Oristano
31 Agosto 2014
Cari amici,
ho voluto utilizzare
per il titolo della riflessione di oggi la famosa esclamazione attribuita a Socrate “Tanto tuonò che piovve!”, rivolta
alla moglie Santippe che, infuriata dopo l’ennesima serie di brontolii a
ripetizione, gli aveva rovesciato in testa un pitale colmo di urina. Altro
paragone calzante è quello che a furia di gridare “al lupo, al lupo”, questi
arriva poi davvero quando meno te lo aspetti. Abbiamo boriosamente voluto urlare
ai quattro venti che il peggio era passato, che lo spread era tornato a
livelli migliori di prima della crisi, che la ripresa ormai era già in tasca e
che all’orizzonte si intravedevano già valli rigogliose di latte e miele, come
quelle intraviste dagli ebrei dopo l’uscita dal deserto egiziano per mano di
Mosè, ma nulla è cambiato, anzi. Sogni, solo sogni, che al primo sole sono
immediatamente svaniti.
E’ di questi giorni la
notizia che l’Italia, già in recessione, è entrata in deflazione. I
dati economici, aridi e tristi, non lasciano dubbi: lo ha comunicato l'Istat
spiegando che la stima preliminare diffusa il 6 agosto 2014 scorso aveva già rilevato
una diminuzione tendenziale dello 0,3%. Nel secondo trimestre del 2014 il
prodotto interno lordo è diminuito dello 0,2% sia rispetto al trimestre
precedente, sia nei confronti del secondo trimestre del 2013. Il PIL è così
risultato negativo per due trimestri consecutivi (-0,1% nel primo trimestre). La
variazione acquisita per il 2014 è pari a -0,2%. Il calo congiunturale del PIL
è la sintesi di andamenti negativi del valore aggiunto in tutti i principali
comparti, con diminuzioni dello 0,8% nell'agricoltura, dello 0,5%
nell'industria e dello 0,1% nei servizi. In termini tendenziali, il valore
aggiunto è aumentato dello 0,4% nell'agricoltura e dello 0,1% nei servizi,
mentre ha registrato un calo nell'industria in senso stretto (-0,7%) e nelle
costruzioni (-2,1%).
L'Italia
è entrata dunque in deflazione: per la prima volta, dopo oltre 50 anni,
cioè dal Settembre del 1959, quando però l'economia non era stagnante ma era in
forte crescita. La precisazione è sempre dell'Istat, che ricorda che allora la
variazione dei prezzi risultò negativa dell'1,1%, in una fase di 7 mesi di
tassi negativi. A creare seria preoccupazione è addirittura il calo degli
alimentari: ad agosto risulta ancora negativo il cosiddetto “carrello della spesa”,
ovvero l'insieme dei beni che comprende l'alimentare, i beni per la cura della
casa e della persona. Il ribasso rilevato infatti pari allo 0,2%, anche se in
recupero rispetto al -0,6% di luglio.
Ad agosto risultano in
deflazione tre settori su dodici, tra i comparti monitorati. I prezzi infatti
scendono, su base annua, per alimentare (-0,5%), comunicazioni (-9,1%) e
abitazione, acqua, elettricità e combustibili (-1,1%). L'istituto di statistica
sottolinea che tra i tre il capitolo comunicazioni presenta tassi negativi da
più lungo tempo. A confermare che piove sempre sul bagnato, è anche il tasso di disoccupazione, calcolato a Luglio, che
è salito al 12,6%, in aumento di 0,3 punti percentuali rispetto a Giugno
(era al 12,3%) e di 0,5 punti su base annua. Si torna così, dopo il calo di Giugno,
ai livelli di Maggio (12,6), vicini al massimo storico toccato a Novembre 2013
(12,7%). Il numero dei disoccupati è salito a quota 3milioni 220mila, in
aumento del 2,2% rispetto a giugno (+69mila) e del 4,6% su base annua
(+143mila).
Cari amici, credo che
le aride cifre esposte non si prestino a interpretazioni diverse dalla
durissima realtà: il nostro è un Paese che può essere paragonato ad un malato
grave, anzi gravissimo, che senza cure immediate può soccombere in qualsiasi
momento.
E’ tempo che dalle parole si passi ai fatti: fatti concreti, che debbono
riguardare non solo l’Italia ma anche l’Europa, se veramente vogliamo che
questa Europa sia una vera unione di popoli e non solo una parvenza, comoda
solo ad alcuni. E’ tempo che i Paesi che la compongono, in particolare quelli
che hanno dato vita oltre 60 anni fa all’Unione Europea, guardino concretamente
in faccia la realtà e, senza indugio, completino quel percorso rimasto a metà
strada, trasformando l’Europa Unione Economica in un vero Stato Federale. Qualunque
cosa, lasciata a metà, è un’incompiuta che con il tempo diventa più un danno
che un guadagno. In questo momento l’Unione corre un pericolo mortale: senza
trasformarsi concretamente in uno Stato, credo il suo destino sia già segnato.
Ciao.
Mario
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