Oristano 8 Gennaio 2017
Cari amici,
Che la Sardegna già oggi produca energia a sufficienza, tanto da essere ampiamente esportatrice, poco importa: le proposte di ulteriori impianti, da realizzare nell'isola mediante l'utilizzo di fonti alternative a quelle tradizionali, aumentano.
Dopo la sudata battaglia contro la costruzione degli impianti solari di Flumini Mannu e Gonnosfanadiga, vinta dopo una strenua lotta, si apre ora un nuovo fronte nell’Oristanese. Anche qui si lotta contro la realizzazione dell’impianto per la produzione di nuova energia col sistema del solare termodinamico, da realizzare nelle campagne di San Quirico.
Le Amministrazioni comunali di Oristano e Palmas Arborea stanno valutando la possibilità di impugnare la delibera adottata dalla Giunta Regionale, che ha dato il via libera alla San Quirico Solar Power S.r.l. per la realizzazione di questo nuovo impianto. Contrarie sia le popolazioni dei due Centri interessati, e ugualmente contrarie le associazioni Italia Nostra, Adiconsum, Wwf e Lipu della Sardegna. Stranamente favorevole, invece, la Regione sarda! Insomma, nonostante la lunga serie di “negazioni” (senza dimenticare che, tra l’altro, i pareri più importanti dovrebbero essere quelli della popolazione locale) il progetto di un impianto solare termodinamico (da realizzarsi con tecnologia CSP a sali fusi, abbinato ad un ciclo a vapore con turbina di taglia pari a 10,8 MWel, affiancato da una caldaia a biomassa e sistema di stoccaggio dei sali fusi e da una caldaia a gasolio supplementare), proposto e da realizzarsi in prossimità della “Borgata San Quirico” nel comune di Oristano, secondo chi governa la nostra Regione s’ha da fare. La domanda spontanea che sorge a questo punto è: Quali le reali, urgenti e gravi necessità energetiche, che hanno spinto la Regione ad autorizzare, nonostante le contrarietà espresse, la realizzazione di quest’impianto che modificherebbe in maniera irreversibile l'attuale status quo della zona?
Dopo la sudata battaglia contro la costruzione degli impianti solari di Flumini Mannu e Gonnosfanadiga, vinta dopo una strenua lotta, si apre ora un nuovo fronte nell’Oristanese. Anche qui si lotta contro la realizzazione dell’impianto per la produzione di nuova energia col sistema del solare termodinamico, da realizzare nelle campagne di San Quirico.
Le Amministrazioni comunali di Oristano e Palmas Arborea stanno valutando la possibilità di impugnare la delibera adottata dalla Giunta Regionale, che ha dato il via libera alla San Quirico Solar Power S.r.l. per la realizzazione di questo nuovo impianto. Contrarie sia le popolazioni dei due Centri interessati, e ugualmente contrarie le associazioni Italia Nostra, Adiconsum, Wwf e Lipu della Sardegna. Stranamente favorevole, invece, la Regione sarda! Insomma, nonostante la lunga serie di “negazioni” (senza dimenticare che, tra l’altro, i pareri più importanti dovrebbero essere quelli della popolazione locale) il progetto di un impianto solare termodinamico (da realizzarsi con tecnologia CSP a sali fusi, abbinato ad un ciclo a vapore con turbina di taglia pari a 10,8 MWel, affiancato da una caldaia a biomassa e sistema di stoccaggio dei sali fusi e da una caldaia a gasolio supplementare), proposto e da realizzarsi in prossimità della “Borgata San Quirico” nel comune di Oristano, secondo chi governa la nostra Regione s’ha da fare. La domanda spontanea che sorge a questo punto è: Quali le reali, urgenti e gravi necessità energetiche, che hanno spinto la Regione ad autorizzare, nonostante le contrarietà espresse, la realizzazione di quest’impianto che modificherebbe in maniera irreversibile l'attuale status quo della zona?
Il fabbisogno
energetico della Sardegna, come sappiamo, non necessita di nuovi impianti! Già
oggi esportiamo quasi il 50% dell'energia prodotta; nel 2013 esportavamo 4.000
GWh equivalenti al 42,9% dell'intera produzione (report pubblicato da TERNA
sulla produzione e consumo di energia elettrica in Italia al 31.12.2013). Sempre
nel 2013 la produzione in Sardegna di energia elettrica da fonti rinnovabili è
stata di 2.663 GWh pari al 31% dell'intera produzione (valore equivalente al
123% del fabbisogno domestico dei sardi).
È bene anche ricordare che la nostra isola ha superato con grande anticipo
(anche quasi raddoppiato) l’obbiettivo assegnatoci di copertura dei consumi
lordi finali di energia prodotta con fonti rinnovabili (Burden Sharing al 2020
pari al 17,8% - DM.
Altra considerazione
importante. L’impianto di San Quirico andrebbe ad incidere negativamente in una
zona a vocazione agricola, essendo gli impianti CSP in linea di massima
incompatibili con le pratiche rurali. Per questo motivo questa tecnologia viene
definita come la "tecnologia del deserto". È pur vero che si può
derogare, ma solo se, nell’ubicazione dell’impianto si rilevasse una certa compatibilità.
Il D.l.vo n. 387/2003 dice: “...tenga conto
delle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo, con particolare
riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, alla
tutela della biodiversità, così come del patrimonio culturale e del paesaggio
rurale”. Di norma, dunque, questi impianti devono essere localizzati in
aree già degradate da attività antropiche pregresse o in atto definite “brown
fields” ovvero siti industriali, cave, discariche, siti contaminati (DM
219/2010).
Tornando al quesito di prima, quali allora
le motivazioni che stanno dietro a queste autorizzazioni concesse e che hanno negato il diritto delle
popolazioni residenti ad opporsi, facendo presumere l'esistenza di
interessi diversi? “La Sardegna oggi è assediata dagli speculatori energetici: petrolio,
gas, eolico, solare, biomasse, geotermico” - ha sentenziato con chiarezza e forza
un documento redatto da ProgReS-. “Porre un freno al far west in atto è molto
difficile se la Regione Autonoma della Sardegna in primis non pone un freno”.
A prescindere dal fatto
che la Sardegna non abbisogna di ulteriore energia (quella nuova sarebbe solo
esportata), quella in ipotesi di realizzazione non è una centrale solare (quindi a sola energia pulita) ma una
centrale mista (solare e a biomassa), che prevede la combustione di ben “14.700-15.750 tonnellate annue di biomassa
legnosa all'anno", che serviranno per alimentare l'impianto, oltre a “117.000
metri cubi di acqua/anno necessari alla centrale e che sarebbero sottratti alle
attività agricole esistenti nell'area". A mio avviso, come dice un antico
proverbio, “Qui gatta ci cova”! La Sardegna, amici miei, non è un deserto:
forse qualcuno cerca però di farla diventare, tale!
Ho detto prima che
certi tipi d’impianti vanno ubicati nei deserti, non in zone agricole. Produrre
energia con il sole è senz’altro giusto ed ecologico, ma “cum grano salis”. Come hanno fatto in America. Negli USA,
precisamente nel deserto del Nevada, più o meno a metà strada tra Las Vegas e Reno,
è possibile osservare un’enorme distesa di specchi che si dirama da una torre
centrale alta circa 200 metri. Un ufo? Un trasmettitore per comunicare con gli
alieni? Ma no, è un grande impianto ad energia solare di ultima generazione, in grado di
alimentare niente meno che 75mila abitazioni e che, soprattutto, non le lascia
senza energia nemmeno di notte, quando piove o il cielo è pieno di nuvole.
L’impianto, denominato Crescent
Dunes, è una delle tre centrali ad energia solare termodinamica con cui il
gigante californiano SolarReserve spera di riuscire a rivoluzionare il mondo
delle rinnovabili, rendendole utilizzabili a ciclo continuo, senza sprechi e,
soprattutto, a costi competitivi. Il principio di quest’impianto solare
termodinamico è molto semplice: gli specchi sono posizionati in maniera tale da
riflettere i raggi solari (e quindi il calore) verso la torre centrale,
all’interno della quale le temperature arrivano a sfiorare i 600 gradi. Tutta
questa energia termica può essere anche conservata grazie a dei materiali, i
vettori termici, in grado di immagazzinare calore e poi rilasciarlo per
generare energia elettrica tutte le volte che la rete lo richiede.
Cari amici, ben
vengano, dunque gli impianti ad energia solare, che in futuro sicuramente
sostituiranno in toto l’energia necessaria che oggi è ancora prodotta con i combustibili fossili, ma ubicati in zone improduttive, in modo da non
interferire minimamente con le altre attività, in particolare quelle agricole.
Evitiamo dunque che l’ingordigia di pochi, distrugga quell’ambiente di valore che ancora
in Sardegna possediamo. Credo che la Regione avrebbe dovuto ben comprenderlo questo e agire di conseguenza...
Meditate,
gente, meditate!
Mario
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