domenica, marzo 01, 2020

CYBERBULLISMO: SE LA SCUOLA SUBENTRA NEL RUOLO EDUCATIVO DEI GENTORI, VUOL DIRE CHE LA FAMIGLIA HA ABDICATO AL SUO COMPITO!


Oristano 1 marzo 2020

Cari amici,

Inizio le riflessioni del mese di marzo con un argomento di grande attualità: il Cyberbullismo. Un fatto recente, seppure da molti forse sottovalutato, mi ha spinto a farlo e credo faccia riflettere non poco. Se partiamo dal presupposto che il compito di educare i ragazzi è primariamente dei genitori, e che il compito della scuola, ovvero del corpo docente, è quello di integrarlo, miscelandolo con quello dell’educazione culturale, vuol dire che al giorno d’oggi c’è qualcosa che non va. Infatti, quello che sta succedendo, in specie relativamente al comportamento fuori dalle aule scolastiche, dimostra che qualcuno ha abdicato, almeno in parte, al suo ruolo educativo primario: e questo qualcuno è la famiglia. Ma vediamo in dettaglio il fatto di cui voglio parlarvi. 
Nel 2018, una ragazza che intratteneva pessimi rapporti con una sua compagna di scuola decide di inviarle ripetuti messaggi offensivi mediante un’applicazione di messaggistica istantanea. Il Consiglio di Classe, venuto a conoscenza dell’increscioso episodio e sebbene il fatto fosse avvenuto al di fuori dell’Istituto Scolastico e dell’orario delle lezioni, decide di punire la ragazza con il drastico abbassamento del voto in condotta, assegnando la votazione di 7/10. Il provvedimento viene preso a protezione della vittima, che avrebbe evidenziato un importante calo del rendimento scolastico proprio a causa di quel fatto.
I genitori della ragazza autrice dei messaggi ricorrono al TAR della Campania contro il provvedimento preso dalla scuola, ma il TAR, con provvedimento dell’8 novembre 2018, respinge il ricorso dei genitori dell’alunna, riconoscendo alla scuola l’autorità e la validità del provvedimento preso, teso a sanzionare una delle sue alunne autrice di comportamenti o atti riferiti al cyberbullismo.
La scuola, dunque, viene riconosciuta deputata a farsi carico del comportamento di un proprio alunno, anche quando questo si manifesta al di fuori dell’Istituto Scolastico e dell’orario delle lezioni, sostituendosi punitivamente in quello che avrebbe dovuto essere il compito primario dei genitori. La sentenza del TAR risulta essere un vero e proprio nuovo messaggio, che, abbandonando i vecchi schemi, stabilisce che il compito della scuola non è semplicemente quello di “formazione culturale”, ma anche quello di svolgere un “ruolo educativo” a 360 gradi. Come in questo caso, in quanto un atto di cyberbullismo, ovunque avvenga, non può essere circoscritto né nello spazio né nel tempo.
La notizia, pubblicata su “Orizzonte Scuola” il 23 dicembre 2019, credo debba far riflettere non poco, in quanto coinvolge differenti aspetti del complesso fenomeno del cyberbullismo e del ruolo in capo alla Scuola, nei nuovi tempi che stiamo vivendo. La sentenza del TAR sta anche a significare che mancano purtroppo direttive precise per combattere quei nuovi fenomeni scaturiti dalla tecnologia che colpiscono la formazione dei giovani, normative che ben altri Organi sarebbero deputati a prendere. 
Che la società di oggi viva un momento delicato, con innovazioni che hanno reso obsoleta la precedente educazione giovanile è anche vero, ma alle innovazioni tecnologiche debbono seguire nuove normative atte a regolamentare il nuovo che avanza. Internet, infatti, non conosce limiti geografici né di tempo, vista la sua velocità, fluidità e istantaneità: ciò che accade in un punto del Web si riverbera immediatamente in ogni altro suo punto ed è destinato a rimanervi.
Questo lo sanno benissimo i docenti, che si trovano ogni giorno a dovere gestire (arginare?) stuoli di adolescenti e preadolescenti che in ogni momento della mattinata inviano e ricevono messaggi, oppure rimangono in contatto con i nuovi social o con loro beniamini (Youtuber, Instagrammer o TikToker). E tutto questo avviene sia all’interno che all’esterno delle aule scolastiche, sia durante che dopo l’orario delle lezioni.
La Scuola dunque aggiunge l’onere di svolgere un nuovo e più ampio ruolo educativo, considerato che per mille ragioni le famiglie dei ragazzi sempre più spesso vengono meno all’antico ruolo educativo ad esse deputato. Oggi la scuola è il luogo dove i nostri ragazzi passano la maggior parte del tempo, in quanto trascorrono più ore con i docenti e i loro compagni di classe che con la propria famiglia. La scuola dunque, Istituzione con compiti aumentati, diventata una specie di “Seconda famiglia”, anzi sotto certi aspetti anche “Prima famiglia”! 
Cari amici, tutto questo dovrebbe invitare a riflettere. Una scuola con compiti nuovi e allargati, dovrebbe, però, essere ben diversa da quella attuale; avrebbe necessità di una “buona riforma”, partendo dalla formazione e dall’adeguamento del corpo docente. Abbiamo bisogno di una Scuola che torni ad avere professori dignitosi e orgogliosi della loro missione (non professione), che stringa con le famiglie un vero patto di co-gestione dei ragazzi, che veda un costante dialogo Scuola/Famiglia, non una contrapposizione e un costante braccio di ferro che non porta nessun bene ai ragazzi e alla loro educazione! 
Solo così la formazione dei ragazzi del Terzo Millennio potrà trovare quel giusto equilibrio tra famiglia e scuola, garantendo quella crescita equilibrata che oggi sembra proprio mancare. Ma saremo capaci di farlo? Per ora io ne dubito…
A domani.
Mario

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