domenica, dicembre 01, 2013

“CONTUS DE FORREDDA”. IL FANTASTICO MONDO ONIRICO DEL PASSATO: LE MITICHE FIGURE CHE POPOLAVANO I SOGNI DI GRANDI E PICCINI, NELLA SARDEGNA AGRO PASTORALE.



Oristano 1 Dicembre 2013
Cari amici,
chi ha la mia età e ha conosciuto e vissuto gli ultimi fuochi della civiltà contadina (estintasi in Sardegna praticamente con gli anni ’70 del secolo scorso), ricorda le lunghe serata estive in cui grandi e piccini si radunavano nello spiazzo di una delle case del vicinato per godere dell’alito fresco della notte, dopo una giornata molto calda, oppure i lunghi racconti degli anziani,  nel dopo cena invernale,  intorno al grande camino che dominava la cucina e che raccoglieva intorno a se giovani ed anziani.
Nelle fredde serate d’inverno a casa si cenava intorno alle sette pomeridiane (tempo segnato dal rintocco delle campane, detto dell’Ave Maria); finita la cena ci si sedeva tutti intorno al fuoco. Il camino era sempre costruito abbastanza ampio tanto che spesso i bambini potevano sedersi all’interno su piccoli sgabellini (“scannisceddus”) mentre gli adulti sedevano tutt’intorno all’esterno. Per “passare l’ora”, fino ad andare a letto, genitori e nonni intrattenevano la platea con “istorias o “contus de forredda” (favole) che, per creare sempre nuovo interesse negli ascoltatori, pur partendo da una base comune, venivano continuamente re-inventate dal narratore. Erano storie che riportavano fatti della tradizione popolare del passato, ma alimentati da quelli più recenti, con continui aggiornamenti. In quegli anni non era certo la televisione a farla da padrone o il computer, i telefonini o le play station. Le persone che si radunavano, al fresco o al caldo del camino, parlavano del passato, fantasticavano su avvenimenti sognati o sentiti dalla comare che, con grande dovizia di “particolari inventati” cercava di attirare l’attenzione di chi la ascoltava. Era questo un modo per rilassarsi, per distogliere il pensiero dalle grandi fatiche e preoccupazioni del giorno, per vagare con la mente, dando a piccoli e grandi un aiuto e contribuire a dare corpo ai loro sogni. I bambini ascoltavano con grande attenzione ed interesse questi “Contus de Forredda”, queste chiacchiere da caminetto, che  parlavano di personaggi mitologici, di fate e folletti, di spiriti buoni e cattivi, di streghe, stregoni e fantasmi, che, pur impaurendo, eccitavano al massimo la loro grande fantasia.
La cultura agro pastorale sarda aveva prima adottato e poi anche inventato tutta una serie di figure mitiche che, in modo particolare nella mente dei bambini, consentiva loro di fantasticare in modo incredibile. Credo che i giovani di oggi facciano fatica a comprendere termini come questi: Ammuntadori, Bruscia, Coga, Jana, Fuglietto, Gioviana, Maskinganna, Momotti, Pana, Pundo, Puzzinosa, Sa mamma de su ‘entu (oppure Sa mamma ‘e su soli), Stria, Su carr’e nannai, solo per citare i più importanti. In assenza di libri, video, televisione, il racconto fatto dagli anziani, con la loro viva voce, era senz’altro l’unico mezzo capace di far sognare grandi e piccoli. Per la curiosità dei giovani di oggi, che hanno molta più dimestichezza con le favole televisive, con le pagine del computer e dei vari videolibri, ecco qui per Loro un piccolo sunto di quelle mitiche figure che popolavano i sogni della gioventù di ieri.
S’Ammuntadori. Chiamato anche Ammutadore, Ammutaroi, Muntadori e Mutarolla, era un essere molto particolare che agiva di notte: dopo che la sua preda aveva raggiunto il primo sonno, esso si sdraiava sopra il malcapitato, con tutto il suo peso, provocandogli una sensazione di forte angoscia, soffocamento e oppressione. La vittima si sentiva incapace di muoversi e gli era impossibile reagire alla sua morsa. Questa figura appartiene al vasto mondo degli Incubi ed era il terrore di giovani e anziani, che si svegliavano agitati e madidi di sudore freddo.
Bruscia. Detta anche Bruja, Brùsa o Bru(i)xa, un termine di origine spagnola che significa meretrice, prostituta; anche la bruscia, come la Coga, era principalmente una strega. La Bruscia, però è anche  bella: strega molto istintiva e selvaggia, era capace di mille malvagità, tanto da essere paragonata ad una donna di facili costumi. Poteva anche divenire moglie e madre, ma avrebbe sempre mantenuto  il suo aspetto malefico notturno, pregno di magia e di istinti negativi.
Coga. Chiamata anche Koga o Kogu. Si trattava di una donna malvagia, vestita sempre di nero, dal volto brutto e scavato. Conosceva il potere delle erbe, recitava formule magiche, preparava filtri per il malocchio, costruiva bambole di pezza, preparava filtri d'amore. La ricercavano fidanzate disilluse o illuse, mogli stufe e invidiose, che a lei chiedevano aiuto per i loro problemi. Naturalmente le Coghe si nutrivano di sangue umano, come le altre streghe sarde, ma la loro caratteristica era l'abile uso di arti magiche. Le Cogas di notte si intrufolavano nelle case dove c'erano dei bambini appena nati di sesso maschile, per ucciderli succhiando il sangue. Per scongiurare tale eventualità, i genitori ponevano sulla culla del neonato un bastone di canna e un rosario benedetto. Queste creature tenebrose quando giungevano accanto alla culla iniziavano a contare i grani del rosario, senza però mai riuscire a contarli tutti prima dell'alba, quando oramai sarebbero dovute scappare per non essere colpite dalla luce del sole. Le Cogas si riconoscevano soprattutto perché avevano mantenuto dalla nascita un piccolo pezzo di coda e avevano la capacità di assumere qualsiasi forma.
Jana. Le Janas erano le Fate considerate abitatrici delle piccole case scavate nella roccia, dette Domus de Janas. Possedevano tanti nomi, altrettanto misteriosi quanto le loro origini: Yanas, Ayanas, Arzhanas, Bayanas, Birghines, Virgines; erano donne minuscole, di straordinaria bellezza, che cantavano, filavano, tessevano e si dedicavano ai lavori domestici Potevano predire il futuro decretando la fortuna o la sfortuna di una persona, Erano gentili ed affabili, ma riservate e timide, non si sposavano e se non venivano disturbate, vivevano tranquille nelle loro casette di roccia. Secondo la tradizione si rifugiarono, per non si sa quale motivo, nella valle di Lanaitu, poi di loro se ne persero le tracce. Si dice però che continuino a proteggere le grotte naturali, i dolmen e i vecchi edifici. Le Janas sono governate da una Regina (Jana Maista). Alla famiglia delle Janas appartengono anche le Deinas, conosciute anche con il nome di “Videmortos”, che erano veggenti molto stimate e temute, anche per la loro capacità di comunicare con i defunti.
Fuglietti. Costituiscono una tribù appartenente al Piccolo Popolo, molto diffusa in Sardegna, in particolare nel territorio di Aggius (Sassari), dove erano conosciuti anche con il nome di Parasismi. Si ritiene che i Fuglietti dimorino nelle abitazioni nelle quali sono morte persone che hanno giurato il falso mentre un’altra tradizione afferma che questi siano le anime di bambini morti senza aver potuto ricevere il battesimo. Pur abitando nelle case, a volte i Fuglietti si trasferiscono anche nei boschi dove fanno udire ai passanti le loro allegre risate.
Gioviana. Genio tutelare femminile che si presentava nelle case la notte del giovedì per aiutare le donne a filare.
Maskinganna. E’ il Maestro degli Inganni. Figura un po’ demoniaca che con la sua stridula voce chiama i dormienti, i quali si svegliano terrorizzati in un bagno di sudore. Altre volte appare invece sotto forma di uno spirito burlone, di bambino piangente o di un qualsiasi oggetto. Non avendo le sue azioni e le sue apparizioni un senso preciso si pensa che tutto il suo strano comportamento sia volto esclusivamente a destare paura nelle persone.
Momotti. La paura di questo personaggio è sempre stata grande, anche se nessuno ha mai avuto modo di vederlo, ma quasi tutti lo hanno sentito camminare proprio vicino al loro letto! Momotti si aggira vestito di un grande mantello colore della notte che gli ricopre interamente il corpo; nella mano sinistra tiene una grande sacca dentro la quale sistema le sue prede, ovvero i bambini che non obbediscono.
Paltuggiana. Appartiene alla famiglia delle Panas (vedi voce) ma è abbastanza particolare: è solita cantare una ninna nanna mentre lava i panni e in questo modo fa penitenza per due anni. Se durante questo suo “lavoro” viene incautamente disturbata la Paltuggiana si vendicherà spruzzando i panni sull’incauto disturbatore e le gocce d’acqua gli bruceranno il viso e le mani. Sia la Paltugiana che le Panas sono parenti della grande famiglia delle Lavandaie Fatate.
Panas. Sono queste figure donne morte di parto, condannate a tornare sulla terra nelle ore notturne, e a recarsi al fiume per lavare i panni del parto macchiati di sangue e le fasce del bambino. Per evitare tale condanna si usava mettere nella bara della puerpera un ago infilato col filo non annodato, in tal modo la defunta rimaneva occupata a cucire il corredo per il bambino e tralasciava di andare a lavare al fiume.
Pundos. Si tratta di strane bestiole o piccoli mostri che vengono partoriti al posto dei bambini secondo una credenza originaria di Nuoro. I vecchi del luogo raccontavano che molto tempo fa, una donna partorì un animaletto, un Pundos, che assomigliava ad una rana; appena venuta alla luce la strana creatura sgusciò sotto il letto e sparì per sempre.
Puzzinosu. Si tratta di uno spirito malvagio che vaga nelle notti senza luna a Palau (Sassari). Secondo la tradizione locale questo essere rivolge la sua attenzione soprattutto sui bambini tanto che anticamente gli abitanti del luogo erano soliti sputare vicino ai bambini al fine di allontanare questa sua inquietante presenza.
Sa mama ‘e su Bentu e  Sa mamma 'e su soli.  La prima, nelle giornate di vento, passa accompagnata dal marito Uragano, seguita dai suoi figli, sempre affamati e alquanto scostanti, e quando è di malumore graffia il volto dei bambini disobbedienti. La seconda, Sa mamma 'e su soli, prende a legnate in testa chi esce da solo dopo aver mangiato nei pomeriggi d’estate. Si tratta di una vecchina ricoperta da un lenzuolo bianco che si aggira nelle ore assolate in cerca di bambini disobbedienti che non riposano dopo pranzo. Se li trova brucia loro la fronte costringendoli a letto con un forte febbrone e una cicatrice.
Stria. Il nome, di origine latina, indica un uccello notturno; stria è il nome usato in molte zone d'Italia per indicare le streghe. Tra tutte essa appare le più vicina a pratiche demoniaco-malefiche a causa del perpetuarsi in Sardegna della credenza romana, secondo cui la strige (la civetta e/o per somiglianza il barbagianni) uccide i neonati nella loro culla succhiandogli il sangue, tradizione mantenuta nell'isola fino oltre la seconda metà del 1700. Nel contempo i sardi attribuivano a questo animale anche proprietà terapeutiche tanto che bruciandone le piume e bevendone con acqua le ceneri si aveva un ottimo rimedio contro l'itterizia. La stria, quindi, una strega dal duplice aspetto e dai vasti poteri: guaritrice ma anche assetata di sangue di giovani vittime. La stria opera anche aggregandosi insieme ad altre strie, tanto che una leggenda parla di un processo ad una di esse che, condannata al rogo, viene salvata proprio dalle sue sorelle. La cultura popolare ha attribuito nel passato il suo nome ad un colle granitico vicino a Buddusò che, ancora oggi, ne conserva il nome: Sa punta de s'Istria.
Su Carr´ ´e Nannai. La tradizione di questo misterioso carro è nota e seguita da tanti in tutta la Sardegna, ma sulle sue origini si è ancora molto incerti. Racconta la leggenda che tale Nannai possedesse un carro tutto sgangherato, a tal punto  che, passando in strada, faceva un chiasso infernale; questo rumore, udito da lontano, ricordava molto il rombo del tuono, da questo la tradizione del detto popolare “Teh, su carr´ ´e Nannai!”, quando si avvicina un temporale. Circa il termine Nannai, all’apparenza maschile, sarebbe invece di genere femminile, e sarebbe riferito alla Dea Diana. Diana, infatti, con il nome di Inanna, è anche lei alla guida del carro della luna, protettrice delle partorienti, che regola il lato sinistro del corpo e che, come tutte le divinità lunari, governa le acque e di conseguenza anche la pioggia. Con la diffusione del cattolicesimo Inanna divenne S. Anna.
Cari amici, quelli che ho riportato sono solo una piccola parte degli antichi visitatori dei sogni dei nostri antenati! Molti altri, a volte genericamente definiti “Cosas Malas”, hanno abitato le menti degli antichi sardi. Alla base di queste ansie, vissute dai nostri progenitori con un misto di paura, rassegnazione, ma anche di speranza, c’erano mille ansie: quella della carestia, delle malattie e della morte. Ecco, per finire, due ultimi flash su questi antichi “mitici personaggi” e sui riti che li riguardavano: Cosas malas e Anime dei defunti e il ballo dei morti.
Cosas Malas. E’ uno dei tanti termini per indicare i fantasmi, in special modo gli spettri o spiriti inquieti. Per difendersi da questi, molti modi sono stati concepiti per tenerli a debita distanza. Un modo per allontanare queste temibili creature è flagellare l’aria dell’ambiente ritenuto infestato con una frusta, oppure conficcare un grosso coltello nella porta d’ingresso, spargere nel proprio letto ciuffi di erba procellaria, o anche spargere sul guanciale alcune gocce di essenza di anice.
Anime dei defunti, e Il Ballo dei Morti. Un’antica credenza affermava che l’anima dei defunti, dopo aver vagato per la campagna annusando l’odore di un’erba o di un fiore, sceglie una pianta, e vi si rifugia, rimanendovi dentro fino a quando Dio non deciderà di liberarla. Proprio per questo motivo gli alberi, le piante, i fiori e la natura sono dotati di un’anima: sono le anime dei nostri morti; in particolare i fiori, che ospitano le anime di bambini o di bambine. Forse proprio sulla scorta di questa antica storia, nei tempi antichi, era possibile sorprendere qualche donna nell’atto di allattare un fiore dopo aver perduto il proprio bambino.Il Ballo dei Morti, invece, era un sogno che capitava di fare: sentire durante il sonno il vociare di uomini e donne provenire da una chiesa, mentre, in questo luogo sacro, cantano e ballano, invitando i pochi passanti notturni ad entrare e fare festa con loro. Sarebbe molto pericoloso accettare l'invito, i vecchi lo sanno, e all'invito dei morti sorridono e declinano. Questo ballo è molto simile, se non una variante, del Ballo Fatato e del Ballo delle Streghe, entrambi molto noti nella tradizione contadina del passato.
Cari amici, sia che siate non più giovani (come me…),  giovani o giovanissimi, non Vi sembra che il nostro passato di Sardi sia ricco, anzi ricchissimo, di storia e tradizioni ancora molto interessanti? Io credo di si, del resto la Sardegna, non dimentichiamolo, è sempre un grande Continente! 

Grazie della Vostra attenzione!

Mario



1 commento:

alessandra ha detto...

Complimenti per questa bella raccolta!!!!