domenica, marzo 10, 2019

DI MAIO, MODERNO MARCO POLO SULLA “NUOVA VIA DELLA SETA”. SARÀ QUESTO IL PERCORSO SCELTO, QUELLO RITENUTO MIGLIORE DELLA STRADA DELLA TAV?


Oristano 10 marzo 2019
Cari amici,
Difficile stabilire chi ha ragione e chi ha torto, nella lunga diatriba tra grillini e leghisti padani su TAV SI E TAV NO. Fosse ancora vivo il Manzoni, anziché uno di romanzi ne avrebbe scritto almeno due (ovviamente con un paio di Don Abbondio, di Renzi (scusate l’omonimia) e di Lucie, di bravi e signorotti e così via), in quanto di “matrimoni che non s’hanno da fare” a quanto pare ce ne sono diversi, mica uno solo!
Per quanto riguarda il matrimonio Salvini-Di Maio sulla Tav, ancora non sappiamo come andrà a finire, ma anche su quello ipotizzato tra Roma e Pechino (sacerdote celebrante anche in questo caso Di Maio), che ricorda un po' il Marco Polo del passato che si era avventurato sulla “Via della seta”, sembrano esserci dei forti tentativi di STOP, arrivati in modo forte e chiaro dagli USA. Ma vediamo di entrare nei dettagli su questo nuovo, curioso caso, rilevato già da qualche mese a seguito del “via vai” che di recente ha visto il nostro Ministro e Vice Premier Di Maio andare più volte in Cina.
Tutto è partito dal progetto cinese “Belt and Road”, più noto come “Nuova Via della Seta”, un intrigante disegno “con gli occhi a mandorla” studiato dalla Cina per creare una nuova, grande rete commerciale mista di trasporti ferroviari e marittimi, operativa e funzionante tra l’estremo Oriente e l’Europa. In questo articolato piano entrerebbe a pieno titolo anche l’Italia, con il porto di Trieste utilizzato come base logistica di arrivo delle navi cinesi nel Vecchio Continente. Il progetto, però, ha fatto saltare sulla sedia gli Stati Uniti d’America, che hanno visto subito questa iniziativa come il fumo negli occhi.
All’Italia in realtà l'avvertimento di evitare certi abbrracci da parte della Cina era arrivato fin dai tempi della presidenza di Obama negli USA, consiglio ribadito ora dal portavoce per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, Garret Marquis. L’alto funzionario, in una intervista rilasciata al Financial Times, non ha usato mezzi toni per affermare la scarsa, se non addirittura pericolosa adesione dell’Italia al progetto: “Siamo convinti che l’adesione italiana al progetto non porterà effetti benefici all’economia nazionale; anzi, nel lungo periodo potrebbe anche danneggiare la reputazione globale del Paese”. Il timore degli americani appare senza dubbio fondato. 
Per Washington la nascita di una “Nuova Via della Seta” è un progetto pericoloso, tendente a ribaltare gli attuali equilibri commerciali che vedono gli USA in primo piano sia sul commercio che sulla politica internazionale, che verrebbe minacciata da un avanzamento preponderante in Europa del nuovo colosso commerciale cinese.
Quando l’attuale amministrazione americana guidata da Donald Trump ha visto nel governo italiano la concreta disponibilità ad entrare nel progetto (non è certo sfuggito agli osservatori americani il via vai del ministro-vice premier Di Maio che si è recato per ben due volte in Cina nel giro di pochi mesi, a settembre e poi a novembre scorso), ha mandato un chiaro out-out: fate attenzione, l’abbraccio con Pechino potrebbe costarvi caro, a partire dall’isolamento diplomatico.
L’iniziativa italiana non è piaciuta neppure a Bruxelles. Anche la Commissione europea ha invitato Roma “a rispettare l’unità dell’UE”, in quanto l’Italia, con il suo SI, sarebbe il primo Paese europeo ad aderire ufficialmente alla Nuova Via della Seta. Insomma, le campane, sia europee che americane hanno chiaramente suonato dei rintocchi chiari: “Questo matrimonio non s’ha da fare”.
Amici, a ben pensare c’è da chiedersi: “Per quale ragione, nonostante gli americani ci avessero da tempo messo sull’avviso, il nostro Governo è rimasto “attratto” dagli investimenti cinesi in Italia”? Perché, nonostante l’avversione degli USA e anche dell'Europa, si vorrebbe comunque andare avanti con il pericoloso abbraccio con la potenza asiatica? Una delle ragioni è sicuramente da attribuire alla disperata necessità di attrarre investimenti nel nostro Paese, nell’intento di sostenere quella crescita economica, che è non solo ferma ma addirittura in recessione. Tuttavia certe prese di posizione vanno prima attentamente ponderate.
L’analisi del progetto “Belt and Road”, tra l’altro, non prevede concessioni particolarmente vantaggiose per l’Italia, prevedendo solo la concessione di prestiti, da parte della Cina ai Paesi partner (da definire all’interno di accordi bilaterali), per finanziare la costruzione delle opere. Prestiti, non finanziamenti a fondo perduto; quale dunque la reale convenienza?
L'Italia, però, ai consigli esterni sembra proprio refrattaria! In arrivo nella seconda decade di marzo c'è la visita del Premier cinese e gli ipotetici accordi potrebbero anche essere firmati. Chissà! Il duro monito americano, reso noto al mondo intero (il Financial Times è la bibbia dell’informazione finanziaria mondiale), e che con chiarezza ha evidenziato i rischi di un nostro sicuro isolamento diplomatico, se non sarà preso in considerazione credo produrrà effetti importanti e poco piacevoli, aggiunti a quelli non certo desiderati che arriveranno dall'UE. 
In apparenza, secondo quanto riferito dal quotidiano la Repubblica, Luigi Di Maio, tra vedere e non vedere, avrebbe deciso per ora “di tirare il freno a mano”, considerato anche che pure l’alleato leghista fin dall’inizio avrebbe espresso seri dubbi sull’iniziativa portata avanti dal M5Stelle.
Cari amici, come una telenovela dalle innumerevoli puntate, come una lunga (ma...pericolosa) tela di Penelope, nessuno per ora è in grado di prevedere se vincerà il SI o il NO alla Tav o se gli accordi con la Cina verranno sottoscritti. Il problema è serio! L'Italia è in recessione, non vi è ombra di dubbio, e dire che è "tecnica" o legata all'evoluzione internazionale non cambia la sostanza. La politica del costante rinvio delle decisioni non paga, anzi crea ulteriore incertezza, in particolare negli investitori internazionali che si guarderanno bene dall'investire nel nostro Paese.
Anche sulla TAV, le notizie di ieri e di stamattina, dicono che Conte si è preso altri 6 MESI per decidere! Mi ricorda, come detto in premessa, quel Don Abbondio di manzoniana memoria, a cui i Bravi continuavano a suggerire che le nozze di Renzo Tramaglino e Lucia Mondella non andavano celebrate!
A domani.
Mario


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