Oristano 28 marzo 2020
Cari amici,
Con passo incerto, stanco
e bagnato dalla pioggia, Papa Francesco in una Piazza San Pietro deserta, ha
invocato da solo, ieri 27 marzo, triste Venerdì di Quaresima, il nostro Cristo
Redentore, chiedendogli la concessione della grazia di porre fine alla
terribile pestilenza in atto portata dall’insidioso Coronavirus che sta facendo
anche in Italia migliaia di morti. Lo ha fatto davanti all'effigie di un famoso
Cristo miracoloso, quello conservato nella Chiesa di San Marcello al Corso a
Roma, già venerato per aver salvato la città capitolina dalla peste nel 1522.
Dopo essersi recato a
piedi il 15 marzo scorso a pregare nella Chiesa dove è custodito, il Santo
Padre lo ha fatto portare in Piazza San Pietro. Aveva già maturato quest’idea
annunciandolo al termine dell’Angelus di domenica 22 marzo, invitando tutti a
pregare con Lui dalle proprie abitazioni. Un gesto indubbiamente insolito e
certamente indimenticabile del suo pontificato. E così è stato.
Venerdì 27 marzo alle
18.00, Papa Francesco ha inteso creare un momento di grande spiritualità nella
piazza più famosa del mondo, Piazza San Pietro, seppure eccezionalmente, per
ragioni sanitarie, completamente vuota. E così, in una giornata cupa e piovosa,
Papa Francesco, infreddolito e zoppicante, non ha temuto né la solitudine né la
pioggia che lo bagnava, pregando per tutti noi e inchinandosi davanti
all’esposizione del Santissimo Sacramento, dando vita ad una cerimonia
apparentemente solitaria, ma alla quale partecipavano, da decine di migliaia di
abitazioni, i cristiani di tutto il mondo. In preda ad una commozione evidente,
ha invocato il Cristo Salvatore per la salvezza del mondo, perché potesse
stendere la sua mano pietosa e liberare i suoi abitanti dalla terribile
pestilenza portata da quel virus micidiale che porta il nome di COVID-19.
Una scelta di fede e di
speranza, quella di Papa Francesco, che lo portato ad utilizzare il famoso
Cristo di San Marcello al Corso, un crocifisso che si porta dietro una storia
antica e curiosa di salvezza, misteriosa e forte, e che, sapendovi curiosi,
voglio riportare qui per Voi, amici lettori che fedelmente mi seguite. Eccola.
Questo crocifisso,
realizzato in legno scuro da un maestro senese, risale al Medioevo. È custodito
nella Chiesa di San Marcello al Corso, a pochi passi da Piazza Venezia, e deve
la sua fama alla storia dei miracoli di cui sarebbe stato protagonista. La
notte del 23 maggio 1519 un incendio distrusse la Chiesa dedicata a San
Marcello Papa, dove era custodito; quando l’indomani i fedeli, accorsi costernati
per vedere i terribili danni, si accorsero che tra la cenere e i resti e le
macerie fumanti quel Cristo era rimasto “illeso”. Subito recuperato, per
venerarlo degnamente fu fondata la Compagnia del Santissimo Crocifisso.
Tre
anni dopo, nell’estate del 1522, Roma fu messa in ginocchio da una tremenda
pestilenza che mieteva ogni giorno tante vittime.
Memori del miracolo di
tre anni prima, su iniziativa del Cardinale Raimondo Vich, uno stuolo di fedeli
decise di portare in processione penitenziale il venerato Crocifisso dalla
Chiesa di San Marcello al Corso alla Basilica di San Pietro, a cui
parteciparono migliaia di persone che seguirono il corteo nonostante le
autorità cittadine avessero tentato di impedire l’evento per timore di un
aumento dei contagi. La processione fu poi ripetuta in molti quartieri romani e
durò per 16 giorni: dal 4 al 20 agosto del 1522. Man mano che la processione si
svolgeva nei vari quartieri, la peste iniziò a dare segni di regressione, e al
termine, al rientro nella sua chiesa del Crocifisso, la peste era del tutto
cessata: miracolosamente era scomparsa da Roma.
Anche la Chiesa di San
Marcello al Corso ha una storia antica e importante, le cui origini risalgono
al IV-V secolo. Questa Chiesa risulta citata nei documenti la prima volta nel
418, dopo la morte del Papa Zosimo, in una lettera con la quale il prefetto di
Roma annunciava all’imperatore Onorio, a Ravenna, la contemporanea elezione a
pontefice di Bonifacio, eletto in ecclesia Marcelli, e di Eulalio eletto nella
Basilica Lateranense.
Il fondatore del titulus
è, secondo il Liber Pontificalis e la Passio Marcelli, proprio Papa Marcello
(308-309) perseguitato da Massenzio e condannato a compiere i lavori più umili
nelle stalle del catabulum (la sede delle Poste Centrali dello stato, che qui
si trovava) fino alla morte per sfinimento. La Chiesa venne poi ricostruita nel
XII secolo, e allora l’orientamento era opposto a quello attuale: l’ingresso,
infatti, dava su piazza dei Santi Apostoli, con un atrio a quadriportico e
l’abside dava sulla via Lata (l’attuale via del Corso). Nel 1368 vi si
insediarono i Servi di Maria che ancora oggi la officiano.
Cari amici, ho
partecipato da casa alla sacra cerimonia di Papa Francesco. L’immensa e deserta
piazza San Pietro, sferzata dalla pioggia e attraversata da alcuni gabbiani in
volo, con Papa Francesco che lentamente e a passo malfermo vi transitava, all’ora
del tramonto romano, seppure completamente vuota, appariva di una forza
assoluta che stringeva il cuore; quegli spazi vuoti, incorniciati dal possente colonnato
del Bernini, riuscivano a parlare quasi più di quando, di norma, sono gremiti
di fedeli di fronte al Papa benedicente.
Viviamo, amici, momenti
terribili di paura e di sconforto, nei quali abbracciarsi è praticamente
vietato, così come stringerci tra di noi per darci coraggio. Ebbene, in questi
momenti in cui ci manca l’abbracciarci fisico e lo stare insieme fianco a
fianco, se vogliamo possiamo farlo con il nostro spirito, con il nostro cuore,
stimolati a farlo dal nostro Papa Francesco, che ci ama come un Padre. Ci sono
momenti, in cui il silenzio è più prezioso della parola, perché a parlare non è
la bocca ma il cuore! Che Dio ci salvi!
A domani, amici!
Mario
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