Oristano 9 marzo 2021
Cari amici,
Se
l’uomo da millenni è presente e ha colonizzato il pianeta, lo deve al mondo
vegetale, alle piante, che costituiscono la base della vita sulla Terra; esse
producono il 98% dell'ossigeno che respiriamo e costituiscono l'80% del nostro
cibo. Eppure, ciò nonostante, non sempre diamo loro la debita importanza,
considerandole spesso esseri viventi di serie "B"; forse perché, almeno
in apparenza, sono tanto diverse da noi. Eppure esse potrebbero essere utili anche
per sconfiggere certe terribili malattie come il COVID-19. Si, amici, la verità
è che abbiamo ancora molto da imparare dal mondo vegetale.
A dircelo senza timore è Stefano
Mancuso, neurobiologo vegetale, uno dei più accreditati studiosi del
comportamento delle piante: “Non sono solo intelligenti, ma hanno anche
una struttura sociale”, afferma. La natura, dobbiamo prenderne atto,
non è un “Paradiso terrestre”, un luogo idilliaco dove ci si vuole bene: l’unico
scopo di ogni specie è la sopravvivenza, a qualunque costo, ed ogni occasione è
buona per mettere in atto efficaci sistemi di difesa e offesa. Mancuso, in
particolare, sostiene che dalle piante possiamo imparare a trovare anche la
gran parte delle soluzioni più adatte a risolvere i molteplici problemi che affliggono
l’umanità.
Si, amici, le piante potrebbero
aiutare l'umanità anche a sconfiggere il terribile Covid-19. A pubblicare per primo
la notizia di una interessantissima, recente ricerca, è stato il quotidiano IL
GIORNALE. Secondo alcuni ricercatori dell'Agenzia Nazionale per le nuove
tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA),
dell'Università di Verona e Viterbo, del Consiglio Nazionale delle Ricerche
(CNR) e dell'Istituto Superiore di Sanità (ISS), determinate piante potrebbero essere
utilizzate come "bioreattori", capaci di produrre anticorpi,
prodotti diagnostici e vaccini contro il Covid.
La prima reazione allo
spargersi della notizia è stata molto positiva e, tra l’altro, i costi
sarebbero anche abbastanza contenuti, con l’aggiunta che la domanda nazionale
di questi vaccini potrebbe essere soddisfatta nel giro di poco tempo. Gli
scienziati, nello studio "Plant Molecular Farming as a Strategy Against
COVID-19 - The Italian Perspective", pubblicato sulla rivista
internazionale "Frontiers in Plant Science”, propongono di
utilizzare la Plant Molecular Farming, una tecnica già utilizzata in altre
parti del mondo per produrre biofarmaci. Secondo i ricercatori basterebbe “una
serra di 12.500 metri quadrati o un impianto di agricoltura verticale di 2.000
metri quadrati", per soddisfare l'intera domanda italiana di vaccini ed
anticorpi.
La procedura per far sì
che le piante producano una determinata proteina non è complessa, ma risulta
necessario inserire nel loro DNA il gene codificante di quella proteina. Questo
processo prende il nome di trasfezione. La trasfezione può essere
transitoria, in questo caso la procedura dura solo pochi giorni e l'espressione
del gene inserito avrà vita breve oppure stabile ed in questo caso il gene
entra a far parte del genoma della pianta, ma allora i costi lievitano. Il
primo e unico farmaco prodotto tramite la Plant Molecular Farming si chiama Elelyso
e viene impiegato per curare la Malattia di Gaucher, una malattia genetica
rara.
La procedura di
approvazione di questo farmaco è stata accelerata dato che pochi pazienti
necessitano della sua somministrazione. Nel prossimo futuro appare possibile
che altri preparati possano essere testati e commercializzati grazie alla Plant
Molecular Farming. Le piante potrebbero essere utilizzate anche per produrre
antigeni a scopo vaccinale e si è riusciti ad esprimere efficacemente, in
modelli vegetali, le proteine del Colera e dell'Epatite B. Il Plant
Molecular Farming dovrà comunque superare lo scetticismo espresso dagli
organismi di tutela della sicurezza dei prodotti che temono che questi composti
possano generare allergie, a causa dell'utilizzo di colture alimentari, in
alcuni soggetti predisposti.
L'azienda Medicago,
tra le più quotate al mondo per quanto riguarda la tecnologia vaccinale a base
vegetale, ha già sviluppato candidati vaccini contro l'Influenza H1N1 e l'Ebola.
Ora Medicago sta sviluppando un candidato vaccino per il Covid-19 che ha già
superato la Fase 1 delle sperimentazioni cliniche e che si appresta a
concludere le Fasi 2 e 2/3. La società prevede di sottoporre il proprio
prodotto alle autorità regolatorie nel corso del 2021 ed in caso di
approvazione ha reso noto di poterne produrre 80 milioni di dosi l'anno. Il
progetto di Medicago potrebbe decollare a partire dal 2023 quando, in seguito alla conclusione dei lavori di costruzione di una grande fabbrica nel Quebec,
sarà possibile produrre più di un miliardo di dosi di vaccino l'anno.
Cari amici, che il mondo
vegetale sia una risorsa imprescindibile per la vita dell’uomo sulla terra,
credo che possa essere affermato senza ombra di dubbio. Personalmente sono
convinto che anche il COVID-19, questo terribile male che ci tormenta,
attraverso la natura troverà il giusto antidoto e la più adeguata soluzione.
A domani.
Mario
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