Oristano
1 Marzo 2017
Cari amici,
Vorrei iniziare i post di questo mese con un piccolo segno di speranza, riferito al nostro disastrato sistema economico che non viaggia certo su binari tranquilli. L’attuale situazione del nostro sistema bancario, evidenzia in modo drastico che il
monte delle insolvenze continua a crescere in misura tale da mettere in
difficoltà anche banche dalla lunga tradizione (ci basti pensare al Monte
dei Paschi di Siena, solo per citare la più antica istituzione creditizia in
essere già prima del 1.500). Difficile però pensare che tale immensa voragine,
costituita dai tanti debiti non onorati, possa essere frutto di una moltitudine
di affidamenti concessi a piccole e medie aziende, risultando, invece
costituita, da affidamenti miliardari concessi ad aziende di rilevanza nazionale, forse concessi con una “politica” troppa disinvolta, facilitata più dalle amicizie che dai dati di bilancio.
A chi naviga con costanza su Internet sono apparse anche liste parziali di debitori dai nomi altisonanti
(che io prudentemente qui non faccio), nomi dell’alta imprenditoria, che
sicuramente sono i veri responsabili degli ultimi crack bancari di fama ormai
nota. Purtroppo però, in Italia continua imperterrito a funzionare il gioco dei
due pesi e delle due misure: se un povero cristo di imprenditore, quello che
lavora sodo in azienda con pochi dipendenti (che per lui sono quasi la sua
famiglia) si trova in difficoltà, non solo perde tutto (compresa la casa dove
abita) ma spesso finisce anche in galera, mentre il grande imprenditore con
debiti miliardari continua a navigare con il suo yacht o a scorrazzare con la
sua Ferrari, gozzovigliando nelle ville di lusso senza paura del sequestro dei
beni o della restrizione della libertà.
Si, proprio 2 pesi e 2
misure, che hanno portato al fallimento di numerose piccole aziende, mai messe
in condizione di porre rimedio ad una crisi certamente non creata o favorita da
loro. Ebbene, forse anche per questi piccoli “portatori d’acqua”, per queste aziende
modeste che in un colpo hanno perso tutto, qualcosa - in positivo - sta per cambiare.
Un
deputato della sinistra indipendente, certo Giovanni Paglia, componente della
Commissione finanze della Camera, facendosi interprete della necessità di salvaguardare
tutta una serie di situazioni critiche di modesto importo relative ad aziende
di piccola e media dimensione, ma che tuttavia nella loro globalità causano al
Paese un danno rilevante, ha messo in piedi una ‘proposta di legge’ ad hoc: un
condono in banca per i piccoli debiti che non superano una certa soglia.
Per capire meglio il
problema, cerchiamo di entrare nel merito, osservando come attualmente vengono gestiti questi piccoli crediti
insoluti. Oggi gli NPL (Non Performing Loan, crediti che non rendono) vengono
venduti dalle banche al 20% del loro valore nominale (quando va bene) a dei
fondi speculativi. Questi sono in grado di realizzare il credito nella misura
del 40% circa. Per il piccolo debitore sono dolori seri: i suoi beni vanno in fumo,
passando di mano e acquistati da terzi per cifre che irrisorie rispetto al loro
valore reale.
La proposta del deputato Paglia ipotizza per questi 'piccoli debitori' un concordato
bancario, destinato a questi “soggetti deboli”; in Parlamento è già stata presentata e risulta essere una specie
di "Condono", un accordo tra piccoli debitori e banche, con uno
sconto notevole sull'importo dovuto, il cui incasso, ancorchè ridotto, risulterebbe utile e proficuo sia per l’azienda di credito
che per il debitore, ed eviterebbe tra l’altro di “ingrassare” chi lucra sulla
pelle di questi soggetti: i fondi speculativi e gli ‘avvoltoi’ acquirenti, che
comprano al 30, 40% del valore dei beni.
L’idea del deputato
Paglia appare valida dunque per entrambe le parti in causa, e potrebbe consentire a
liberi professionisti, piccoli imprenditori e famiglie di cancellare ed
estinguere il debito in contenzioso, pagando la banca con uno sconto del 70% circa. La
misura della transazione proposta in Parlamento, infatti, è proprio quella del 30% del valore: la banca
incasserebbe più dell’attuale 20% e il debitore, pagando il 30%, salderebbe la
pendenza senza perdere quanto, per un errore o per sfortuna, aveva accumulato
in anni di lavoro. Una misura equa che agevolerebbe soprattutto i piccoli
debitori che in genere finiscono rovinati, mentre i "bidonisti
grossi" (quelli di cui parlavo prima) continuano invece a farla sempre
franca.
L'idea iniziale, da cui
è scaturita la proposta di legge, sarebbe partita, come riporta il quotidiano
Libero, dall’ex capo del recupero crediti di Unicredit, l’avvocato Dino
Crivellari. “I cosiddetti NPL - come ha spiegato Crivellari a Libero -
vengono venduti dalle banche italiane al 20%, quando va bene, del loro valore
nominale ai fondi speculativi internazionali. Questi realizzano il credito al
40%, cioè spremendo i debitori insolventi in tale proporzione del debito. In
sostanza la banca interessata incassa solo il 20 per cento e il debitore viene
comunque spremuto. Il fondo invece ingrassa”. La conclusione da Lui
fatta è semplice: “Perché invece di regalare il credito a un fondo speculativo la banca
e il debitore non si accordano magari per un pagamento del 30%?”.
Altra nota positiva
derivante dall’applicazione di questo provvedimento sarebbe che il debitore,
uscirebbe (con l’accordo ‘in bonis’) dalla centrale rischi, e potrebbe quindi rientrare
nel giro dell’economia. “La banca – spiega ancora Crivellari – ottiene la
collaborazione del debitore, che in genere non è un truffatore ma uno che non
ce l’ha fatta, e ci guadagna più che seguire le solite vie, quelle che portano
a consentire alla speculazione internazionale di lucrare alle spalle della
povera gente. In questo modo si darebbe anche una mano decisiva al Paese per
far ripartire l'economia.
Chissà che, una volta
tanto, la politica non sia riuscita a pensare anche ai piccoli imprenditori e
non, come ha sempre fatto, solo ai ‘grandi gruppi’ che, come ben sappiamo, contano più dei governi…
A domani.
Mario
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