Oristano 30 Dicembre 2017
Cari amici,
«Il
telefono, la tua voce», era lo slogan della SIP, un tempo
gestore unico delle telefonia in Italia. Erano i tempi in cui la società dell’immagine non era ancora
diventata predominante e la voce era un legame forte, l’unica (oltre le lettere
scritte a mano) che univa le persone lontane. I tempi, però, cambiano e l’evoluzione
tecnologica ha totalmente rivoluzionato, spesso in maniera epocale, la nostra
vita quotidiana. Oggi, il telefono, soprattutto quello cellulare, non è
solo un mezzo per telefonare ma uno strumento che assomma diverse funzioni: dal
computer al registratore, dalla macchina fotografica alla TV. Questo connubio
tra mille funzioni, però, se da una parte ha costituito un’innovazione che ci
fa risparmiare tempo prezioso, presta anche il fianco ai vari “furbi” che usano
Internet per hackerare credito
telefonico ai malcapitati di turno, solo per parlare della truffa più
diffusa.
Ma, in che modo, direte
Voi, agiscono questi lestofanti? È presto detto. I nostri smartphone sono
diventati una facile porta di accesso per i tanti truffatori che ormai operano
addirittura a livello internazionale. Gli hacker quanto a ingegno non mancano.
Gli attacchi possono arrivare da più fronti: ci sono i Ping calls (i brevi squilli per svuotare il credito telefonico), i
Call-ID-Spoofing (numerazioni finte che sembrano amiche), gli sms di allarme
per ottenere i dati delle nostre carte di credito, fino alle chiamate di finti
call center bancari. Insomma, le varie tecniche truffaldine partono tutte da una telefonata che riceviamo da un numero
che non abbiamo in memoria.
La fregatura può
arrivare in fretta. Proviamo a vedere cosa succede quando, dopo il primo squillo ricevuto
dal nostro cellulare, la chiamata si interrompe. A molti viene spontaneo
richiamare, e qui arriva la prima fregatura: chi abbocca si ritrova con
parecchi soldi in meno nel telefono. Quello dei Ping Calls è un fenomeno che
sta diventando sempre più frequente. La trappola scatta proprio per la nostra
disponibilità a richiamare quel numero, magari incuriositi per sapere chi ci ha
chiamato. Appena messi in contatto con quel numero il nostro conto telefonico
si svuota in un attimo: la chiamata scala cifre indecenti dal nostro credito
telefonico, anche 1 euro al secondo.
Per evitare che i
numeri trappola vengano memorizzati, spesso appaiono sul display numerazioni
finte (ora è possibile mascherare il vero numero), che ci spingono a
richiamare. Fino a qualche tempo fa le chiamate arrivavano da numeri italiani a
pagamento, adesso la nuova frontiera è quella della chiamata da Paesi esteri
come Tunisia, Moldavia, Kosovo. Ultimamente è frequente la chiamata con
prefisso +216 (Tunisia). Dietro a questi squilli tante volte ci sono computer
che fanno numerazioni a caso, migliaia alla volta, oppure operatori che
utilizzano rubriche telefoniche comprate fraudolentemente nel dark web.
L’unico modo per
difendersi da questi attacchi è bloccare il numero da cui arriva la truffa. Gli
smartphone offrono questa possibilità. Purtroppo le bande di truffatori hanno a
disposizioni migliaia di numerazioni e cambiano in continuazione il loro
mittente. Un’altra soluzione è quella di chiamare il nostro operatore
telefonico e chiedere il blocco delle telefonate che svuotano il nostro conto
telefonico. Per riavere il credito rubato, occorre procedere con una vera e
propria denuncia. La soluzione migliore è quindi quella di non rispondere a
chiamate da un numero che non è presente in rubrica. Ma le truffe telefoniche,
purtroppo, non finiscono solo con gli “squillini”.
Sia al nostro cellulare
che ai nostri numeri fissi, arrivano anche le così dette chiamate trappola. Questi moderni truffatori riescono, con abilità,
a sfruttare l’ingenuità della gente e ad arrivare al conto corrente bancario o
ai dati della carta di credito. «Occorre essere sempre vigili e valutare le
telefonate che riceviamo con una buona dose di diffidenza – dice Ivano
Gabrielli, Vice Questore Aggiunto della Polizia Postale -. Bisogna partire dall’idea che
ogni input che ci arriva dall’esterno e che riguarda un nostro mezzo di
pagamento sia da considerare a rischio».
Cari amici, ormai le truffe
messe in atto sono sempre più sofisticate, per cui il consiglio per salvaguardare
sia i nostri soldi che i nostri dati è uno solo: mai rivelare al telefono i nostri dati sensibili. I
sistemi adottati sono così raffinati che è facile “cadere in tentazione” e
rivelare dati di grande pericolosità. Pensate che la nuova frontiera della truffa arriva a fare chiamate fintamente
provenienti da call center bancari o
addirittura dalle forze di polizia. Gli
abili truffatori utilizzano il loro savoir
faire per convincerci che ci vogliono aiutare: ci dicono di dover
urgentemente eliminare un’anomalia presente sul nostro conto corrente o sulla
nostra carta di credito. Abilmente, in maniera suadente, riescono a convincere
il malcapitato di turno, facendosi dare i dati di accesso ai conti correnti e/o
alla carta di credito.
È questa la nuova
frontiera del phishing che sta mietendo sempre più vittime. «Occorre tenere gli
occhi sempre bene aperti», spiegano gli esperti delle forze dell’Ordine, precisando
che mai e poi mai una banca chiede informazioni di questo tipo ai clienti per
telefono. Un ultimo consiglio da adottare in casi di questo genere: rispondere a chi ci chiede
i dati che provvederemo noi, direttamente, a risolvere il problema, chiamando
il nostro amico, funzionario della banca, che si occuperà di risolvere l’anomalia.
Magari, anche noi in modo suadente, lo ringraziamo della sollecitudine avuta nei nostri confronti e chiudiamo la telefonata.
Sapete cosa dice un
antico proverbio sardo? “S’ingannu andat
cum s’ingannadore” (L’inganno torna in casa dell’ingannatore).
A domani.
Mario
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