domenica, giugno 13, 2021

ACCORDO STORICO ALL’ULTIMO G7: STABILITA LA TASSAZIONE MINIMA IN CAPO ALLE MULTINAZIONALI. SARÀ DI ALMENO IL 15 PER CENTO.

L'incontro del G7

Oristano 13 giugno 2021

Cari amici,

Tanto tuonò che piovve!” Dopo molti batti e ribatti, promesse e sotterfugi, finalmente un primo colpo è andato a segno: sabato scorso, 5 giugno, i Paesi del G7 (Usa, Regno Unito, Canada, Germania, Francia, Giappone e Italia) hanno raggiunto un accordo che mira a impedire alle grandi multinazionali presenti nei loro Paesi di insediare “fittiziamente” il loro quartier generale in una nazione “Paradiso fiscale”, obbligandole finalmente a pagare al Paese dove operano una fetta del loro reddito, nel quale ricavano i loro lauti profitti. L’accordo è stato raggiunto su una tassazione non certo alta, calcolata sul 15% sui profitti, che si applicherà in qualunque Paese in cui le imprese decideranno di insediare il loro quartiere operativo.

È certamente un primo passo, a cui si aggiunge anche una ulteriore tassa del 20% sui profitti che eccedono il 10% del fatturato; anch’essa, stando alle speranze dei firmatari dell’accordo, da pagare in qualunque Paese le multinazionali decidano di insediarsi. Per ora questo accordo è stato firmato da soli sette Paesi (quelli del G7). Ora si spera che una cerchia ben più larga di Paesi, quelli riuniti nel G20, decidano di uniformarsi a queste nuove regole stabilite nel G7, considerato anche che è prevista una riunione a breve: si incontreranno da noi in Italia, per la precisione in ottobre.

"Oggi a Londra - ha commentato il Commissario UE all'Economia, Paolo Gentiloni - abbiamo compiuto un grande passo verso un accordo globale senza precedenti sulla riforma della tassazione delle imprese. Le possibilità di un accordo globale sono notevolmente aumentate. Ora dobbiamo fare l'ultimo miglio per espandere questo consenso a tutti i membri del G20 e a tutti i Paesi coinvolti nel quadro inclusivo dell'Ocse". Positive le prime reazioni delle multinazionali. Amazon, Google e Facebook si sono dichiarate favorevoli all'accordo. "Crediamo che un processo guidato dall'OCSE, possa creare una soluzione multilaterale atta ad aiutare a portare stabilità al sistema fiscale internazionale", ha affermato un portavoce di Amazon.

Non è, però, ancora il momento di cantare vittoria. La battaglia sarà dura anche solo in Europa, in quanto convincere Paesi Bassi, Irlanda, Lussemburgo, Svizzera (giusto per dirne quattro), a controfirmare una proposta che potrebbe far volare via le tantissime multinazionali che hanno issato una delle loro bandiere pirata sul loro territorio per pagare meno tasse o non pagarne proprio, non sarà né semplice né facile. Tuttavia l’accordo appena raggiunto all’interno del G7, manifesta anche i primi segni di speranza, per tutta una serie di ragioni.

Sé anche il prossimo G20 che si terrà in Italia il prossimo ottobre confermerà le scelte fatte dal G7, darà un segnale molto forte, sia alle multinazionali che ai Paesi, in particolare a quelli dove albergano i paradisi fiscali. Alle multinazionali, in quanto qualora decidessero di porsi al di fuori di questo nuovo quadro normativo, rischierebbero un danno di reputazione enorme, in particolare in un momento che vede ancora in atto la devastazione portata dalla pandemia del Covid-19; quanto ai Paesi, invece, quelli che non dovessero accettare di imporre la tassa stabilita per le multinazionali, si porrebbero al di fuori di un consesso economico che comprende gli Usa, la Cina e le principali economie europee.

Cari amici, è tempo che la potenza delle multinazionali, che ormai sta oscurando quella degli Stati, inizi a riflettere, perché tirare troppo la corda si rischia di spezzarla; così come anche certi Paesi devono capire che non si può vivere solo di “fiscalità agevolata”, salvando il proprio giardino ma inaridendo quello degli altri, quello dei vicini! Un bel gioco dura poco, in quanto poi, come un boomerang, l’egoismo torna indietro, carico di effetti molto negativi. C’è anche da dire che pagare il 15% sui profitti è ben poca cosa, se pensiamo che la pressione fiscale in Italia oscilla tra il 40% del 2019 e il 59,1% del 2020, e che qualunque lavoratore dipendente lascia allo Stato ben più del 15% di quel che guadagna, rigorosamente trattenuto alla fonte!

È tempo di equità ed uguaglianza fiscale che non può essere ulteriormente rinviata! Ci basti pensare che le imprese con sede legale in Irlanda pagano lo 0,05% sui profitti, oppure, come ha stimato l'economista francese Gabriel Zucman, che le piazze offshore sottraggono all’Italia entrate fiscali per  circa 7 miliardi di euro all'anno, in gran parte (quasi il 90%) a causa delle politiche fiscali di altri Paesi europei come Lussemburgo, Irlanda, Olanda, Belgio, Malta e Cipro. Secondo uno studio dell’International Centre for Tax and Development, nel solo 2019 le multinazionali hanno spostato circa mille di miliardi di dollari di profitti nei "Paradisi fiscali". Una cifra enorme che davvero fa una bella differenza!

Cari amici, facendo un piccolo calcolo, con la tassazione del 15% si avrebbero 150 miliardi l’anno di nuove entrate fiscali, in quei Paesi dove gli utili prima evidenziati sono stati prodotti, permettendo così ai Governi di quei Paesi di ridurre le tasse sulle piccole imprese o sui redditi da lavoro, oppure di aumentare la spesa per servizi cruciali come scuola e sanità. Insomma, si avrebbe un riequilibrio in tutti i casi, apportando un certo migliorando e nuovo benessere alle popolazioni di quegli Stati, diminuendo, seppure di poco, i profitti, assolutamente ingiustificati, delle multinazionali pigliatutto!

A domani.

Mario

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