Oristano
11 Agosto 2014
Cari amici,
non sono certo Io il primo a sostenere che sia la Vergogna che il Pudore sono due sentimenti in via di estinzione.
Sentimenti nobili
entrambi, specchio della nostra anima, capaci di esternare in modo
inequivocabile la nostra forte emozione interiore di fronte ai comportamenti
fuori dalle regole sociali. Essi, nati con l’uomo, da tempo stanno diventando
sempre più rari, e finiranno per abbandonarci e scomparire del tutto.
Etimologicamente il
termine Vergogna deriva dal latino "vereor gognam", cioè temo la gogna, temo di
essere messo alla berlina. Nel sentimento della vergogna scatta infatti in noi
“la paura del giudizio altrui”: essere additati come soggetti che si comportano
al di fuori dalle regole sociali. Il termine Pudore, invece, fratello gemello
della vergogna, evidenzia nel soggetto la sua capacità o meno di avere quel
misurato senso di discrezione, di misura, di ritegno; il pudore indica con
chiarezza quel sentimento di disagio che si prova per tutto quello che appare
moralmente sconveniente e fuori dalle regole sociali, in particolare per quanto
riguarda la sessualità.
La vergogna, in
particolare, ha sempre creato in chi la prova grossi patemi d’animo per gli
errori commessi; è un’emozione che pervade in modo intenso, capace di
attanagliare il nostro Io messo a nudo, facendoci sentire smarriti, smascherati,
esposti allo sguardo altrui, implacabile e giudicante. Sensazione terribile,
che fa scattare un forte desiderio insopprimibile di sparire, se fosse
possibile. Paradossalmente quella che si prova non è solo un’emozione interiore:
anche il nostro corpo partecipa congiuntamente con espressioni fisiche evidenti,
come l’arrossamento delle guance, facendoci abbassare lo sguardo, creandoci un
certo tremore alle mani. Sono i segni di una disfatta: quando ci sentiamo
smascherati la nostra immagine sociale positiva viene spazzata via.
La vergogna è un
sentimento a grande valenza sociale. Il senso di vergogna si è sviluppato man
mano che crescevano e si perfezionavano i vari livelli di vita sociale, diventata
nel tempo sempre più articolata e complessa. Vita sociale fatta di precise regole
da rispettare, dove il comportamento consono e rispettoso di esse costringe chi
viola le norme a essere evidenziato e messo all’indice; in una parola a “vergognarsi”,
venendo additato in modo negativo a tutta la Comunità: insomma “messo alla
gogna”. L’evoluzione dei comportamenti umani nel tempo è cosa nota, con la
conseguente variazione delle regole sociali. Tuttavia, nonostante
l’allentamento delle regole precedenti più restrittive, in particolare quelle morali
(non parlo solo dal punto di vista sessuale), il timore della riprovazione pubblica
per il mancato rispetto delle regole ha resistito a lungo nel tempo.
Radiografando la
società italiana al giorno d’oggi possiamo dire che, quanto a vergogna, non
siamo secondi a nessun altro Paese: la nostra Società ha dimenticato non solo
la forma (del rispetto delle regole) ma soprattutto la sostanza.
Marco Belpoliti,
scrittore e saggista, nel suo ultimo libro “Senza
Vergogna”, nel quale analizza la società italiana, ormai globalizzata, scrive:
«La
vergogna non c’è più. Quel sentimento che ci suggerisce di provare un
turbamento, oppure un senso d’indegnità di fronte alle conseguenze di una
nostra frase o azione, che c’induce a chinare il capo, abbassare gli occhi,
evitare lo sguardo dell’altro, a farci piccoli e timorosi, sembra scomparso.
Oggi la vergogna, ma anche il pudore, suo fratello gemello, non costituisce più
un freno al trionfo dell’esibizionismo, al voyeurismo, sia tra la gente comune
come tra le classi dirigenti ».
Significativamente, anche
nel libro di Belpoliti, è la cronaca socio-politica italiana a farla da
padrone. Ormai non si contano più le ruberie, gli intrallazzi, i comportamenti
immorali anche delle più alte cariche sia della politica che dell’economia e
del sociale. Non c’è vergogna nell’appropriarsi della cosa altrui, nel saccheggiare
le casse pubbliche, nell’arricchirsi in modo spudorato a danno delle classi più
deboli. Si opera vergognosamente senza
“provare vergogna”, riuscendo a farlo anche senza arrossire, senza provare
il minimo disagio.
La Società di oggi,
cari amici, sembra aver smarrito il senso, il timore della vergogna. Lontani i
tempi in cui Shakespeare fa dire ad
Amleto «O Vergogna, dov’è il tuo
rossore?». «Vergogna! », è stato anche il grido di Papa Francesco, che non
poteva trovare parola migliore per definire quel che accade in Europa per
quanto riguarda l’immigrazione, di fronte all’indifferenza manifestata da
tanti, da troppi. In realtà il grido del Papa era un
invito a ritrovare un sentimento in via di estinzione, uno dei pochi sentimenti
che distinguono il genere umano dagli animali: senza provare vergogna anche il
rimorso, che suggerisce a chi sbaglia di rimediare alla propria accertata
indegnità e indifferenza colpevole, scompare nello stesso abisso dell’oblio.
Cari amici, è con tanta
tristezza che chiudo questa mia riflessione odierna. La cronaca quotidiana, sia
nostra che degli altri Paesi del mondo, evidenza un’indifferenza sempre più
grande, che ha fagocitato sentimenti nobili come la vergogna e il pudore.
Una
società globalizzata, la nostra, che assomiglia sempre di più ad un mondo
senz’anima, senza sentimenti; un ritorno ad una sorta di Società primordiale, che
Thomas Hobbes definiva competitiva ed egoista, esemplificata dalle frasi
«Bellum omnium contra omnes » ("la guerra di tutti contro tutti"
nello stato di natura), e «Homo homini lupus» ("ogni uomo è lupo per
l'altro uomo"). Spero che vergogna e pudore non si siano estinti ma
sopravvivano, per quanto accantonati; mi auguro che essi, nella lunga spiaggia
della nostra vita, siano solo coperti da uno strato di sabbia, che una bella
mareggiata, accompagnata da un provvido
maestrale, spazzi via quanto prima, riportando in auge quei baluardi
delle regole sociali indispensabili per la civile e pacifica convivenza.
Grazie a tutti Voi
della gradita attenzione.
Mario
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