sabato, luglio 05, 2025

SARDEGNA: UN PROGETTO PER RIMEDIARE AI DANNI CAUSATI DALLA SCOMPARSA DELLE FORESTE MARINE. INIZIAMO A RIFORESTARE IL MARE.


Oristano 5 luglio 2025

Cari amici,

Nel mondo, col passare dei secoli e dei millenni le foreste originarie sono andate via via scemando, tanto che alla fine si è deciso di rimediare ripiantando gli alberi, ovvero cercando di ricreare quelle foreste andate perdute! Tutto questo è avvenuto sulle terre emerse, ma c'è da dire che non basta! Infatti i danni sono avvenuti anche sotto i mari, dove le immense foreste di posidonia, in molti punti si sono talmente impoverite da creare seri problemi di desertificazione difficili da rimediare. La riforestazione, dunque, risulta di notevolissima importanza anche sotto i mari, perché “Ricostruire” la posidonia ha lo steso significato della riforestazione nei terreni, significa restituire vita agli abitanti del mare, come sulla terra, migliorando la vita e rendendo la nostra terra un mondo un mondo vivibile per noi e le nuove generazioni.

Quando si parla di riforestazione, amici, la prima cosa che pensiamo è la ricostruzione di un bosco andato perduto, magari in montagna o in collina; nelle zone alberate possiamo trascorrere del tempo passeggiando al fresco e godendo dell'aria purificata dagli alberi. Nel mondo ci sono numerosi progetti di riforestazione: dall'Amazzonia al Kenya, fino all’Europa. Alcune riforestazioni sono portate avanti da governi, altri interventi da associazioni o gruppi di cittadini. In molti casi si coinvolgono anche le comunità locali, che diventano parte attiva del cambiamento. Ovviamente, non basta piantare alberi a caso. Serve porre a dimora le varietà giuste, dando attenzione al clima, oltre ad un piano per farli crescere nel tempo. Ma, se fatta bene, la riforestazione è una delle armi più forti (e verdi) che abbiamo per riprenderci il futuro, che maldestramente abbiamo messo in pericolo!

Amici, come accennato prima. la perdita delle antiche foreste non riguarda solo quelle terrestri, con la stessa importanza riguarda anche quelle immense foreste di posidonia  sottomarina, parzialmente distrutta in diverse parti del mondo. Si, anche nei mari intorno alla nostra isola il menefreghismo dell’uomo ha messo in serio pericolo queste benefiche foreste sommerse. Anche in Sardegna, amici, i danni sono stati ingenti. Ebbene, nella splendida zona marina di Cala di Volpe, di recente è partito un progetto davvero interessante, che ha come obiettivo proprio il recupero della Posidonia oceanica, quella salutare pianta marina che è davvero vitale per l’ecosistema del Mediterraneo.

La Posidonia, amici, è una pianta vera e propria, con tanto di radici, foglie e tutto il resto. Crea delle praterie sotto il mare che sono un valido rifugio per mille specie di pesci, produce grandi quantità di ossigeno e serve da barriera naturale contro l’erosione delle coste. Il problema è che l’ancoraggio selvaggio delle barche, nel tempo, ha danneggiato moltissimo questi habitat. Già vent’anni fa era stato creato un campo boe per cercare di proteggere l’area, ma ora si è deciso di fare un passo in più.

Insomma, finalmente si è deciso di avviare un’azione di recupero seria e concreta. Come abbiamo appreso dai Media, in Sardegna è nato il progetto BLUE FOREST, definito la più grande riforestazione marina del Mediterraneo. È scaturito dalla collaborazione tra One Ocean Foundation e l’Università di Sassari, con il supporto tecnico della International School for Scientific Diving e con il sostegno di partner come Pirelli, che ha reso possibile l'avvio del progetto, e Smeralda Holding, insieme a una rete di aziende e istituzioni impegnate nella salvaguardia del mare.

L'intervento in questione interessa 80 ettari di mare all'interno del campo boe di Cala di Volpe, dove si trova una prateria di posidonia oceanica danneggiata prima che fossero regolamentati accessi e ancoraggi. L’obiettivo? Riforestarli per bene è lo scopo principale. Si è cominciato mappando il fondale per capire dove fosse più adatto il trapianto, e poi si è passati all’azione: talee di Posidonia piantate una ad una su 500 metri quadrati, usando delle biostuoie in fibra di cocco e reti metalliche.

Guidato da Giulia Ceccherelli del Dipartimento di Scienze Chimiche Fisiche Matematiche e Naturali dell'Università di Sassari e coordinato, sul piano tecnico, da Stefano Acunto (Issd), il progetto si distingue per un approccio scientifico e sperimentale volto a individuare soluzioni replicabili per la riforestazione marina su larga scala. La prima fase ha previsto la mappatura pre-intervento di circa 80 ettari di fondale, con l'obiettivo di individuare le aree idonee alla riforestazione. In pratica, ogni metro quadrato ne accoglie circa 20. E non finisce qui. Il progetto prevede un monitoraggio scientifico di tre anni, per capire se funziona e, si spera, se il successo sarà quello auspicato, di replicarlo anche altrove. È un esempio concreto di come la scienza, le istituzioni e le imprese possano davvero fare squadra per proteggere qualcosa di fragile e prezioso.

Cari amici, credo che l’iniziativa sia di alto valore, perché il mare, forse quanto e più della terra, va adeguatamente protetto, per poter lasciare alle nuove generazioni un mondo vivibile e sano. Allora, salviamo la POSIDONIA con la riforestazione marina!

A domani.

Mario

 

venerdì, luglio 04, 2025

HA TROVATO CASA ANCHE IN SARDEGNA IL “LIMONE CAVIALE” (PIÙ NOTO COME “FINGER LIME”). APPARTENENTE ALLA FAMIGLIA DELLE RUTACEEE, COLTIVARLO PUÒ DARE INTERESSANTI RISULTATI.


Oristano 4 luglio 2025

Cari amici,

Il FINGER LIME, chiamato anche limone caviale, è un agrume originario del sottobosco della foresta pluviale subtropicale dell’Australia nella quale la pianta nasce spontaneamente. È un albero spinoso sempreverde, di medie dimensioni (fino 20 m), con foglie piccole ed appuntite. I frutti sono pressoché tondi, da 3 a 5 cm di diametro, con buccia lucida bitorzoluta, piuttosto spessa (5–6 mm), mentre la polpa è acida è di colore verde pallido. È un frutto particolarissimo, e, data la sua lontana provenienza, risulta essere uno dei frutti più rari e costosi al mondo.

Il piccolo e tozzo frutto, una volta aperto, ha una polpa formata da tante piccole sfere traslucide che ricordano il caviale e rilasciano in bocca un gusto intenso e agrumato. Per questa sua curiosa particolarità è diventato un ingrediente di punta in cucina gourmet e mixology. Essendo questo frutto così particolare e richiesto dall’alta società, diversi operatori hanno provato a farlo crescere anche nelle nostre zone, e, in Italia, ha trovato la giusta terra e il clima adatto. Ebbene, ciò nonostante, seppure coltivato a casa nostra, il prezzo è rimasto elevato: circa 200 euro al chilo.

Si, amici, l'importanza e il gradimento di questo "limone caviale", o finger lime, dato il nostro clima, sta conquistando anche la Sardegna! Grazie, infatti, al clima particolare della nostra isola, la coltivazione di questa pianta ha trovato "il posto giusto" in particolare in Ogliastra, zona che sta diventando un importante centro di produzione di questo frutto pregiato. La sua coltivazione in Sardegna è relativamente recente, ma sta ottenendo buoni risultati, grazie proprio alle condizioni climatiche favorevoli. È proprio l'Ogliastra, con il suo clima subtropicale e la sua posizione costiera, che si è rivelata un ambiente ideale per la crescita di questa pianta. Inoltre, diverse aziende agricole sarde stanno investendo nella coltivazione del limone caviale, contribuendo alla diversificazione della produzione agrumaria dell'isola. Considerato che il nostro clima risulta adatto alla crescita di questo agrume, la sua coltivazione potrebbe garantire grandi soddisfazioni, proprio perché la richiesta di questo prodotto riguarda la fascia alta dei consumatori. Negli ultimi anni l’Ogliastra ha investito non poco in agricoltura innovativa, e questa coltivazione può costituire una nuova opportunità per l’agricoltura sarda di alta gamma.

Amici lettori, a prescindere dal gusto,  questo frutto è da considerarsi davvero benefico! Secondo gli studi più recenti, il suo consumo ha un effetto positivo sulla digestione, oltre a velocizzare l’assunzione dei nutrienti nell’organismo. Inoltre, così come il limone, anche il finger lime ha proprietà antisettiche, che rallentano lo sviluppo di malattie ed infezioni. Questo frutto contiene buone quantità di vitamina C, acido folico e potassio; l’azione congiunta di vitamine e sali minerali aiuta a nutrire l’organismo e a renderlo più forte, pronto ad affrontare qualsiasi tipo di sfida.

Un frutto davvero unico, amici, e, considerato il costo, lo si utilizza solo in piccole quantità, così da dare un particolare sprint in più al piatto finito. Bastano pochissime sfere per cambiare l’aspetto ed il sapore di diverse pietanze, regalando loro freschezza e novità. Gli chef le sfruttano sia per il loro sapore che per l’estetica, essendo completamente trasparenti e perfettamente sferiche. L’abbinamento più comune è con il pesce fresco, soprattutto il salmone. Il gusto dolce e delicato del pesce si lega benissimo all’acidulo del limone caviale, sia nelle tartare che sui crostini.

Una ricetta molto semplice da preparare è quella delle tartine al salmone con decorazione finale di limone caviale! Facili da preparare, sono perfette per sorprendere i propri ospiti in occasione di una cena in compagnia. Ecco un piccolo suggerimento per la preparazione. Basta acquistare della pasta sfoglia già fatta e posizionarla poi all’interno di una teglia per muffin. Dopo aver tagliato la pasta sfoglia per formare dei piccoli cestini, spennellarli poi con il rosso dell’uovo. Ora fateli cuocere in forno a 180° per un quarto d’ora, poi tirateli fuori e fateli raffreddare.

Una volta raffreddati, riempite i cestini con una crema di Philadelphia ed erba cipollina, aggiungendo poi una fettina di salmone affumicato. Ecco, ora completate aggiungendo qualche sfera di limone caviale e portate in tavola! I Vostri ospiti gradiranno di certo: è un piatto buonissimo e molto particolare, che riuscirà sicuramente a sorprendere chiunque. Un mio consiglio: accompagnate queste sapide tartine con un ottimo Vermentino di Sardegna!

A domani.

Mario

giovedì, luglio 03, 2025

SARDEGNA ABBANDONATA. “SA MACCHINA BECCIA”, LA NEGLETTA STRUTTURA MINERARIA DEL PASSATO CHE NON MERITAVA QUELLA TRISTE SORTE.

SA MACCHINA BECCIA

Oristano 3 luglio 2025

Cari amici,

Il luminoso passato minerario della Sardegna ebbe come fulcro il territorio dell’Iglesiente, che, fin dal Neolitico, fu considerato un grande centro metallifero. Quegli importanti siti minerari hanno una storia davvero molto antica, tanto che, nel periodo romano, furono fondate due città minerarie: Metalla e Plumbea, che venivano sfruttate per estrarre argento e piombo. Successivamente, con alterne vicende, l’attività mineraria continuò fino agli inizi di questo millennio, in quanto l’attività estrattiva era diventata nel campo protagonista indiscussa nell’isola.

L'attività mineraria in Sardegna, soprattutto nell'area del Sulcis-Iglesiente, raggiunse, come accennato prima, il suo picco nei primi anni del XX secolo, per poi declinare progressivamente a partire dagli anni '70 del secolo scorso. Le miniere, lentamente ma inesorabilmente, furono gradualmente chiuse, ed ebbero come ultima protagonista la miniera di carbone di Monte Sirai, in territorio di Carbonia, che chiuse i battenti nel 2018. Oggi l’Iglesiente è muto testimone di un passato minerario glorioso riconosciuto in tutto il mondo.

Amici, ho fatto questa premessa non solo per riflettere sul nostro passato minerario, ma soprattutto per evidenziare il triste abbandono di questi importanti luoghi minerari, che in passato furono fonte di ricchezza e posti di lavoro per migliaia di sardi. Un abbandono che non ha risparmiato nemmeno quegli importanti gioielli architettonici, quelle costruzioni che, necessarie in passato, oggi avrebbero potuto costituire pezzi importanti per lo sviluppo turistico della nostra isola, catalizzando flussi importanti di visitatori, vista anche la vicinanza del mare, con spiagge di grande, rara bellezza.  Ecco un esempio eclatante: "SA MACCHINA BECCIA".

Nelle campagne tra Iglesias e Gonnesa, svetta ancora, con grande orgoglio, una imponente costruzione solitaria che a prima vista appare come un castello; i rari passanti che si avventurano in quelle campagne si domandano: a cosa poteva servire quella grande costruzione da dove spuntano i merli simili a quelli di un antico castello? Domande lecite, in realtà, perchè un così grande fabbricato, alto, severo, con merli proprio da castello e proporzioni da cattedrale, non è facile capire a cosa serviva!

Questo simil castello, amici, non è né l’uno né l’altro! Non serve a celebrare il sacro, né a difendere nessun sovrano e nessun regno! Quell’antica struttura era parte attiva di una miniera, poi diventata “Sa Macchina Beccia”. Fu progettata da un estroverso ingegnere, che decise di darle un’impronta architettonica insolita per la sua funzione; era il cuore di un sistema estrattivo imponente, capace di sollevare dai sotterranei il minerale che alimentava l’economia del territorio.

Amici lettori, ciò che oggi sorprende non poco è il suo abbandono, il triste destino che un fabbricato così importante di certo non meritava! Ciò dimostra l’attuale, classico, menefreghismo nei confronti del nostro passato! Quel triste “gettare via” cose importanti, è dimostrata, in questo caso, da questo fabbricato, la cui triste, isolata presenza e decadenza, fa interrogare il passante che si pone non poche domande. Si, perché questa massiccia, teatrale, costruzione del passato, immersa in un paesaggio dove appare quasi fuori luogo, fa riflettere e pensare!

Si, “Sa macchina Beccia” è il relitto di un’epoca industriale in cui persino un pozzo minerario poteva trasformarsi, per le capacità di un intelligente costruttore, in un’opera visionaria. La struttura è oggi è vuota e silenziosa, in parte diroccata, e sembra voler mostrare al mondo l’abbandono senza pietà dell’uomo che non rispetta e onora il passato! La si può raggiungere solo a piedi, seguendo un antico sentiero che serpeggia tra ruderi e antiche tracce minerarie. All’arrivo il visitatore resta ammutolito: il finto castello si staglia contro il cielo, come se fosse stata lasciato lì da un’altra epoca o da un’altra civiltà. Un oggetto architettonico misterioso, fuori luogo, fuori tempo!

Cari amici, è incredibile ma vero! La Sardegna ha diversi gioielli millenari, oltre ad un'immensità di costruzioni nuragiche, di cui poco si sa, e che – a chi di dovere – non sembra proprio importare, in particolare se parliamo delle monumentali costruzioni lasciateci dalla Civiltà nuragica! Anche SA MACCHINA BECCIA, quella costruzione un po’ cattedrale, un po’ fabbrica e un po’ castello, con tanto di merli in stile medievale, resta muta e semisconosciuta, lasciata in triste abbandono, tanto che presto andrà in totale disfacimento. Credo che chi ci governa dovrebbe ritrovare saggezza e rispetto per il passato, un passato che non si deve mai dimenticare, in quanto andrebbe apprezzato, riscoperto e utilizzato! Non credo di dover aggiungere altro!

A domani.

Mario

mercoledì, luglio 02, 2025

IL PANE, UNO DEI PIÙ ANTICHI ALIMENTI DELL'UOMO, RESTA BUONO PER GIORNI, ANZI MIGLIORA. ECCO LE PARTICOLARI VIRTÙ DEL PANE RAFFERMO.


Oristano 2 luglio 2025

Cari amici,

Il PANE è uno degli alimenti più antichi consumati dall’uomo. Per secoli fu ritenuto fondamentale in molte culture, in quanto capace di nutrire in modo eccellente la specie umana. Certo, il pane di una volta era alquanto diverso da quello attuale, realizzato con farine integrali ricavate da grani antichi. Un alimento eccellente, dunque, fonte di carboidrati complessi, vitamine del gruppo B e minerali, con un alto valore nutrizionale. La sua storia è di certo antica quasi quanto quella dell’uomo, se pensiamo che già gli antichi Egizi usavano macine e forni e avevano scoperto il lievito); ciò ha fatto sì che il pane, nel tempo, ha sostentato intere popolazioni, costituendone la principale fonte di nutrimento.

Col passare dei secoli e dei millenni, considerata la grande disponibilità di tanti altri alimenti, il pane ha iniziato a passare in secondo piano, vivendo un momento meno glorioso del passato, accusato addirittura di causare obesità. Ciò ha fatto sì che il consumo del pane iniziò ad essere consumato in misura minore, e, soprattutto, utilizzato solo nel giorno dell’acquisto; l’indomani, un po’ indurito, veniva gettato via come pane vecchio, più noto come “PANE RAFFERMO”. Una decisione quest’ultima priva di senso, incosciente, in quanto presa senza conoscere il vero valore di questo alimento.

Il “Pane raffermo”, amici, ha, infatti, delle proprietà benefiche che il “pane fresco” non ha, qualità che possono essere considerate addirittura fantastiche. La trasformazione che avviene nel pane dopo uno o più giorni, è un processo chimico importante: si ha la formazione dell’AMIDO RESISTENTE. Nel pane raffermo, infatti, l’amido si trasforma in quello che gli scienziati chiamano "amido resistente", che è un prebiotico naturale, che nutre i batteri buoni del nostro intestino. Mentre noi digeriamo normalmente gli amidi freschi, questo amido "vecchio" passa indenne, arrivando dritto al colon, dove diventa cibo per la flora batterica intestinale alquanto benefica per il nostro organismo!

A che pro, dunque, gettare via il pane duro, ovvero il pane raffermo, anziché consumarlo, sapendo che, sotto certo aspetti è più salutare del pane di giornata? In passato era diverso, perchè le nostre nonne, pur senza conoscere i segreti della chimica, non l’avevano mai gettato via il pane del giorno prima! Si erano, infatti, accorte che le ricette, confezionate con pane raffermo erano davvero salutari! Amici, non era solo per una questione di risparmio, ma di salute! Non un risparmio casalingo, ma l’utilizzo di un cibo più salutare. Le nostre nonne avevano scoperto un superfood, molto prima che venisse coniata la parola "prebiotico"!

Amici, consumare il pane raffermo significa migliorare la salute del nostro intestino, considerato che avviene la produzione di acidi grassi che lo proteggono, migliorando la nostra salute digestiva. Si tratta di una vera e propria cura di bellezza per il nostro intestino, e un modo per dare una carica positiva al nostro sistema immunitario. L’Amido resistente formatosi nel pane raffermo (AMIDO RETROGRADATO), non venendo assimilato a livello dell’intestino tenue, viene poi fermentato a livello dell’intestino crasso. Un processo chimico davvero straordinario, quello trasforma il pane fresco in pane raffermo, che lo rende alquanto utile al nostro processo di assimilazione. Un processo benefico che lo rende perfetto anche per il controllo della glicemia, oltre che nel conteggio delle calorie e nel raggiungimento della sazietà. Una trasformazione chimica naturale straordinaria, che crea cibo importante per i nostri batteri intestinali, che ne traggono grande giovamento, consentendo ad essi di produrre per noi una sostanza ricca di benefici per la nostra salute: l’acido butirrico.

Cari lettori, la saggezza antica era ben presente nelle nostre nonne, tanto che oggi potremmo considerarle delle “nutrizioniste senza diploma”! Per utilizzare il pane raffermo si erano inventate tante ricette di recupero, basti pensare alla classica pappa al pomodoro: pane raffermo, pomodori e basilico, un piatto sapido, da gustare oggi come ieri! Eppure sono in tanti, oggi, a buttare nel sacco dell’umido il pane del giorno prima senza pensarci due volte! "È solo pane vecchio", dicono, senza sapere ciò che vanno a perdere, sia dal punto di vista economico che salutare.

Cari amici, molti di Voi conoscono la mia età, per cui sanno che ho vissuto, da ragazzo, il triste periodo del “Dopoguerra”, quello successivo alla fine della Seconda guerra mondiale. Un periodo nel quale, anche a livello alimentare, mancava tutto: anche il pane! Pensate, avevo poco più di 12 anni quando mi fu addirittura negato un “pezzo di pane”, che avevo richiesto per fame! In quei tempi le famiglie che riuscivano a procurarsi un po’ di grano panificavano una volta alla settimana, e il pane era più prezioso dell’oro! Quel periodo mi ha segnato: per me il pane, anche oggi, è un alimento sacro: non si butta mai via, nemmeno dopo alcuni giorni! Sono tante le ricette per consumarlo: dall’utilizzo nella prima colazione, bagnato con il latte, ai crostini, oppure bagnato in acqua calda e poi condito col sugo! Il pane, oggi come ieri, è vita e salute, non dimentichiamolo mai!

A domani.

Mario

martedì, luglio 01, 2025

I GIOVANI E LE DIVERSE VISIONI DEL FUTURO. UNA DELLE PIÙ IMPORTANTI: IL DRASTICO CAMBIO DEGLI OBIETTIVI DA RAGGIUNGERE.


Oristano 1° luglio 2025

Cari amici,

Inizio i post di luglio riflettendo sulle nuove generazioni. Anche l'ultimo post di giugno l'ho voluto dedicare ai giovani, ipotizzando come sarebbe stata la loro pensione dopo una vita di lavoro. I giovani, sono davvero tanto diversi da noi! Diversità in tanti campi, tant'è che le diverse generazioni, che man mano si avvicendano nel ciclo della vita, apportano cambiamenti anche molto forti, che a noi della generazione precedente appaiono rivoluzionari. Se è pur vero che nessuna "nuova generazione" si è fossilizzata sulla precedente, nel senso che quella successiva ha sempre cercato di apportare adattamenti e novità, spesso rivoluzionarie, la grande meraviglia se non proprio lo sconcerto, rimangono! Succedeva ieri e succede anche oggi, perchè di generazione in generazione gli obiettivi da raggiungere cambiano!

Focalizzando la nostra attenzione sulla “GENERAZIONE Z”, considerato anche che l’accesso al lavoro, sempre più difficile e precario, ha anche diminuito le retribuzioni, questa gestisce il proprio budget in modo ben diverso dalla generazione precedente. La Generazione Z, per esempio, utilizza gli introiti risparmiando meno rispetto ai propri genitori; i loro sono obiettivi diversi e sorprendenti, nel senso che essi, nonostante guadagnino di meno, non rinunciano, comunque, a spendere per il proprio benessere. Si, appagare il proprio benessere è considerato della massima importanza, che si tratti di viaggi, prodotti di cura o cibo (pagando un po’ di più per alimenti “green”, salutari, proteici ed etnici), poco importa!

La conferma di questo diverso atteggiamento ci viene da un’indagine di YouGov (YouGov è un istituto di ricerca che offre soluzioni globali innovative. Fondata a Londra nel 2000, supporta brand, agenzie e organizzazioni pubbliche). La ricerca effettuata, dal titolo “Gen Z & Health, come cambia il carrello della spesa” ha preso in considerazione 15.000 famiglie rappresentative della totalità di quelle italiane (26 milioni). Le prime caratteristiche che sono emerse riguardano le tendenze: la Gen Z è attenta al proprio aspetto e al benessere fisico, che si traducono in più spese per spa & ristoranti, sport, ma anche sostenibilità ambientale, anche quando riguarda il cibo.

Sempre secondo i dati di YouGov, i giovani tengono in considerazione il proprio budget (62%), quindi anche loro devono fare i conti con entrate e uscite, ma certamente hanno anche più difficoltà a risparmiare (30%) se paragonati alle generazioni che li hanno preceduti, quindi genitori e nonni. Ciononostante, hanno una certa propensione all’edonismo: ad esempio, sono più disposti a pagare per cibi etnici (+28%), salutari (+41% gli alto-proteici), per prodotti con packaging green (+24%), equo-solidali (+22%), oppure con referenze nuove (+20%) o alimenti biologici (+16%). In generale, rispetto ai loro genitori, gli shoppers della Gen Z cercano di spendere poco, ma comunque sono più abituati a trascorrere buona parte della loro vita fuori e dunque a dedicarvi buona parte del budget a disposizione. Tutto ciò si traduce anche in spese per divertimento e viaggi: «Quasi due giovani su cinque (38%) viaggiano per svago almeno due-tre volte l’anno sebbene cerchino di far fronte a un budget limitato in più di un caso su due (55)», come spiega l’indagine.

Ma il cambiamento più significativo è che questa generazione non pensa, come in passato, a investire nel mattone, nella casa, come accadeva ai loro nonni: i loro consumi sono orientati al “qui e ora”. «Una delle conseguenze maggiori è che si sta perdendo la propensione al risparmio, che per molto tempo è stata tipica del nostro Paese, che vantava persino un record a livello europeo», come osserva Gian Luigi Paltrinieri, docente di Filosofia teoretica ed Ermeneutica filosofica all’Università Ca’ Foscari di Venezia. La grande ricchezza italiana, infatti, si è fondata e si fonda tutt’ora sui patrimoni sedimentati di generazione in generazione, ma tutto ciò sta cambiando, anche molto rapidamente.  

Un altro cambio epocale è quello delle modalità di spesa. Non a caso la Gen Z usa maggiormente il mobile banking, i pagamenti tramite carta di credito o tramite app. Molti, però, comprano direttamente da casa, il che presuppone anche una minor socializzazione rispetto a chi si reca in un negozio fisico, magari con gli amici, come accadeva più spesso in passato. «È una conseguenza della diffusione massiva di piattaforme che consentono di acquistare qualunque cosa. Ma anche un tratto di questa società nella quale, ad esempio, la fruizione di libri, film e altri prodotti è individualizzata. La socializzazione, al contrario, avviene con altre modalità e in altri spazi, come l’aperitivo, la cena e altre forme di ritrovo», confermano gli studiosi.

Cari amici, i cambiamenti generazionali fanno parte della realtà consolidata. Un trend, comunque, che non è solo italiano. Viviamo in un mondo globalizzato, per cui i nostri giovani in realtà si comportano in modo analogo ai coetanei europei, anche in fatto di consumi. L’analisi “Young shoppers in FMCG: What’s the deal?”, realizzata sempre da YouGov sulla base dei dati raccolti in 21 Paesi europei, conferma che un maggior ecologismo, attenzione al proprio aspetto e benessere personale, sono tipici di tutti i giovani del Vecchio Continente. Uniformarsi agli altri è una realtà ben consolidata! Che dire...noi della generazione precedente, stiamo a guardare!

A domani.

Mario

lunedì, giugno 30, 2025

QUALE SARÀ IL FUTURO PENSIONISTICO DELLE NUOVE GENERAZIONI? I GIOVANI DELLA GENERAZIONE ZETA, ANDRANNO MAI IN PENSIONE?


Oristano 30 giugno 2025

Cari amici,

Chiudo i post di giugno parlando di futuro: quello delle Nuove generazioni. Il loro futuro, quanto alla previdenza pensionistica, è molto nebuloso. Di recente su questo blog ho affrontato il tempa delle pensioni, mettendo il dito sulla piaga sulla situazione attuale, che vede l’INPS, l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, occuparsi non solo di previdenza ma anche di assistenza, quella dovuta dallo Stato. Ebbene, oggi, invece, la mia atternzione è focalizzata proprio sulle “Pensioni future”, quelle che – in teoria – dovrebbero riguardare le nuove generazioni, ovvero Millennials, Generazione Z e quant’altro.

Si, amici, la pensione, per le nuove generazioni corre il rischio di essere proprio “una chimera”, specie per la Gen Z, che vede innalzarsi sempre di più l’età in cui poter uscire dal mercato del lavoro, complice anche il fatto che si entra nel mondo lavorativo sempre più tardi (non più come una volta intorno ai 18/20 anni). L’idea, infatti, di poter andare in pensione, oggi non sfiora nemmeno la maggior parte della Gen Z, per i quali risulta essere proprio un “non pensiero”.

Secondo gli esperti economisti è questa una cruda realtà, tanto che hanno lanciato l'allarme: se ci saranno, le pensioni sono previste alquanto più basse e da percepire in età sempre più avanzata. Che fare, dunque? Quali i correttivi, i provvedimenti per poter tornare a vivere nel giusto equilibrio, ovvero tra lavoro e riposo, al termine dell’attività lavorativa? Indubbiamente qualcosa dovrà essere messa in  pentola! Secondo un’indagine condotta da ANIMA SGR, su un campione di oltre 1000 adulti (oltre 8 italiani su 10, pari all’81%), c'è grande preoccupazione per il futuro pensionistico, in particolare quello delle nuove generazioni, anche se di fatto per ora nulla si intravede all'orizzonte.

Uno dei grandi esperti del settore pensionistico, ovvero l’ex Presidente dell’INPS Tito Boeri, ha avuto modo di riflettere sul problema sul mensile di economia ECO, di cui ora è direttore. Calandosi nei panni dei giovani di oggi, si è posto delle difficili domande: Andremo mai in pensione? Il pensiero di Boeri era diretto proprio ai giovani della Gen Z. Nel corso dell’articolo il grande esperto di previdenza Boeri ha lucidamente fatto la sua analisi. Eccola.

«Le pensioni pubbliche del domani (quelle, per intenderci, erogate dall’INPS) saranno meno generose di quelle attuali. Non tanto perché si andrà in pensione più tardi: questo sarà infatti controbilanciato dalla durata delle prestazioni. Il fatto è che le pensioni non garantiranno più come in passato il mantenimento degli stessi standard di vita che si avevano quando si era al lavoro. Sin ad ora le pensioni mediamente garantiscono circa l’80% del salario percepito sul finire della carriera lavorativa,  per cui la differenza poteva essere colmata da piccoli lavori o da altri redditi, come l’affitto di una casa. È prevedibile, invece, che le pensioni del futuro offriranno attorno al 60% dell’ultimo salario, quindi con un ridimensionamento significativo degli standard di vita dell’età lavorativa», ha concluso Boeri.

Dunque, quale potrà essere il futuro pensionistico per i giovani della Gen Z? Seppure la preoccupazione esista, in realtà questa rimane poco percepita dai più giovani; loro vivono il mondo di oggi non considerando più il lavoro come impegno totale di una giornata, ma solo un mezzo per realizzare i propri sogni! Il lavoro non deve togliere troppo tempo libero e dare maggiore libertà! Si preferisce, infatti, un lavoro precario a uno fisso, purché questo consenta una maggiore libertà e autonomia.  

Amici, la realtà è che anche per loro arriverà l’età della riflessione! Certo, le pensioni cambieranno, perché il sistema pensionistico è già oggi in cambiamento. Una delle ipotesi più probabili è che loro, per affrontare una vecchiaia finanziariamente serena, dovranno integrare l’assegno pensionistico con l’utilizzo della Previdenza complementare. Per fare questo, imitando gli Stati Uniti, i giovani dovranno iniziarla da subito, cominciando a versare già con i primi lavoretti, quelli fatti quando ancora si è agli studi.

Cari amici, Gli esperti del settore raccomandano a tutti i giovani di non sottovalutare la previdenza e la sua possibile integrazione: ovvero creare fin da subito una "previdenza complementare". Solo così si potrà vivere dignitosamente dopo i molti anni di lavoro; questa sicurezza dipenderà molto da loro. Gli esperti sottolineano: "La pensione è anche una loro responsabilità e deve sempre essere gestita con preparazione e consapevolezza, fin dal primo giorno di lavoro, come i giovani americani da tempo ci hanno insegnato". Vale sempre il detto "Prevenire è meglio che curare".

A domani.

Mario