Oristano
19 Novembre 2015
Cari amici,
L’uomo su questo mondo non è stato creato per stare solo, se pensiamo
che da subito Dio, Creatore del mondo, stabilì che “non era bene che l’uomo stesse
da solo” e gli affiancò la donna. La specie umana, man mano che si
moltiplicava, iniziò a riunirsi in Comunità, nelle quali, partendo da ragioni opportunistiche di protezione e alimentazione, si crearono le prime solidali e pacifiche convivenze.
Questo stare insieme, per necessità ma anche per piacere, non
significava che ciascuno abdicasse alla propria indipendenza, che perdesse
insomma la propria personale individualità; proprio l’interscambio dei rapporti
sociali messi in atto consentiva, invece, di alleviare e riempire la
solitudine, per di più arricchendosi l’un l’altro anche delle diverse esperienze
personali possedute. Ciò nonostante, col trascorrere del tempo, iniziarono a
scatenarsi i conflitti: le idee individuali di ciascuno, spesso, si scontravano
con quelle degli altri, creando quei conflitti che a lungo andare facevano
perdere quell'auspicato piacere della vita comunitaria.
Man mano che il tempo passava e la presenza umana nella varie Comunità
aumentava (il moltiplicarsi esponenziale dell’uomo sulla faccia della terra
come sappiamo ha portato agli attuali oltre 7 miliardi di individui), i
conflitti anziché sedarsi si moltiplicavano: l’individualismo cresceva, così
come la conflittualità, oggi superiore a quella di ieri, quando le necessità di
sopravvivenza acuivano il bisogno di “fare gruppo”, per la caccia, la pesca, la difesa e
quant’altro.
Ma oggi, cari amici, come sono improntati i rapporti sociali? Cosa si
sta facendo per modificare in meglio uno “stare insieme” sempre più difficile?
In un mondo apparentemente globalizzato, dove l’aridità delle relazioni sociali
è sempre in crescendo e l’egoismo e l’individualismo non smettono di
prevaricare le relazioni sociali, stare insieme in armonia diventa ogni giorno
più problematico, sia nella vita familiare che in quella lavorativa e sociale.
Eppure ciascuno di noi, pur in un contesto arido e difficile come quello che viviamo, vorrebbe un
rapporto migliore con l’altro, che comunque continua a cercare!
E’ un’esigenza quasi scritta nel nostro DNA, quella che ci porta a
cercare di entrare in relazione amichevole con gli altri, in una parola cercare
di essere accettati dall’altro, di “piacere all’altro”, instaurando con lui una positiva
relazione sociale. Per creare questa “relazione”, però, non è necessario rinunciare ad
essere se stessi! Se è pur vero che ‘piacere agli altri’ è un desiderio umano inestinguibile, che fa
parte di quell’ottimale e necessario processo di comunicazione, avere sani e
corretti rapporti con gli altri, soddisfa anche il nostro profondo bisogno dii
sentirci amati e accettati.
Dale Breckenridge Carnegie (nato nel1888 a Maryville nel Missouri, morto
nel 1955 a Forest Hills, New York), scrittore e insegnante statunitense,
promotore di numerosi studi sul comportamento umano e sulla relazione
interpersonale, scrisse un interessante libro sull’argomento dal titolo “Come trattare gli altri e farseli amici”,
pubblicato nel 1936 in America e tradotto in
Italia da Bompiani. Nel corso della sua lunga carriera Carnegie scrisse altri
numerosi libri, anche se quello prima citato riveste ancora oggi un’importanza
particolare. L’autore stesso, nella prefazione originaria (il libro ebbe
numerose edizioni oltre la prima), definisce il libro “un manuale pratico di relazioni umane”, scritto per fornire alle
persone gli strumenti per comprendere le altre persone.
L’attenta lettura del libro ci fa capire che ogni persona è in grado
di stabilire buone relazioni, sia nella vita privata che in quella lavorativa,
utilizzando strumenti semplici e a costo zero, come il sorriso! Sì, il sorriso
è un arma semplice ma molto potente, il modo più diretto ed efficace per
esprimere all'altro la gioia di stare bene con lui. Il sorriso, il nostro
sguardo interessato, fanno capire all'altro il nostro sincero interesse per lui.
Dal nostro comportamento franco e leale l’altro si renderà conto della simpatia
che il nostro sorriso sprigiona, della nostra curiosità nei suoi
confronti. Curiosità che, essendo
contagiosa, fa scattare in lui la stessa voglia di conoscerci meglio. E' in questo modo che la relazione nasce, cresce e si consolida.
Questo, cari amici, non significa che la nostra curiosa simpatia deve
diventare “adulazione”, un falso modo questo per cercare di dimostrare di essere, noi, diversi da quello che vogliamo apparire, oppure, lui, diverso da quello che noi riteniamo
che sia. Dale Carnegie nel libro consiglia anche che per instaurare buone
relazioni con gli altri e farseli amici, è molto importante saper ascoltare. Saper
ascoltare l’altro significa almeno due cose: una che lo vogliamo ascoltare
senza giudicarlo, senza criticarlo, l’altra che anche Lui deve accettarci per
quello che siamo; è questo un modo corretto per dare e avere rispetto, salvaguardando
entrambi la propria personalità.
Si, cari amici, la
relazione sociale positiva non deve mai farci dimenticare di essere sempre “noi
stessi”, perché solo così potremo agire sullo stesso livello: dando e ottenendo
rispetto, senza essere mai né servi né giullari. Qualcuno, dopo queste affermazioni, potrà sicuramente
domandarci: come si fa ad essere se stessi? In modo semplice, conoscendoci a
fondo, senza sotterfugi.
Il motto “Conosci te stesso” (in greco antico:
ΓΝΩΘΙ ΣΑΥΤΟΝ) era diffuso già nell’antica Grecia, come dimostra la scritta sul
tempio dell’Oracolo di Delfi. La conoscenza di se stessi è il pilastro di tutte
le virtù ed è il primo passo importante da fare se si vuole vivere sempre in
modo autentico, prima con se stessi e poi con gli altri.
Grazie, amici, a
domani.
Mario
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