Oristano
14 Gennaio 2018
Cari amici,
Fino ad oggi Internet
ha goduto di un’ampia libertà, oltre che di uguaglianza, per chi si serve della
rete. Negli USA la legge sulla Net Neutrality
venne istituita nel 2015 durante l’amministrazione Obama, quando erano i
Democratici a controllare la FCC (la
Federal Communications Commission), mentre in Europa la parità di accesso alla rete è stata resa operativa nel 2016. Questa
‘libertà’ fino ad oggi vigente per le comunicazioni via web, però, da qualche
giorno ha subito un duro colpo. È stata la FCC, su input del Presidente Trump, a
votare, Giovedì 14 Dicembre, per l’abolizione della Net Neutrality, stabilita
come detto nel 2015 per la difesa della libertà e della neutralità della rete
informatica.
La precedente
situazione di equilibrio è risultata fondamentale per l’Open Internet Regulation; scopo principale era quello di “adattare le normative in modo tale da
riconoscere il ruolo essenziale dell’accesso ad Internet ad alta velocità come
gateway della comunicazione, dell’informazione, dell’intrattenimento e delle
opportunità economiche moderne”, valide per tutti, senza limitazioni e senza
costi differenziati, ovvero ad una sola velocità.
L'amministrazione Trump
ha dunque deciso di infliggere un altro colpo di scure all'eredità lasciata da
Barack Obama! In questo caso, lo smantellamento della neutralità della rete,
apre la strada ad un web diseguale, con i circuiti
di trasmissione operanti a due differenti velocità: il più veloce,
ovviamente, riservato a chi può pagare. Immediate le proteste di milioni di
americani e della Silicon Valley, manifestate sia online che in strada, anche
se per ora non sono servite a nulla.
La FCC, con tre voti a
favore e due contrari, ha abolito la neutralità del web, ma la battaglia non è finita: ora si
sposta in tribunale; il procuratore di New York ha già annunciato un'azione
legale contro la decisione. Il colosso della tv in streaming Netflix si è detto
«deluso» per il voto della Federal Communications Commission, prevedendo
all'orizzonte una lunga battaglia. Dello stesso tenore Twitter, che si impegna
a continuare a difendere un «internet libero e aperto».
Critiche sono arrivate anche
da Google, Amazon e Facebook che affermano di volersi continuare ad impegnare
per un internet aperto a tutti, senza discriminazioni. «Lavoreremo con il
Congresso», assicura Sheryl Sandberg, il chief operating officer di Facebook.
«Un internet aperto è la nostra priorità», sostiene Amazon. «Restiamo impegnati
alle politiche della neutralità della rete, che godono dell'appoggio pubblico,
sono state approvate dai tribunali e funzionano bene per l'economia di
internet», fa eco Google.
La partita con gli americani, quindi, sembra solo
all'inizio. Le speranze di molti sono riposte in un intervento del Congresso per il ripristino di un internet 'neutro’ che non discrimini, considerato anche l'appoggio
alla causa dato da diversi parlamentari e senatori repubblicani.
In realtà, amici, i
cittadini americani lottano per difendere il principio di un Internet democratico,
ad “una sola velocità”, uguale per tutti i cittadini, indipendentemente dal
proprio Internet Provider; insomma, in sostanza, si protesta perché la rete resti
uno strumento neutrale, che non favorisca nessuno, che non permetta agli ISP di
apporre blocchi arbitrari (eccezion fatta per le prescrizioni di legge e dei
giudici), né accessi prioritari a certi servizi o rallentamenti.
Ma, in realtà, quali sono
i rischi e i pericoli che la decisione comporta? E' presto detto. Le società di
telecomunicazione, per esempio, potrebbero bloccare i servizi che possono
provocare loro un mancato guadagno, come non far accedere a Skype e/o ad altri
competitor VOIP sugli iPhone. Si, in una rete “non neutrale” i due schieramenti, da una parte le TELCO (tra cui
le potentissime AT&T, Verizon e T Mobile), e dall’altra i colossi della
tecnologia come Google e Facebook in prima linea (che proprio sul web libero e
aperto hanno costruito le proprie fortune negli Stati Uniti e in buona parte
del mondo), potrebbero variare la qualità della connessione internet dei propri
clienti a seconda del sito o del servizio cui accedono. Un esempio pratico: un
ISP potrebbe favorire la visione di film su Netflix e sfavorire Amazon Prime, a
seconda dei propri accordi interni. Alcuni per interesse potrebbero oscurare Facebook, così come si
potrebbe non permette ai clienti l’uso del protocollo p2p, o l’accesso a certi
siti/social network e via dicendo. Una lotta fra giganti a danno degli utilizzatori meno abbienti.
Cari amici, la
decisione americana può avere grandi ripercussioni in tutto il mondo, anche se
in Europa per ora vigono rigide norme comunitarie sulla neutralità della rete
(Regolamento UE 2015/2120 entrato in vigore il 30 aprile 2016), che, nonostante
siano oggetto di forte critica per le eccezioni che permettono, sanciscono in
modo inequivocabile il principio della net
neutrality; principio reso ulteriormente chiaro – pur non trattandosi di un
testo normativo – dalla Dichiarazione dei Diritti in Internet, approvata in
Italia nel Luglio del 2015; all’interno di queste norme, infatti, si parla di
neutralità della rete come “diritto” degli individui a inviare e ricevere dati
senza discriminazioni o restrizioni relative al contenuto, al mittente o al
destinatario.
Qualcuno ha commentato
che è l’ennesimo duro colpo assestato dal Presidente Trump, al popolo dei meno
abbienti: gli USA si stanno rivelando sempre più orientati a favore il grande
capitale, a discapito della grande massa. Credo che anche noi europei, che
osserviamo dall’altra parte del mondo, dovremmo riflettere non poco su decisioni come queste!
A domani.
Mario
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