Oristano 27 Agosto 2014
Cari amici,
terra straordinaria il
SINIS di Cabras. Ho la fortuna di avere in quest’oasi il mio rifugio al mare e,
anche nel mese di Agosto, il verde della sua vegetazione spontanea che ricopre
quest’angolo di paradiso offre al visitatore un panorama straordinario. Mille
le tonalità che il nostro occhio può cogliere: il verde intenso dei lentischi,
quello più tenue delle palme nane, quello variegato delle foglie della
fillirea, e delle mille varietà di erbe tra cui primeggia il finocchio
selvatico. Anche senza addentrarsi nei campi, chi percorre la provinciale che
da Cabras porta a S. Giovanni e Tharros potrà osservare distese immense di
questa pianta che spontaneamente colonizza i campi circostanti, avanzando fino
ai bordi della strada. E’ una meraviglia osservare quelle piante rigogliose di
un bel verde smeraldo, che portano in cima corolle (ombrelle) di fiori di un
tenue giallo che brilla ai raggi del sole.
Il finocchio selvatico
è una delle tante piante officinali presenti nel Sinis; personalmente ne faccio
buon uso, perché la pianta si presta ad essere utilizzata in mille modi. Per
chi non la conosce a sufficienza, ecco alcune delle sue principali
caratteristiche e qualità.
Il finocchio selvatico (Foeniculum
vulgare Mill.) è una pianta erbacea mediterranea della famiglia delle Apiaceae
(Ombrellifere). E’ una pianta spontanea
perenne, dal fusto ramificato, alta fino a 2m. Possiede foglie che ricordano il
fieno (da cui il nome foeniculum), di colore verde intenso e produce in estate
ombrelle di piccoli fiori gialli, ai quali poi seguono i frutti (acheni), prima
verdi e poi grigiastri. La pianta è edule e ben usata in cucina, ma le sue
virtù salutari sono ben superiori: ampio il suo utilizzo officinale.
A scopo terapeutico si
utilizzano tutte le parti della pianta, ricca di olio essenziale, vitamine e
sali minerali: i germogli, le foglie, i fiori, le radici e i frutti
(impropriamente chiamati "semi"), che hanno utilizzi differenziati. L’utilizzo
officinale maggiore è sicuramente quello dei semi, che vanno raccolti in piena
maturità (settembre-ottobre), perché possano conservare a lungo sia l’aroma che
le proprietà medicinali. I fiori, invece, vanno raccolti normalmente a partire
dalla metà d'agosto fino a settembre inoltrato. Il fiore si può usare sia fresco
che essiccato all'aperto, in piena luce ma lontano dai raggi diretti del sole,
che farebbero evaporare gli olii essenziali. Le "barbe" o foglie e i
teneri germogli si possono cogliere dalla primavera all'autunno inoltrato; Le
radici infine si raccolgono in Novembre: si lavano e si tagliano in 2 per il
lungo, si essiccano al sole e si conservano in vasi di vetro con la chiusura
ermetica.
L’analisi dei
componenti utili di questa pianta ha evidenziato la presenza di: anetolo (da
cui dipende il suo aroma), fencone, chetone anisico, dipinene, canfene,
fellandrene, dipentene e acido metilcavicolo. Il finocchio risulta emmenagogo,
diuretico, carminativo, antiemetico, aromatico, antispasmodico,
antiinfiammatorio, tonico epatico. È utilizzato in particolare per chi ha
difficoltà digestive, aerofagia, vomito e anche nell'allattamento, per ridurre
le coliche d'aria nei bambini. È noto infatti che una tisana fatta con i semi
di questa pianta risulta molto efficace nel trattamento di gonfiori addominali
da aerofagia. I suoi effetti benefici non finiscono qui.
I suoi componenti sono
in grado di combattere i processi fermentativi dell'intestino crasso, e quindi
diminuire il gas intestinale, riducendo la componente dolorosa della sindrome
da colon irritabile. Attenzione, però, alle dosi elevate dei suoi componenti (concentrati
nell'olio essenziale estratto dai semi): i principi attivi della pianta, in
dosi massicce, possono avere modesti effetti allucinogeni.
La virtù medicamentose
della pianta, in particolare i semi, risultano essere state utilizzate fin
dall’antichità. Fino al 19º secolo, i semi di finocchio
furono impiegati nelle malattie infettive molto gravi, quali il vaiolo e la
malaria. Anche l’uso esterno dei semi polverizzati, utilizzato sin dai tempi
degli antichi romani, costituisce un efficace rimedio per rinforzare la vista:
basta lasciarne per alcuni minuti mezzo cucchiaio in mezzo litro d’acqua
bollita, quindi applicare il “collirio” sugli occhi con impacchi e lavaggi
locali.
L’infuso dei semi della
pianta, utilissimo a tutti e assolutamente privo di controindicazioni, si
prepara versando 1 litro d’acqua bollente su 30 g di semi e lasciando riposare
il tutto per mezz’ora; bevuto a tazze dopo i pasti, svolge azione digestiva,
antifermentativa, antispastica, antisettica, emmenagoga e galattogena. A questo
scopo si possono anche utilizzare sia la polvere di semi (1 g 3 volte al
giorno) che l’olio essenziale (1-6 gocce al giorno). Quest’ultimo è reperibile
in erboristeria sia allo stato puro sia diluito. Se usato esternamente, l’olio
essenziale - diluito con 2 parti di olio
di mandorle e frizionato sulla parte
colpita 1 o 2 volte al giorno - ha la
proprietà di uccidere i parassiti della pelle (pidocchi del cuoio capelluto e
del pube, zecche, scabbia eccetera).
L’azione della radice,
invece, è soprattutto diuretica. Il decotto si prepara facendo cuocere per 10
minuti 30 g di radice in 1 litro d’acqua: si beve a tazzine (2-3 al giorno)
lontano dai pasti. La radice del finocchio selvatico, assieme a quelle del
sedano, del prezzemolo, del pungitopo e dell’asparago, viene adoperata nella
preparazione dello “sciroppo delle 5 radici”, utile come diuretico e
carminativo. Si prepara dapprima il decotto facendo bollire per 20 minuti 60 g
di radici (utilizzate in parti uguali) in 1 litro d’acqua. Poi si cola, si
unisce a mezzo kilogrammo di zucchero e si mescola, quindi si filtra e si
utilizza a cucchiai (5-8) durante il giorno. Utili, infine, dal punto di vista
medicinale, sono anche le cime fiorite del finocchio, le quali, masticate
lentamente, aiutano a digerire e tolgono all’alito il fastidioso odore di aglio
o di cipolla.
Tralasciando per un momento
le sue virtù terapeutiche, questa pianta riveste in cucina un ruolo importante:
il finocchio selvatico è capace di dare sapore, profumo e delicatezza ad una
infinità di piatti. Del finocchio selvatico, chiamato in cucina anche
"finocchietto", si usano, a seconda delle ricette, diverse sue parti:
i fiori freschi o essiccati, i frutti, impropriamente chiamati
"semi", le foglie (o "barbe"), i rametti più o meno grandi,
raccolti a mazzetti. I fiori si usano per aromatizzare le
castagne bollite, i funghi al forno o in padella, le olive in salamoia e le
carni di maiale; i cosiddetti "semi" si usano soprattutto per
aromatizzare i dolci (anicini), le ciambelle o altri dolci casalinghi e per
speziare vino e tisane.
Le foglie si usano fresche e sminuzzate per insaporire
minestre, primi piatti di pasta o riso, pietanze di pesce, insalate e formaggi:
nella "pasta con le sarde" le foglie del finocchio selvatico sono uno
degli ingredienti essenziali; ottimo è anche lo sformato di cime tenere fresche,
finemente tritate, amalgamate con le uova, eventualmente in abbinamento con le
punte di asparagi selvatici. I rametti più o meno grandi sono
utilizzati (sia freschi che essiccati) per aromatizzare le olive da confetto,
cucinare con abbondante aglio le fave secche e le lumachine del Sinis, “su
sinzigorreddu”, che si raccolgono
staccandole proprio dalla pianta del finocchio, dove attaccate ai gambi,
passano l’estate. E’ tradizione sarda preparare (in particolare con i fiori) un
ottimo liquore digestivo.
Il digestivo di
finocchio selvatico si può preparare sia con i semi secchi che con i fiori
freschi. Personalmente io, che mi diletto di liquoristica casalinga, preferisco
usare i fiori freschi. Il risultato ottenuto è nettamente superiore: gli olii
essenziali del fiore fresco, danno al digestivo una maggiore fragranza.
Inoltre anche l’aspetto risulta più gradevole: la colorazione giallo-oro del
prodotto finito risulta più invitante. Per non tenervi sulle spine ecco la
semplice ricetta per preparare quest’ottimo liquore. E’ necessario solo munirsi
di una buona dose di pazienza. In un paio d’ore di passeggiata nei campi del
Sinis, con una busta ed un paio di forbici, potete procurarvi una bella scorta
di ombrelle di fiori, scegliendo quelle con i fiori più freschi. Arrivati a
casa con le pinzette per le sopracciglia staccate con pazienza i fiori gialli
dalle ombrelle depositandoli in un colapasta. Al termine lavate con delicatezza
i fiori e depositateli in un vaso di vetro a chiusura ermetica (di circa due
litri e mezzo).
Versate sopra i fiori
un litro d’alcool puro, chiudete ermeticamente e agitate bene, in modo che i
fiori siano completamente immersi nell’alcool. Mettete da parte il recipiente
ben chiuso, in luogo fresco e asciutto. Per due settimane controllate il vaso
giornalmente agitandolo (senza aprirlo) in modo da amalgamare al meglio i fiori
nell’alcool: vi accorgerete che il liquido giorno dopo giorno assume tonalità
di giallo sempre più evidenti. Trascorsi i 15 giorni preparate 350 grammi di
zucchero che scioglierete in acqua. Fate bollire e poi lasciate raffreddare.
Mettete lo scolapasta dentro una pentola e fate scolare il contenuto del vaso
di vetro. Il liquido della pentola, privato dei fiori, va rimesso nel vaso di
vetro, aggiungendo l’acqua zuccherata prima preparata. Il composto così
ottenuto va lasciato riposare per ulteriori 15 giorni.
Trascorso un mese dalla
Vostra fatica, filtrate ora con un filtro di carta il liquido e imbottigliate:
il liquore risulterà di un bel giallo (può oscillare dal giallo tenue a quello
più carico, con leggere venature di verde). Il liquore che avete preparato è un
ottimo digestivo (la gradazione alcoolica prima calcolata è di circa 40°, può
essere anche diminuita, aggiungendo prima dell’imbottigliamento, una piccola
dose di acqua distillata), dal sapore intenso, gradevole, che in poco tempo è
in grado di alleggerire l’eventuale pesantezza di stomaco, dopo una bella
scorpacciata! Credetemi è davvero efficace!
Che dire, cari amici,
Il Sinis è proprio un angolo di paradiso, pieno di straordinarie ricchezze, tra
le quali regna il finocchio selvatico!
Ciao.
Mario
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