Oristano 24 Novembre
2013
Cari amici,
oggi parliamo di Seadas,
dolce sardo di origini antichissime, la cui consumazione non è più riservata
alle zone interne dell’Isola, ma cosi diffusa che la sua fama ha da tempo varcato il Tirreno e affascina
schiere sempre più numerose di visitatori provenienti da tante località fuori
dall’Isola.
Le seadas (in sardo
logudorese) o sebadas (in sardo campidanese) (chiamate anche, secondo la zona,
seattas, sevadas - singolare è "seada" o "sebada"), sono un
piatto tipico della tradizione sarda, a base di semola, formaggio e miele.
L’origine
pare essere di marca spagnola: il nome di questa pietanza, “Seada”, in lingua
spagnola significa, infatti, “separata”, e la derivazione da questa lingua
sembra congrua in quanto si confeziona proprio con due dischi “separati” di
pasta ripieni.
Le seadas appartengono
a quell’economia agro-pastorale della Sardegna, tipica delle zone interne
dell’Isola. Essendo, infatti, un prodotto a base di formaggio, la loro origine
è da ricercare proprio nelle zone ad economia tradizionalmente legata alla
pastorizia, quindi a quell'area definita ai quattro angoli da Barbagia,
Ogliastra, Logudoro e Gallura.
Le seadas sono oggi
considerate praticamente un dolce, ma un tempo erano una pietanza vera e
propria, più esattamente un secondo piatto, e venivano preparate in occasione
della Pasqua o del Natale, periodo in cui anche i pastori facevano rientro a casa
dagli ovili, dopo il lungo tempo trascorso fuori dalle mura domestiche.
La
scorta di latte portata a casa serviva per preparare il formaggio pecorino
fresco, che veniva destinato, appena raggiunto il giusto grado di acidità (circa due giorni dopo), al confezionamento questo piatto. La tradizione
attribuisce questo piatto all’inventiva tutta femminile delle matriarche di
Sardegna: si narra che il piatto sia nato da un gesto d’amore delle mogli dei
pastori verso i loro mariti che, dopo mesi di lunga e difficile transumanza, rientravano
a casa. Era per dimostrare Loro affetto e riconoscenza, per accoglierli con un
dolce pensiero: per questo sono nate le seadas: un modo dolce e gratificante, frutto
dell’unione del formaggio, della pasta e del miele. Il nome di questo prodotto,
a parte l’ipotesi di derivazione spagnola prima accennata, secondo altre fonti potrebbe
derivare da “seu” parola che in dialetto sardo significa lucido, brillante
(ozzu seu, per esempio è il grasso degli ovini, usato anche per ingrassare e
lucidare gli scarponi e gli stivali, prodotto grasso e oleoso che in effetti “luccica”).
Origini antichissime,
dunque, per questo dolce tradizionale sardo, che, nella sua ricetta originale
deve utilizzare rigorosamente questi ingredienti: Pasta ricavata da farina di
semola di grano duro uova fresche, formaggio pecorino
sardo fresco e acido (in gallurese, "Pischedda"),
con quattro o cinque giorni di stagionatura, strutto, miele sardo di castagno o
corbezzolo e una manciata di buccia di arancia o limone, grattugiata.
Oggi, la diffusione che
le seadas hanno avuto anche fuori dal contesto originario, hanno fatto si che
la ricetta originale venisse adattata e modificata, a volte anche in modo
significativo, sostituendo sia il tipo di formaggio che gli altri componenti. Circa
il formaggio utilizzato esistono oggi varie interpretazioni della ricetta base originale,
ma le tipologie sono sostanzialmente queste: con formaggio pecorino o vaccino, cotto
o crudo (quest'ultima variante detta "a sa mandrona", ossia
"alla maniera della poltrona", nel senso di "pigra"). Se il
formaggio utilizzato è quello vaccino, questo va fatto inacidire, senza farlo
passare per la salamoia, lasciandolo a temperatura ambiente. In questo modo
diventa acido al punto giusto quando, riscaldato, inizia a filare. Per la
variante con formaggio cotto, il formaggio va tagliato a scaglie e squagliato
in un tegamino, con aggiunta di un pochino di latte perché non si attacchi, e va
utilizzato quando è squagliato.
La
preparazione delle seadas, apparentemente abbastanza semplice, è la seguente:
Iniziare a preparare la
sfoglia (con semola sarda, acqua, uova e strutto) rendendola ben fine e
lasciarla quindi riposare. Nel frattempo grattugiare il formaggio (o se si
utilizza quello cotto, dopo averlo fatto squagliare) e impastarlo poi con la
scorza grattugiata di arancia o di limone. A questo punto riprendere la pasta e
cominciare a tirarla, così da ottenere una sfoglia sottile: ritagliarla dunque
in tanti dischi ( questi dischi saranno di circa 12-15 cm di diametro e 8 mm di
altezza), usando l'apposita rotella o semplicemente la forma di una tazza. Distribuire
su un disco una buona quantità dell'impasto precedentemente preparato e
sovrapporre un altro disco di pasta, saldandone bene i bordi. Per facilitare
quest'operazione, si consiglia di inumidire leggermente gli orli da congiungere
con albume d'uovo. Procedere al riempimento ed alla chiusura di tutti i dischi,
eliminando
per bene l’aria dall’interno: le seadas ora sono pronte.
Una volta preparate, le
seadas sono praticamente pronte per essere messe a friggere in abbondante olio
d’oliva, dopo aver aggiunto, però, alcune cucchiaiate di strutto. Prima di metterle a
friggere l’olio deve essere ben caldo e si deve usare molta attenzione nel maneggiarle:
girandole a metà cottura (anche se sarebbe preferibile cuocere la parte
superiore versando l'olio caldo sopra con un cucchiaio), e facendo anche attenzione a non bucare la sfoglia facendovi entrare dentro dell'olio o
facendone fuoruscire il formaggio fuso. Estratte dall'olio vanno, infine, immerse nel miele (preferibilmente
sardo, di castagno o corbezzolo), scaldato precedentemente in un pentolino sino
a diventare fluido, e servite calde su un piatto, prima che il ripieno si raffreddi
e solidifichi. A piacere si possono aggiungere nel piatto uno o più cucchiaini
di miele caldo. Le moderne varianti, che saccheggiano la ricetta originale,
prevedono, al posto del miele, anche l’utilizzo dello zucchero, ma non c'è
dubbio che non vi è paragone con la ricetta originale che prevede il prezioso
miele sardo.
Le seadas si accompagnano
egregiamente a vini dolci bianchi ed aromatici quali la Malvasia di Bosa, la
Vernaccia di Oristano, il Vermentino di Gallura DOCG, il Vermentino di
Sardegna, il Moscato di Sardegna e l'Anghelu Ruju. Molti sardi non disdegnano
accompagnarle anche con vini rosati, freschi di cantina. Difficile non farsi
venire l’acquolina in bocca…vero?
Cari amici, anche oggi
abbiamo parlato di Sardegna e dei suoi meravigliosi prodotti: se sapessimo,
davvero, esportare con intelligenza il
frutto della nostra sapienza culinaria, noi, e soprattutto i nostri giovani, avremo
certamente qualche problema in meno!
Ciao a tutti.
1 commento:
Buonasera Mario, tutto molto interessante ma a mio avviso manca il meglio ovvero le quantità degli ingredienti. mi chiedo se non fosse possibile averle.
grazie e cordiali saluti.
Rocco
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