La top ten
Oristano
28 marzo 2019
Cari amici,
di recente su questo blog
ho fatto una carrellata sui “Paperoni” del mondo, tra i quali anche gli
italiani non stanno certo negli ultimi posti! Da Giovanni Ferrero a Leonardo
del Vecchio, da Armani a Berlusconi, in tanti non se la passano malaccio,
perchè anche se avvenisse un teorico tracollo economico, vista la fortuna che sono
riusciti a mettere da parte non morirebbero di fame. Chi vuole può andare a leggere o rileggere quanto
ho scritto il 20 marzo scorso cliccando sul seguente link.
http://amicomario.blogspot.com/2019/03/ecco-secondo-forbes-chi-sono-i-paperoni.html
http://amicomario.blogspot.com/2019/03/ecco-secondo-forbes-chi-sono-i-paperoni.html
Se nel privato, in realtà,
la libera contrattazione aziendale fa parte della trattativa di mercato, regolato dalla così detta "mano invisibile" (sarebbe difficile ipotizzare una imposizione di tetti che sarebbero difficili
da porre o da far rispettare), la remunerazione dei Top Manager delle grandi aziende sarà sempre legata alla regola dell’incontro della domanda con l’offerta; la stessa regola, però, non dovrebbe valere per la retribuzione dei top manager
operanti in quelle aziende dove affluisce il capitale pubblico, ovvero quelle dove direttamente o indirettamente c’è il
collegamento con la finanza pubblica, nelle quali in realtà il " mercato" non è poi così libero.
Una volta si era ventilata
l’idea di “un tetto”, oltre il quale nessun manager pubblico sarebbe potuto andare, ma a
quanto risulta (almeno a me), questo fantomatico tetto (che pare fosse 250.000
euro) è rimasto con mille sotterfugi lettera morta, ovvero “scoperto” e i
cittadini continuano a vedere le stelle! Il quotidiano LA REPUBBLICA in un
recente servizio a cura del giornalista Aldo Fontanarosa ha fatto un’analisi
sulle retribuzioni in capo ai manager pubblici (ovvero quelli che lavorano
negli Enti pubblici o in Aziende partecipate dallo Stato), che sono tenuti a
presentare copia della dichiarazione dei redditi (ovvero del 740), alla
presidenza del Consiglio dei ministri.
L’analisi fatta dal
giornalista ha rilevato che, in una ipotetica classifica, fra i primi 10 manager
più ricchi, si annidano ben 7 milionari (in milioni di euro), con redditi per
qualcuno addirittura superiori ai 3 milioni di euro. Tra gli Enti pubblici
presenti in classifica, si segnalano Enel, Coni, Ferrovie dello Stato e
Leonardo. I dati della classifica analizzata sono relativi alla dichiarazione
dei redditi del 2018, riferiti quindi all’anno fiscale 2017.
Nella tabella pubblicata
da “La Repubblica”, al primo posto c'è Stefano
Ambrosini, presidente di Finpiemonte,
con 3 milioni 991mila 686 euro, seguito da Francesco
Starace, amministratore delegato e direttore generale dell'Enel, che dichiara al fisco 3 milioni
373mila 719 euro, e da Claudio Tesauro,
presidente dell'agenzia pubblica Invitalia,
che dichiara 2 milioni 721mila 922 euro.
Dopo la prima terna, al
quarto posto c’è Marco Arato, ex presidente
dell'Aeroporto di Genova, a quota 1
milione 841mila 190 euro, mentre in quinta posizione troviamo Giovanni Malagò, presidente del Coni, con 1 milione 52mila 855 euro; al
sesto posto Giovanni De Gennaro, ex
capo della polizia e attuale presidente di Leonardo,
che dichiara 1 milione 20mila 476 euro, mentre chiude la “Top Seven” dei
milionari Gioia Maria Ghezzi, ex
presidente di Ferrovie dello Stato,
con 1 milione 20mila e 370 euro.
Per completare la “Top
Ten” troviamo i manager “poveretti”, quelli sotto la soglia del milione di euro
ma sopra quella degli 800mila; sono: Maria
Patrizia Grieco (attuale presidente dell'Enel), l'ex sottosegretario Massimo
Tononi, ora presidente della Cassa
Depositi e Prestiti, e Giovanni
Giol, presidente del Conservatorio
di Venezia. Per arrivare alla dozzina basta aggiungere altri due nomi
importanti: all’11° posto troviamo Giuseppe
Riello, amministratore delegato di Aerogest,
con 783mila963 euro e al 12° Ignazio
Visco, governatore della Banca
d'Italia, con 743mila 952 euro.
Per legge, come detto, i
top manager di altissimo livello che hanno lavorato (o tuttora lavorano) in Enti
pubblici, in aziende partecipate dallo Stato per oltre il 20 per cento, in Enti
anche privati la cui gestione è sostenuta dallo Stato per oltre il 50 per cento,
sono tenuti a depositare la loro dichiarazione dei redditi presso la Presidenza
del Consiglio dei ministri. Fu la legge 441 del 1982 a stabilire quali aziende
erano vincolate a quest’adempimento, anche se i criteri adottati lasciarono
comunque fuori diverse aziende importanti. Credo che anche su questo fronte dovrebbero
essere portati avanti reali cambiamenti, perché certe disparità non fanno altro
che aumentare il divario tra il vertice e le parti sottostanti.
Cari amici, voglio
chiudere la riflessione di oggi con le parole che ho usato poco tempo fa per
chiudere un post molto simile: era un’analisi relativa alle disparità di
retribuzione. In quel post ripresi il pensiero di un grande imprenditore del passato:
Adriano Olivetti. Questo grande, capace e onesto imprenditore, era guidato da
un concetto fondamentale: l’equità retributiva. Nella sua azienda,
relativamente agli stipendi percepiti dai numerosi lavoratori, vigeva una regola
ben precisa: nessun dirigente, neppure
il direttore generale, poteva avere una remunerazione superiore a 10 volte il
salario minimo aziendale.
Sono convinto che questa
regola morale da Lui applicata in passato sarebbe utile e necessaria anche oggi,
che viviamo tempi difficili di cui ancora non conosciamo la pericolosa evoluzione. Ecco perché
certi saggi insegnamenti di ieri, potrebbero anche oggi avere un grande valore!
A domani.
Mario
Nessun commento:
Posta un commento