Oristano 2 marzo 2019
Cari amici,
Il cambiamento è qualcosa
di ineluttabile. Nella realtà quotidiana molte cose cambiano da oggi a domani, e
dal cambiamento non sono escluse, come è giusto che siano, nemmeno le
retribuzioni. Ci sono settori produttivi che salgono come importanza e di
conseguenza cresce anche il trattamento economico per chi ci lavora, e professioni
che al contrario scemano di importanza e dunque anche i dipendenti risentono
degli effetti negativi, con conseguente diminuzione nella retribuzione.
Oggi, infatti, voglio fare con Voi una carrellata sull’attuale situazione delle professioni più quotate in Italia, rapportando anche il relativo trattamento economico dei dipendenti.
Oggi, infatti, voglio fare con Voi una carrellata sull’attuale situazione delle professioni più quotate in Italia, rapportando anche il relativo trattamento economico dei dipendenti.
Un recente studio
effettuato dal gruppo Adecco (Agenzia
multinazionale di selezione del personale) ha confrontato le retribuzioni annue
lorde (Ral) dei vari settori
lavorativi, ricavandone dei dati che è curioso andare a leggere e commentare.
Quest’indagine ha rilevato che nel nostro Paese al 1° posto c’è sempre il
settore bancario (con una retribuzione media di 42.003 euro), seguito da un
altro settore tradizionalmente al top: quello farmaceutico (con una
retribuzione media di 40.219 euro); terzo podio per il settore petrolifero e
gas, che attesta la sua retribuzione media pari a 37.927 euro.
Medaglia di cartone al
settore dell’ingegneria, in classifica al 4° posto (con 37.378 euro). Ecco la
classifica degli altri, fino al 10° posto. Al 5° posto le telecomunicazioni
(con 36.843 euro), al 6° posto i servizi di consulenza IT e software (con
35.846 euro), al 7° il settore aeronautica (con 35.191 euro), all’8° le
assicurazioni (con 34.852 euro), al 9° posto la chimica (con 34.009 euro) e al
10° posto il settore dell’automazione (con 33.347 euro).
A leggere con attenzione
lo studio si scopre che la media nazionale (considerando tutti i comparti) è di
29.380 euro, anche se con diversità retributive tra uomini e donne. Per quanto
riguarda le differenze di genere, infatti, gli uomini guadagnano in media
29.981 euro contro i 27.890 euro delle donne; un dato che evidenzia un divario
del 7,2 per cento. A cercare infine il settore più “povero” si scopre che è
quello alberghiero e della ristorazione, con appena 23.662 euro.
A meravigliare, ma non
più di tanto, è il fatto che il settore bancario sia quello che continua
imperterrito a guidare da tempo immemorabile una classifica che non ha mai
avuto cali di un certo peso, nonostante tutto quello che si dice sulla non proprio cristallina solidità
delle aziende di credito. In Italia, infatti, nessun settore produttivo ha
ricevuto negli ultimi anni una quantità di aiuti di Stato pari a quello
bancario. Sono state spese cifre considerevoli, utilizzate per i diversi salvataggi finanziati
con i soldi pubblici, a cui bisogna aggiungere anche le iniezioni di liquidità
a tassi agevolati messi a disposizione dalla Banca Centrale Europea, a cui gli
istituti italiani hanno ricorso in modo ingente. Una brutta crisi, che però non ha mai
toccato gli emolumenti riservati al personale, che può vantare, oggi come ieri,
di avere gli stipendi più alti in Italia.
Sulle banche, tra
l’altro, l’opinione pubblica continua a “vedere rosso”. “In crisi le banche, ma non i
banchieri”, continuano a tuonare i media, soprattutto per quanto riguarda gli
emolumenti in capo ai top manager che, nonostante le avversità, restano sempre
altissimi. Secondo uno studio realizzato dal sindacato First-Cisl, ben 18
amministratori delegati e direttori generali di banche italiane hanno percepito (dati del 2016)
una remunerazione complessiva superiore al milione di euro (nella remunerazione
totale sono comprese anche indennità e compensi di fine rapporto). Cifre che
appaiono ai tanti che faticano a cucire un 27 con l'altro, addirittura vergognose, se rapportate allo stato di salute
degli istituti che guidano.
Cari amici, molti di Voi
sanno della mia passata professione (per cui credo di parlare con cognizione di causa):
anch’io sono stato un piccolo manager bancario, anche se ho vissuto i tempi
delle “vacche grasse”, quando nessuna iniezione di supporto assistenziale esisteva
all’epoca in cui io prestato servizio. Questo, però, non significa che anche in quei
periodi aurei, certi posti chiave non fossero retribuiti oltre misura. Una regola, seppure non scritta, dovrebbe essere sempre seguita: tra il
top manager e il dipendente medio ci dovrebbe essere una giusta proporzione,
non un divario abissale! Amici, questo ovviamente è il mio concetto: poichè tutti sono
sulla stessa barca, lo stato di salute di ogni azienda risulta garantito solo se tutti forniscono il giusto
apporto e l’adeguata retribuzione.
Chiudo ricordando a Voi
un grande imprenditore del passato: Adriano Olivetti. Questo grande, capace e onesto imprenditore, era guidato da un concetto fondamentale: l’equità
retributiva. Nella sua azienda, relativamente agli stipendi percepiti dai tanti lavoratori,
vigeva una regola ben precisa: nessun dirigente, neppure il direttore generale, poteva avere
una remunerazione superiore a 10 volte il salario minimo aziendale. Questa regola
morale da Lui applicata in passato, credo che sarebbe utile e necessaria anche nei tempi difficili come quelli che stiamo vivendo,
ma purtroppo certi saggi insegnamenti di ieri, oggi non hanno più valore!
Grazie, amici, a domani.
Mario
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