Oristano 8 Febbraio
2014
Cari amici,
su queste pagine ho già
trattato a lungo di Sartiglia: delle sue origini, e della sua importanza nel
tempo; rito, ieri come oggi, che regala oltre la gioia della partecipazione,
ben altri significati, legati non solo alla festa del carnevale ma all’auspicio
di un anno ricco di fecondità e benessere.
Oggi vorrei
ripercorrere con Voi il rituale della “Vestizione” del capocorsa, quel
Componidori che attraverso un incantesimo si trasforma, lascia i panni umani
per assumere quelli di un “semidio”: figura androgina, maschio e femmina allo
stesso tempo, capace di mettere in contatto l’umano con il divino; capo corsa forte e capace, un magico “tramite” per ottenere, attraverso la sua abilità e
maestria, le grazie celesti per un anno ricco e fruttuoso. Sarà il numero delle
stelle colte, da Lui e dai suoi cavalieri, a stabilire l’andamento, più o meno
favorevole, dell’imminente annata agraria. Ecco ora, riepilogato per Voi, il
sacro rito della “trasformazione” dell’uomo in Componidori, re indiscusso della
giostra, che per un giorno riesce a elevarsi a “Sacerdote
della fecondità”.
Sono stati i
responsabili dei due Gremi deputati a gestire la Sartiglia a scegliere e
selezionare, tra i tanti aspiranti, i due che avrebbe vestito i panni di Componidori.
La notizia ufficiale della designazione dei due capocorsa è stata data da
s’Oberaiu
Majore del Gremio dei Contadini (quest’anno Nando Faedda) e dal Majorale en
Cabo del Gremio dei Falegnami (quest’anno Francesco Cadoni); lo hanno fatto il
2 Febbraio scorso, giorno della Candelora, data significativa ed augurale, come
ho già avuto modo di riportare qualche giorno fa su queste pagine. La Sartiglia
è regolata da antichi e rispettati rituali, che si susseguono fino ai giorni
del torneo (nel 2014 Domenica 2 e Martedì 4 Marzo), tra i quali l’emozionante
cerimonia della vestizione del Capocorsa. Un rito quest’ultimo denso di
sacralità, perché su Cumponidori, scelto con grande attenzione dai Gremi, deve sempre essere
un cavaliere “numero uno”, forte, puro e coraggioso, capace di creare quel necessario
connubio tra terra e cielo.
Il rito della vestizione,
molto simile sia la Domenica che il Martedì, prevede una preparazione
meticolosa.
L’operazione, che viene effettuata intorno a mezzogiorno, è
preceduta, almeno un paio d’ore prima, dalla lettura del Bando della Sartiglia,
fatto da un araldo in costume e a cavallo, che invita la popolazione ad
assistere alla giostra equestre. L’araldo, scortato dai Tamburini e dai Trombettieri
parte da piazza Eleonora, dove si affaccia il Palazzo del Comune e, seguito da
un grande corteo, che indossa anche costumi tradizionali dell’epoca, gira per
la Città, fermandosi nelle piazze a ripetere il Bando. Verso le 11,00 il
Capocorsa, dopo aver visitato le scuderie per salutare gli amici e i suoi cavalieri,
si reca presso la casa del Presidente del Gremio, accolto in modo regale. E’ da
lì che partirà il corteo verso la Sede preparata per la sua Vestizione. Il
gruppo dei tamburini e trombettieri, già radunato nello spiazzo antistante la
casa del Presidente, aprirà il corteo, composto dalle "massaieddas" e
dalla massaia manna, che portano, dentro antichi e ricchi cestini sardi, gli
abiti de su Componidori. Attori primari nel corteo i componenti del Gremio, che
custodiscono le spade e gli stocchi per la corsa, e - ovviamente – il protagonista
assoluto della corsa, Su Componidori, ancora nelle sue vesti umane.
A mezzogiorno (nella
sartiglia della Domenica, la vestizione de Su Componidori è effettuata nella
sede del Gremio dei Contadini in via Aristana, mentre in quella del Martedì
successivo la vestizione avviene nella sede del Gremio dei Falegnami in via G.M.
Angioy), il cavaliere designato, accompagnato dal suono della launeddas e tra
gli applausi della folla, il rullo dei tamburi e lunghi squilli di tromba, raggiunge il locale prescelto. Qui, tra ali di folla, sale sopra
“sa mesitta”, il tavolo sul quale si compirà il rito. Da quel momento, il
designato Cumponidori non potrà più toccare terra (non podit ponnî pei in
terra) sino al termine della Sartiglia. Qualunque contatto diretto con la
Grande Madre Terra dovrà essere evitato, perché egli possa conservare la purezza
necessaria a gareggiare e vincere. Il più antico rituale, che
lo considerava un vero sacerdote della fecondità, gli richiedeva anche la purezza interiore: egli doveva prepararsi
spiritualmente, anche con la confessione e la comunione.
Il cavaliere, pervaso
da grande emozione, si siede su un alto scranno di legno, posto al centro della
“Mesita”, vero altare del rito; è semivestito, perché del suo abbigliamento ha poco
addosso: solo una maglietta bianca, calzoni corti di pelle aderenti e stivali,
anch'essi di pelle. Sta per iniziare per Lui la vestizione, con l’antico abbigliamento
rituale. Nella sala gremita, addobbata a festa con steli di grano, simbolo di
buona annata, l’attesa si fa palpabile: le numerose persone tra silenzio e
brusio, attendono con trepidazione l’inizio del lento svolgersi della trasformazione dell'uomo.
A vestire il Cavaliere ci pensano is Massajeddas, giovani fanciulle che indossano il costume di Oristano (tradizione vorrebbe che le giovani fossero delle vergini, ancora pure, perché anch'esse, come le Vestali, sono parte integrante del rito), guidate da Sa Massaja Manna (la moglie del Presidente
del Gremio): sono mani esperte le loro, appartenenti a famiglie di componenti
del Gremio. Al Capo Corsa non è nemmeno consentito di toccare gli abiti: altri
provvederanno a farglieli indossare. È una vera funzione quasi religiosa, un
rito lungo, seguito in emozionante silenzio, i cui passi salienti sono sottolineati da
squilli di tromba,dal rullare di tamburi e da lunghi applausi.
Le massaieddas, sotto lo sguardo vigile de sa
massaia manna, anch’essa con lo splendido costume oristanese, danno iniziano alla
vestizione facendo indossare al cavaliere una candida e lunga camicia in lino,
ricamata come un’opera d’arte. La splendida “Camisa” sarda viene
fermata dai nastri rosa e celeste per il il rappresentante del Gremio dei falegnami, nastri che sono,
invece, rigorosamente rossi per il Componidori del Gremio dei Contadini.
Dopo la camicia a su Componidori viene fatto indossare su Coiettu, un antico indumento
da lavoro: si tratta di un giaccone di pelle che copre il corpo del cavaliere
dalle spalle alle ginocchia, senza maniche; su Coiettu viene fermato alla vita
da una larga cintura in pelle. Le Massaieddas passano, poi, a sistemare
le morbide fascie che avvolgono il viso, necessarie per proteggere la fronte e
le guance dalla maschera che coprirà il
volto. Al termine del lavoro preparatorio sa Massaia manna prende dal cesto la
maschera androgina e la mostra ai presenti mentre un fortissimo rullo di
tamburi, squilli di tromba e applausi, creano un clima di grande
coinvolgimento. Prima di far scomparire il volto del cavaliere dentro la maschera, Egli deve effettuare, a volto ancora scoperto, il
brindisi augurale con la classica vernaccia di Oristano. Brindisi che coinvolge
il numeroso pubblico, a partire dal Presidente del Gremio e di tutto il
Comitato. Al termine sa Massaia manna prende la maschera e la appoggia lentamente sul
volto del cavaliere: è un momento di grande emozione, accompagnato da numerosissimi applausi,
rulli di tamburo e lunghi squilli di tromba.
E’ questo il momento più delicato, che richiede capacità ed esperienza: la perfetta collocazione della
maschera sulle fasce cucite intorno al viso e che la tengono ben legata, è una necessità
assoluta, altrimenti si perderebbe, da parte del cavaliere, la perfetta visione
d’insieme attraverso la maschera. Al termine, dopo le necessarie ulteriori cuciture e aver
legato sapientemente i nastri verdi della maschera, l’uomo è praticamente
scomparso: trasformato in un essere diverso, irreale. L'espressione profonda di
questa maschera androgina ha reso l’uomo sul cui viso è poggiata un essere
semi-divino, che ha dismesso i panni umani per diventare Componidori, figura
inavvicinabile e inarrivabile. La vestizione, però, non è ancora completa. Sa
Massaia manna fa la presentazione al pubblico della Mantiglia , il velo bianco
ricamato che, piegato a triangolo, con i lembi cadenti sul davanti e fermati
sotto il mento da un fermaglio d'oro, ricoprirà il capo de su Componidori. La
mantiglia viene fermata, sempre con ago e filo, dalle massaieddas sul capo del
capocorsa che, al termine, verrà ricoperto dal cilindro nero, fermato sotto la
gola dai verdi nastri di tenuta. Alla mantiglia viene poi
applicata una camelia: rosa per il capocorsa del Gremio dei falegnami e rossa per il
Componidori del Gremio dei Contadini. Completa la vestizione il rivestimento
delle mani del capocorsa con candidi guanti bianchi: il rito è ormai compiuto, ora il
cavaliere non ha più la sua umanità, ma è un essere trasformato, un androgino
portatore del messaggio celeste.
Sollevatosi dalla sedia
dove è rimasto a lungo praticamente immobile, ritto sul bordo della "mesita", di
fronte al folto pubblico, riceve ora gli applausi, mentre viene fatto entrare,
condotto da abili cavalieri, il suo destriero che Gli viene posto a fianco.
L’operazione, per non innervosire il cavallo richiede il più assoluto silenzio.
Il Componidori, aiutato dai suoi fidi
cavalieri, sale sul suo cavallo dal quale non potrà più smontare fino al
termine della competizione. Il Presidente del Gremio ora consegna a su
Componidori "sa pippia'e maju" che letteralmente significherebbe
"La bambina di maggio", anche se l’origine di tale nome appare ai più
sconosciuta. Lo strumento, sicuramente simbolo magico, è una sorta di scettro
sacro fatto di un fascio di pervinche, stretto da una fettuccia di lino verde.
Le sue estremità sono ornate da due grossi mazzi di viole mammole che
simboleggiano, secondo alcuni, l’arrivo della primavera e la fertilità. Ormai
sul suo destriero su Componidori, completamente sdraiato sul cavallo, esegue la
sua prima “remada” (benedizione della
folla sdraiato di schiena sul cavallo), benedicendo prima il Gremio ed i
presenti e passando, poi, cosi chinato all'indietro, attraverso la porta e uscendo
all'esterno, dove lo attendono gli altri cavalieri e una grande folla plaudente, anch'essa subito benedetta con sa pippia‘e maju. Da quel momento in poi, sino
alla fine della corsa, il Cavaliere trascorrerà la giornata sul suo splendido
cavallo dal quale scenderà solo a gara finita e dopo aver dismesso i panni di
Componidore-Semidio, sceso tra i mortali per dare loro buona fortuna e mandare
via gli spiriti maligni.
Il sacro rito della
vestizione ha avuto termine; ora per lo stuolo dei cavalieri, con a capo su
Componidori, inizia il percorso verso il luogo della competizione: Sa sea de
Santa Maria, la via che passando di fronte al Duomo vedrà l’alternarsi dei cavalieri alla
corsa alla stella; su Componidori per primo, poi la sua pariglia, composta dai
due suoi aiutanti, su segundu e su terzu, si cimenteranno con l’intento
di infilzare la stella, seguiranno poi gli altri cento e passa cavalieri. La folla
attende con trepidazione l'esito degli assalti alla stella per pronosticare l'andamento dell'anno: chissà cosa ci riserverà il 2014! Tanti cavalieri, fra una manciata di giorni, anche quest'anno con caparbietà e determinazione cercheranno di infilzarla, perché tante
stelle significano una grande e magnifica annata!
Cari amici, ecco questo
è, per Oristano, la Sartiglia, con i suoi affascinanti e magici riti.
Grazie a Voi dell’attenzione!
Mario
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