Oristano
14 Novembre 2015
Cari amici,
Innovazione è una
parola che, derivata dal verbo innovare, acquisisce sempre maggiore importanza
in questo millennio che vede scricchiolare molte delle solide certezze del
secolo scorso. L’evoluzione sempre più avanzata ci porta a toccare con mano cambiamenti
epocali mai vissuti prima, con la necessità di dover trovare soluzioni, più che nuove “innovative”, capaci di
fronteggiare le moderne problematiche portate dalla globalizzazione. Il verbo Innovare, consultando come è mio solito
la Treccani, esprime due significati importanti: il primo indica l’atto di introdurre
nuovi sistemi, nuovi ordinamenti, nuovi metodi di produzione, etc. (es. la nostra società richiede una profonda innovazione)
il secondo, identifica ogni novità, mutamento, trasformazione, che modifichi
radicalmente o provochi comunque un efficace svecchiamento (come in un
ordinamento politico o sociale, in un metodo di produzione, in una tecnica,
ecc.).
Detto questo, oggi vorrei
focalizzare la mia riflessione sul concetto di “Innovazione sociale”, intesa questa come vera leva di cambiamento, in grado di rielaborare, nel contesto sociale
ove si opera, tutto quello che appare obsoleto: sia luoghi che sistemi; insomma
una specie di processo di rigenerazione, urbana e sociale, che comprende non
solo il recupero dell’esistente, ma allo stesso tempo la creazione del nuovo:
amalgamando passato e presente per costruire il futuro. Per fare questo, per
passare dal vecchio al nuovo, risulterà però necessario, anzi indispensabile,
l’apporto delle nuove generazioni, quelle ‘forze fresche’ che vivono il
presente già proiettati nel futuro, dove dovranno operare da protagonisti.
Nella nostra povera Italia,
che vive momenti di grande drammaticità economica, è il Sud, l’anello più
debole della catena, quello che più necessita di essere supportato, proprio per
evitare che si spezzi definitivamente il cordone ombelicale col Nord. Il nostro
Sud di giovani ne ha tanti, in gran parte disimpegnati, anche se seriamente
preparati! Sta a loro lanciare la sfida del rinnovamento, dell’innovazione, del
“cambiamento”, se vogliamo che finalmente possa diminuire quel ‘gap’ che ci
divide non solo dal resto dell’Italia ma dell’intera Europa.
Le sfide di oggi, che
viviamo nel primo secolo del millennio della Globalizzazione, non sono,
infatti, di solo respiro nazionale ma Europeo, anzi addirittura mondiale.
L’Europa intera, si prepara al confronto, lanciando e raccogliendo sfide innovative di dimensione
planetaria. Un esempio concreto di queste sfide viene dal progetto “Entrepreneurs for Social Change”,
portato avanti dalla Fondazione CRT e
da UNAoC (United Nations Alliance of
Civilizations), iniziativa giunta alla Terza Edizione (quella 2015 del
programma si è svolta, con il training dal 18 al 25 ottobre 2015 a Torino).
La brillante iniziativa
è dedicata a supportare quei giovani imprenditori dell'area Euro-Mediterranea
che, orientati a generare nuove opportunità d'impresa, intendono sviluppare il
proprio lavoro nell’ottica di un serio e credibile positivo cambiamento
sociale. I previsti corsi di formazione, della durata di una settimana, comprendono
un training intensivo riservato a 20 imprenditori sociali, scelti tramite
la selezione competitiva delle diverse candidature pervenute (quest’anno oltre
1.200) dai 26 Paesi che si affacciano sul Mar Mediterraneo. Dieci esperti della
UNAoC predispongono le sessioni di training, inerenti diversi temi: dalla
costruzione di modelli di business, al fundraising, dalle strategie
occupazionali al superamento delle barriere interculturali e razziali, senza
tralasciare temi importanti come il coinvolgimento delle Comunità locali e lo
sviluppo delle aree marginali.
Al termine del
training, questi nuovi ‘imprenditori
sociali’ avranno l'opportunità di beneficiare di sessioni di tutoraggio sia
individuali che collettive per mettere in pratica ciò che è stato appreso. Ogni
partecipante sarà affiancato da un tutor per i 9 mesi successivi, periodo di
incubazione durante il quale l'idea imprenditoriale potrà crescere, aiutandoli
nei passaggi più delicati come l'avvicinamento di potenziali investitori, il
consolidamento del business-plan e la valutazione dell'impatto sociale.
Questo interessante
strumento, che apparentemente sembra destinato a giovani “aristocratici”,
magari di seconda o terza generazione appartenenti a famiglie imprenditoriali del Centro Nord,
ha visto invece la partecipazione di personaggi comuni, ma di alto spessore
culturale, provenienti da zone anche del Sud. Nella rigorosa selezione prima
accennata (la scelta di 20 nominativi tra gli oltre 1.200 candidati, di area
mediterranea), la rosa dei 20 giovani scelti, comprende ben 3 ragazzi italiani,
che rappresentano in modo eccellente anche il Sud dell’Italia.
E’ una bella storia
che merita di essere raccontata, anche se, considerata la lunghezza del pezzo di oggi, voglio riportarvi
domani.
Ciao a tutti, con il mio sempre sincero grazie per la vostra gradita attenzione.
Mario
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