Oristano 7 giugno 2021
Cari amici,
Oggi voglio parlare con Voi di una grande
figura del passato dell’antica Roma: Marco Tullio Cicerone. Nato il 3 gennaio del 106 a.C. in un
borgo della campagna romana, nel comune di Arpinum, antica città di collina
fondata dai Volsci, Cicerone apparteneva alla classe
equestre, ovvero alla piccola nobiltà locale; la sua famiglia era composta dal
padre Marco Tullio Cicerone il Vecchio, uomo colto ma di origine sconosciuta,
dalla madre Elvia, di nobile casato e integri costumi, e dal fratello Quinto. Il
suo curioso “cognomen Cicero” era il soprannome attribuito ad un suo
antenato abbastanza noto, che aveva una verruca sul naso, che ricordava nella
forma un cece (cicer, ciceris è il termine latino per cece).
Cicerone fu una delle
figure più rilevanti di tutta l'antichità romana. La sua vasta cultura, che
spaziava dalla filosofia alla retorica, dalla cultura politica a quella legale,
gli consentì di scrivere numerosissimi libri e trattati, lasciando ai posteri un
prezioso ritratto della società romana, in particolare degli ultimi, travagliati anni della Repubblica.
Tra le sue opere straordinarie, una fu fondamentale per la comprensione del
mondo latino di allora: le “Lettere” (Epistolae Familiares), in particolare quelle
dirette all'amico Tito Pomponio Attico, che offrono numerosissime riflessioni
sui più svariati avvenimenti, permettendo così di comprendere meglio quali
fossero le reali linee politiche dell'aristocrazia romana.
Cicerone occupò per molti
anni anche un ruolo di primaria importanza nel mondo della politica romana:
dopo aver salvato la repubblica dal tentativo eversivo di Lucio Sergio Catilina,
intervento che gli fruttò l'appellativo di “Pater patriae” (padre della
patria), ricoprì un ruolo di primissima importanza all'interno della fazione
degli Optimates. Fu, infatti, Cicerone che, negli anni delle guerre civili,
difese strenuamente, fino alla morte, una repubblica giunta ormai all'ultimo
respiro e destinata a trasformarsi nel “Principatus augusteo”.
Amici, quelli vissuti da
Cicerone non erano certo tempi molto democratici. Il periodo da lui vissuto, come
realtà storica e come concezione politica, seppure scosso da movimenti popolari
contro il forte potere senatoriale, democraticamente cominciava ad evaporare
sotto forti spinte totalitarie. Ebbene, amici, le nostre analisi di, oggi, cosa ci
consentono di sostenere sulla figura di Marco Tullio Cicerone, nato ad Arpino
106 a.C. e morto il 43 a.C. assassinato sulla spiaggia di Gaeta? Possiamo dire
che fosse un democratico oppure no? Non è facile rispondere con un SI o un NO
secco, in quanto è preferibile esprimersi un po’ con un sì e anche con un no.
Cicerone, però, c'è da dire che era uomo
che cercava sempre di trovare l’equilibrio tra le Istituzioni repubblicane, ritenendo
che questo dovesse essere costruito sulla base del consenso tra le diverse compagini
sociali attive, specialmente tra i senatori aristocratici, gli optimates e gli
equites, i borghesi del ceto equestre, come fece quando fu console nel 63 a.C.,
amato e rispettato per i fantastici risultati politici di buona amministrazione
che ottenne. In questo senso Cicerone può essere annoverato, anche se in
piccola parte, tra gli autori della democrazia di allora, quando in realtà la
democrazia mancava a Roma da molto tempo. Ebbene, amici, perché possiamo dire
che la figura di Cicerone è ancora oggi abbastanza attuale? Vediamo insieme il perché
partendo dai fatti della sua epoca.
Nell’anno 43, quello
della sua morte tragica in quanto viene ucciso da ‘proscritto’, Cicerone fu
accusato di aver usato un sistema machiavellico per colpire Marco Antonio
(succeduto a Cesare a capo dei cesariani), servendosi del giovanissimo
Ottaviano. Bruto, l’uccisore di Cesare, detestava Ottaviano, essendo molto
amico di Marco Antonio e non lesinò rimproveri a Cicerone per la benevolenza
mostrata verso il debole Ottaviano. Gli scrisse una cosa tremenda: “tu
non vuoi la libertas, tu vuoi un padrone buono e smentisci te stesso”.
In realtà, lungi dall’essere un opportunista, Cicerone nutriva la generosa
speranza di poter ricondurre la repubblica romana al patto di fondazione, che definiva
e connotava il così detto ‘bene pubblico’.
Perché, dunque, noi oggi
possiamo considerare Cicerone ancora attuale come pensiero e come agire? La
ragione primaria sta nel fatto inconfutabile che il grande Marco Tullio Cicerone aveva in sé quel gran senso dello Stato, e delle
istituzioni, che oggi possiamo affermare che si è perduto quasi definitivamente,
a causa dei grandi uomini di potere, veri titolari di clan che, una volta
saliti al comando, hanno cancellato il valore del ‘bene pubblico’ per
soddisfare le brame e gli interessi privati e di bottega; il potere delle
caste, delle classi dominanti e privilegiate, è oggi molto simile a quello del
periodo romano che Cicerone combatteva senza timore. Amici, come possiamo
vedere tutti i giorni, il potere statale moderno non è altro che un comitato
che amministra gli affari comuni di tutta la classe borghese al potere; il vero
“Bene pubblico” è sempre più un bene utopico, obsoleto, quando nelle sedi
istituzionali si opera solo per salvaguardare privilegi e caste.
Cari amici, invito chi consulta quanto scrivo a leggere o rileggere il testamento filosofico e spirituale di Cicerone, il
“De officiis”, un Trattato sui doveri di amministratori e cittadini, che mira
a delineare il comportamento ideale da tenere in società. In quest’opera, che
ha un tono diverso dalle sue precedenti trattazioni filosofiche, i precetti e gli
ammonimenti presenti, mirano a fornire alle future generazioni insegnamenti di
vita volti ad arginare la corruzione morale e politica. In questo libro
possiamo leggere quale era veramente il suo pensiero e l’azione politica necessaria
per la tutela del ‘bene comune’, evidenziando la sua fede nella libertà
repubblicana. Ecco perché Cicerone è ancora oggi così attuale.
A domani, amici.
Mario
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