Oristano
20 Marzo 2017
Cari amici,
“Nemo
propheta in patria” (nessuno è profeta nella sua patria). È
questa una locuzione in lingua latina, sintesi dalla frase “nemo propheta acceptus est in patria sua” (nessun profeta è
gradito nella sua patria), riferita dai Vangeli (Luca 4, 24; cfr. anche Matteo
13, 57, Marco 6, 4, Giovanni 4, 44) come pronunciata da Gesù a Nazareth per evidenziare
la fredda accoglienza ricevuta dai suoi conterranei. Ancora oggi sta a
significare (in effetti da allora poco è cambiato) che difficilmente, nel
proprio Paese, i meriti della persona capace vengono riconosciuti e apprezzati,
ma ben più spesso ignorati, accantonati e non presi in considerazione.
Ho voluto riportare la
premessa di cui sopra per evidenziare il mio sdegno per l’ennesima
dimostrazione di come le nostre eccellenze, le grandi qualità dei nostri
concittadini, vengano non solo ignorate ma gettate via, come è successo a Sabina Berretta, la cui storia merita
di essere raccontata, evidenziata e portata alla luce. Vediamo dunque, insieme,
a che livelli è in grado di arrivare la nostra stupidità, nel perdere per
strada gioielli di valore spesso inestimabile. Sabina Berretta, che oggi a 56
anni dirige l'Harvard Brain tissue resource center del McLean Hospital di
Boston (considerato il “centro” con la più grande banca di cervelli del mondo),
ha voluto raccontare la sua incredibile storia al giornale La Repubblica.
Sabina, giovane fresca
di laurea con lode in Neurologia all’Università di Catania, inizia, pur senza
alcuna retribuzione, a fare la ricercatrice per tenersi aggiornata. Per potersi
mantenere economicamente partecipa al concorso per il posto di bidella proprio nell’Istituto
dove lavora, ma purtroppo risulta perdente: la feroce concorrenza (alimentata
dal savoir faire tutto italiano) la lascia da parte, considerandola non idonea.
Lei, però è caparbia e non si arrende: partecipa all’assegnazione di una borsa
di studio del CNR e la vince: può studiare un anno all’estero e perfezionarsi. Sceglie il MIT di Boston, che si rivelerà la scelta giusta, in quanto lì ha
potuto realizzare il suo sogno di scienziata: perfezionare le sue ricerche sul
cervello.
Sabina, riepilogando a
la Repubblica la sua storia, ha ricordato i vari passaggi della sua carriera. “Prima
ho lavorato con la direttrice del centro, poi sono diventata una ricercatrice
indipendente, con budget e staff. Quando la direttrice è andata in pensione,
ero quella che conosceva meglio l'archivio dei cervelli: darmi il suo posto fu
la scelta più ovvia". In America, contrariamente a quanto avviene
ancora oggi in Italia, la Meritocrazia
ha un suo preciso valore e viene prima di ogni altra cosa. Oggi lei è
orgogliosa di dirigere la più grande banca di cervelli del mondo. “Nei
nostri container ne abbiamo 3 mila, qui la materia grigia viene conservata e
analizzata con strumenti quasi fantascientifici”, afferma con un
sorriso.
Quale dunque il motivo
principale che in Italia impedisce ai nostri eccellenti ricercatori di essere
valorizzati nel nostro Paese? Carolina Brandi, ricercatrice del IRPPS-CNR,
l'Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali, afferma che “Per
far sì che esista almeno un saldo in pari tra i ricercatori che escono
dall’Italia e quelli che entrano, bisognerebbe incrementare i finanziamenti
alle università e agli enti pubblici di ricerca, cosa che non è stata fatta.
Anzi negli ultimi 10 anni abbiamo avuto dei decrementi notevoli”. Le è
stato chiesto: “È solo colpa dei mancati finanziamenti pubblici?” Niente
affatto, ha sostenuto ancora la Brandi.
“In Italia, purtroppo,
manca anche il ruolo dei privati. La differenza tra noi e i Paesi come la
Germania, la Francia e l’Inghilterra è proprio questa. Negli altri Paesi
europei le imprese finanziano la ricerca scientifica mentre invece da noi è
avvenuto il contrario ed è sempre stato il pubblico a finanziare la ricerca
delle imprese, vedi per esempio i progetti del CNR alla Fiat. Questa è stata
sempre una cosa negativa della politica italiana e noi ricercatori lo stiamo
denunciando da almeno la fine degli anni ’80”.
Cari amici, ogni anno circa
3 mila “cervelli” scappano dall’Italia e molti di loro non tornano più. 27 anni
fa è capitato come detto prima a Sabina Berretta, ma cosa è cambiato?
Praticamente nulla. Tutte le denunce fatte sono cadute nel vuoto e il tema della
ricerca scientifica continua a rimanere assente sia dall’interesse politico che
da quello industriale privato. Questo comporta un triste conseguenza che spesso si
sottovaluta: gli altri Paesi avanzano e nel frattempo l’Italia continua ad
allontanarsi dai Paesi leader e, scivolando in classifica, resta
inesorabilmente un Paese di serie B, se basta...
Grazie dell’attenzione,
a domani.
Mario
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