domenica, marzo 16, 2014

TAGLIO A DUE CIFRE DELL’IRPEF: GLI ITALIANI BENEFICIATI PRONTI A SPENDERE 9 DEI 10 MILIARDI CHE A MAGGIO DOVREBBERO ANDARE IN AUMENTO DELLE BUSTE PAGA.



Oristano 16 Marzo 2014
Cari amici,
tutti sperano che Renzi, prima di dare per scontato che avrebbe ridotto di una percentuale a due cifre l’Irpef gravante sulle fasce deboli, abbia fatto bene i suoi conti! 
Lui stesso, intervistato a più riprese dai Media, compresa  la trasmissione di Bruno Vespa “Porta a Porta”, ha sostenuto che se non manterrà la parola spesa sarebbe stato considerato un vero e proprio pinocchio “buffone”. Sicurezza, la Sua, che sembra accreditare una decisione presa a ragion veduta e, speriamo, con i piedi per terra.Se il governo taglierà 10 miliardi di Irpef ai lavoratori che guadagnano meno di 25mila euro l'anno, 9 miliardi verranno spesi per nuovi acquisti”, ha sostenuto il segretario della Confederazione Generale Italiana dell’Artigianato (CGIA), di Mestre, Giuseppe Bortolussi.
Il rilancio dei consumi è la speranza del premier Matteo Renzi e il taglio dell'Irpef è lo strumento che nella sua convinzione serve allo scopo. La sua tesi e avvalorata dalle organizzazioni artigiane, secondo le quali quasi il 90% dei 10 miliardi che i circa 10 milioni di lavoratori riceverebbero nelle buste paga a partire da maggio, saranno spesi per fare nuovi acquisti. La stima dell'associazione degli artigiani è fatta basandosi sull'analisi dei dati relativi alla propensione media al consumo delle famiglie degli operai e degli impiegati italiani. Se le famiglie interessate dalla favorevole sforbiciata dell'Irpef manterranno la precedente “propensione al consumo” (come individuata dell'ultima indagine campionaria di Banca d'Italia, e definita pari all'88,6 per cento), dei 10 miliardi in più che questi italiani riceveranno in busta paga, circa 9 miliardi saranno spesi per fare nuovi acquisti, mentre il restante miliardo verrebbe risparmiato.
I consumi in Italia costituiscono la principale componente del nostro Prodotto Interno Lordo (PIL). Nel 2013 i consumi hanno rappresentato il 60 per cento della ricchezza globale prodotta in Italia: 935 miliardi di euro correnti, a fronte di un PIL di 1.560 miliardi di euro correnti. "Dall'inizio della crisi alla fine del 2013 - segnala Bortolussi - i consumi delle famiglie italiane al netto dell'inflazione sono crollati del 7,6 per cento. Ciò vuol dire che la spesa, in valore assoluto, è diminuita di 66,5 miliardi di euro. A subire la contrazione più forte sono stati i beni durevoli: tra il 2007 e il 2013 la contrazione è stata del 28,1 per cento". Il promesso “Taglio Irpef” da 10 miliardi di euro, che si concretizzerà in una maggiore disponibilità per i lavoratori dipendenti di circa 1.000 Euro annui (circa 90 euro nella busta paga mensile fino a 1.300 euro), farà lievitare in positivo il PIL dello 0,8%.
L’incremento non è di così poco conto per l’anemico PIL italiano, che da tempo, dopo aver segnato il segno meno, inizia a vedere lievissimi incrementi positivi. Sarebbe, tra l’altro, solo il primo passo, capace di far ripartire la domanda ed i consumi interni delle categorie modeste, quelle con i redditi più bassi, ma che costituisce una fascia reddituale più capace e disponibile a garantire una maggiore propensione a spendere. Il pericolo più insidioso oggi per la nostra economia è infatti la “stagnazione” dei consumi, in parte già in atto: nessuno spende più con disinvoltura: chi può non intacca nemmeno i risparmi. Con i 10 miliardi messi in circolazione subito, se dedicati tutti al taglio Irpef, si calcola che i 9 di questi che entrerebbero prepotentemente in circolo, vivacizzerebbero i consumi depressi, migliorando conseguentemente il PIL di quasi un punto percentuale.
Le considerazioni sugli effetti positivi apportati dalla grossa iniezione di liquidità nel sistema, con i sicuri effetti benefici sul PIL, inducono a preferire il taglio integrale dell’Irpef ai lavoratori anziché, in tutto o in parte, ad una riduzione dell’Irap delle Imprese. Le analisi degli esperti hanno stabilito, infatti, che 10 miliardi di taglio del costo del lavoro alle imprese vale, agli effetti del PIL, la metà dell’effetto prodotto, dallo stesso importo, in diminuzione dell’Irpef ai lavoratori.  Il PIL risultante crescerebbe, infatti, solo dello 0,4%, anziché dello 0,8, in quanto le imprese non utilizzerebbero i risparmi ottenuti per reinvestirli sul mercato. Anziché effettuare nuovi investimenti pagherebbero i debiti, farebbero scorte di materie prime in vista di tempi difficili, tesaurizzando il risparmio. Il dilemma di Renzi, al momento, tra l’alternativa secca Irpef-Irap, potrebbe studiare una soluzione intermedia: 70/30%, cioè 7 miliardi di taglio Irpef e 3 miliardi di taglio Irap (è una previsione del Sole 24 Ore di domenica scorsa, in attesa che mercoledì il presidente del Consiglio risolva l’arcano).
Cari amici, qualunque sarà la decisione adottata la vera urgenza sta nel far ripartire presto i consumi, unica via per evitare ulteriori chiusure di aziende e nuovi licenziamenti, ma soprattutto per innescare quel processo di crescita che potrà portare, finalmente, lavoro ai giovani. Al promesso taglio da 10 miliardi promesso da Renzi si aggiungerebbero, presto, anche gli effetti positivi dell’accelerazione dei pagamenti pregressi della Pubblica Amministrazione, ammontanti a cifre da capogiro: circa 100 milioni di euro. Sempre Bortolussi, della CGIA di Mestre, a questo proposito dichiara: “L’auspicio è che lo sblocco avvenga in tempi relativamente brevi. Se, come ci è stato promesso l’anno scorso, verranno pagati 20 miliardi di euro all’anno, con questa cadenza l’ultimo fornitore riceverà quanto dovuto nel 2018”. I ritardi dei pagamenti della Pubblica Amministrazione costano alla nostra economia lo 0,33% del PIL: lo dice uno studio del FINEST (Financial Intermediation European Studies) presentato da Assifact. Il peso sull'economia reale è stato di 5,3 miliardi solo nel 2011.

Sommando lo 0,8 % rinveniente dalla riduzione dell’Irpef allo 0,33 % dalla riduzione dei debiti della P.A. verso le imprese, si andrebbe ad un aumento del PIL di oltre l’1,13%, creando i presupposti per una vera e propria ripresa. In questo modo il Job Act di Renzi  troverebbe terreno fertile per invogliare le azienda a riprendere con coraggio la produzione e far uscire, davvero, l’Italia dalla palude!
Speriamo bene!
Mario


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