Oristano 29 marzo 2020
Cari amici,
Se è pur vero che ogni
specie ha nei confronti della prole un’attenzione e un affetto particolari, che sicuramente è frutto di un comportamento scritto nel DNA di ciascuna specie, questo vale ben di più per
quella umana, la più evoluta nel mondo. L’educazione dei nostri figli risulta essere
quindi di importanza basilare per la costruzione della personalità di ciascuno.
Ho fatto questa premessa
per introdurre l’argomento di oggi, che mette a fuoco “cosa può succedere”,
ad un bambino che, per le ragioni più disparate, esce dal contesto familiare e
sociale nel primo periodo della sua formazione, sopravvivendo in un ambiente
molto diverso, come ad esempio in mezzo ad altri animali.
Gli esempi, per poter vedere e toccare con mano “cosa succede” ad un bambino lasciato solo, non mancano di certo e negli esempi successivi potrete constatarlo anche Voi, miei fedeli lettori di questo blog. Oggi il post è più lungo del solito, ma volevo che i diversi esempi potessero farvi capire meglio l’importanza della necessaria educazione e formazione della prole degli esseri umani.
Gli esempi, per poter vedere e toccare con mano “cosa succede” ad un bambino lasciato solo, non mancano di certo e negli esempi successivi potrete constatarlo anche Voi, miei fedeli lettori di questo blog. Oggi il post è più lungo del solito, ma volevo che i diversi esempi potessero farvi capire meglio l’importanza della necessaria educazione e formazione della prole degli esseri umani.
Gli esempi che riporto
parlano dei così detto bambini ferini, o “bambini selvaggi”, cioè quelli cresciuti sin da piccoli in un ambiente privo della presenza della famiglia o di altri
esseri umani, spesso in compagnia di animali selvatici.
Ho scritto questo pezzo grazie alle informazioni reperite su Internet, mentre mi documentavo sull’interessante progetto della fotografa londinese di origine tedesca Julia Fullerton-Batten, denominato “Feral Children”. Questo libro fotografico, corredato di una nuova serie di foto di scene ricostruite, offre uno sguardo sotto certi aspetti inquietante del fenomeno della crescita di un essere umano in circostanze tanto insolite. Fullerton-Batten si è guadagnata una certa fama dopo la sua serie “Teenage Stories” nel 2005, che ha esplorato la transizione da adolescente a donna.
Ho scritto questo pezzo grazie alle informazioni reperite su Internet, mentre mi documentavo sull’interessante progetto della fotografa londinese di origine tedesca Julia Fullerton-Batten, denominato “Feral Children”. Questo libro fotografico, corredato di una nuova serie di foto di scene ricostruite, offre uno sguardo sotto certi aspetti inquietante del fenomeno della crescita di un essere umano in circostanze tanto insolite. Fullerton-Batten si è guadagnata una certa fama dopo la sua serie “Teenage Stories” nel 2005, che ha esplorato la transizione da adolescente a donna.
Il libro "La Bambina
Senza Nome" mi ha ispirato a cercare altri casi di bambini selvaggi”, ha detto
Fullerton-Batten. “Ho scoperto così che c’è stato un certo numero di queste
storie incredibili. In alcuni casi si è trattato di bambini smarriti e adottati
da animali selvatici, molti sono stati trascurati dai loro genitori. Esistono
casi documentati su quattro dei cinque continenti”. Ebbene, amici, vediamoli
insieme questi casi.
Lobo, la bambina lupo,
Messico, 1845-1852. Nel 1845 una bambina fu vista correre a
quattro zampe con un branco di lupi che attaccavano un gregge di capre. Un anno
dopo è stata vista con dei lupi mentre mangiava insieme a loro una capra. Fu
catturata, ma riuscì a fuggire. Nel 1852, fu avvistata ancora una volta mentre
accudiva due cuccioli di lupo, ma fuggì nel bosco. Non fu più vista.
Oxana Malaya, bambina
selvaggia in Ucraina, 1991. Oxana è stata trovata viva insieme
a dei cani in un recinto nel 1991. Aveva otto anni e aveva vissuto con i cani
per sei anni. I suoi genitori erano alcolizzati e una notte l’avevano lasciata
fuori. In cerca di calore, la bambina di tre anni raggiunse il canile della
fattoria e si rannicchiò con i cani meticci, un atto che probabilmente le salvò
la vita. Quando fu trovata, si comportava più come un cane che come una
bambina. Correva a quattro zampe, ansimava con la lingua di fuori, mostrava i
denti e abbaiava. A causa della mancanza di interazione umana, conosceva solo
le parole “sì” e “no”. La terapia intensiva ha aiutato Oxana ad imparare le
nozioni sociali e verbali di base, ma solo con la capacità di una bambina di
cinque anni. Ora ha 30 anni, vive in una clinica a Odessa e lavora con gli
animali della fattoria dell’ospedale sotto la supervisione dei suoi assistenti.
Shamdeo, un bambino
selvaggio in India, 1972. Shamdeo, un bambino di circa
quattro anni, fu trovato in una foresta dell’India nel 1972. Stava giocando con
dei cuccioli di lupo. Aveva la pelle molto scura, i denti acuiti, lunghe unghie
uncinate, capelli arruffati e calli su mani, gomiti e ginocchia. Era bravo alla
caccia al pollo, mangiava la terra e aveva voglia di sangue. Fece subito
amicizia con i cani. Alla fine si riuscì a svezzarlo facendogli mangiare carne
cruda, non ha mai parlato, ma imparò un po’ la lingua dei segni. Nel 1978 fu
ammesso alla casa di Madre Teresa per gli indigenti e i malati terminali a
Lucknow, dove gli fu dato il nome Pascal. Morì nel febbraio 1985.
Prava, il bambino
uccello, Russia, 2008. Prava, un bambino di sette anni, è stato
trovato in un piccolo appartamento con due camere da letto, viveva con la madre
di 31 anni che lo teneva confinato in una stanza piena di gabbie con decine di
uccelli da compagnia di sua proprietà, insieme a del mangime per uccelli e agli
escrementi degli uccelli. Trattava il figlio come un altro animale. Non gli è
mai stato fatto del male fisicamente, la madre non lo picchiava e non lo
lasciava senza cibo, ma non gli ha mai parlato. Gli unici esseri con i quali
comunicava erano gli uccelli. Non riusciva a parlare, ma cinguettava. Quando
non veniva capito agitava le braccia e le mani come un uccello. Affidato ai
servizi sociali, Prava è stato spostato in un centro di assistenza psicologica
dove i medici stanno cercando di riabilitarlo.
Marina
Chapman, bambina selvaggia nelle foreste della Colombia, 1959. Marina fu rapita nel
1954 a 5 anni in un remoto villaggio sudamericano e venne abbandonata dai suoi
rapitori nella giungla. Visse con una famiglia di piccole scimmie cappuccino
per cinque anni, prima di essere stata scoperta dai cacciatori. Mangiava
bacche, radici e banane raccolte dalle scimmie; dormiva nelle cavità degli
alberi e camminava a quattro zampe. Una volta, ebbe una brutta intossicazione
alimentare. Una scimmia anziana la portò ad una pozza d’acqua e la costrinse a
bere, vomitò e si riprese. Fece amicizia con le giovani scimmie e imparò da
loro ad arrampicarsi sugli alberi e i cibi sicuri da mangiare. Marina aveva
perso il suo linguaggio completamente. Fu venduta dai cacciatori ad un
bordello, fuggì e visse per le strade. Successivamente fu schiavizzata da una
famiglia mafiosa, prima di essere salvata da un vicino di casa, che la mandò a
Bogotà per vivere con la figlia e il genero, che adottarono Marina crescendola
insieme ai loro cinque figli naturali. In seguito le fu offerto un lavoro come
governante e bambinaia da un parente. La famiglia di Marina si trasferì a
Bradford, nello Yorkshire del Regno Unito nel 1977, dove vive ancora oggi. Si
sposò ed ebbe dei figli. Marina ha scritto con la sua figlia più giovane,
Vanessa James, un libro sulle sue esperienze selvatiche, e quelle successive.
Madina, Russia, 2013.
Madina ha vissuto con i cani dalla nascita fino all’età di 3 anni, condividendo
con loro il cibo, giocando con loro, e dormendo con loro durante il freddo
inverno. Quando gli assistenti sociali la trovarono nel 2013, era nuda,
camminava a quattro zampe e ringhiava come un cane. Il padre di Madina se ne
era andato poco dopo la sua nascita. Sua madre, di 23 anni, si era data
all’alcol. Era spesso troppo ubriaca per prendersi cura di sua figlia e spesso
spariva. Invitava spesso a casa alcolisti locali. Sua madre alcolizzata si
sedeva a tavola per mangiare mentre la figlia rosicchiava le ossa sul pavimento
con i cani. Quando sua madre si arrabbiava, Madina scappava in un parco giochi
vicino, ma gli altri bambini non giocavano con lei perché poteva a malapena a
parlare e litigava con tutti. Così i cani sono diventati suoi unici e migliori
amici. I medici hanno riferito che Madina è mentalmente e fisicamente sana
nonostante il suo calvario. C’è una buona probabilità che avrà una vita
normale, dopo che avrà imparato a parlare in maniera simile ad un bambino della
sua età.
Genie, USA, 1970.
Quando era piccola, il padre di Genie decise che era “ritardata” e la tenne
legata su una sedia in una piccola stanza della casa. Visse in isolamento per
più di 10 anni. Dormiva anche sulla sedia. Aveva 13 anni nel 1970, quando lei e
sua madre si presentarono ai servizi per l’infanzia e un assistente sociale
notò la sua condizione. Non sapeva ancora come andare alla toilette e si
muoveva con una strana camminata traversale. Non riusciva a parlare o ad emettere
qualsiasi suono, sputava e si faceva continuamente male con le unghie. Per anni
fu un oggetto di ricerca. A poco a poco iniziò a parlare, ma non riusciva ad
usare grammaticalmente le poche parole che aveva imparato. Iniziò anche a
leggere testi semplici, e sviluppò una forma limitata di comportamento sociale.
Ad un certo punto, tornò di nuovo con la madre per un breve periodo, ma poi
trascorse molti anni passando in varie case-famiglia subendo abusi e molestie.
Tornò in un ospedale pediatrico, dove fu constatato che era regredita al
silenzio. I finanziamenti per la ricerca e le cure per Genie furono interrotti
nel 1974 e non si seppe più nulla di lei, fino a quando un investigatore
privato la trovò in una struttura privata per adulti con problemi mentali.
Il bambino leopardo,
India, 1912. Il bambino aveva due anni quando fu
adottato da una leopardessa nel 1912. Tre anni più tardi, un cacciatore uccise
la leopardessa e trovò tre cuccioli, uno dei quali era il bambino, che ormai
aveva 5 anni. Fu restituito alla sua famiglia in un piccolo villaggio in India.
La prima volta che fu catturato riusciva a correre a quattro zampe veloce come
un uomo adulto in posizione eretta. Le sue ginocchia erano coperte da duri
calli, le dita dei piedi erano piegate quasi ad angolo retto, e le mani, unghie
e polpastrelli erano coperti da una pelle molto dura. Mordeva e aggrediva tutti
quelli che gli si avvicinavano, e catturava e mangiava gli uccelli del
villaggio, crudi. Non riusciva a parlare, pronunciava solo grugniti e ringhi. Più
tardi imparò a parlare e a camminare in posizione più eretta. Purtroppo divenne
gradualmente cieco a causa della cataratta. Tuttavia, questo non fu causato
dalle sue esperienze nella giungla, ma era una malattia comune nella sua
famiglia.
Sujit Kumar, il bambino
gallina, Fiji, 1978. Sujit esibiva comportamenti anomali da
bambino. I suoi genitori lo rinchiusero così in un pollaio. Sua madre si
suicidò e suo padre fu assassinato. Il nonno lo prese in carico, ma lo continuò
a tenere confinato nel pollaio. Aveva otto anni quando fu trovato in mezzo a
una strada, chiocciando e sbattendo le braccia. Beccava il cibo, appollaiato su
una sedia, ed emetteva rapidi schiocchi con la lingua. Le sue dita erano
rivolte verso l’interno. Fu portato dagli operatori sociali in una casa di
riposo per anziani, ma lì, poiché era così aggressivo, fu tenuto legato ad un
letto con delle lenzuola per oltre 20 anni. Ora ha più di 30 anni ed è curato
da Elizabeth Clayton, che lo ha salvato.
Kamala e Amala, India,
1920.
Kamala, 8 anni, e Amala, 12, sono state trovate nel 1920 in un covo di lupi. Si
tratta di uno dei più famosi casi di bambini selvaggi. Furono trovate da un
reverendo, Joseph Singh, che fu informato della loro esistenza e si nascose in
un albero sopra la grotta dove erano state viste. Quando i lupi lasciarono la
grotta vide due figure spuntare fuori dalla caverna. Le bambine avevano un
comportamento diffidente, correvano a quattro zampe e non sembravano umane. Il
reverendo catturò presto le bambine. Appena prese, dormivano rannicchiate
insieme, ringhiavano, si strappavano i vestiti, mangiavano solo carne cruda, e
ululavano. Fisicamente deformi, i loro tendini e delle articolazioni nelle loro
braccia e nelle gambe erano più corte. Non avevano alcun interesse a interagire
con gli esseri umani. Ma, il loro udito, vista e olfatto erano eccezionali.
Amala morì l’anno seguente. Kamala imparò alla fine a camminare in posizione
eretta e a dire qualche parola, ma morì nel 1929 di insufficienza renale, a 17
anni.
Ivan Mishukov, Russia,
1998.
Ivan subì abusi dalla sua famiglia e scappò via quando aveva solo 4 anni. Visse
di accattonaggio per le strade. Sviluppò un rapporto di amicizia con un branco
di cani randagi, e divideva con loro il cibo che mendicava. I cani finirono per
fidarsi di lui e alla fine diventò una specie di capobranco. Visse per due anni
in questo modo, ma alla fine venne preso e messo in una casa per bambini. Ivan
ha beneficiato dalle sue conoscenze linguistiche che poté mantenere grazie all’
accattonaggio. Questo e il fatto che restò ferino solo per un breve periodo di
tempo contribuirono al suo recupero. Ora vive una vita normale.
Marie Angelique Memmie Le
Blanc (la ragazza selvaggia di Champagne), Francia, 1731.
A parte la sua infanzia, la storia di Memmie è sorprendentemente ben
documentata, nonostante appartenga al 18° secolo. Per dieci anni, visse sola
nelle foreste della Francia. Mangiava uccelli, rane, pesci, foglie, rami e
radici. Armata di un bastone, combatteva gli animali selvatici, soprattutto i
lupi. Quando fu catturata, a 19 anni, aveva gli artigli, la pelle nera ed era pelosa. Quando Memmie si inginocchiava per bere l’acqua volgeva ripetuti
sguardi di traverso, il risultato in un costante stato di vigilanza. Non
riusciva a parlare e comunicava solo con grida e suoni. Uccideva conigli e
uccelli e li mangiava crudi. Per anni, non mangiò cibo cucinato. I suoi pollici
erano malformati perché li usava per scavare radici. Nel 1737, la Regina della
Polonia, durante un viaggio in Francia, portò Memmie a caccia con lei, dove la
ragazza correva ancora abbastanza velocemente da catturare e uccidere i
conigli. Il recupero di Memmie dalle sue decennale esperienza nella natura
selvatica fu notevole. Venne aiutata da una serie di ricchi mecenati, imparò a leggere,
scrivere e a parlare bene il francese. Nel 1747 diventò una suora per un breve
periodo ma fu colpita da una finestra che cadde e il suo patrono morì poco
dopo. Si ammalò e divenne povera, ma trovò un altro ricco mecenate. Nel 1755, Madame
Hecquet pubblicò la sua biografia. Memmie morì ricca a Parigi nel 1775, all’età
di 63 anni.
John Ssebunya (il bambino
scimmia), Uganda, 1991. John scappò di casa nel 1988,
quando aveva tre anni, dopo aver visto il padre uccidere la madre. Fuggì nella
giungla dove visse con le scimmie. Fu catturato nel 1991, quando aveva circa
sei anni, e venne messo in un orfanotrofio. Quando fu ripulito, videro che
tutto il suo corpo era coperto di peli. La sua dieta consisteva principalmente
in radici, noci, patate dolci e manioca, e aveva un brutto caso di vermi
intestinali, risultati essere più di mezzo metro di lunghezza. Aveva calli
sulle ginocchia causati dal camminare come una scimmia. John ha imparato a
parlare ed a comportarsi da umano. Canta bene ed è conosciuto per le sue esibizioni
nel Regno Unito con il coro di ragazzi Pearl of Africa.
Victor (il bambino
selvaggio di Aveyron), Francia, 1797. Si tratta di un caso
storico ma sorprendentemente ben documentato di un bambino selvaggio, perché fu
studiato molto. Victor fu trovato alla fine del 18° secolo nei boschi di Saint
Sernin sur Rance, nel sud della Francia, e venne catturato ma in qualche modo
riuscì a fuggire. L’8 gennaio 1800 fu catturato di nuovo. Aveva circa 12 anni,
il suo corpo era coperto di cicatrici ed era incapace di dire una parola. Una
volta diffusa la notizia della sua cattura, molti si fecero avanti per
esaminarlo. Poco si sa circa la sua vita di bambino selvaggio, ma si crede
abbia trascorso 7 anni nella natura. Un professore di biologia esaminò la resistenza
di Victor al freddo mandandolo fuori nudo nella neve. Victor non mostrò alcun
effetto causato dal freddo. Altri cercarono di insegnargli a parlare e a
comportarsi “normalmente”, ma non faceva progressi. Probabilmente era stato in
grado di parlare nella sua vita, ma non ci riuscì dopo il ritorno dalla vita
selvaggia. Alla fine venne portato in un istituto a Parigi e morì all’età di 40
anni.
Cari amici, credo che non
ci siamo parole per commentare queste terribili testimonianze, che dimostrano
in maniera inequivocabile che l’educazione è alla base di tutto il nostro
vivere sia in famiglia che nella società.
A domani.
Mario
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