venerdì, settembre 12, 2025

UN NUOVO MALE CHE AVANZA NELA SOCIETÀ ATTUALE: “L’INFANTILIZZAZIONE”. SI VIVE NEL RIFIUTO DI CRESCERE, NOSTALGICI DELL’INFANZIA.


Oristano 12 settembre 2025

Cari amici,

La nostra società sta subendo un processo particolarmente pericoloso, in quanto INVOLUTIVO e non evolutivo. Questo processo, noto come “INFANTILIZZAZIONE” (O BAMBINIZZAZIONE), è praticato da quegli adulti che rifiutano gli attuali sistemi di vita impegnata, dove sono presenti i carichi di responsabilità, e/o gli impegni a lungo termine. Questa “ritorno al periodo Infantile” si traduce in un rifiuto delle responsabilità, evitando gli impegni e le sfide dell'età adulta, andando alla costante ricerca, invece, della spensieratezza e della comodità dell'infanzia. L’adulto infantilizzato nella sua mente mantiene quella iniziale “Dipendenza emotiva”, che si manifesta con un forte attaccamento alle figure autorevoli, così come agli oggetti feticcio come i cellulari, incapace di gestire autonomamente persino le proprie emozioni e le relazioni in capo alle persone mature.

Questo adulto, ovvero quel particolare soggetto  che non vuole crescere, è praticamente un nostalgico della fanciullezza, della mancanza di responsabilità, della comodità e della spensieratezza dell’età giovanile (quella della formazione), che cerca quindi di continuare a vivere quell’eterna giovinezza, evitando in sintesi le complessità e le responsabilità del mondo adulto. Questo ADULTO INFANTILIZZATO ha costantemente bisogno di sentirsi dire cosa fare e come farlo, come succedeva nel lontano passato. Insomma, non è altro che un eterno bambino “diventato grande”, che è passato dalla protezione dei genitori alla ricercata, curiosa vita infantile di oggi, fornitagli dalla odierna società, sotto certi aspetti diventata “infantilizzata”.

La realtà, cari lettori, è che, purtroppo,  l’infantilizzazione della società è una realtà ormai consolidata. La ricerca effettuata da Nathan Winner e Bonnie Nicholson nel 2018, presso l’University of Southern Mississippi, ha evidenziato il preoccupante ruolo svolto in questa infantilizzazione dall’OVERPARENTING, ovvero da quell’eccesso di attenzioni per i figli, che è causa e conseguenza di questo pericoloso “ritorno al passato”. Lo sgretolarsi dell’autorità genitoriale, sempre più carente di maturità, ha costruito figli non solo privi di educazione, ma anche di senso di responsabilità. I genitori attuali, in gran parte, continuano ad esonerare i “figli” da quella autonomia responsabile e dalla necessaria disciplina. Ciò, come conseguenza, ha portato a questa infantilizzazione della società, con effetti sempre più evidenti.

Amici, se è pur vero che il lavoro è oggi alquanto impegnativo e stressante, che  assorbe in maniera totale e prevaricante i genitori con figli, ciò non dovrebbe, comunque, diminuire il loro ruolo genitoriale ed educativo dei figli. Oggi i figli sono praticamente poco seguiti, quando, addirittura, per niente! Quello stretto necessario è fornito dai nonni, che, in gran parte in pensione, sopperiscono alle carenze dei genitori, e dagli insegnanti a scuola, con i risultati  che ben conosciamo. Questa impropria delega, come tutti ben sappiamo non funziona, in quanto ognuno ha il proprio ruolo da svolgere e il proprio carico di responsabilità. Da ciò ne deriva che, in un contesto educativo carente, questi giovani diventati adulti, restano poi ancorati allo stadio infantile, entrando nel circuito della infantilizzazione.

Purtroppo l’Infantilizzazione aumenta, e non può essere liquidata come una “eccentricità folkloristica”! In realtà in questa società è sempre più presente l’instaurarsi di un processo culturale che sta sostituendo la crescita con la regressione. Una società che offre oggetti e simboli che alimentano la nostalgia di un’infanzia senza fine, trasformandola in un consumo di infantilismo di massa, e costruendo una realtà paradossale in ambito educativo! Le statistiche confermano che  un adulto su tre in Italia fatica a leggere e a fare di conto, segno di un analfabetismo funzionale, derivato dai nuovi congegni che sostituiscono lo studio e la ricerca, portando il cervello in regressione.

Cari amici, stiamo creando una società non più stimolata a pensare, allenata a risolvere problemi, ma stupidamente sicura che ci sarà sempre qualcuno che ce li risolverà! L’infantilizzazione in atto non è un semplice gioco innocente a “tornare bambini”, ma piuttosto una fuga dalle complessità della vita, un rifiuto a viverla impegnandoci ad affrontare e risolvere i problemi che la vita ci pone davanti! Ecco dunque la necessità di ritrovare il coraggio di lottare, di vivere il presente senza nascondersi, vivendo da adulti responsabili. Perché l’infanzia, se non si trasforma in maturità responsabile, diventa soltanto un sogni irrealizzabile, un volo pindarico da cui, poi, precipitiamo facendoci anche molto male!

A domani.

Mario

giovedì, settembre 11, 2025

IL “MINIMALISMO”: LA NUOVA TENDENZA NEL TERZO MILLENNIO! È UN RITORNO ALL’ESSENZIALE, CON L’ELIIMINAZIONE DEL SUPERFLUO, O È SOLO UNA “MODA” DA RICCHI ANNOIATI?


Oristano 11 settembre 2025

Cari amici,

Il MINIMALISMO, ovvero quel "passaggio all'essenziale", si sviluppò negli Stati Uniti negli anni ’60 e ’70 del secolo scorso, inizialmente nato come corrente artistica. Il termine fu coniato dal filosofo dell’arte inglese Richard Wollheim, quando venne scritto un articolo intitolato Minimal Art per la  rivista Art Magazine. Definita Minimal Art, ovvero Arte minimale, era caratterizzata da forme semplici (minimal), derivate dalla geometria elementare, da strutture modulari e seriali.

L’architetto Mies Van Der Rohe, nel suo manifesto “Less is more” (diventato poi slogan del movimento minimalista), affermò che tutto va ridotto agli elementi di base, quelli necessari, sempre però restando al passo con la modernità. Insomma, i principi chiave del Minimalismo sono: la concentrazione su ciò che è essenziale, la rimozione del superfluo e la ricerca del godimento massimo. Il minimalismo, dunque, è la riduzione all’essenza, applicata in tutti gli ambiti: da quello abitativo a quello dell’arredamento, dall’ambito linguistico a quello musicale, da quello politico al design e alla moda.

La trasformazione, anzi meglio dire la minimalizzazione del precedente “modo di vivere”, eliminando il superfluo, per ridurre all’essenziale, ha fatto sorgere nell’opinione pubblica corrente non pochi dubbi: era un vero ritorno al passato, quando il superfluo non esisteva, oppure era una nuova “moda per ricchi annoiati”, ovvero una forte espressione di ricchezza, mascherata da scelta etica? Diversi gli studi che hanno cercato di risolvere il problema.

Una ricerca portata avanti dal Journal of Business Research ha messo in luce che questo moderno minimalismo era certamente segmentato per reddito: chi si trova in possesso di una certa sicurezza finanziaria, imposta questo nuovo modo di vivere come una moderna scelta di lusso, selezionando con cura brand “minimalisti” che riflettono estetica e identità; al contrario, i nuclei familiari a basso reddito, spesso adottano il minimalismo non per scelta ma per costrizione economica, senza nemmeno la libertà di “rifiutare il consumismo”, perché non vi hanno mai avuto pienamente accesso.

Interessante l’opinione del critico culturale Kyle Chayka, che nel suo libro The Longing for Less, afferma che il moderno minimalismo (quello praticato dai ceti abbienti) altro non è che semplice “austerità estetica”, dove possedere meno diventa una dichiarazione d’élite, uno stile di vita da esibire, più che una pratica radicata nei valori veri del non spreco. Si, amici, questo “ripulire” dai precedenti eccessi, seppure in apparenza possa sembra un ritorno all’essenziale, molto spesso è solo l’inizio di una nuova coreografia capitalista.

Certo, nel grande palcoscenico dell’economia del Terzo Millennio, il minimalismo non è solo apparenza, ovvero, come accennato prima “coreografia capitalista”, ma un nuovo modo di vivere dei diversi ceti sociali non proprio abbienti. Recenti studi, pubblicati su Sustainable Production and Consumption, dimostrano che il Minimalismo, quando è fondato su sani principi economici, può davvero contribuire a creare un nuovo stile di vita più sostenibile. Ecco i quattro principali comportamenti chiave: eliminare l’eccesso, acquistare in modo consapevole, puntare sulla durata dei prodotti e cercare l’autosufficienza. Queste pratiche si collegano non solo a benefici ecologici, ma anche ad un miglior benessere emotivo.

Amici, come spesso accade, il minimalismo non è né bianco né nero. Nella sua versione più onesta e profonda, può sfidare l’iperconsumismo, coltivare lucidità mentale e promuovere un’etica ecologica. Ma questa è solo una faccia della medaglia. L’altra, ovvero quella dove il minimalismo viene privato del suo reale contesto e trasformato in apparenza, in pura esibizione di un stile di vita da mostrare da parte di chi ha già tutto, allora è solo “MODA” di ricchi annoiati.

Cari amici, il vero minimalismo, quello più autentico, credo sia nato come una rivoluzione culturale, non certo come una moda da ricchi! Il minimalismo è certamente un investimento in un futuro più consapevole, fatto di rispetto per la natura, senza sprechi e sperperi, pensando che le risorse del pianeta non sono infinite, e che nel mondo siamo ospiti e non padroni, per cui cerchiamo di lasciare alle nuove generazioni un mondo integro e vivibile. Viviamo in modo più consapevole!

A domani.

Mario

mercoledì, settembre 10, 2025

SEI UNA PERSONA NORMALE O UN GENIO? ECCO ALCUNE CARATTERISTICHE PARTICOLARI CHE INDIVIDUANO I SOGGETTI CHE HANNO UNA MARCIA IN PIÙ.


Oristano 10 settembre 2025

Cari amici,

Il GENIO è certamente una persona alquanto diverso dalla norma. Pur non esistendo una definizione precisa, scientifica, per definire un genio, di sicuro questo è un soggetto particolare rispetto agli altri, dotato di un talento speciale, particolare. Walter Isaacson, biografo di molti noti geni, ha spiegato che, sebbene l'elevata intelligenza possa essere un pre-requisito, il tratto più comune che definisce effettivamente un genio può essere la straordinaria capacità di applicare la creatività e il pensiero immaginativo in moltissime situazioni. Una delle caratteristiche principali, poi, è quella dell’alto Quoziente intellettivo posseduto (QI), compreso tra 160 e 180, anche se non sempre questo è risultato sufficiente.

Il grande Albert Einstein, per esempio, il fisico tedesco (1879-1955) e premio Nobel, è generalmente considerato il genio per eccellenza. Tante le pillole della sua grandezza, come ad esempio l’aver enunciato l’equazione più famosa al mondo (E = mc2), che stabilisce la relazione tra l’energia e la massa, e che ha rivoluzionato la fisica con la teoria della relatività. Eppure Einstein, a cui fu associato un QI di 160, fu bocciato all’esame di ammissione al Politecnico di Zurigo la prima volta in cui lo sostenne, a 16 anni, nel 1895. Successivamente, però, ottenne risultati eccellenti nelle sezioni di matematica e fisica, ma non in quella generale, in cui risultò penalizzato dalla sua modesta conoscenza (all’epoca ancora scarsa) del francese, la lingua dell’esame e per lui seconda lingua.

Amici, ma oggi cosa dovremmo prendere a paragone, per conoscere i veri geni che ci sono tra di noi? Il “concetto di genialità”, come accennato prima parlando di Einstein (ma potremmo parlare anche di diversi altri geni come Leonardo da Vinci, Isaac Newton, Galileo Galilei, Marie Curie e tanti altri), è composto di diversi fattori. Guardandoci intorno possiamo dire che molte persone potrebbero possedere le caratteristiche tipiche dei geni senza esserne consapevoli, ovvero essere dei geni nascosti! Per scoprirli, la ricerca scientifica ha individuato diversi tratti comuni, tra coloro che eccellono nel pensiero creativo, nella risoluzione di problemi complessi e nell’innovazione. Ecco i 7 (sette) tratti più importanti.

Al 1° punto c’è una “Elevata Curiosità Intellettuale”. Le persone dotate di grande intelligenza mostrano una curiosità insaziabile per il mondo. Uno studio condotto dall’Università di Goldsmiths di Londra ha evidenziato che i bambini con un elevato quoziente intellettivo tendono a essere più curiosi da adulti, spingendosi oltre la conoscenza comune per esplorare nuove idee e concetti. Al 2° punto troviamo la “Tendenza all’Introversione”. Molti geni sono introversi e preferiscono trascorrere del tempo in solitudine, per riflettere e lavorare sulle proprie idee. Secondo la psicologa Elaine Aron, le persone altamente intelligenti possono essere più sensibili agli stimoli esterni e necessitano di spazi tranquilli per elaborare informazioni complesse.

Al 3° punto c’è l’avere un “Pensiero Divergente e l’essere Creativi”. Un tratto distintivo della genialità è la capacità di pensare fuori dagli schemi. Il “pensiero divergente” consente di trovare soluzioni originali ai problemi, e di creare connessioni inaspettate tra concetti apparentemente distanti. Studi sulla psicologia dell’intelligenza suggeriscono che la creatività sia spesso correlata a un QI elevato. Al 4° punto troviamo “Adattabilità e Flessibilità Cognitiva”. Essere in grado di adattarsi rapidamente ai cambiamenti e affrontare nuove situazioni con una mentalità aperta è una caratteristica comune tra le persone altamente intelligenti. La flessibilità cognitiva permette di risolvere problemi complessi in modo innovativo e di apprendere facilmente da contesti diversi.

Al 5° punto troviamo una “Elevata Sensibilità Emotiva”. Contrariamente alla logica corrente, che avalla lo stereotipo del "genio freddo e distante", molte persone dotate di grande intelligenza hanno, invece, un’acuta sensibilità emotiva. Secondo gli studi sulla “doppia eccezionalità”, le persone con un alto QI possono mostrare un’intelligenza emotiva sopra la media, che permette loro di comprendere meglio gli altri e le dinamiche sociali. Al 6° punto troviamo “Perfezionismo e Autocritica”. Le persone brillanti tendono a essere molto esigenti con se stesse. Questo perfezionismo le spinge a migliorare costantemente, ma può anche portare a insicurezza e frustrazione. Secondo la ricerca psicologica, questa autocritica è spesso un segno di elevata consapevolezza e desiderio di crescita.

Infine, al 7° punto è stato accertata la presenza di un valido “Senso dell’Umorismo Sviluppato”. Uno studio condotto dall’Università del New Mexico ha rilevato che le persone con un alto quoziente intellettivo tendono ad avere un umorismo sofisticato e complesso. L’ironia e la capacità di cogliere le sfumature del linguaggio sono spesso associate ad una mente brillante. Ebbene, se in un individuo sono presenti tutti questi tratti caratteriali, è molto probabile che dentro di lui si celi un potenziale straordinario, pronto per essere coltivato e valorizzato. Ecco questo potrebbe essere un GENIO IN PECTORE!

Cari amici lettori, poiché vi immagino curiosi, proviamo ora a scoprire quanti GENI POTENZIALI si aggirano tra di noi!

A domani.

Mario

 

 

martedì, settembre 09, 2025

L'AMORE? È IL MOTORE DELLA VITA, AD OGNI ETÀ! OGGI COME IERI, DÀ SENSO AL NOSTRO VIVERE. ECCO ALCUNE RIFLESSIONI DI GIOVANI E MENO GIOVANI SU QUESTO NOBILISSIMO SENTIMENTO.


Oristano 9 settembre 2025

Cari amici,

Che cos’è L’AMORE? A partire dall’amore di Dio, nostro creatore, il significato dell'amore è complesso e poliedrico, ma in sintesi possiamo definirlo come quel sentimento profondo e intenso, fatto di affetto, passione e attrazione verso un'altra persona, oppure verso la Comunità e la natura, ovvero il Creato. Questo nobile e altruistico sentimento può essere espresso in diverse forme: amore romantico verso una persona, un familiare, o una Comunità.

L’amore è quello straordinario motore del mondo, come spiega Diotima di Mantinea nel Simposio di Platone, che viene definito come “un’attività desiderante e ricerca della bellezza”. L’amore lo si prova e lo si esprime ad ogni età. Da quello del bimbo verso la mamma, a quello dei genitori verso i figli, passando per un’infinita varietà di sfumature che contagiano un po' tutti, a partire dall’infanzia fino all’età senile. Focalizzando l’attenzione sull’amore di coppia, quello che di norma lega due persone che intendono fare insieme il percorso di vita, dando vita ad una nuova famiglia, la convinzione comune corrente è che per questo tipo di amore ci sia un’età precisa. No, amici, non c'è niente di più sbagliato!

Facendo un esempio, è luogo comune che un adolescente non sia ancora in grado di innamorarsi: si, un ragazzino di 12 anni si presume che non sappia ancora cos’è l’amore. Questo, però, è un concetto sbagliato, perché l’attrazione verso una persona che piace, deriva da un profondo sentimento interiore, che si può provare a 6 anni così come a 90, e sarebbe, anche quello amore, perché la realtà è che l’amore non ha limiti, non conosce età.

L’amore colpisce senza distinzioni a tutte le età. Il nostro sommo poeta Dante Alighieri, nel canto V nell'Inferno della Divina Commedia, nei versi dal 100 al 106, tra i più celebri del poema e dell'intera letteratura italiana, fa pronunciare a Francesca (all’inferno con l’amante Paolo), la seguente frase: “Amor, ch’al cor gentil ratto s’apprende, prese costui de la bella persona che mi fu tolta, e ‘l modo ancor m’offende. Amor, ch’a nullo amato amar perdona, mi prese del costui piacer sì forte, che, come vedi, ancor non m’abbandona. Amor condusse noi ad una morte. Caina attende chi a vita ci spense”.

Amici lettori, l’amore non è un sentimento riservato a delle precise fasce di età! L’amore spazia dalla nascita alla senilità, “dall’alba al tramonto”, per cui si può amare nell’adolescenza ma pure nella maturità, ad esempio anche dopo i 50 anni! L’amore è capace di migliorare sempre le persone, senza limitazioni  o sbarramenti, perché i sentimenti non svaniscono con l'età. A dimostrarlo voglio postare, reperito nelle mie giornaliere scorribande su Internet, una riflessione di Roberto Vecchioni, cantautore, paroliere, scrittore e insegnante.

“La vita è una sorpresa meravigliosa ad ogni età. Io ho 80 anni, e vi assicuro che, quando ci arriverete, non sentirete differenze. La differenza si sente solo quando non si vive, quando non si ama la vita, quando non si vuol più fare qualcosa di nuovo. Ma se si rimane ancorati alla bellezza dell’amicizia, dell’amore, della musica, del mare e della poesia, la vita regala sorprese a ogni età. Alla mia si sentono gli acciacchi, certo, ma nello spirito non c’è differenza. L’amore non cambia mai. Quando uno si innamora, non importa l’età. Cambiano il riflesso fisico e la potenza sessuale, ma dal punto di vista emotivo, forse l’amore è più forte. Ho visto e conosciuto persone che si sono innamorate a settant’anni, ma innamorate davvero! Si, di quell’amore che, quando l’altro manca, si sta malissimo. L’ amore è questo: continuo bisogno, desiderio di avere l’altro con sé. Quindi, che siate giovani o anziani, state sicuri, l’amore non ha età”(Roberto Vecchioni).

Amici lettori, l’amore è, senza ombra di dubbio, il motore del mondo, dall’alba al tramonto! Nessuna età è preclusa, e, quando è vissuto in età matura, l’amore risulta filtrato dalle esperienze già vissute e dalla serenità del cuore. Incontrare l’amore nel crepuscolo della vita è meraviglioso, come è successo di recente a due 70enni che si sono sposati nella casa di riposo dove erano ospiti, innamorati come ai tempi della gioventù. A differenza degli amori vissuti in gioventù, viverli nella senilità significa passare dall’irruenza, alla tenerezza e alla complicità, sentimenti capaci di donare sensazioni dolci e meravigliose, aprendo la strada ad un nuovo percorso di vita: gioioso, frizzante e appagante; insomma un amore che riesce a far vivere, anche in tarda età, una nuova fase della vita, ricca  e meravigliosa.

A domani.

Mario

lunedì, settembre 08, 2025

LE STRAORDINARIE PROPRIETÀ DELL'OLIO ESSENZIALE DI LAVANDA. BASTANO 3 GOCCE VERSATE SUL CUSCINO PRIMA DI DORMIRE, PER CALMARE L’ANSIA.


Oristano 8 settembre 2025

Cari amici,

La LAVANDA (il termine scientifico è Lavandula) è una pianta appartenente alla famiglia delle Lamiaceae. Ha l'aspetto di una piccola erbacea, di norma annuale, ma anche perenne, dalla tipica infiorescenza a spiga. È l'unico genere della tribù Lavanduleae Caruel, 1884. Il nome comune "lavanda" deriva dal gerundio latino del verbo "lavare" (lavandus, lavanda, lavandum, che tradotto significa "che deve essere lavato"), per un motivo semplice: questa specie era molto utilizzate nell'antichità (soprattutto nel Medioevo) per detergere il corpo.

Questa profumatissima pianta contiene sostanze come il linalolo e l'acetato di linalile, che agiscono come principi attivi naturali sul sistema nervoso, inducendo “calma” e riducendo lo stress. Queste proprietà risultano note fin dall’antichità, e la scienza moderna le ha pienamente confermate, riconoscendone le proprietà calmanti e sedative, capaci di contrastare l'ansia e migliorare la qualità del sonno.

Amici, per poter godere di questi importanti benefici, dalla Lavanda viene estratto l’OLIO DI LAVANDA, ottenuto dalla distillazione a vapore di fiori e foglie. Oggi quest’olio essenziale è il più usato al mondo, retaggio dei benefici di questa pianta scoperti più di 2500 anni fa, quando i nostri antenati ne riconobbero le molteplici proprietà benefiche. Dioscoride - Medico & Botanico del 50 d.C. conosceva e utilizzava già il processo di distillazione. Si, già in epoca antichissima l’olio estratto da piante da essenza era noto e utilizzato, anche se in quei lontani periodi l’utilizzo era un lusso riservato alle alte classi sociali (sia nell’antico Levante, Egitto, Grecia, e pure a Roma). Tracce di questi antichi rimedi sono state rinvenute nelle tombe egizie, citate nell’Iliade, e adoperate dalle popolazioni israelitiche all’epoca di Mosè.

Dalla Lavanda, fin dall’antichità, erano diversi i benefici che se ne ricavavano. I principali oggi sono almeno sette (7), in quanto abbiamo aggiunto, agli antichi usi tradizionali, l’esperienza ed il sapere accumulato fino ad oggi. Il primo beneficio ricavato dall’uso dell’olio di lavanda è la sua capacità di ridurre l’ansia, ma anche di migliorare la qualità del sonno e ridurre l’Insonnia; è anche un rimedio naturale per il rilassamento, un aiuto complementare per superare la depressione, e alleviare il mal di testa; utile anche per mitigare il dolore fisico e rallentare l’invecchiamento, grazie ai potenti antiossidanti.

Amici, viviamo in un Millennio costellato da una infinità di preoccupazioni: nel lavoro, nell’economia nelle relazioni umane, locali e internazionali. Una vita convulsa la nostra, che crea forte stress e ansia, serie problematiche che spesso ritardano il sonno. Oggi, per Voi lettori, voglio riportare un’antica ricetta, che possiamo chiamare “della nonna”, validissima anche oggi, che consente di rilassarci e trovare quel sonno che le preoccupazioni spesso ci tolgono! Ecco questa semplice, profumata ricetta.

Prima di andare a dormire prendiamo la boccetta dell’Olio di lavanda e versiamone “Tre gocce” sul cuscino dove poggiamo la testa per dormire.  Dopo un po’ che avremo poggiato la testa sul cuscino, avvertiremo un profumo calmante, riposante, capace di sedare la nostra mente quasi come una carezza invisibile. Inspirando profondamente il dolce profumo, questo raggiunge direttamente il nostro sistema limbico, quella parte del cervello che governa le emozioni e i ricordi. Un profumo così gradevole, familiare, è in grado di riportarci istantaneamente nell'infanzia, in quella cucina calda della fanciullezza, dove il pane lievitava mentre la notte scendeva lentamente!

Si, amici lettori, la scienza moderna ha confermato quello che le nonne praticavano da generazioni: l’olio d lavanda riduce davvero l'ansia e migliora il sonno. I suoi composti agiscono sul sistema nervoso come farmaci naturali, senza effetti collaterali. Tre gocce bastano ancora oggi. È un piccolo rito che unisce la saggezza popolare alla neurobiologia, trasformando un cuscino in un ponte tra presente e passato,  riaprendo la nostra memoria, rallentando la tensione e donandoci pace. La nonna aveva ragione: a volte i gesti più semplici portano risultati importanti.


L’olio essenziale di lavanda, cari lettori, è, in realtà, qualcosa che può soddisfare tante altre esigenze. Per esempio: la sera, prima di dormire, vogliamo creare in casa un’atmosfera piacevolmente  rilassante soprattutto in camera da letto?  Oppure purificare e disinfettare  l’ambiente, alquanto utile quando ci sono persone raffreddate o con influenza? Basta utilizzare l’olio di lavanda (va bene anche utilizzare uno spruzzino) e tutti gli ambienti della casa ne avranno beneficio! L’aria sarà  rinfrescata, il suo profumo, sempre gradevole e inebriante, darà ai suoi abitanti una gradevole sensazione di pulito; inoltre, c’è anche un altro vantaggio: durante la stagione calda il profumo dell’olio di lavanda tiene distanti le zanzare!

Cari amici, l’OLIO DI LAVANDA, grazie poi alle sue proprietà antisettiche, aiuta a disinfettare, curare e anche a cicatrizzare piccole ferite e scottature, sia causate dal sole che dal fuoco; inoltre, aiuta a lenire le punture di insetti e i gonfiori degli ematomi. Insomma, è un eccellente rimedio, semplice e senza controindicazioni!

A domani.

Mario

domenica, settembre 07, 2025

TRA I POLITICI DELLA PRIMA REPUBBLICA, GIULIO ANDREOTTI FU CERTAMENTE UNO DEI PIÙ IMPORTANTI. ECCO LO STRAORDINARIO RITRATTO USCITO DALLA GRAFFIANTE PENNA DI ORIANA FALLACI.


Oristano 7 settembre 2025

Cari amici,

Nel mio lontano passato, quando ero ancora un ragazzo, ebbi occasione di incontrare e conoscere, a Roma, ad un convegno della FUCI, la Federazione Universitaria Cattolica Italiana, Giulio Andreotti. L’Italia, allora, viveva, politicamente parlando, quel periodo storico noto come “Prima Repubblica”, e GIULIO ANDREOTTI ne  era una figura centrale, considerato il ruolo di primo piano svolto nella politica italiana post-bellica. Militava nella Democrazia Cristiana, che allora era il partito dominante. Nella sua lunga carriera politica ricoprì molteplici, importantissimi incarichi di potere, per la sua riconosciuta capacità e per la notevole influenza che riusciva ad esercitare, sia sulla scena nazionale che in quella internazionale.

Ebbene, di quest’uomo straordinario (sotto certi aspetti poco amato e anche un po' ...odiato), oggi voglio riportarvi l’incipit della famosa intervista che nel 1974 gli fece la grande ORIANA FALLACI, contenuta nel famoso libro “INTERVISTA CON LA STORIA”. La Fallaci non era certo una sostenitrice di Andreotti: anzi tutt’altro! Tuttavia Andreotti, seppure politicamente rappresentasse un suo avversario, riusciva ad esercitare su di Lei un particolare fascino. Amici, nel 1974 l’Italia era nel pieno delle turbolenze politiche che giorno dopo giorno la logoravano, e che nel 1978 culminarono con il sequestro e l’orribile morte di Aldo Moro. Amici, ecco la sintesi del “Ritratto” del “Divo Giulio”, realizzato dalla Fallaci.

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Lui parlava con la sua voce lenta, educata, da confessore che ti impartisce la penitenza di cinque Pater, cinque Salve Regina, dieci Requiem Aeternam, e io avvertivo un disagio cui non riuscivo a dar nome. Poi, d’un tratto, compresi che non era disagio. Era paura. Quest’uomo mi faceva paura. Ma perché? Mi aveva ricevuto con gentilezza squisita: cordiale. Mi aveva fatto ridere a gola spiegata: arguto, e il suo aspetto non era certo minaccioso.

Quelle spalle strette quanto le spalle di un bimbo, e curve. Quella mancanza quasi commovente di collo. Quel volto liscio su cui non riesci a immaginare la barba. Quelle mani delicate, dalle dita lunghe e bianche come candele. Quell’atteggiamento di perpetua difesa. Se ne stava tutto inghiottito in se stesso, con la testa affogata dentro la camicia, e sembrava un malatino che si protegge da uno scroscio di pioggia rannicchiandosi sotto l’ombrello, o una tartaruga che si affaccia timidamente dal guscio.

A chi fa paura un malatino, a chi fa paura una tartaruga? A chi fanno male? Solo più tardi, molto tardi, realizzai che la paura mi veniva proprio da queste cose: dalla forza che si nascondeva dietro queste cose. Il vero potere non ha bisogno di tracotanza, barba lunga, vocione che abbaia. Il vero potere ti strozza con nastri di seta, garbo, intelligenza. L’intelligenza, perbacco se ne aveva! Al punto di potersi permettere il lusso di non esibirla.

Ad ogni domanda sgusciava via come un pesce, si arrotolava in mille giravolte, spirali, quindi tornava per offrirti un discorso modesto e pieno di concretezza. Il suo humour era sottile, perfido come bucature di spillo. Lì per lì non le sentivi le bucature ma dopo zampillavano sangue e ti facevano male. Lo fissai con rabbia. Sedeva a una scrivania sepolta sotto i fogli e dietro, sulla parete di velluto nocciola, teneva una Madonna con Bambin Gesù. La destra della Madonna scendeva verso il suo capo a benedirlo.

No, nessuno lo avrebbe mai distrutto. Sarebbe stato sempre lui a distruggere gli altri. Con la calma, col tempo, con la sicurezza delle sue convinzioni. O dei suoi dogmi? Crede al paradiso e all’inferno. All’alba va a messa e la serve meglio di un chierichetto. Frequenta i papi con la disinvoltura di un segretario di Stato e guai, scommetto, a svegliare la sua ira silenziosa.

Quando lo provocai con una domanda maleducata, il suo corpo non si mosse e il suo volto rimase di marmo. Però i suoi occhi s’accesero in un lampo di ghiaccio che ancora oggi mi intirizzisce. Dice che a scuola aveva dieci in condotta. Ma sotto il banco, scommetto tirava pedate che lasciavano lividi blu.

(Oriana Fallaci)

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Cari amici, a me questo ritratto mi ha attratto e allo stesso tempo impressionato, tanto da leggerlo e rileggerlo più volte! Credo che nessun pittore, anche il più bravo, sarebbe stato capace di dipingere "Il divo Giulio" in maniera più chiara, forte e lampante!

A domani.

Mario

sabato, settembre 06, 2025

LA MACEDONIA: PERCHÈ IL GOLOSO MIX DI FRUTTA HA PRESO QUESTO NOME. LA CURIOSA STORIA DELLA MACEDONIA DI FRUTTA.


Oristano 6 settembre 2025

Cari amici,

In particolare nel periodo estivo, quando la calura ci fa desiderare delle fresche varietà di frutta rinfrescanti, una bella “Macedonia”, composta da tante varietà, diventa qualcosa di particolarmente goloso e piacevole, oltre che salutare. Ebbene, ci viene da chiederci, perché questo mix di sapida frutta è stato chiamato “MACEDONIA”? Cosa potrebbe avere a che fare con la nazione balcanica alquanto vicina a noi con lo stesso nome? Ebbene, questo termine, nei tempi passati, risulta che sia stato coniato in Francia.

Si, amici, la definizione di “Macedonia” al mix di frutta proviene dalla cucina francese, dov'è chiamata MACÉDOINE. È proprio in Francia che la preparazione di un miscuglio di frutta a pezzettini, con l’aggiunta di succo di limone e, a discrezione del "cuoco", di zucchero e liquore, venne definita Macedonia, in riferimento proprio all'omonima regione europea. Il motivo? Un'allusione scherzosa ai popoli della Macedonia del Nord, regione che, fin dai tempi dell'impero di Alessandro Magno, era stata crocevia di un gran numero di popolazioni diverse, che, però, risultarono capaci di coabitare, di convivere senza crearsi dei problemi.

Un Paragone calzante, dunque, quello utilizzato in Francia, nel senso che il miscuglio di diverse varietà di frutta, era paragonabile a quella regione eterogena come la Macedonia, capace di accogliere senza ribellioni le diverse popolazioni al proprio interno proprio come il fresco dessert! Fu lo scrittore francese Louis Petit de Bachaumont, figura molto importante e nota in patria, il primo a usare il termine "MACEDONIA" per indicare un miscuglio di cose. Questa sua definizione la troviamo in una sua recensione ad un libro di un suo collega, dove l’opera viene apostrofata come “MACÉDOINE LITTÉRAIRE” (macedonia letteraria), per indicare i tanti stili usati per la sua stesura.

Amici, questo curioso termine culinario probabilmente giunse in Italia attraverso la Francia, divenendo popolare nel corso dell'Ottocento e nei primi del Novecento, proprio mentre la regione balcanica della Macedonia era al centro di tensioni politiche. Non tutti, però, sono concordi nell’attribuire il termine Macedonia alle somiglianze con la regione prima indicata. Per quanto meno probabile, l’origine della parola, secondo alcuni, potrebbe essere ricondotta al fatto che la Macedonia di verdura si faceva con il “macerone”, una pianta i cui germogli hanno sapore di sedano. Ma se anche così fosse, ci sarebbe sempre di mezzo la Macedonia! Il nome macerone, infatti, viene da Macedonicum petroselinum, ovvero il «prezzemolo di Macedonia».

Insomma, cari lettori, non vi è ombra di dubbio che, per estensione, la parola macedonia stia a significare, comunque, «miscuglio», con riferimento, in particolare, ad un procedimento di miscelazione nella formazione delle parole. Tant’è che anche in letteratura si chiama “Parola-macedonia”, quella costituita di sillabe di altre parole arbitrariamente tagliate, come ad esempio postelegrafonico viene da post(ale), telegra(fico) e (tele)fonico.

Amici, il grande Pellegrino Artusi, scrittore, gastronomo e critico letterario italiano, conosciuto principalmente per il suo trattato culinario “La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene”, ritenuto uno dei libri di ricette più popolari di sempre, cercò di italianizzare il termine di origine francese proponendo di chiamare questo mix di frutta, ovvero la “signora Macedonia”, in un modo nuovo tutto italiano: “MISCELLANEA DI FRUTTA IN GELO”, con una proporzione che oggi farebbe infuriare il dietologo, 500 grammi di frutta e 100 di zucchero a velo e succo di limone. Il tutto gelato. Non siamo certi, però, che potrebbe funzionare!

Cari amici lettori, con questo caldo sicuramente non c’è nulla di meglio di una MACEDONIA, e, ovviamente da mangiare senza troppe limitazioni… Alla faccia del dietologo!

A domani.

Mario