
E’ fondamentale, nel mondo di oggi la comunicazione. Per anni il Rotary ha operato a favore della Comunità, dei più deboli, senza clamore, in silenzio, operando “senza che la mano destra sapesse cosa faceva la sinistra”.
Oggi questo non è più possibile. Condividere significa anche coinvolgere, significa stimolare gli altri a fare del bene, significa attrarre gli altri ad apprezzare il nostro impegno. Significa iniziare, attraverso il Rotaract e l’Interact, i giovani validi alla filosofia del servizio e dell’attenzione alle fasce deboli; significa farli crescere nell’amicizia, nell’etica e nella tolleranza, perché domani, affermati nelle professioni, possano diventare buoni rotariani, raccogliendo da noi il testimone.
Strumento utile per far conoscere chi siamo e cosa facciamo è il “Libro dei progetti”.
Questo interessantissimo libro, realizzato con grande capacità e creatività dal Direttore di VDR, l’amico Claudio Marcello Rossi, sarà un insostituibile “biglietto da visita” , capace di raggiungere molti di quei luoghi dove il Rotary è ancora visto come una Associazione superata, del passato, capace solo di osservare, dall’alto, i mali del mondo. Questo libro potrà smentire molti luoghi comuni. Saranno i club il primo veicolo che farà pervenire, a partire dalle Autorità locali ed ai relatori delle conferenze, questo importante strumento di conoscenza del nostro lavoro, del nostro servizio.
Anche io quest’anno mi sono rimesso in gioco. Ho accettato la presidenza del mio club, quello di Oristano, per la terza volta. Ho accettato per spirito di servizio ma anche in considerazione che la mia esperienza poteva essere utile nell’anno che festeggiava il 40° anniversario di fondazione del club. E’ stato un anno faticoso ma entusiasmante. Ho cercato di dare, al club ed al Distretto, tutta la mia esperienza. Spero di esserci riuscito. Spero di aver superato l’esame. Per un Presidente ripetente, altrimenti sarebbe stata davvero una grande delusione!
Mario Virdis, Presidente del Club di Oristano.


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mercoledì, maggio 14, 2008

I DIVERSI MODI DI...APPRENDERE: ESPERIENZE DI VITA VISSUTA












Sassari ,12Maggio 2008




LA COSTRUZIONE DI UN PROGETTO: COME E COSA APPRENDERE PER NON SBAGLIARE.
RICORDI DI LONTANE ESPERIENZE DI VITA VISSUTA:
“in positivo”

Sono uno studente anomalo, lo devo riconoscere. Tornare a scuola dopo una vita intera trascorsa a comprare e vendere danaro non è consueto, anzi per molti è uno sfizio anomalo. Completare, invece, molte caselle della conoscenza rimaste inesorabilmente vuote è stato per me un desiderio incontenibile. Non è questo, però, il luogo per raccontare le mie ansie e la mia storia passata. Lo spunto per portare alla altrui conoscenza un pizzico delle mie esperienze lavorative me lo ha dato la Prof. Marti durante le lezioni di “ Progettazione di ambienti tecnologici per la comunicazione”.
Alla sua richiesta di parlare, raccontare, le nostre esperienze di vita connotate da un segno positivo o negativo, mentre lavoravo con il mio gruppo ( Map2music) ho rivisto, come in un film, alcune scene ormai datate, risalenti al mio periodo di formazione nei primi anni lavorativi nella Azienda bancaria che mi aveva assunto (Banco di Sardegna).
Debbo riconoscere che l’esperienza che sto per raccontarvi fu per me un tassello determinante nella successiva costruzione della mia carriera che, sotto molti aspetti, è stata appagante e gratificante.
Avevo poco più di 27 anni (era il 1973) e lavoravo in banca da meno di quattro. Avevo fino ad allora svolto lavoro esecutivo allo sportello, dove avevo dimostrato non solo buona capacità ma anche quel “savoir faire” di intrattenimento della clientela. Oggi questo lavoro è riservato agli addetti commerciali, specializzati con corsi di formazione e di marketing, ma allora tutto era lasciato alle capacità individuali ed alla innata forza comunicativa esistente o meno in ciascuno di noi. Lo stabilimento dove lavoravo era la Sede di Oristano. Era il 1973 ed all’arrivo di un nuovo direttore, giovane e dinamico, come di consueto, furono modificati anche gli incarichi e ridistribuiti i compiti agli addetti ai vari servizi. Venni individuato per gestire i conti correnti della clientela, uno dei servizi più impegnativi, che presupponevano un costante contatto con il direttore, l’unico facoltizzato ad autorizzare le “posizioni eccedenti” ( ndr. Quando il saldo del c/c supera i limiti del deposito o supera l’importo del fido accordato, per esempio viene presentato per il pagamento un assegno da 10.000 euro su un conto con un saldo di 7.000, l’unico che può autorizzare il pagamento della c.d. “posizione eccedente” è il direttore della filiale). Era questo uno dei “servizi” più temuti proprio per la costante necessità di avere le autorizzazioni “scritte” al pagamento delle eccedenze. I momenti più drammatici erano quelli che viveva l’addetto, quando salendo trafelato a cercare la firma del direttore per uno sconfinamento, questi era irreperibile, perché , magari, uscito con dei clienti. Che fare? In banca non ci sono tempi morti il tempo scorre inesorabile ed è necessario dire un sì o un no in tempi terribilmente brevi. Le giornate di questo tipo diventano una giornaliera corsa ad ostacoli, e la sera, dopo tante ore di ansia ti assalgono gli incubi notturni per gli eventuali errori.
Ero da pochi giorni in questo gravoso servizio, quando una sera, prima della chiusura serale, mi chiamò il direttore. Salii al quarto piano ( le direzioni, come d’uso allora, erano all’ultimo piano: il potere domina sempre, tutto, dall’alto; questo era lo schema della struttura piramidale, anche nella allocazione fisica degli spazi) convocato in direzione.
La filiale era, ormai, praticamente deserta. Il colloquio, lo ricordo ancora con grande nitidezza fu cordiale, ma allo stesso tempo fermo e razionale. Il Dr. Cabras, questo il nome del direttore, mi disse che apprezzava molto il mio modo di fare, che quel servizio poteva farmi crescere nella acquisizione degli strumenti per diventare un capo servizio e che mi avrebbe messo alla prova per avere conferma delle mie doti gestionali e decisionali. Mi disse che lui aveva necessità di dedicarsi con grande dispendio di tempo ed energie allo sviluppo esterno e che dall’indomani lui sarebbe uscito tutti i giorni, per ore, lasciando a me il compito di amministrare il servizio, pur privo delle necessarie coperture e delle firme di autorizzazione che necessitavano per il corrente andamento quotidiano. Mi mancò il fiato: come avrei io potuto indovinare quello che il direttore aveva in animo di autorizzare o non autorizzare? Come avrei potuto intuire quello che necessariamente doveva essere pagato e quello che, invece, doveva suo malgrado, essere respinto? Comprendendo il mio imbarazzo ed il mio disagio sorrise e mi disse testualmente: “ …vedi Mario io credo che ciascuno di noi sia qui per amministrare bene l’azienda che ci ha assunto, l’azienda che se va bene potrà per tanti anni continuare a produrre, dare reddito e garantire a tutti noi un futuro sereno. Se io ho deciso di fidarmi di te c’è una ragione; credo che amministrerai in mio nome e conto con grande saggezza e capacità. La tua tranquillità è totale: al mio rientro, la sera, io firmerò tutto quello che tu hai autorizzato in mio nome e poi, insieme faremo un consuntivo su quello che hai fatto e su quello che, magari avresti potuto evitare. Ma tutto questo dopo che avrò avallato il tuo operato…”. Rinfrancato dissi di si e gli garantii la mia piena responsabilità ed attenzione.
Non ci furono problemi. L’esperienza mi diede una grande soddisfazione ed una grande capacità di giudizio. Credo che se sono cresciuto e diventato manager in questa azienda molto lo debbo a quel direttore che ebbe fiducia in un ragazzo.



Mario Virdis
virdismario@tiscali.it – blog: http://www.amicomario.blogspot.com/


N.B.

Credo che questa esperienza dimostri che CONDIVISIONE, FIDUCIA, ESPERIENZA, GIOCO DI SQUADRA, siano basilari nella costruzione dell’apprendimento; nessun progetto serio può realizzarsi, funzionare, senza l’oculata scelta degli elementi. Il progetto vincente è quello che appaga entrambi: il progettista e l’utilizzatore.
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Nel mio passato lavorativo non ci furono solo esperienze "POSITIVE" : Tante furono anche quelle negative. Eccone una significativa, che invita, anche oggi, a riflettere...!

L’esperienza, in negativo, che sto per ricordare ora non risale ai miei primi anni di lavoro, ma è, invece, parte degli ultimi dieci anni della mia esperienza lavorativa.
Dopo una vita intera trascorsa a girare in lungo ed in largo le varie dipendenze della nostra isola, ormai appagato da positive esperienze e da una carriera per molti aspetti brillante (avevo già maturato il grado di Vice Direttore) ero rientrato alla Sede di Oristano, come responsabile del credito alle grandi aziende. La mia esperienza era tale che non ero più intimorito dalle grandi cifre e dalle esposizioni aziendali che spesso ammontavano a svariati miliardi ( allora si ragionava ancora in lire).
Venuto a conoscenza che nella zona industriale si era installata una nuova azienda, facente parte di un noto gruppo nazionale, andai in visita di sviluppo a trovare i responsabili. Il colloquio mise in luce una possibile comunanza di intenti e la possibilità per il nostro gruppo bancario di entrare in relazione creditizia con la nuova azienda. Raccolsi tutto il materiale necessario ( atti ufficiali, bilanci, compagine sociale e quanto altro necessario per avviare una seria istruttoria e proporre una linea di credito notevole, ammontante a diversi miliardi.
Non erano tante le aziende installate nella nostra provincia che beneficiavano di crediti importanti. Mi dedicai anima e corpo all’istruttoria della pratica, senza nulla trascurare: più che un’analisi avevo fatto una seria radiografia dell’azienda, con analisi dei mercati di riferimento, proiezioni sul medio e lungo termine, concorrenza trascurabile, etc. C’erano, in effetti tutti i presupposti, le caratteristiche, per la concessione. Anche i più recenti convegni a cui avevo partecipato avevano messo in luce che la “nuova banca” non doveva più finanziare chi aveva già soldi e patrimonio, ma doveva, invece, finanziare le idee innovative, le idee vincenti.
Con grande orgoglio presentai la pratica al direttore dell’area che aveva il potere deliberativo. Aspettai qualche giorno, ma nulla mi fu fatto sapere. Nella seconda settimana, ormai non ce la facevo più ad aspettare, una sera, prima di uscire, andai in direzione per sapere l’esito. Dopo un giro di parole che mi allarmò, capii che tutti i miei sforzi erano stati vani. La pratica, pur in possesso di tutti i requisiti formali e sostanziali previsti per la concessione di crediti di quella entità, non avrebbe avuto la necessaria positiva delibera. Per quale ragione? Perché a fronte dei requisiti pubblicamente richiesti, la pratica mancava di quei requisiti occulti, mai scritti da nessuna parte ma validi quanto e forse più degli altri. Questi requisiti, apparentemente superati, continuavano a resistere come le norme non scritte, come usi e consuetudini pur obsoleti ma sempre capaci di superare le nuove regole. Alla pratica difettavano: la conoscenza personale, la mancata sardità dei titolari dell’azienda, e forse…la mancanza di connubio con la classe politica isolana.
Uscii dalla direzione senza proferire parola. Non chiesi mai più della pratica e non tornai mai in quella azienda: non avrei avuto parole per giustificare la nostra posizione.


Mario Virdis
N.B.

Credo che questa esperienza negativa dimostri che la mancanza di fiducia, l’ancoraggio al passato, la carenza di voglia di innovazione, l’incapacità ad affrontare il rischio, l’investimento per il futuro, possano far fallire anche progetti capaci di cambiare il volto non solo di un’azienda ma anche di un’intera nazione.



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sabato, marzo 08, 2008

LE PRIME ROTARIANE DEL GIUDICATO DI ARBOREA




a ds.:ritratto di Eleonora D'Arborea;
al centro: foto ricordo delle nuove socie Anna Paola e Maura;
a sn: Logo e motto dell'A.R.
2008.09


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Titolo:

ROTARY CLUB DI ORISTANO: LE PRIME ROTARIANE DEL GIUDICATO DI ARBOREA

Oristano è terra di regine. Eleonora d’Arborea, giudice del Giudicato di Arborea, fu il personaggio della politica più noto della Sardegna medioevale. Dei quattro regni giudicali di Calari, Torres, Gallura e Arborea quello di Eleonora fu quello più lungo ed importante. Frutto della sua lungimiranza e della sua saggezza la stesura del più avanzato codice legislativo dell’epoca: la Carta de Logu, che, applicata in tutta l’Isola, fu per secoli strumento insostituibile, che con poche variazioni, restò in vigore fino all’emanazione del Codice di Carlo Felice nel 1827. Chi legge con attenzione la Carta de Logu non può negare l’apertura alla modernità di talune norme, e la saggezza giuridica che contiene elementi della tradizione romano-canonica, di quella bizantina, della giurisprudenza bolognese e del pensiero culturale-curiale catalano, soprattutto dell’elaborazione giuridica locale delle consuetudini sarde compiute dal diritto sardo di tipo municipale. Eleonora dimostrò di voler uscire dal medioevo creando, per prima, il nuovo concetto di Stato, erede di quello feudale.
Ho scomodato Eleonora e il suo Giudicato per introdurre l’argomento di cui voglio, con orgoglio, parlare: l’ingresso delle prime due socie nel nostro club di Oristano.
Questo ingresso, a 38 anni dalla fondazione del club (la Charta è del dic.1967, consegnata nel febbraio del 1968), è avvenuto Venerdì 9 giugno alla presenza del governatore Giorgio di Raimondo.
Anna Paola Iacuzzi, laurea in economia e commercio col massimo dei voti, è oggi direttore generale dell’Amministrazione Provinciale di Oristano, mentre Maura Falchi, figlia di rotariano, è architetto, presidente dell’Ordine professionale. Professioniste giovani e capaci, sapranno inserirsi a pieno titolo nel club ed operare con determinazione.Dovremo essere noi, però, a facilitare questo compito. Dobbiamo evitare di lasciarle sole, dobbiamo evitare gli steccati e aprire un dialogo immediato e coinvolgente: credo che fin da subito vadano inserite nelle varie commissioni del club. Il giudicato di Arborea, terra di donne valide e capaci, ha da oggi anche nel Rotary di Oristano la sua valida rappresentanza femminile.
La presenza femminile nel Rotary è ancora modesta. A livello mondiale è ancora del 13,5%, come ha illustrato nel recente Congresso di Viterbo una grande rotariana sarda, Emanuela Abis, nella sua relazione La donna, l’amicizia e…il Rotary. In Europa, invece, la presenza femminile è del 6%, mentre nel nostro Distretto si è raggiunto il 7,5%. In Italia la prima donna fu ammessa in un Rotary club nel 1987 e il primo incarico di governatore dato ad una donna è del 2003. Come si può rilevare i dati non sono ancora significativi: nell’anno rotariano 2005/2006 su 529 distretti 66 hanno un governatore donna.
Il tempo perduto, però, si sta recuperando. I nuovi club oggi nascono con un consistente numero di donne come soci fondatori e la loro presenza, contribuisce a stimolare anche i club di più antica formazione che ancora non le hanno ammesse o che hanno un peso femminile poco significativo.
Ho già avuto occasione, in questa rivista, di parlare di giovani e di giovani professioni, Ho sostenuto e, oggi, sostengo ancora con più forza che il futuro del Rotary, il nostro futuro di rotariani è legato alla nostra capacità di coinvolgere i giovani di entrambi i sessi. Solo coinvolgendo i giovani possiamo dare forza alle sfide dei prossimi anni. Per fare questo dobbiamo impegnarci tutti. A partire dalla costituzione di club Interact e Rotaract, possibilmente in ogni club Rotary. I giovani che da subito conoscono gli scopi del Rotary non tarderanno ad amarlo e saranno, domani, ottimi rotariani. Come in una grande famiglia sono i figli da noi educati, maschi e femmine, che domani prenderanno il nostro posto: prepariamo loro la strada. Le sfide del nuovo millennio si potranno vincere solo con loro.

Mario Virdis
mailto:virdismario@tiscali.it






martedì, febbraio 26, 2008

UNA CASA..ROTARIANA !











Oristano 25 febbraio 2008



Inaugurata dal Governatore la prestigiosa Sede del Club di
Sanluri Medio Campidano

…E PER SEDE UNA CHIESA DEL 1.600 !

L’Interessante progetto del “Centenario”, concluso tre anni dopo, ha dotato il Club di una prestigiosa Sede, aperta alle esigenze del territorio.

Chi visita oggi il Castello di Sanluri ( in pieno centro abitato) o transita nelle strette viuzze circostanti, sapientemente pavimentate con gli antichi ciottoli, si ferma compiaciuto ad osservare il recente recupero della antica Chiesetta, adagiata al suo fianco.
Come ebbi occasione di scrivere su VDR nel Febbraio del 2005 ( l’articolo portava il titolo: “ Il club di Sanluri Medio Campidano, nell’anno del Centenario adotta una Chiesa del ‘600”) la straordinaria idea dell’Avv. Angelo Bandinu, Presidente del Club nell’anno 2004.05, certamente sarebbe piaciuta molto a Paul Harris.
In effetti, ai più, l’idea di trasformare una vecchia chiesetta sconsacrata, e ormai in totale degrado, in Sede di un club Rotary poteva apparire come minimo non solo inusuale ma addirittura eccentrica, stravagante. Oggi quell’idea, “sogno di una notte di mezza estate”, è diventata realtà.
Il club di Sanluri M.C. è nato dall’iniziativa del mio club, quello di Oristano, e nonostante i pochi anni di attività (è nato nell’anno 2001.02) ha già raggiunto livelli di eccellenza. Sarà stata la scelta oculata dei soci fondatori, unita all’attiva assistenza nei primi anni di servizio, ma il risultato è sicuramente di alto livello. Torniamo alla nostra Chiesa-Sede del Club ed alla sua storia.
Nel cuore del centro storico di Sanluri, in provincia di Oristano, si erge maestoso il Castello di Eleonora d’Arborea, oggi sede di un importante museo, che appartiene alla nobile famiglia dei Conti VILLASANTA, il cui erede attuale, il Conte Alberto, è socio del Rotary Club di Cagliari .
Quasi a ridosso del Castello si adagia la chiesetta di S. Sebastiano, edificata nel 1.600 come Chiesa votiva in segno di riconoscenza al Santo da parte dei fedeli scampati ad una terribile pestilenza. Pur priva di particolari pregi architettonici è stata da sempre molto amata dalla popolazione. Piccola ( ha una superficie di circa 70 mq.), sin dagli anni ’40 perse la sua destinazione per il culto. Negli anni successivi fu prima adibita ad uso militare e successivamente, sempre più degradata, fu sede delle ACLI, sezione di partito ed in ultimo magazzino. Ripercorriamo la storia del suo recupero.
L’avv. Bandinu prima di diventare Presidente del club è stato anche Sindaco della cittadina di Sanluri.
Profondo conoscitore del territorio aveva già portato avanti, da amministratore, diversi recuperi di edifici storici. Perché non trovare soluzione anche alla Chiesetta di S. Sebastiano?
Le idee brillanti qualche volta non solo camminano, volano.
Dall’idea alla realizzazione il passo è stato breve. Immediati i contatti con l’Arcivescovado di Cagliari, titolare del bene. L’Arcivescovo, Mons. Mani, non ebbe difficoltà ad accordare la richiesta concessione in comodato d’uso gratuito dell’edificio, ormai desueto, per destinarlo a Sede permanente del Club.
Il progetto di recupero, predisposto gratuitamente da due professionisti, l’ing. Marcello Pistis e l’arch. Efisio Corongiu, prevedeva il ripristino dell’aspetto originario dell’edificio e la destinazione a salone espositivo e sala conferenze. Le costose spese di restauro sono state faticosamente sostenute dal Club: non pochi soci hanno contribuito in modi diversi, secondo le proprie possibilità, a trasformare un sogno in realtà. Credo non ci sia dimostrazione migliore dell’applicazione del motto del nostro Presidente Wilkinson “ ROTARY SHARES”, ovvero che il Rotary è condivisione!
Sabato scorso 23 Febbraio 2008, proprio 103 anni dopo l’ufficiale nascita del Rotary, il nostro Governatore ing. Franco Arzano tagliava, insieme al Presidente, il notaio Dr. Franco Ibba, il nastro che inaugurava la rinascita di un antico edificio e la sua adibizione a prestigiosa sede di un club Rotary.
Sabato è stata, davvero, una giornata straordinaria! La grande affluenza di pubblico all’inaugurazione ed al concerto inaugurale della Academy of St. Matthew’s nel Convento degli Scolopi, tenuto dal Maestro Simone Pittau, socio del club, e da altri cinque concertisti ha dato all’evento il tono delle grandi occasioni. La serata si è conclusa con la cena di gala, in onore del Governatore, che per essere presente ha abbinato la Sua visita al club all’inaugurazione della Sede.
Il Governatore nel suo discorso di saluto ha messo in risalto la straordinaria vitalità e capacità del club, nonostante la sua giovane età rotariana. Presenti alla cena, oltre alla gran parte dei soci, numerosi invitati: il Past Governor Prof. Angelo Cherchi, nominato socio onorario del Club, il Segretario Distrettuale Salvatore Fozzi, l’Assistente del Governatore Orsola Altea e diversi Presidenti e soci di club, a partire dal club Padrino, Oristano. Tra gli ospiti d’onore i due professionisti che gratuitamente hanno lavorato per il recupero dell’edificio: gli ingegneri Pistis e Corongiu che hanno ricevuto dalle mani del Governatore attestati di ringraziamento, i concertisti dell’ Academy of St. Matthew’s, la studentessa americana dello “ Scambio giovani” ed Autorità del Territorio. L’argomento principale della serata è stato quello dell’utilizzo della nuova Sede. Tante le idee, tutte interessanti.
Mi piace pensare ai nuovi incontri, oltre 400 anni dopo, in quel locale comunitario che vide la popolazione di Sanluri riunirsi dopo una grande calamità. Operare in quella Sede rinnovata sarà un modo nuovo di aprire, spalancare, le porte della nostra ormai centenaria orgogliosa Associazione all’esterno. Un modo nuovo di fare Rotary: un modo per indicare, anche a tanti altri club, una nuova via da seguire. Io credo che questa iniziativa possa essere utile e coraggiosa allo stesso tempo. Una sfida. In che modo?
Il Rotary è un’Associazione di professionisti, tutti ai massimi livelli delle loro attività professionali, che costituisce, per il suo territorio, un forte punto di riferimento, di sostegno e di indirizzo propulsivo per qualsiasi necessità.
Avere una Sede fissa, a disposizione del pubblico, costituirebbe un grande passo avanti, rispetto alla attuale situazione: l’anonimo domicilio in un noto ristorante, con le conseguenti equazioni poco felici. Basterebbero poche ore di presenza, con una turnazione delle varie professioni esistenti nei club, per dare un segno tangibile della nostra capace presenza, della nostra professionalità e disponibilità nei confronti di chi di noi ha bisogno.
Non credo che il mio sia solo un sogno!

L’esempio del club di Sanluri spero possa essere contagioso. Sarebbe il modo migliore per fare Rotary nel mondo di oggi. Il modo migliore per avvicinare a noi tanti giovani che di noi hanno bisogno in un mondo sempre più arido, privo di amicizia, che nega Loro aiuto, sostegno e conforto.
L’antica Chiesetta, oggi sede del club, come si può vedere in una delle foto, porta in cima un piccolo campanile a vela, ove è montata una campana datata 1672.
L’ho paragonata alla nostra campana rotariana. Campana che da oltre un secolo, con un suo tocco, ricorda a tutti noi l’impegno preso : Servire al di sopra di ogni interesse personale .
MARIO VIRDIS, PRESIDENTE R.C. ORISTANO

giovedì, gennaio 17, 2008

IL MIO PRIMO...MARE !







16 gennaio 2008

IL MIO PRIMO MARE.

Il recente incontro-dibattito “ Sguardi sul mare da vicino e da lontano. A confronto esperienze e opinioni di tre Sindaci”, predisposto, con noi studenti della Specialistica in Editoria, Comunicazione Multimediale e Giornalismo, dalla docente del Corso avanzato di Sociologia Urbana, prof. Antonietta Mazzette è stato molto interessante.
La tavola rotonda era la seconda, delle tre fasi previste, di analisi della attuale realtà sarda, alla luce del vivace ed interessante dibattito, innescato dalla recente approvazione del PIANO PAESAGGISTICO REGIONALE. Il dibattito prevedeva un confronto tra gli studenti e tre rappresentanti delle Istituzioni, i Sindaci di Mamoiada, Orosei e Seulo.
Durante l’incontro ho apprezzato molto la disponibilità al dialogo ed al confronto dei rappresentanti di tre zone della Sardegna molto diverse tra loro: una sul mare, Orosei, angosciata da non comuni problemi di crescita e consumo del suo territorio, le altre due Mamoiada e Seulo, ubicate entrambe nell’interno dell’Isola ma con problematiche diverse per popolazione in calo, distanza dal capoluogo e difficile rilancio delle tradizioni. Diversi i problemi sul tappeto: Orosei cresce, ha una disoccupazione praticamente inesistente, ha nel suo territorio immigrati sardi ed extracomunitari, Mamoiada e Seulo, invece, toccano con mano il lento ed inesorabile spopolamento, derivante dalla mancanza di attività destinate ai giovani che, pur acculturati e preparati, lasciano definitivamente i piccoli centri dell’interno, costringendoli ad un’impari lotta per frenare l’emorragia e garantire la sopravvivenza dei loro antichi centri.
Ognuno di loro ha portato la sua esperienza, la sua visione e le sue ricette per governare e conservare, al meglio, la sua terra. In tutti, comunque, ho visto l’angoscia, la preoccupazione, non solo di costruire un futuro, soprattutto ai giovani, ma anche di creare le condizioni per uno sviluppo capace di salvaguardare e tramandare alle generazioni future il patrimonio non solo tangibile, fisico, quello delle nostre bellezze naturali, ma anche quello culturale, e sociale di cui ognuno è portatore.
Diverso, anche, per tutti e tre il rapporto con il mare.
Ho seguito con vivo interesse tutto il dibattito, anche se un Sindaco, ha, in particolare, catturato la mia attenzione: il Sindaco di Mamoiada, Graziano Deiana. Il suo modo pacato, ma allo stesso tempo fiero, di esporre le sue opinioni mi ha più coinvolto. La sua fierezza di sardo traspariva dal modo lento con cui parlava: si esprimeva, senza toni forti, senza gesticolare, senza alterare il tono della voce. Le sue affermazioni fatte di un’alternanza di buon italiano con espressioni in lingua sarda risultavano, agli ascoltatori, chiare ed efficaci. Nella sua esposizione, pur pacata, non vi era rassegnazione ma determinazione: la consapevolezza sia delle difficoltà che aveva già incontrato che di quelle che avrebbe ancora continuato ad incontrare. Consapevolezza, la sua, che aveva al suo interno una forte certezza: da combattente (13 anni in prima linea, prima da V.Sindaco e poi da Sindaco) avrebbe continuato la lotta per la sua gente.
Credo che Graziano Deiana sia un uomo della mia generazione, quella che ha raccolto i cocci della guerra e lavorato per ricostruire un Paese distrutto.
Parlando del suo primo rapporto con il mare, avvenuto all’età di circa sei anni, e delle sue prime bellissime esperienze di fronte ad un elemento, il mare, fino ad allora per lui sconosciuto, mi ha riportato indietro nel tempo. Le sue scorribande sul litorale, il suo giocattolo vivente, la tartaruga, e gli altri giochi, fatti di niente, hanno riaperto, nella mia memoria, la scatola (oggi diremo il file) dei ricordi. Anch’io ho visto il mare “da grande”. Avevo otto anni e, complice un inverno particolarmente umido che aveva più volte attentato alle mie tonsille, la mia salute cagionevole convinse i miei ad accogliere il consiglio del medico di far “cambiare aria” al bambino. La cosa non era, però, facile. Gli anni ’50 scontavano ancora le ferite della guerra e la vita, il lavoro, erano di grande precarietà. Il mare distava dal mio paese, Bauladu (in provincia di Oristano), poco più di 20 chilometri, ma non vi erano mezzi di trasporto, né locali dove soggiornare. Inoltre, il reddito della mia famiglia non poteva certo consentire il noleggio di una carrozza o l’affitto di uno dei pochi appartamenti che si affacciavano sul mare a Torregrande, allora piccola frazione di Oristano. Una soluzione, però, doveva assolutamente essere trovata. L’unico mezzo, prezioso, di locomozione era allora la bicicletta. Mio padre, una sera, parlando con un amico, padre di un bambino della mia età, anche lui bisognoso di un soggiorno al mare, mise in piedi, con lui, un progetto: trasferimento al mare, a Torregrande, con viaggio in bicicletta e soggiorno in “tenda”, costruita con un’impalcatura di canne e chiusa con lenzuola e coperte. L’arredamento della “casa al mare” sarebbe stato spartano: una “stuoia” a testa, cucina all’aperto e…vacanze tutto mare!
L’idea sembrava pazzesca, ma non vi erano alternative. Dopo alcuni giorni di preparazione logistica iniziò il grande viaggio. La mia famiglia, composta di quattro persone (oltre i miei genitori e me, mio fratello un po’ più grande), si trasferì al mare viaggiando, in quattro, sull’unica bicicletta: mio padre alla guida, mia madre sul telaio, io sul portabagagli anteriore e mio fratello sul portabagagli posteriore.
Lentamente, le due biciclette (l’altra era quella del padre del mio amico) presero la via del mare. Le strade allora erano molto diverse: lo stretto nastro d’asfalto fino alle porte di Oristano (era la vecchia SS. 131) era pieno di buche, il resto, fino al mare, era strada in terra battuta. Il viaggio, iniziato alle prime luci del giorno, si concluse in alcune ore. L’arrivo al mare, in pieno sole, fu una cosa scioccante e meravigliosa. Una lunga distesa di sabbia, piena di conchiglie, di alghe e di palline, di tutte le dimensioni, che il mare preparava dopo aver a lungo arrotolato le alghe secche, separava la terraferma dalla grande distesa liquida, il mare. Rimasi a lungo a guardare il movimento delle onde con un misto di meraviglia e timore insieme.
Il resto della prima giornata fu dedicato alla preparazione della “tenda”. Mio padre e l’amico a tagliare le canne nel vicino canneto, e noi tutti a pulirle e mondarle dal fogliame. Dopo ore di preparazione l’intelaiatura era pronta. Le due tende affiancate, una per noi ed una per l’altra famiglia, furono completate a sera inoltrata. All’interno, come nei racconti, una candela di cera era l’intero impianto elettrico. Era tutto bello e selvaggio allo steso tempo.
Questo soggiorno marino durò una decina di giorni. Furono giorni bellissimi: il bagno, i giochi al sole anche con altri bambini, la raccolta delle piccole arselle sul bagnasciuga (ottimo ingrediente per la pasta alle telline), i giocattoli fatti con le canne prese nel vicino canneto.
L’effetto benefico del mare fu positivo anche per la mia salute. Gli anni successivi ci furono altre vacanze al mare che trascorsi, però, a Giorgino, in colonia con altre decine di bambini di tutta la Sardegna.
Come il primo amore, si sa, la prima vacanza non si scorda mai. Anche per me i ricordi del “mio primo mare” sono unici ed irripetibili. Sono stampati nella mia mente in maniera indelebile, come i paesaggi di allora, la lunga spiaggia quasi deserta, il canneto, fabbrica dei miei giochi, i pesci che ci giravano intorno, quasi a chiederci una carezza. Grazie caro amico, Sindaco di Mamoiada; grazie, caro Graziano, per aver riaperto uno dei miei più bei “file” della mia fanciullezza! Grazie anche per l’impegno e la determinazione che ho letto nel Tuo volto e nelle Tue parole: credo che non riuscirò a dimenticare mai una frase che, hai sapientemente miscelato nel tuo saggio discorso di pubblico amministratore, quella di avere timore di usare nel Tuo parlare “ Sas paraulas de pazza”, le parole “leggere”, vuote, senza peso. Continua la Tua lotta civile, il Tuo impegno e le Tue parole “di peso” per far sì che anche le generazioni future possano ancora godere di quel patrimonio che noi abbiamo conosciuto.
Grazie per la Tua bella lezione di impegno civile.




Mario Virdis

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giovedì, gennaio 10, 2008

UNA SCOMMESSA DA VINCERE !







LA FAME NEL MONDO NON E’ UNA FATALITA’

UN PROGETTO PROVOCATORIO: “5 EURO PER LA VITA”

IL ROTARY CLUB DI ORISTANO CHIAMA A RACCOLTA TUTTI I ROTARIANI DEL DISTRETTO.

Il più recente rapporto annuale della FAO ha messo in luce un tremendo scandalo: aumenta la fame nel mondo nonostante le possibilità tecnologiche di poterla eliminare per intero. Si stimano ogni giorno 854 milioni di persone denutrite, mentre altre 100.000, invece, muoiono di fame o di cause ad essa legate. Si stima altresì che ogni 5 secondi un bambino con meno di dieci anni da qualche parte nel mondo muoia di fame.
Questo avviene in un pianeta abbondante di risorse dato che la FAO stessa sostiene che il nostro pianeta potrebbe facilmente soddisfare le esigenze alimentari del doppio della popolazione attuale che è di circa 6 miliardi. Conclusione: la fame nel mondo non è una fatalità, ma un danno causato.
Questa situazione non può più passare inosservata. Il mondo occidentale, soprattutto, può e deve trovare soluzioni che prima mitighino e poi risolvano una tragedia che ha tanti colpevoli e nessun colpevole!
Il nostro club, che quest’anno festeggia il suo quarantesimo anno di servizio, grazie all’idea-progetto di un socio (l’Arch. Giuseppe Margaritella), ha studiato un piano d’azione che pur apparentemente modesto, se limitato al nostro club, può diventare un vero uovo di Colombo se visto in scala.
Il progetto non è complesso ma di una semplicità estrema. Parte dal presupposto che il Rotary è un’associazione non-profit di professionisti, quindi appartenenti ad una categoria sociale medio-alta ed in grado di sacrificare una modestissima parte del loro reddito per un fine umanitario.
La nostra operazione, denominata “ CINQUE EURO PER LA VITA”, è un’adozione a distanza che, con un impegno, per ogni socio, di cinque euro mensili ( impegno già deliberato a valenza pluriennale) consente di adottare e quindi togliere dalla strada e da fame e morte certa n. 11 bambini di un villaggio del Brasile, consentendo loro il sostentamento nell’immediato e l’acquisizione degli strumenti per una dignitosa vita futura.
A molti questo può far sorridere: cosa sono 11 bambini di fronte agli 11 milioni di bambini che ogni anno muoiono per malnutrizione e mancanza d’acqua potabile? Una goccia in un mare, anzi in un Oceano! Noi crediamo che non sia cosi. Il Rotary conta nel mondo poco meno di 1 milione e cinquecentomila soci, con uno sforzo straordinario è riuscito a debellare la poliomielite dal mondo, perchè, se i rotariani volessero, non potrebbe, invece, riunendo forze cosi notevoli, salvare da morte certa centinaia di migliaia di bambini e, perché no, milioni? Basta volerlo!
Nell’attuale mondo globalizzato, ormai è noto a tutti, quello che funziona veramente, quello che consente di arrivare, presto e bene, allo scopo è il gioco di squadra, non l’impegno del singolo, per quanto capace.
Se l’iniziativa del nostro club (che ha già in cassa, pronto per l’invio, il contributo di partenza), con il semplice sacrificio di 5 euro al mese (credo da tutti accettabile), consente di “adottare” subito ben 11 (undici) bambini, possiamo immaginare come si moltiplicherebbe il risultato se fosse replicato da tutti i club sardi; se, poi, il progetto fosse condiviso e partecipato da tutti i club del Distretto il numero dei bambini raggiungerebbe livelli molto importanti. Ma sognare non è vietato: perché non pensare che anche gli altri Distretti italiani adottino entusiasticamente questa idea, questo sogno? Sarebbe davvero una cosa straordinaria!
Non pensiamo di aver trovato la pietra filosofale, ma semplicemente crediamo di aver trovato una via, forse tra le tante, per alleviare la sofferenza e prestare a chi è stato meno fortunato di noi quel “servizio agli altri”, non dimentichiamolo, principale motivo per cui siamo entrati nel Rotary! Ogni club potrebbe dedicarsi ad una zona disagiata di suo particolare interesse. L’importante è fare! A nostro avviso il Distretto in questa operazione può e deve svolgere un ruolo essenziale: quello di coordinamento.
Quest’anno il motto del nostro Presidente Internazionale Wilkinson è “ Il Rotary è condivisione”. Il nostro Governatore Franco Arzano nella Sua relazione programmatica ci ha ben chiarito cosa significhi, per un rotariano, la condivisione: “…Ciò che accomuna i rotariani di tutto il mondo è, infatti, la volontà di condividere: condividere il loro tempo, le loro capacità, la loro esperienza e le loro risorse finanziarie: il tutto per realizzare progetti che, affrontando un ampio spettro di problematiche sociali ed umanitarie, mettono a fattore comune la loro comprensione, il loro entusiasmo e la loro dedizione per assistere i bisognosi e fare del mondo un posto migliore…”.
La presentazione del nostro progetto al Governatore ha avuto un’entusiastica condivisione e la conseguente promessa di tutta la Sua autorevole collaborazione.
Sta ora a tutti Voi, cari Presidenti, di tutti gli altri club fare Vostra l’idea, l’iniziativa.
Io ho grande fiducia nel Rotary e nei rotariani: sono fermamente convinto che tutti i Presidenti e tutti i soci dei club del mondo possono sacrificare, senza timore, 5 euro al mese: sarebbe un modo meraviglioso di salvare tante vite umane, dando concreta applicazione al nostro motto: IL ROTARY E’ CONDIVISIONE.

Mario Virdis, presidente del club di Oristano.





Ha detto Madre Teresa di Calcutta "...Noi siamo meri strumenti di servizio, non conta quanto facciamo, ma quanto amore ci mettiamo. Dall'amore nasce il servizio, dal servizio la pace...".
Questa è l'essenza del Rotary.

Mario.







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venerdì, gennaio 04, 2008

LA SCALA CHE PORTA ALLA FELICITA'....


Scala ideale...scala onirica...ma passaggio obbligato per la ricerca della felicità!
La riflessione che segue (non è mia ) aiuta a capire quanto sia difficile raggiungerla.
Ciao a tutti. Buon Anno!

Non dimenticare mai, che esistono quattro cose nella vita
a cui non c’è rimedio :
- La pietra, dopo che è lanciata;

- La parola, dopo che è proferita;
- L’occasione, dopo che è persa;
- Il tempo, dopo che è passato.

Il Tantra della vita.

Uno.
Dai di più alle persone, di quello che esse si aspettano, e fallo con allegria.


Due.
- Sposati con qualcuno con cui ti piaccia conversare.
- Man mano che invecchierete, la capacità di comunicare, sarà sempre molto importante.


Tre.
- Non credere a tutto quello che ascolti;

- Non spendere tutto quello che possiedi;
- Non dormire tanto quanto potresti.


Quattro.
- Quando dici ' io ti amo', sii sincero.


Cinque.
- Quando dici “mi dispiace” guarda negli occhi la persona a cui lo dici.


Sei.
- Rimani fidanzato almeno sei mesi prima di sposarti.


Sette.
- Credi nell’amore a prima vista.


Otto.
- Non ridere mai dei sogni degli altri. Chi non ha sogni, non ha molto!


Nove.
- Ama profondamente e con passione.
- Può darsi che ti feriranno, ma è l’unico modo di vivere una vita completa.


Dieci.
- Quando discuti, gioca pulito.
- Non usare insulti.


Undici.
- Non giudicare nessuno per la sua famiglia.


Dodici.
- Parla lentamente, … ma pensa veloce.


Tredici.
- Quando ti fanno una domanda a cui non vuoi rispondere, sorridi e domanda: “Perchè vuoi saperlo?”


Quattordici.

Ricorda che grandi amori e grandi realizzazioni implicano grandi rischi.

Quindici.
- Di “salute” quando qualcuno starnutisce.

Sedici.
- Quando perdi, impara la lezione.


Diciassette.
- Ricorda le tre 'R':
- Rispetto per te stesso;

- Rispetto per gli altri;
- Responsabilità per le tue azioni.

Diciotto.
- Non lasciare che una piccola discussione ti faccia perdere una grande amicizia.


Diciannove.
- Quando ti accorgi di aver commesso un errore, prendi immediati provvedimenti per porvi rimedio.


Venti.
- Sorridi, quando rispondi al telefono: Chi ti chiama lo percepirà dal tono della tua voce.


Ventuno.
- Passa del tempo da solo e rifletti.




Ti mando questo Tantra proprio per...riflettere e mettere in atto i suoi preziosi consigli!

Questo Tantra riuscirà a procurarti buone vibrazioni, o buona fortuna come altri le chiamano. La sua forza, insieme all’energia che emana da ognuno di noi, quando siamo positivi e solidali Ti aiuterà a trascorrere uno splendido 2008!!

GattoMario.