Oristano 26 Dicembre
2013
Cari amici,
ieri, nella dolce e
riposante giornata del Natale, sfogliando, come mio solito, libri e riviste, ho
ammirato con grande interesse la foto di un bellissimo albero di olivastro, uno
dei giganti della nostra meravigliosa Sardegna, che da circa 4.000 anni è il
testimone, vivo e vegeto, della nostra storia. S’Ozzastru, così è noto questo
vecchissimo olivastro, chissà quante rivoluzioni, quante invasioni, quante
lotte tra sardi e invasori avrà visto combattere! Oggi questo solido monumento
vivente guarda ancora dall’alto con ironia il lento scorrere del tempo, delle
mode, dei repentini passaggi di campo, furtivi o dichiarati, segnalando con lo
stormire delle sue fronde, il suo muto assenso o dissenso.
E’ nato sotto una buona
stella migliaia di anni fa, nell'estremo nord della Sardegna, tra i roccioni di
granito, non lontano dal lago Liscia; nobile e solitario, incurante di stare da
solo, ubicato nel punto più alto della vallata. Si è lasciata alle spalle la
boscaglia di querce, le macchie di mirto e di lentisco, per vivere solitario, libero
e regale, come un re senza corona, per poter godere appieno della salsa brezza
proveniente dal vicino mare. Oggi, seppur vecchio, è ancora così maestoso e
possente e guarda tutti dall’alto in basso, quasi volesse interrogare i
visitatori uno per uno, per sapere il motivo della loro visita. Credo che se lo
osservassimo con più attenzione, se cercassimo di dialogare con lui, forse riusciremo
anche ad interpretare i suoi ricordi: chissà quante cose, volendo, avrebbe da
raccontarci!
Gli anziani di Luras, il
paese più vicino alla sua reggia, composta da graniti millenari lavorati dalla crespa
aria marina, dal vento e dalla pioggia, e
che da sempre gli fanno compagnia, parlano di lui con riverenza e con rispetto,
in quanto la lunga storia di questo “grande vecchio”, è fatta anche di ricordi
di lutti umani, di disperazione, che lui non ha saputo consolare. Essi
raccontano che la gente arrivava di notte dai villaggi vicini; saliva a cavallo
lungo le stradine che si inerpicano tra i roccioni di granito e il lago Liscia,
si lasciava alle spalle i boschi di querce e l'odore del mirto e del lentisco,
e si fermava al suo cospetto, come di fronte ad un grande giudice del
tempo. La sua solitudine era pari a quella dei disperati che in piena notte
andavano a trovarlo. Proprio chi rinnegava la vita, accarezzando uno dei suoi forti rami lanciava, dal
pianoro che domina la valle, un ultimo disperato sguardo al mondo che stava
per lasciare per sempre. Il volto di tziu Ninu, 97 anni
passati a pascolare le capre in mezzo ai monti della Gallura, è serio e teso,
quando agli attenti numerosi visitatori dice: "Chissà quanta gente s'è
appesa lassù, chissà di quante anime si è nutrito quell'albero!" Poi
continua: "È un albero magico, sa? E non solo quello, anche gli altri più
giovani che gli stanno intorno, quasi certamente suoi figli".
S'Ozzastru, come affettuosamente
ormai è noto in tutta l’Isola (e non solo in Sardegna), definito anche "La Monna Lisa Sarda", continua, dall’alto
della sua possanza, a controllare la grande vallata che ha di fronte, come fa da
quasi quattromila anni, incurante delle persone che transitano, stagione
dopo stagione, delle mode che cambiano, dei tempi buoni e cattivi che si
alternano al ritmo delle stagioni. La sua notorietà è grande e in molti, quasi
fosse un personaggio da gossip, si alternano per andare a visitarlo. Per
raggiungerlo, bisogna fare la stessa strada che si percorreva cent'anni fa. Una
via stretta - la provinciale 427 - che sale verso Tempio Pausania e Calangianus
e si infila in mezzo a boschi, a stento risparmiati dagli incendi e
dall'edilizia selvaggia. Tutt’intorno boschi di sughere, che producono la materia
prima indispensabile a mantenere l’economia di tutta la zona. L’olivastro
millenario S’Ozzastru, come un attore consumato, accoglie tutti con dignità, sa
di essere diventato un personaggio e si rassegna al ruolo: si lascia
fotografare, carezzare, abbracciare, dai tanti che lo osservano incantati.
Ormai, come un re, è diventato meta di un ininterrotto pellegrinaggio da parte
di turisti provenienti da ogni parte del mondo. Turisti che rimangono incantati
davanti alle sue fronde e al diametro imponente del suo tronco: ben 18 metri di
nodi e spaccature che sembrano rughe sul viso di un anziano.
La specie rustica dell’ulivo
è certamente fra gli alberi più longevi al mondo. Questo grande vecchio della
Sardegna, primo in Europa per longevità, è sicuramente un l'olivastro che gli
studiosi ritengono di specie “indigena”, propria della Sardegna. L’olivastro, (Olea
europaea, var. sylvestris), è una specie tipicamente mediterranea, diffusa nell’Isola da tempi antichissimi. Pianta
robusta, vive fino a 600 m. sul livello del mare ed anche di più, se ubicato in
zone riparate; specie rustica, vive a
lungo ed ha un'eccezionale capacità di
riprendersi, anche se la ceppaia è stata attaccata dal fuoco o dal gelo.
Chissà chi fu il primo uomo
a cercare di utilizzare l’olio di olivastro nell’alimentazione umana! Quando
e dove qualcuno ebbe per primo l’intuizione di spremere le sue piccole drupe,
non è dato saperlo con certezza.
Le ricerche
archeologiche effettuate in Francia, nei pressi di Mentone, hanno rinvenuto
noccioli di oliva in insediamenti risalenti al Paleolitico, dunque 35.000-8000
anni prima dell’era cristiana. Al Neolitico (8000-2700 a.C.) datano, invece, i
reperti che testimoniano la presenza dell’ulivo sia nella penisola Iberica che
in Italia, in Puglia, Nel 2500 a.C. il codice Babilonese di Hammurabi
regolamentava la produzione ed il commercio dell’olio di oliva nell’area della
“mezzaluna fertile”, quella terra che si estende tra i fiumi Tigri ed Eufrate.
Reperti fossili rinvenuti sul lago di Garda, testimoniano che questa pianta era
già utilizzata nell’alimentazione umana durante l’età del bronzo (1500-1000
a.C.). In Egitto, lungo le sponde del Nilo si commerciava l’olio ancora già prima
della XIX dinastia, (1292-1186 a.C.) in quanto costituiva prodotto fondamentale
per le imbalsamazioni. La storia di questa pianta risale dunque agli albori
della civiltà umana.
S’Ozzastru, sicuramente
sorride di tutta questa nostra curiosità per la sua specie. Diffida degli uomini
curiosi che cercano di scavare nel suo passato! Lui in questi quasi 4.000 anni,
vissuti nel suo osservatorio tra i graniti della Gallura, sa tante cose, ma
tiene riservati i suoi ricordi; ha conosciuto ed apprezzato certamente i
costruttori dei Nuraghi, dei Dolmen, delle Tombe di Giganti (bellissime quelle
di Luras) e la civiltà dei Giganti di Mont’e Prama. Ha certamente guardato con
sospetto le tante incursioni e dominazioni dell’Isola: da quella dei Fenici e quella
dei Romani, dagli spagnoli agli arabi, fino agli ultimi conquistatori
piemontesi. Meglio di lui nessuno conosce la lunga e travagliata storia della nostra Sardegna, ma per quel dovuto rispetto, qual è la privacy, si limita ad
annuire alle nostre mute domande, cogliendo l’occasione di un alito di vento
per stormire con le sue foglie e darci, con un mezzo sorriso, il suo “No
Comment”.
Io, cari amici, credo
che S’Ozzastru sia un grande “gigante buono”, custode della nostra storia e dei
nostri segreti. Auguriamogli ancora lunga vita, rispettandolo e proteggendolo. Guardando
orgogliosi la sua grandezza e longevità, gridiamo al mondo che la nostra terra,
la Sardegna, è la più bella del mondo, dove tutti, come lui, possono vivere più
a lungo. A chent’annos e anche di più!
Grazie amici, credo che
uno delle mie prossime riflessioni sarà proprio dedicata all’ulivo ed al suo
magnifico olio! Ciao.
Mario
Nessun commento:
Posta un commento