sabato, agosto 30, 2014

LA “CASA FAMIGLIA” E LE LEGGI CHE REGOLANO L’AFFIDO FAMILIARE. LA RECENTE INGIUSTA SENTENZA DEL TRIBUNALE DI MILANO.



Oristano 30 Agosto 2014
Cari amici,
la recente sentenza del Tribunale di Milano che ha negato l’indennità di maternità ad una “mamma” che, con grande disponibilità e gratuitamente, aveva accolto in affido diversi bambini, sarà stata pure formalmente corretta, ma certamente terribilmente sbagliata nella sostanza. Usando le parole di mia nonna che, riferendosi a certe norme giuridiche del passato le considerava  “rimedi peggiori del male che intendevano  combattere”, potrei dire che se c’è un modo di scoraggiare la grande disponibilità delle famiglie che, volontariamente e gratuitamente,  si rendono disponibili a dare una casa a bambini sfortunati, questa sentenza lo ha centrato in pieno. Ma veniamo ai fatti, partendo dagli antefatti.
In ottemperanza alle leggi 184/83 e 149/2001 sono state istituite nel nostro Paese le “Case Famiglia”. Queste nuove strutture, nate per sostituire le precedenti “Comunità Educative” (che in base alle nuove norme venivano accantonate), intendevano far vivere i minori, nati in famiglie in difficoltà, in un ambiente simil-familiare, ben più consono rispetto alle asettiche strutture precedenti, dove venivano seguiti da educatori professionali regolarmente retribuiti, ma certamente poco disponibili a comportarsi da veri e propri “genitori”. La nuova Casa Famiglia, infatti, ha previsto per i minori un’assistenza fornita da dei veri genitori, una coppia di coniugi, una mamma e un papà, proprio come una vera famiglia, per l’appunto. I nuovi genitori affidatari, si sarebbero occupati, spontaneamente ed a tempo pieno dei bambini, per loro libera scelta e senza retribuzione alcuna. Come hanno fatto Cristina, mamma a tempo pieno non retribuita e papà Tommaso, coppia che da anni svolge con grande disponibilità ed altruismo questo difficile compito (hanno dato vita alla Casa Famiglia “La Tenda di Giobbe” nella loro casa a Crema) di ricreare un “ambiente familiare” ai bimbi sfortunati che ne erano privi.
Nel corso di diversi anni, i coniugi Sacchi hanno dato assistenza a diversi bambini. In occasione dell’arrivo di nuovi minori in difficoltà presso la loro “Tenda di Giobbe”, Cristina inoltrò domanda all’INPS per ottenere l’indennità di maternità prevista per l’affidamento: 8 congedi in tutto per 8 minori accolti presso di Loro. L’indennità fu regolarmente concessa ed incassata fino al maggio scorso, quando in una comunicazione dello stesso INPS si chiedeva a Cristina il totale rimborso delle somme ricevute, circa 21mila euro. Meravigliati della revoca fu subito inoltrato un primo ricorso amministrativo, che venne però respinto. Un secondo ricorso presentato a Milano, presso il giudice del lavoro Giorgio Mariani, fu ugualmente respinto. La motivazione della contestata sentenza emessa dal tribunale di Milano è stata questa: Cristina Sacchi non è una genitrice affidataria, bensì una semplice figura di educatrice. Per il Tribunale di Milano la “mamma” di un casa famiglia è soltanto un’educatrice e non ha diritto all’indennità di maternità prevista per l’affido!
Questa incredibile e incresciosa vicenda mette in luce un grande vuoto normativo al quale è necessario porre rimedio con urgenza. Quando la legge ha creato la “Casa Famiglia” non ha previsto il giusto e necessario riconoscimento giuridico alla nuova struttura, con la predisposizione di una normativa adeguata. Non è pensabile che lo spirito di accoglienza e generosità di una famiglia venga frustrato da una legislazione miope, incapace di scorgere la differenza tra un genitore, che accoglie con amore sincero, e un educatore di professione. Senza una giusta normativa, anche la disponibilità e l’altruismo di molte famiglie verrebbe meno: anziché operare per incentivare si opera per scoraggiare, come di recente è avvenuto con il caso di Cristina Sacchi, madre affidataria della Casa Famiglia “La Tenda di Giobbe” di Crema.
Cari amici, questo increscioso episodio mi ha turbato sensibilmente. Mi ha riportato indietro nel tempo, di molti lustri. Sono un papà adottivo. Io e mia moglie abbiamo adottato 27 anni fa un bimbo che ora è un uomo: a Novembre compirà 30 anni. Santino ha sempre saputo, fin dai primi anni, che non era nostro figlio ma era nato in un’altra famiglia. Credo che a casa nostra abbia ritrovato quella serenità che da piccolissimo gli era mancata. Io capisco bene l’amarezza di Cristina e Tommaso, e sono anche certo che essi continueranno con caparbietà a svolgere la loro opera meritoria. Ciò non toglie che una legge sbagliata vada corretta subito: spesso può fare danni incredibilmente grandi, ed a perdere saranno soltanto i minori, già colpiti da grande sfortuna, privati anche dell’amore di una nuova mamma.
Grazie a tutti Voi che mi seguite.
Mario

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