(DIVERSE, FRA LE FOTO CHE METTONO IN LUCE LA BELLEZZA DI QUESTI PORTALI SONO TRATTE DAL SITO www.oristanoedintorni.it - DEL SIGNOR MARIANO PINNA)
Oristano, 22 Febbraio 2014
Oristano, 22 Febbraio 2014
Cari amici,
difficile per chi
arriva ad Oristano dall’ingresso Nord, non accorgersi della loro presenza: i monumentali portali, alti anche oltre i sei
metri, che si affacciano sulle strade statali e provinciali, sembrano osservare
e interrogare, come i cipressi di Bolgheri, i passanti che transitano al loro cospetto. Questi,
di cui alcuni male in arnese, fanno parte integrante del paesaggio, e solo pochi
stanno ricevendo elementari cure di salvaguardia, cosa che sarebbe stato più
opportuno effettuare ben prima. La zona intorno ad Oristano che ne conta il
maggior numero è quella di Donigala, proprio alle porte della città, dove si trovano
anche quelli più importanti.
Donigala Fenughedu (in
sardo Donigala) è una frazione di Oristano; in passato è stato anche comune autonomo:
venne però soppresso nel 1927. Conta oggi poco più di mille abitanti e dista circa
due chilometri dalla citta, sulla strada che, subito dopo aver scavalcato il
ponte che oltrepassa il fiume Tirso, immette verso il nord Sardegna. Il suo
territorio è ubicato in piena pianura alluvionale (è di soli 8 metri il suo
livello sul mare), nella regione storica denominata Campidano Maggiore. Fino
al 1862 l'abitato era conosciuto come Donnigala d'Arborea o semplicemente
Donigala, nome usato tuttora come abbreviazione. Il toponimo deriva dal sardo
medioevale donnicàlia, il quale a sua volta è derivato dal latino dominicalia.
Il termine veniva usato nel medioevo per indicare un vasto possedimento che
formava un insieme economico produttivo, dipendente direttamente dal signore
che lo possedeva. Un “latifondo” dunque, con abitazioni e servitù, il quale
veniva generalmente concesso dai giudici all'Opera di Santa Maria di Pisa o a
quella di San Lorenzo di Genova. Secondo lo storico Francesco Cesare Casula, in
questo caso, tale vasta proprietà fu concessa ai pisani dell'Opera di Santa
Maria per esercitarvi la mercatura (commercio agricolo). Per quanto riguarda il
toponimo fenughedu esso rimanda ad un precedente abitato scomparso che venne a spopolarsi
per una serie di eventi negativi al finire del XVII secolo: nel 1647 è
documentata una invasione di cavallette che provocò ingenti danni
all'agricoltura e nel1652 l'abitato fu colpito dalla peste. I suoi abitanti si
trasferirono a Donigala, che acquisì i suoi territori e la popolazione
sopravvissuta. L’aver acquisito i terreni e parte della popolazione di
Fenughedu, comportò per Donigala il cambio di nome del villaggio: col Regio
Decreto n. 825 del 14 settembre 1862, con la formazione del Regno d'Italia, volendosi
distinguere questo centro dall'omonima “Siurgus Donigala”, il suo nuovo nome fu
modificato in “Donigala Fenughedu”.
Sono in molti a
chiedersi come mai in questo territorio siano presenti diversi portali
monumentali, in gran parte risalenti al XVIII secolo. Gli studi effettuati
hanno messo in evidenza che loro costruzione è strettamente legata alla coltura
dell'ulivo, il cui sviluppo venne ritenuto, prima dai governi spagnoli e poi da
quelli sabaudi, fondamentale per la rivitalizzazione dell'agricoltura sarda. Questa
esigenza sorgeva dal fatto che l'isola importava l'olio dalle Baleari e dalla
Liguria, nonostante il suo clima e il suo territorio fossero ben capaci di
produrre questo pregiato prodotto. Il territorio intorno ad Oristano (Donigala,
Cabras, Nuraxinieddu ed altri centri vicini), poi, era certamente la zona
ideale (con il fiume Tirso nelle vicinanze) per impiantare validi e produttivi oliveti.
Cosa abbastanza semplice, considerato che in Sardegna l’olivastro cresceva
spontaneo dato il suo clima ideale, e questo avrebbe semplificato l’impianto di
nuovi oliveti, trapiantando gli olivastri spontanei e innestandoli successivamente
con le qualità di olivo desiderate.
L’operazione venne
fruttuosamente messa in atto e, grazie ai profitti che la coltura degli ulivi
donò a questo territorio tra la fine del XVI e tutto il XIX secolo, emerse tra
la popolazione un nuovo ceto privilegiato: una borghesia agricola benestante che
adottò l'abitudine di erigere un sontuoso portale all'ingresso dei propri
poderi, utilizzato come “simbolo e blasone” della loro nuova posizione sociale.
Il più importante di questi portali che noi oggi possiamo ammirare è il portale
di Vitu Soto, che con i suoi 8 m di altezza risulta il più imponente
dell’intera Sardegna. È situato lungo la strada di campagna che dal Santuario
della Madonna del Rimedio, tra Oristano e Donigala Fenughedu, porta a Solanas,
frazione del comune di Cabras, distante circa tre chilometri dalla città. Considerato
lo stile, pur non avendone certezza, l’opera venne attribuita all’architetto Giuseppe
Viana, il progettista piemontese che diresse anche la costruzione del Chiostro
del Carmine a Oristano. Secondo l’architetto Vico Mossa, il portale di Vitu
Soto è da ritenersi come l’opera più notevole in Sardegna, di architettura
civile senza spazio interno.
Il portale di Vittu Soto prende il
nome del ricco proprietario di quella meravigliosa porzione di terra che esso
recintava: era il 1780 e Don Vittu di quel bel possedimento ne fece dono alla
consorte. L'opera monumentale che immette nella proprietà esprime, nella sua
maestosità e sfarzosità, il prestigio economico e sociale raggiunto dalla
famiglia oristanese. Questo maestoso portale campestre, architettonicamente
raffinato, attraverso gli elementi sfarzosi in esso presenti, cerca di mettere
in luce la grandiosità dei proprietari; esso rappresenta quasi un inno
all’abbondanza, destinato a colpire l'immaginazione, proprio con l’utilizzo dei
classici elementi del Barocco presenti
nel manufatto, che già di per esprimono l’idea dell’abbondanza.
La costruzione, realizzata sul
ciglio di una strada poco ampia, ha richiesto una grande capacità progettuale,
tale da consentire, attraverso un “trompe-l'œil”, una illusione ottica, una
visione di solidità e di equilibrio. Proprio questi importanti dettagli
confermano, quasi con certezza, l’attribuzione dell’opera all'architetto Viana. Ad ulteriore conferma di questo, vengono poste in evidenza
le analogie dei particolari in ferro battuto del cancello con le balaustre
delle tribune della chiesa del Carmine. L’opera, accertata
l’attività del Viana in Sardegna nel periodo, consente di datare la
realizzazione del portale intorno al 1780-1781.
Nella zona circostante
sono presenti altri numerosi portali di minor spessore ma
sempre di pregevole fattura; in gran parte essi sono ubicati nell'asse viario
che congiunge Donigala a Nuraxinieddu, come il portale dei Carmelitani e quello
degli Scolopi. Di notevole interesse sono pure i portali di Pisanu, detto pure
de “su Colonnellu”, ed il portale ubicato nella piazza centrale del paese, Piazza
S. Antonio, chiamato il portale di Loffredo. Altrettanto interessanti, anche se
oramai pressoché ruderi, sono il portale di Passino, situato vicino alle scuole
elementari, ed il portale Tolu, in aperta campagna. Molto più modesti, rispetto
ai portali qui sopra menzionati, sono i due portali dell'oliveto Sotgiu, disposti
nell'asse viario che conduce al comune di Nurachi.
Cari amici, il
territorio oristanese, come vedete, fu caratterizzato, negli ultimi decenni del
XVIII secolo, dall’intraprendenza economica di alcune famiglie di feudatari e
latifondisti. Fra le più importanti quella dei nobili Flores d’Arcais e la
casata dei Soto; di quest’ultima l’esponente principale, fu Vito, che ottenne
le patenti di nobiltà in cambio della coltivazione di un elevato quantitativo
di alberi da frutto. Entrambe queste famiglie riuscirono a portare ad Oristano
il regio architetto militare piemontese Giuseppe Viana, al quale affidarono
alcuni importanti progetti di architettura civile: la
residenza gentilizia dei Flores d’Arcais, oggi proprietà dell’amministrazione
provinciale, che sorge lungo l’attuale corso Umberto I, principale arteria
viaria del centro storico oristanese e la costruzione del Chiostro, con annessa
Chiesa del Carmine. A tutto questo si aggiunsero opere minori, tra cui il
portale prima descritto, commissionato dalla famiglia Soto e che doveva
testimoniare inequivocabilmente l’importanza sociale assunta da questo casato.
Bene, cari amici,
quando passiamo nelle vicinanze di queste opere, che pur trascurate sono ancora
in grado di testimoniare la passata magnificenza, un po’ di tristezza mi
assale: perché oggi Oristano è diventata cosi cenerentola? Ai posteri…..
Grazie a Voi
dell’attenzione!
Mario
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