Oristano
17 Marzo 2019
Cari amici,
pochi giorni fa, in una
bella e soleggiata mattina, mi sono recato al mare per prendere un po’ di sole
e dare uno sguardo al mio rifugio estivo che stupidamente uso molto poco. La penisola del Sinis anche in questo periodo è un luogo fantastico: è già ricoperta
da un verde tappeto di erbe e di fiori spontanei, ricchi di profumi intensi, che, trasportati dalla brezza marina, ti invitano a respirare a pieni polmoni! Un segno inequivocabile della primavera
ormai alle porte. Quando vado al mare, colgo sempre l’occasione per portare a
casa un mazzetto di profumati finocchietti selvatici, ingrediente davvero indispensabile per preparare
i ceci con le cotiche, piatto antico ma sempre particolarmente buono e gradito.
Mentre con mio figlio Santino
cercavo di raccogliere le cime più tenere dei primi virgulti di finocchio
selvatico, sono stato attratto in modo particolare da dei curiosi fiori gialli,
bordati di rosso e a forma di calice tubolare, che pendevano da una pianta
erbacea robusta, alta poco meno di un metro con delle foglie verdi coperte di
macchie biancastre. Nella zona in cui mi trovavo vi era una distesa di queste piante cariche di numerosissimi fiori, che
fuoriuscivano dalle macchie dove crescevano a stretto contatto con le piante di finocchio; la mia curiosità mi spinse ad osservarle per bene e toccarle, apprezzando in particolare la forma e il
colore dei bellissimi fiorellini penduli.
Non pago dell'osservazione decisi di reciderne un bel gambo e portarlo a casa,
con l’intento di informarmi meglio e saperne di più su questa pianta. Arrivato a
casa, per maggior sicurezza, ho scattato delle foto al ramo fiorito, postandole poi su
FB e chiedendo agli amici di darmi le eventuali informazioni in loro possesso. In poche ore il responso è arrivato: in diversi erano concordi nell'affermare che si trattava dell’Erba
vajola maggiore (Cerinthe major L.), pianta erbacea presente nei nostri litorali e, in passato, considerata anche “dalle proprietà medicinali”, in quanto utilizzata per lenire diversi affezioni
e malattie. Una mia ricerca più approfondita mi ha consentito di raccogliere le informazioni che ora passo anche a Voi su questo
curioso e benefico vegetale.
La Cerinthe major L. appartiene alla Famiglia delle Boraginaceae, Ordine
Lamiales, Sottoclasse, Asteridae, Classe Magnoliopsida. Nelle diverse località
è nota come Erba tortora, Scarlattina, Succiamele, Erba vajola maggiore, più altri.
È una
pianta erbacea annuale, glabra e glauca alta 20 - 80 cm., con fusto cilindrico,
ascendente e ramificato. Le foglie inferiori sono picciolate, spatolate e
cigliate, di colore blu-verde ricoperte da una pellicola cerosa e talvolta
macchiettate di bianco; i fiori sono posti all'estremità del fusto, penduli con
struttura a racemo; le brattee sono ovali, spesso soffuse di rosso-violetto,
lunghe quanto o più del calice che presenta 5 lacinie ineguali. La corolla è gialla,
con sfumature bruno-purpureo alla base con anello rosso brunastro. I frutti
sono dei semi ovoidali di colore brunastro.
La pianta cresce
spontanea nelle zone mediterranee, in particolare negli areali vicini alle
coste; è presente in particolare in zone non coltivate, nei bordi delle strade
e nei prati circostanti. Il suo nome Cerinthe major L. deriva dal greco:
"Keros = cera" e "Anthos = Fiore". Tale denominazione fu
attribuita dal Tournefert e confermata poi da Linneo perché indicava un fiore
particolarmente visitato dalle api ed aveva la forma di piccoli ceri.
L'attribuzione alle Boraginaceae gli fu fatta dal de Jussieu, comprendendo 5 -
6 specie appartenenti alla flora mediterranea.
Come accennato, questa
pianta è considerata una buona mellifera, molto ricercata dalle api. In passato
era utilizzata anche per preparare delle insalate, da sola o mista con altre
erbe spontanee, per preparare sformati e frittate. Le sue foglioline più tenere
infatti, hanno un sapore molto gradevole che ricorda quello dei piselli. Era
utilizzata anticamente anche nella medicina popolare, quando le medicine erano
ben più rare di oggi e bisognava ricorrere ai rimedi casalinghi.
L’analisi dei componenti
della pianta ha accertato che sono presenti mucillagini, tannini, olio
essenziale, nitrato di potassio e gomme; elementi salutari, con capacità
antiflogistica, astringente oftalmica, rinfrescante, antinevralgica, sedativa e
antiemorragica. Ecco il motivo per cui i nostri anziani utilizzavano l’erba vajola
come diuretico, antiemorragico, antipiretico, astringente e per calmare le
infiammazioni degli occhi.
Cari amici, oggi certo i
tempi sono cambiati e nessuno ricorre più al “fai da te” in auge ai tempi della medicina
popolare per risolvere i tanti mali che ci affliggono! Oggi basta ingurgitare
pillole su pillole! L’erba vajola, però, non si preoccupa del suo mancato uso
come rimedio per curare i mali dell’uomo; a lei basta l’apprezzamento riservato ai
suoi bellissimi fiori, che deliziano non solo chi ci passa vicino e li guarda, ma soprattutto le api! Sembra conscia di essere sempre una bella risorsa per l’uomo: lei ama le api, che da millenni
continuano a cercarla per succhiare il dolce nettare dei suoi fiori!
A domani, amici.
Mario
Il ramo di Cerinthe major, da me portato a casa...
4 commenti:
Grazie per le utilissime informazioni Mario, qua sui cigli delle strade di campagna ce ne sono tantissimi e sono bellissimi. Amo le erbe e sono sempre alla ricerca di conoscerne di più e capire le loro proprietà, grazie ancora ��
Grazie è da bambina che chiedevo il nome di questa pianta e oggi dopo tanto ho trovato la vostra descrizione...
Mai vista prima. Sono in Puglia, primo gradino di premurgia barese. Passeggiando con mio figlio l' abbiamo trovata e fotografata, e, cercandola in internet , devo dire che, grazie a Google l' abbiamo trovata. Mi sono soffermata su questo esaustivo reportage, del quale la ringrazio vivamente, Mario Virdis.
Nel mio giardino coltivo la varietà purpurascens, molto affascinante coi suoi fiori purpurei. La uso, oltre che per sfamare le api precoci, nelle bordure e anche fiore da taglio.
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