Oristano 24 marzo 2020
Cari amici,
La “FELICITÀ”, è qualcosa
di indefinito, di immateriale e intangibile, oltre che difficile da conquistare.
In realtà, praticamente tutti vanno alla sua ricerca, illudendosi di trovarla
all’improvviso da qualche parte, ma difficilmente la trovano. Proprio perché il
sistema di ricerca è certamente sbagliato. La felicità non si trova cercando di
scovarla con il lanternino, in quanto essa è NON è un prodotto “pronto all’uso” ma un
“derivato”, una conseguenza delle nostre azioni, di un nostro particolare modo
di agire; essa è il prodotto del nostro comportamento positivo, che, riempiendo
il nostro animo, crea in noi una sensazione di appagamento che possiamo
chiamare proprio “Felicità”.
Uno lungo studio
effettuato dall’Università di Harvard, ha cercato di svelare il segreto della
felicità. Uno studio complesso, che è durato anni. L’analisi fatta ad Harvard è
da considerarsi uno studio sociologico fra i più lunghi mai effettuati, in
quanto è durato ben 75 anni! Si, per 75 anni, l’Università di Harvard ha
seguito le vite di 724 uomini, rendicontando anno dopo anno il lavoro da loro
svolto, la loro vita quotidiana e la loro salute, insomma seguendoli costantemente
lungo il percorso delle loro vite.
Le indagini iniziarono
nel 1938, seguendo l’evolversi delle vite di due gruppi di uomini. Il primo
gruppo era costituito da studenti di Harvard, mentre il secondo gruppo era
composto da ragazzi delle periferie più povere di Boston; molti di questi
ragazzi vivevano in case popolari, quasi sempre in condizioni di povertà. All’inizio
dello studio a tutti fu fatto un colloquio, gli esami medici, e un incontro
conoscitivo con i loro genitori. Man mano che i giovani crescevano, la vita li
portò a seguire percorsi diversi: alcuni diventarono operai, altri avvocati,
impiegati, muratori e anche medici, uno, addirittura, diventò Presidente degli
Stati Uniti. Diversi altri si persero per strada, diventando alcolisti, accattoni
o addirittura schizofrenici.
Come succede spesso nella
vita, c’è chi riesce a realizzare un percorso di crescita sociale, e chi,
invece, al contrario, peggiora addirittura la posizione di partenza. Per tutti,
comunque, periodicamente ci furono colloqui, questionari, esami medici e
relazioni con i familiari. Alla fine dalla lunga e particolare indagine è
emerso che determinati loro comportamenti, ovvero “le buone relazioni”, erano
state basilari per mantenere uno status di benessere, per sentirsi felici e più
sani. Insomma fulcro della loro felicità erano state le buone relazioni e i
buoni rapporti umani intrattenuti. In sintesi, le relazioni conclusive a cui è
arrivato lo studio, sono le seguenti.
1 – Le
connessioni sociali fanno molto bene, mentre la solitudine uccide. Attenzione,
però. La solitudine non si misura con il numero di amici. La solitudine, come l’attuale
sentirsi connessi, non è solo qualcosa di oggettivo, ma di percepito.
Voglio dire: c’è la persona che per sentirsi bene, ha bisogno di uscire due
sere alla settimana con 10 amici: se ce li ha, si sente bene. Ad un altro, gli
basta vederne uno al mese. Da ciò ne deriva che “sono infelici” le persone che
si sentono isolate dagli altri più di quanto vorrebbero; e se ci si sente soli,
si è meno felici, la salute peggiora, il cervello comincia a cadere in
depressione e la stessa vita si accorcia.
2 – Non conta avere tanti
rapporti umani: conta la qualità di questi rapporti.
Vivere in uno stato di perenne conflitto fa male alla salute e alla felicità;
vivere in mezzo a buone relazioni ci fa bene, ci fa stare bene non soltanto
interiormente, ma influisce anche sulla salute fisica generale. Avere buone
relazioni intime, protegge dall’avanzare della vecchiaia.
3 – Avere buone relazioni
umane, non soltanto protegge dall’invecchiamento fisico,
ma aiuta a sopportare più serenamente il dolore se e quando arriva, mantenendo
anche il cervello in buona salute. Un’ultima cosa che la ricerca di Harvard ci insegna
è questa: le persone più in salute a 80 anni, non erano quelle che a 50 anni
avevano il colesterolo basso… ma quelle che mantenevano buone relazioni!
Cari amici, in tanti,
psicologi, psicoterapeuti, scrittori e poeti, hanno cercato di dare un concetto
attendibile di felicità. Potrei citarne tanti, ma mi limito a segnare due
nomi: Alda Merini, la poetessa che nelle sue poesie ha parlato sempre della
grande bellezza della felicità, come ad esempio nel suo libro “Più della
poesia”, dove troviamo scritto:” Ma la felicità cos’è? La pace, la
coerenza, l’armonia”, e poi Enrica Mannari, che ha scritto il libro “Manuale
illustrato della felicità”.
In quest’ultimo libro
Enrica Mannari, classe 1980, illustratrice di professione, influencer da 58
mila followers su Instagram, dopo aver ricordato e lodato la grande Alda
Merini, si è confessata con i lettori dicendo che Lei, dopo quindici anni
trascorsi a lavorare come “designer e art director” era andata letteralmente in
overbooking. “Non ne potevo più di questo approccio alla vita, sempre al lavoro, a correre", sentenzia nel libro. E così, oltre a trasferirsi a
vivere al mare, scrive ancora: "ho capito che per tentare di essere più
felici bisogna prima di tutto trovare un equilibrio".
Un libro davvero
interessante, che ha pagine capaci di far riflettere non poco. Ecco un altro
saggio ed importante pensiero: “Trovare il giusto equilibrio non è una
conquista una volta per tutte, perché sia l'equilibrio che la felicità non sono
statici: ci devi lavorare tutti i giorni! È un po' come pedalare in bici, se
smetti, cadi. E non nascondo che arrivarci non è facile, ma anche abbastanza
faticoso”.
Cari amici, dovremmo
riflettere più spesso sull’andamento della nostra vita; spesso, insoddisfatti
dello status quo, cerchiamo la felicità in altri angoli del mondo, quando
invece, da veri miopi, non ci accorgiamo che, se volessimo, la felicità non è
lontana, ma davvero tanto vicina! Essa, scopriamolo quanto prima, è dentro di
noi anche se ben nascosta! Sta a noi trovarla e farla uscire alla luce del
sole!
Grazie, amici, a domani.
Mario
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