Oristano, 18 Febbraio
2014
Cari amici,
chi va in campagna sa
quanto sia difficile passare indenne attraverso una siepe dove il rovo e la
salsapariglia, intrecciati in modo indissolubile bloccano il passaggio e
graffiano a sangue i malcapitati che tentano di oltrepassare lo spinoso sbarramento.
Nelle nostre campagne troviamo spesso siepi di questo tipo, dove rovo e
salsapariglia (in Sardegna quasi sconosciuta con questo nome in quanto ben più
nota come ‘titione’) costituiscono il completamento della naturale divisione
dei tancati fatta con i muretti a secco . Una recente escursione in campagna,
alla ricerca dei prelibati asparagi, mi ha fatto tornare in mente il proverbio nel titolo,
quando con le mani già piene di graffi cercavo di farmi largo nel fitto
intreccio per recuperare alcuni giovani e teneri virgulti di asparagina ben
protetti dalla spinosa barriera.
La nostra mente, lo
sappiamo, fa in fretta a trasferire
concetti ed immagini anche lontani tra loro nel tempo: il serrato groviglio
spinoso che lacerava le mie mani nell’ultima escursione ha fatto riaffiorare, ripescandolo
dai “file nascosti” della mia mente, un antico ricordo (erano gli anni ’70 del
secolo scorso) che il tempo aveva ricoperto con la sottile polvere dell’oblio. In
quelle campagne di proprietà di mia suocera, dove l’avevo accompagnata in una
fredda giornata invernale, avevo reciso, su sua richiesta, alcuni grappoli di
frutti rossi di salsapariglia (e anche allora non ero uscito indenne dalla poco
simpatica aggressione della pianta), necessari a Suo dire, per farsi preparare
un cataplasma per l’infiammazione di un ginocchio che da tempo la martoriava.
In quell’occasione mi disse che nelle nostre campagne vi erano tante piante con
proprietà medicinali e che, a saperle usare, si poteva porre rimedio a molti
mali.
Il ricordo di quell’episodio,
unitamente al vivacissimo colore dei frutti rossi de “su Titione”, mi hanno fatto pensare
che su questo blog non avevo mai parlato di questa pianta. Con la stessa
velocità con cui ho messo insieme i ricordi, ho deciso che oggi vi parlerò
proprio di questa pianta, bella ma spinosa, e che, per le sue proprietà
medicamentose, appartiene alla schiera delle numerose piante officinali della Sardegna. Ecco
a Voi la descrizione della pianta e le sue principali caratteristiche.
La
salsapariglia nostrana (Smilax aspera L.) è una pianta
monocotiledone della famiglia delle smilacaceae
che cresce spontanea nei boschi e nelle macchie. In Italia è nota anche
col nome comune di stracciabraghe o strazzacausi, edera spinosa, etc., assumendo
nelle regioni diverse denominazioni dialettali: in Sardegna è nota come titione.
La pianta è una liana spinosa sempreverde, un rampicante dai fusti cilindrici,
legnosi, glabri, con spine rivolte all'indietro e quindi particolarmente
offensive. I rami sottili sono di colore verde o rossiccio, con internodi
alterni. Le foglie sono coriacee, lucide, cuoriformi con apice acuto, dal
margine intero, dentellato e/o spinoso, picciolo lungo sino a 2 cm con alla
base due viticci. I fiori sono giallastri a 6 petali, in infiorescenze
unisessuali terminali alla base delle foglie. La fioritura avviene subito dopo
le prime piogge autunnali e dura fino a novembre. Il frutti, costituiti da una
bacca sferica di 5-9 mm, di colore rosso scuro molto decorativo, sono raccolti
in grappoli che giungono a maturazione in autunno-inverno.
Contengono semi minuscoli e rotondi. Pur di bell’aspetto sono insipidi e poco
appetibili per l'uomo, mentre costituiscono una fonte di nutrimento per
numerose specie di uccelli. Specie eliofila, la salsapariglia è indifferente al
substrato di coltura: cresce bene sulle macchie, adagiandosi e/o sollevandosi
sugli arbusti e sugli alberi, dando luogo spesso a formazioni fitte ed
impenetrabili. Vive dal livello del mare fin oltre i 1000 mt. di altitudine.
La bellezza dei suoi
colori vivaci, il verde brillante delle sue foglie a cuore, la delicatezza ed
il profumo dei suoi fiori oltre ai coloratissimi grappoli rossi, hanno fatto
apprezzare la pianta fin dall’antichità: Euripide
ne “Le Baccanti” (III episodio 700) scrive "Tutte si incoronavano con ghirlande di
edera, di quercia e di smilace in fiore".
Fin dalla prima metà
del XVI secolo la "salsaparilla", formata dalle varie specie di
Smilax, era ritenuta un ottimo medicamento per curare la sifilide e per
depurare il sangue. Il Mattioli tra le varie specie di Smilax considerava
quella aspera e così scriveva: "La Smilace aspra nasce in luoghi
palustri, e aspri, con dura, e grossa radice. Le frondi, e gli acini bevuti
avanti, e dapoi, sono antidoto contra i veleni. Dicono, che dandosene in
polvere alquanto à i fanciulli nati pure all'horo, che poscia non gli nuocano
mai i veleni. Tagliansi, e mettonsi con quelle medicine, che si danno per
cacciare i veleni". Campana, nel secolo scorso, ne loda le virtù
terapeutiche e ne indica la posologia: "Sono state atttribuite virtù grandi
alla salsapariglia, specialmente antisifilitica, diaforetica, antiartritica,
mundificativa; in oggi non si adopra dai più sensati, che come mundificativa,
dolcificante, né si prescrive quella rigorosa regola di vita, che si voleva una
volta. Agisce sul sistema linfatico ed è leggermente controstimolante. Dose in
decotto da due dramme a un'oncia in una libbra e mezzo di acqua, da ridursi ad
una libbra". (Da Giorgio De Maria : le nostre Erbe e Piante
Medicinali - Fratelli Melita Editori).
Anche la moderna
medicina naturale considera la pianta “Specie officinale”, in quanto la sua radice
contiene numerosi principi attivi tra cui smilacina, salsasaponina e acido
salsasapinico che hanno proprietà depurative del sangue, diuretiche, sudorifere
ed espettoranti; viene utilizzata in tintura alcolica, sciroppi, infusi e
decotti per curare raffreddori, reumatismi e malattie della pelle (eczema). I
giovani germogli sono commestibili: in alcune regioni vengono consumati in
frittata, come gli asparagi, o conservati sott'olio, previa scottatura in aceto;
le bacche, invece, sono tossiche. Sia il frutto che le foglie della straccia
braghe possono essere utilizzate in tintoria.
Chiudo
la chiacchierata pregandovi di leggere con attenzione le righe sottostanti.
Attenzione: Le informazioni fornite su queste pagine sono di natura generale e sono
riportate a mero scopo informativo; si declina pertanto ogni responsabilità sul
loro utilizzo a scopo curativo, estetico o alimentare. Mai pensare al “fai da
te” e ogni necessità va consigliata e seguita da un medico o da un erborista. I
principi attivi contenuti nelle piante officinali possono essere molto
pericolosi se usati o preparati in modo non corretto.
Ebbene, cari amici, il
pungente e graffiante arbusto è riuscito ad arricchire con le sue doti anche i
nostri “modi di dire”. La battuta del titolo “imboligau comente s’orrù cun su titione” è usata in sardo per
indicare una persona talmente piena di
problemi, soprattutto di debiti, che più cerca di districarsi e più ne rimane “avviluppata”,
come strettamente “insieme” convivono il rovo con la salsapariglia.
Che dire, amici, la
Sardegna è una terra unica e straordinaria: il suo mondo vegetale non ha
paragoni, anche se spesso ci dimentichiamo di proteggerlo e salvaguardarlo,
esponendolo a rischi che potrebbero alienarci tanto ben di Dio!
Grazie dell’attenzione!
Mario
1 commento:
Egregio Mario,
grazie per ciò che ha scritto sulla salsapariglia.
Vorrei fare l'esperimento di stringerne i frutti e colorare il sapone che faccio artigianalmente.
Il mio dubbio è che possa fare male alla pelle, mentre non sembra, da ciò che lei scrive. Può darmi un suo parere? Grazie. Giuseppe
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