sabato, marzo 06, 2021

LA TECNOLOGIA, IN CAMPO ECONOMICO E POLITICO, SENZA LA CULTURA COSA SAREBBE? ECCO COME GIULIO SAPELLI, IL NOTO ECONOMISTA, CERCA DI SPIEGARLO NEL SUO ULTIMO LIBRO.


Oristano 6 marzo 2021

Cari amici,

Giulio Sapelli, tornese, classe 1947, è uno che non ha certo bisogno di presentazioni. Fornito di una laurea in storia economica, entra in Olivetti, dove si fa le ossa specializzandosi come consulente per le aziende. Serio, determinato e sempre più preparato, nella sua brillante carriera è stato anche Presidente della Fondazione Monte dei Paschi di Siena e consigliere di Unicredit e di Ferrovie dello Stato. Nel 1996 entra nel Cda di ENI ma nella sua carriera ha svolto anche diverse altre attività di consulenza direzionale, formativa e di ricerca: presso l'Isvor Fiat, la Galbani Italia, il gruppo SBN, il Credito Emiliano, Telecom, Tim, l'AGIP Petroli, FS S.p.A., Finmeccanica e Barilla. È stato professore di storia economica dell'Università di Milano anche di un “particolare” giovane, certo Matteo Salvini che, pur non avendo concluso la carriera universitaria, è rimato un grande estimatore delle sue posizioni poco europeiste.

Sapelli, dunque, un economista a tutto tondo, considerato uno degli maggiori e più autorevoli esperti di politica economica, che non ha mai nascosto, però, le sue critiche alle politica economica imposta dall’Unione Europea ai singoli Stati membri. Nel 2018 Lega e M5s pensarono addirittura a lui come possibile Presidente del Consiglio. Da allora sono passati quasi tre anni e, nel frattempo, Sapelli si è deciso a scrivere un libro di approfondimento economico, dal titolo: “Nella storia mondiale, Stati, mercati, guerre”, pubblicato di recente da Guerini e Associati. Un libro che fa un’analisi profonda sul periodo storico che stiamo vivendo, che Sapelli descrive come "un’epoca ricca di cambiamenti straordinari che preannunciano una riconfigurazione del sistema politico ed economico mondiale".

Una ‘rivoluzione’, in realtà, paragonabile a quella del fordismo dei primi del Novecento. A sentire Sapelli, è l'Europa a soffrire maggiormente di questi cambiamenti. Il Vecchio continente, infatti, pare aver smarrito la rotta, aver dimenticato quegli insegnamenti legati alla diplomazia, alle regole della ragion di Stato e alla funzione regolatrice dell'alta finanza, che nel tempo avevano garantito prosperità e stabilità, in particolare nella seconda metà del Novecento. Ebbene, gli straordinari cambiamenti in corso esigono una risposta forte e precisa per contrastare le forze disgregatrici in atto, ma non può certo essere l'attuale Unione Europea, ‘legata’ dai suoi limiti costitutivi e dalle sue croniche debolezze, a rispondere adeguatamente.  

Sapelli è convinto che solo «una nuova entente cordiale tra USA e Russia, può superare l'unipolarismo e la forza spropositata della finanza sregolatrice». È necessario, insomma, un ritorno della politica "buona", ma anche il ripristino di una economia regolata e di una finanza che guardi alle Comunità e non solo al profitto del singolo individuo. Però, perché questo possa avvenire, i valori dell'Occidente come la democrazia, la libertà, i diritti della persona devono essere oggi ridiscussi, non dimenticati, né tantomeno abdicati. Questo il contenuto del libro di Sapelli.

Per l’economista Sapelli il libro è fondato su tre concetti principali, che tutti gli italiani dovrebbero conoscere. Il primo è basilare: la politica economica oggi in vigore in Europa, comprime lo viluppo e porta alla deflazione, con il risultato dell’aumento della disoccupazione e della povertà. La politica economica nordamericana, invece, anche se basata sullo sviluppo dell’economia finanziaria, è ancora in grado di produrre quelli che si chiamano effetti keynesiani, con un forte incremento della spesa pubblica, tesa a risollevare il ciclo economico. Sistema che solo ora l’Europa sperimenta: aumentando fortemente l’indebitamento pubblico per combattere la pandemia, anche se in realtà sono solo briciole, rispetto a quanto succede nel Nord America.

Ecco come descrive Sapelli il secondo concetto: “Il secondo punto su cui invito alla riflessione è che abbiamo costruito una rete infinita di organizzazioni tecnocratiche che hanno privato i parlamenti nazionali del potere effettivo di rappresentare la popolazione e di fare la politica economica. L’Onu, il Fondo monetario europeo, la Commissione europea e così via sono tutte organizzazioni non elette dal popolo ma nominate dai governi. Stanno creando un costo burocratico immenso e una serie di errori economici”.

Poi l’economista aggiunge anche il terzo punto. “Il terzo punto è che il capitalismo così com’è ha smesso di funzionare e produrre occupazione e benessere. Produce povertà e inquinamento, distruzione climatica. Bisogna tornare a quello che diceva Papa Benedetto XVI nella Caritas in Veritate: c’è bisogno di più forme dell’attività economica. Accanto all’impresa capitalistica ci va l’impresa cooperativa, ci va l’impresa piccola e media che è quella più sana e che sostiene ancora Paesi come l’Italia, la Spagna e la Grecia. Bisogna diminuire lo straordinario potere delle multinazionali”.

Si, cari amici, lo strapotere delle multinazionali è ormai ben più forte di quello dei singoli Stati. Ora, di fronte ad un cambiamento tecnologico epocale come quello in corso, credo che senza "una riconfigurazione del sistema politico ed economico mondiale", corriamo rischi seri di sopravvivenza. Due cose in particolare mancano e dovrebbero essere ripristinate: le due forze che hanno cambiato l’umanità: il cristianesimo e il socialismo. Solo rivitalizzando queste due forze si può affrontare il futuro con più serenità.

A domani.

Mario


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