Oristano 14 marzo 2019
Cari amici,
Quei quattro monumentali
stendardi, colorati di un acceso e forte rosso su cui spicca a ricamo un’aquila
coronata, stemma del conte d’Harcourt, mi avevano sempre affascinato, tanto che
da tempo avevo in mente di approfondire la storia del loro arrivo ad Oristano.
Avevo sentito parlare che erano stati persi nella fuga dai soldati francesi che
nella prima metà del 1.600 avevano cercato di invadere la Sardegna sbarcando
nel golfo di Oristano, ma ciò non mi bastava.
Proseguii pertanto nella ricerca per
saperne di più, e lo spunto me lo ha dato il recente articolo apparso su L’Arborense on line, a firma di Alberto
Medda Costella, che ringrazio. Questa testata on line, amici, completa l’interessante informazione
che il settimanale cartaceo L’ARBORENSE fornisce ai suoi lettori al costo di 1
euro ed è acquistabile in edicola, oppure sottoscrivendo l’abbonamento (costo
25,00 euro annui).Vale la pena leggerlo!
La mia ricerca (grazie a
diversi studi reperiti sull’argomento) ha cercato di ricostruire la storia dell’arrivo
ad Oristano di questi stendardi, ora custoditi presso la nostra Cattedrale di
S. Maria, dove fanno bella mostra. Essi sono un frammento, un piccolo “pezzetto” di una lunga guerra, che vedeva
di fronte Spagna e Francia, e che i sardi, mettendo insieme intelligenza, capacità
e anche un pizzico di fortuna, riuscirono a vincere, cacciando l’invasore
francese dalla terra sarda. Ecco in breve questa curiosa storia.
Lo sbarco francese del
1637 nel golfo di Oristano, si colloca nel periodo storico della guerra dei
Trent'anni (1618-1648), un annoso conflitto che, partito come “guerra di
religione” tra protestanti e cattolici, coinvolse poi buona parte delle potenze
europee. La Sardegna nel periodo è un dominio spagnolo, considerato che dopo le
nozze tra i due re cattolici Ferdinando II e Isabella di Castiglia furono
unificate le due monarchie spagnole: l’Aragona e la Castiglia. Sardegna dunque
cattolica, in linea con i governanti spagnoli, anche se - a ben analizzare - il dominio esercitato sull'Isola non è tutto ‘rose e
fiori’, a causa dell'enorme peso dei tributi che gravavano sugli abitanti, in
particolare quelli dell’Oristanese, dediti per lo più alla pesca,
all’agricoltura e alla pastorizia; la Francia, al contrario, era invece protestante.
La Sardegna durante la dominazione
spagnola risultava trascurata anche dal punto di vista difensivo e l’eventuale attacco di potenze nemiche, a causa della fragilità delle difese, non molto difficile da portare a termine. La zona centrale dell'isola posta ad Ovest, con
approdo nel golfo di Oristano, aveva come unico baluardo difensivo qualche torre
costiera come quella di Torregrande. Poco prima del 1637, imperante il Re di
Spagna Filippo IV, la Spagna aveva portato attacco al Ducato di Parma, territorio allora posto sotto
la protezione francese; come d'uso, le truppe francesi si mossero per andare in
difesa dei territori del Duca di Parma.
Nel febbraio del 1637 una
flotta francese composta da 47 galeoni partì alla riconquista di quei territori
(missione rivelatasi poi sotto certi aspetti inutile, in quanto mentre la flotta viaggiava la diplomazia
era già riuscita a ricomporre la vertenza restituendo i territori occupati, ma allora le comunicazioni
non erano tempestive, per cui la missione marittima proseguì), dirigendosi verso le coste
italiane; il comandante della flotta, una volta che questa era giunta all’altezza
della Sardegna, decise per lo sbarco, senza però aver avuto alcuna
autorizzazione da parte del suo re. Le navi dunque si diressero verso il golfo di
Oristano, tentando l’approdo.
Il motivo dello sbarco,
secondo quanto afferma il Carta Raspi, sarebbe da attribuire al fatto che i
francesi volevano tenere in ostaggio l'intera isola fino a che gli spagnoli non
avessero restituito le isole di Lérins, poste davanti alle coste di Cannes
(Milano 1971), mentre lo storico Giovanni Murgia, al contrario, afferma che storiograficamente
lo sbarco sul nostro territorio non sarebbe stato dettato da ragioni militari,
ma semplicemente dalla necessità di “un approvvigionamento di vettovaglie e acqua”.
Qualunque sia stato il
motivo, nel febbraio del 1637, in pieno carnevale, le navi decidono di sbarcare
nel golfo di Oristano: la flotta dei 47 galeoni francesi inizia un
cannoneggiamento di fronte alla torre costiera di Torregrande, mettendo in fuga
le sole due persone di vedetta, che corrono in città per dare l'allarme. La scarsa
guardiania della torre costiera era motivata dal fatto che il resto della
truppa del presidio era andata in città ad Oristano e si trovava all'interno
delle mura per godersi i festeggiamenti carnevaleschi.
Considerata la
scarsissima resistenza trovata, il giorno successivo allo sbarco un corpo di
spedizione di circa ottomila soldati francesi, guidati da Enrico di Lorena
conte d'Harcourt e da Henri d'Escoubleau de Sourdis, arcivescovo di Bordeaux, inizia la marcia
verso Oristano. Dopo aver saccheggiato la peschiera di Cabras, i soldati
ugonotti (portanti dei larghi pantaloni gialli e per questo chiamati dai sardi “is
sordaus grogus”), entrano in città. Oristano è deserta: salvo la presenza di
qualcuno rimasto lì ancora ebbro di vernaccia, in quanto è carnevale, mentre gli altri
sono fuggiti! La città, viene pertanto occupata senza incontrare la minima
resistenza. Gli ugonotti si trattennero per alcuni giorni saccheggiando le
abitazioni e i luoghi di culto e depredando averi, oggetti sacri e scorte
alimentari.
L’abbandono di Oristano era stato deciso in fretta e furia dal colonnello Nieddu, che, considerata
l’impossibilità di far fronte ad un nemico così numeroso, aveva radunato i soldati
e la sua cavalleria, portandoli sul colle della basilica di Santa Giusta, in
attesa dell’arrivo dei rinforzi. Il viceré spagnolo, marchese di Almonacir di
stanza a Cagliari, informato dell’invasione, inoltra una richiesta di soccorsi
verso gli altri possedimenti italiani della Corona spagnola, cercando intanto
di organizzare la difesa di Oristano con la milizia territoriale. La cavalleria
sarda e la truppa, però, non si rivelano all’altezza del gravoso compito. La
nota rivalità tra i reparti cagliaritani e sassaresi impedisce un attacco
congiunto contro i francesi, e si rimane in attesa dei rinforzi, oppure della
possibile ritirata dei francesi di loro iniziativa.
Iniziano ad arrivare gli
aiuti. Quelli inviati dal governatore di Milano sbarcano a Portotorres una
decina di giorni dopo l’invasione; sei giorni dopo arrivano le 14 galere
inviate dal viceré di Napoli con il loro carico di soldati italiani e spagnoli,
che sbarcano invece a Cagliari.
Nel frattempo i sardi, che quanto a furbizia non sono secondi a nessuno, mentre attendevano i rinforzi ed essendo carnevale, periodo in cui si abbonda in tavolate, dolci e vernaccia, riuscirono a tenere sedati e “a riposo” i focosi ugonotti. Questo mangiare e bere a sazietà dei francesi, facilitò la riorganizzazione della difesa. Il colonello Nieddu, insieme all’ufficiale sardo Diego Masones, riuscirono a mettere in atto una curiosa quanto strategica trovata, una vera Strategia della Beffa, che venne posta in essere mentre le truppe erano radunate nel colle della basilica di Santa Giusta.
Nel frattempo i sardi, che quanto a furbizia non sono secondi a nessuno, mentre attendevano i rinforzi ed essendo carnevale, periodo in cui si abbonda in tavolate, dolci e vernaccia, riuscirono a tenere sedati e “a riposo” i focosi ugonotti. Questo mangiare e bere a sazietà dei francesi, facilitò la riorganizzazione della difesa. Il colonello Nieddu, insieme all’ufficiale sardo Diego Masones, riuscirono a mettere in atto una curiosa quanto strategica trovata, una vera Strategia della Beffa, che venne posta in essere mentre le truppe erano radunate nel colle della basilica di Santa Giusta.
La Strategia adottata fu
quella di far ruotare velocemente i miliziani sardi a cavallo attorno al colle della
basilica di Santa Giusta, creando un grande polverone che apparentemente dava l’impressione
di un esercito moltiplicato, pronto ad entrare in azione, mascherando così
l’esiguità delle truppe. Gli ugonotti, allarmati, credettero ad un massiccio
assembramento di truppe, decidendo quindi di conseguenza di abbandonare la
città. L’evento fu ricordato come “sa beffa
de is sordaus grogus”.
Intanto le truppe in difesa erano arrivate
alle porte di Oristano: sia quelle arrivate dal nord che dal sud. l soccorsi inviati
dal governatore di Cagliari Diego de Aragall, unitamente agli uomini comandati
da Nieddu e Masones sferrarono un micidiale attacco che costrinse i francesi ad
una veloce ritirata, che si trasformò addirittura in una rovinosa fuga, tanto
che lo stesso conte d'Harcourt venne ferito e l'arcivescovo di Bordeaux
costretto velocemente ad abbandonare il campo. Nella fuga i francesi lasciarono
sul campo numerosi morti, 36 vennero fatti prigionieri e recuperate numerose
armi, oltre a parte del bottino razziato. Tra i cimeli recuperati, persi nella veloce
fuga, anche otto vessilli, tra questi i quattro che noi oggi possiamo ammirare
nella bella Cattedrale di Santa Maria.
Un ricordo per i sardi di
antico valore, di furbizia, e anche di fortuna! A Santa Giusta, ancora oggi il
carnevale porta le tracce di questa antica storia: si chiama “Sa beffa”! Una bella pagina di storia.
A domani, amici.
Mario
Ecco due degli stendardi appesi sulla parete della Cattedrale di Oristano
1 commento:
Caro Mario, leggo spesso con interesse i tuoi articoli.
Credo che, al di là della ricostruzione, la cosa più bella di quella ricerca è stata la scoperta dell'opera di Giorgio Farris, custodita nella sala del consiglio provinciale
Grazie per avermi citato.
A presto
Posta un commento