martedì, giugno 01, 2021

“AVERE UNA SPADA DI DAMOCLE SULLA TESTA”. LA CURIOSA ORIGINE DI UN “MODO DI DIRE”, RIPORTATO ANCHE DA CICERONE NELLE SUE “TUSCULANAE DISPUTATIONES”.


Oristano 1 giugno 2021

Cari amici,

Al giorno d’oggi l’espressione “Avere un spada di Damocle sulla testa” viene usata per indicare una situazione di alto pericolo, in cui anche un piccolo errore o un fatto imponderabile ci può creare delle conseguenze molto serie, addirittura irrimediabili. I 'detti', i modi di dire, sono la saggezza del passato, nati dall'esperienza consolidata del passato. Ebbene, amici, oggi voglio raccontarvi come è nata questa curiosa ‘espressione’, partendo dalla situazione che l'ha creata, risalente addirittura ai secoli prima di Cristo. È davvero un storia lontana ma interessante, ed è per questo che ho deciso di raccontarvela.

Dionisio I
Nella Sicilia del IV secolo a.C., tiranno della città di Siracusa era un certo Dionisio I, salito al potere grazie agli intrighi e alla cospirazione. Dionisio era un uomo dotato di grande potere di persuasione, cosa che facilitò la sua ascesa al potere. Come d’uso nell’epoca, il sovrano era circondato da numerosi uomini di scorta, dato che per prudenza voleva avere “un forte gruppo” sotto il suo comando diretto, tanto che il popolo approvò che lo proteggessero 600 uomini. Alla sua corte vi era anche Damocle, un giullare molto abile nell’adulare il sovrano, che sottolineava in continuazione le sue grandi capacità e quanto fosse fortunato ad avere potere e ricchezze. In realtà Damocle covava anche una certa invidia nei confronti del tiranno ma, non potendo esternarla, trasformava questo sentimento in adorazione e piaggeria. Dionisio, che stupido non era, accorgendosi della sua falsa cortesia, cercò con uno stratagemma di ricordargli la sua effettiva condizione. Un giorno che il cortigiano, incontrandolo a corte, lo riempì di enormi elogi e adulazioni, decise di giocargli un tiro mancino. Al termine delle sue lusinghe, Dionisio gli propose un invito cena alla sua la tavola, di norma imbandita con cibi e delizie di ogni tipo.

Damocle, che non stava in sé dalla gioia, arrivò per tempo, iniziando a lodare esageratamente, come suo solito, il sovrano. Dionisio lo accompagnò al tavolo, facendolo accomodare nel suo posto regale, perché fosse servito degnamente, come viene servito un re. Damocle, felice come non mai della considerazione ricevuta, era rimasto incantato dell’onore datogli, e, sedutosi sul trono, venne servito da una moltitudine di domestici che assecondavano ogni suo desiderio, anche il più piccolo dei suoi capricci.

Nella sua euforia Damocle non si era accorto, però, che legata proprio sopra lo scranno regale era stata posta una lucida e affilata spada sguainata, legata solo ad un esile crine di cavallo. Un legame così sottile e delicato che la spada avrebbe potuto cadere in ogni momento sopra la sua testa. Solo alla fine del ricco banchetto Damocle si accorse di avere sopra di sé quella terribile spada pendente, e allora, inginocchiatosi di fronte al sovrano, lo supplicò di lasciarlo andare via, e poter, così, tornare ad occuparsi delle sue modeste mansioni di giullare. Dionisio lo accomiatò con un sorriso, convinto di avergli fatto capire che la vita di un uomo di potere non è, in realtà, così semplice e sicura. Il potere non è mai esente da rischi, in quanto chi governa è costantemente minacciato da rivali, deve sempre guardarsi alle spalle, e non sa di chi può realmente fidarsi. Quella spada pendente sulla testa, legata ad un esile crine di cavallo, rappresentava proprio la doppia faccia del potere, la sua ambivalenza.

A riportare per primo ai posteri l’interessante esperimento di Dionisio fu quasi certamente Timeo Tauromenio (356-260 a.C.), anche se a trasformarla nel celebre racconto che viene citato anche al giorno d’oggi fu il famoso filosofo Marco Tullio Cicerone, che la incluse nella sua opera “Tusculanae disputationes”, e, grazie a ciò, la storia divenne famosa in tutto l’Occidente. Marco Tullio Cicerone, uno dei grandi politici, filosofi e pensatori romani dell’epoca, fu un grande difensore della Repubblica, ma gli toccò anche di vivere la dittatura di Dionisio I.

Si presume che Cicerone, che apparteneva alla scuola filosofica degli stoici (sostenitori una vita senza eccessi, perché alla lunga avrebbero generato sofferenza), nel riportare l’episodio abbia voluto mostrare la “faccia nascosta del lusso e dell’ostentazione”, oltre a rimarcare  una velata critica a Dionisio ed al suo punto debole: la paura di essere tradito da chi aveva vicino. La storia, in realtà, dimostra che il potere in se stesso comporta sempre dei rischi, cosa che rende impossibile godere anche delle piccole cose. “Chi è temuto da tanti, deve temere molti”.

Cari amici, come accennato prima, anche al giorno d’oggi “Avere una spada di Damocle sulla testa” sta ad indicare un pericolo imminente, qualcosa di negativo che può accadere da un momento all’altro; un pericolo che incombe in modo particolare su chi è uomo di potere, circondato sempre da un’infinità di finti amici. Un’eccellente metafora, dunque, quella che ho riportato oggi, per ricordare il prezzo che gli uomini di potere devono pagare per la posizione di privilegio che ricoprono.

A domani cari lettori!

Mario

 

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