Oristano 26 giugno 2021
Cari amici,
Su “Cohone ‘e Vrores”
è quel particolare pane speciale che viene preparato in Barbagia, in
particolare a Fonni, in occasione della festa di San Giovanni Battista, Patrono
del Paese, che si celebra il 24 giugno. A giugno, quando si celebra la natività
del Santo, è in suo onore che viene
preparato un pane specialissimo, che fa parte di un’antica tradizione, della
quale ora a Fonni l’unica custode è Anna Coinu. Vediamo insieme, amici, di
conoscere meglio questa bella e curiosa tradizione. Per preparare questo pane
è necessaria una complessa elaborazione. Alla base c’è una focaccia a forma di
torta dal diametro di 40 cm e di una decina di centimetri di spessore, sulla
quale vengono infilati dei bastoncini di canna che reggono 160 puggiones
(uccelli) e 5 puddas (galline). Al centro della complessa composizione
si trova il nido (che ha 5 cm di diametro), che viene decorato con chicchi di
grano finto e con sopra 3 puggioneddos (uccellini). Attorno al nido vi
sono 4 puddas, una delle quali porta sul dorso un puggioneddu.
Per preparare questo pane
è necessario procurarsi della semola molto fina che viene impastata con acqua
di sorgente e l’aggiunta di miele, di mandorle grattugiate (su postiddu),
e altre sostanze grasse, fra le quali il burro (sa manteca ovvero il
composto). Ai lettori sembrerà davvero strano, ma la sua preparazione è
lunghissima (ci vogliono mesi per preparare il tutto) e, pensate, Il peso di su
Cohone ‘e Vrores è di circa 8 chili! Inoltre, per completare il tutto vengono confezionati
altri 150 puggioneddos circa, che, una volta terminati i festeggiamenti
verranno distribuiti ai soci, alle autorità ed ai parenti e amici
dell’organizzatore dei festeggiamenti civili, chiamato con deferenza il
‘cassiere’.
Il giorno della festa il
pane viene benedetto dal sacerdote prima della Mintha Hantada (Messa
cantata), per essere poi portato dal ‘cassiere’ durante tutta la processione e
dai cavalieri a casa del ‘cassiere’ al termine del rito. Le origini di Su
Cohone ‘e Vrores sono tutt’ora sconosciute, anche se, a supporto, esistono diverse
leggende che vengono raccontate su questo pane; la più nota e curiosa è quella
di “Predi Murru” (questa storia è presente nel libro “S’istangiartu, tradizioni
equestri di Fonni” – di Michela Carta e Salvatore Ligios).
Fonni, chiesa di S. Giov.Battista |
Secondo questa leggenda, il 1865 fu un anno tremendo per i contadini e per i pastori di Fonni; un’
invasone di cavallette distrusse grano e orzo. La gente chiese l’ intercessione
del Santo Patrono, San Giovanni Battista, ma fu tutto inutile. Le stesse
benedizioni dei campi da parte dei sacerdoti non produssero gli effetti
sperati. Caduti in preda alla disperazione contadini e pastori fecero ricorso a
tutto, anche alle pratiche magico-religiose. In Barbagia aveva gran fama di
essere un maiargiu (mago) un certo Predi Murru, un prete che con il suo
asinello andava in giro per gli ovili a chiedere l’ elemosina in compagnia di
un frate del Convento della Madonna dei Martiri.
Si racconta che mentre
erano in corso i festeggiamenti in onore di San Francesco, Predi Murru, sempre
in compagnia del frate, era arrivato ad un ovile tra Orune, Lollove e Nuoro,
dove tra i pastori di quelle pecore vi erano dei pastori fonnesi; alla vista
dei due religiosi, gli uomini esclamarono: “arrivano i corvi, sleghiamo i
cani!”. Mentre i feroci animali, cinque o sei cani, stavano per avventarsi
contro i due mendicanti, Predi Murru impugnò un crocifisso che portava sempre
con sé e pronunciò queste parole: “a tra bos atteros!” (“Fra di voi!”).
A quel punto i cani si azzannarono a vicenda finché non trovarono la morte.
Anche in quell’occasione
la fama del prete non si smentì e la sua notorietà si allargava sempre più, estesa
ormai in tutta la Barbagia, dati i suoi poteri. Predi Murru fu dunque chiamato anche
dai fonnesi per risolvere il loro dramma delle cavallette. Giunto con il suo
asinello nel centro barbaricino e informato della situazione, il religioso andò
a benedire le campagne del paese invase dalle cavallette. Nella zona di
Harpile, tra S’Alinu e Pithu ‘e Monte, a sette chilometri da Fonni, secondo quanto
raccontato, il rito del prete produsse i suoi effetti, ma con un imprevisto
però: sparirono le cavallette, ma con esse anche sos isturros, truddos e
tacculas (stornelli, tordi e taccole).
Per fortuna si salvarono
sos cucos (i cuculi), e rimasero i nidi di altri uccelli con le rispettive
uova. Allora due o tre cuculi prepararono un grande nido, ed anche i contadini
della zona si impegnarono a dare una mano d’aiuto. I cuculi trasportarono dai
piccoli nidi le uova delle varie specie per collocarle nel grande nido finto e
procedere così alla covata. Dopo un po’ di tempo un uovo di storno si schiuse
prima degli altri, e al primo volo su puggioneddu si pose sul dorso del cuculo.
In seguito si schiusero le
altre uova e la campagna si ripopolò di nuovo con uccellini di tante specie. Da
quel giorno la vita riprese di nuovo il suo cammino normale e la terra tornò a
produrre. L’anno successivo, nel 1866, i contadini confezionarono Su Cohone
‘e Vrores, in ricordo del nido che diede la vita agli uccelli e fece
rifiorire i campi. Nei giorni nostri la scena viene riproposta in Su Cohone ‘e
Vrores con una differenza: il cuculo non è considerato come tale ma prende il
nome di gallina. Si dice che da quella data, nella ricorrenza di San Giovanni,
Su Cohone ‘e Vrores fece la sua comparsa in processione."
Cari amici, tante le tradizioni
popolari curiose, in particolare quella che raccontato della nostra bella, anzi meravigliosa Sardegna! Spesso sconfinano
nella leggenda, è vero, ma sono sempre storie positive, un modo per ricordare il
passato, per conservarlo nel presente e trasmetterlo al futuro. La Sardegna,
amici, è davvero una terra straordinaria, ricca di belle e curiose tradizioni!
A domani.
Mario
Nessun commento:
Posta un commento