domenica, dicembre 10, 2017

CORSICA E SARDEGNA: DUE ISOLE GEMELLE MA ALLO STESSO TEMPO COSI' DIFFERENTI! COSA LE ACCOMUNA E COSA LE DIVIDE?



Oristano 10 Dicembre 2017
Cari amici,
Oggi in Corsica si vota per il secondo turno delle elezioni regionali. Corsica e Sardegna sono isole gemelle, poste entrambe al centro del Mediterraneo; l’una e l’altra hanno sempre avuto nei confronti dei due Stati che le governano una certa insofferenza. Oggi non voglio certo riepilogare qui le vicende storiche che hanno creato così tante incomprensioni, sia la Corsica con la Franca che la Sardegna con l’Italia, nel chiedere una maggiore autonomia, ma la realtà è che, nonostante il passare del tempo, quella situazione di “diversità” e di incomprensione che sia i corsi che i sardi sentono e vivono nei confronti dei due Stati che le governano, è rimasta immutata. Ebbene, stante il perdurare di questo malessere, mentre il popolo corso si è ritrovato unito, nei confronti di una Francia considerata “matrigna”, riunendosi in coese formazioni autonomiste, il popolo sardo non è mai riuscito a costruire un raggruppamento forte, una vera ‘unione di intenti’, circa le pressanti rivendicazioni da presentare all’Italia che lo governa.
Faccio queste considerazioni alla luce dell’esito del 1° turno delle recenti elezioni regionali avvenute in Corsica il 3 Dicembre. In queste elezioni (il secondo turno si tiene oggi 10 Dicembre) la lista autonomista e indipendentista "Pè a Corsica" è risultata in forte e chiaro vantaggio. Il movimento, guidato da Gilles Simeoni e Jean-Guy Talamoni, ha conquistato il 46 per cento dei consensi, e dovrà andare al ballottaggio con la destra guidata da Jean Marie Mondoloni, che ha sfiorato quota 15 per cento.  Male, anzi malissimo, la lista della linea francese di Macron, giunta quarta dopo l'altro raggruppamento conservatore guidato da Valerie Bozzi. Il male dell'astensionismo è presente anche in Corsica: la partecipazione al voto dei 324 mila abitanti dell’Isola non è stata alta: alle urne si è recato meno del 50 per cento degli elettori.
In Corsica, comunque, sembra prevalere quel vento forte che reclama maggiore autonomia (non di secessione come è stato di recente in Catalogna) da una Francia vista proprio come una cattiva matrigna che tiene in scarsa considerazione le loro esigenze. I sondaggi indicano chiaramente che con molta probabilità vincerà una maggioranza formata dai partiti indipendentisti e autonomisti. Gli indipendentisti di Corsica Libera, guidati da Jean-Guy Talamoni, e gli autonomisti di Femu a Corsica, il cui leader è Gilles Simeoni, sono alleati e con tutta probabilità vinceranno, dopo essersi presi tre deputati su quattro alle elezioni legislative del Giugno scorso.
Il risultato di Domenica 3 Dicembre era stato ampiamente previsto, considerato che una maggioranza formata dagli stessi partiti già governa la Regione, anche senza tener conto dell'aumento del malessere causato dallo scoppiare della crisi catalana. In effetti quando Puigdemont fece la dichiarazione unilaterale d'indipendenza, Talamoni salutò "la nascita della Repubblica di Catalogna" ed espresse la solidarietà "al governo e al popolo catalano".
Questo primo, incontestabile risultato, ottenuto dalle forze autonomiste, costringerà il Governo di Macron a tener conto della volontà espressa col voto dal popolo corso, che dovrà essere considerato un "messaggio forte e chiaro” inviato dalla Corsica alla Francia. 
Successo quello ottenuto, cari amici, che oggi certamente si ripeterà, e che condizionerà pesantemente le decisioni che la Francia dovrà necessariamente prendere, dopo la fusione tra i due dipartimenti di Bastia e Ajaccio (l'amministrazione dal 1° Gennaio 2018 diventa solo regionale), circa l’autonomia reale e concreta che l’Isola da tempo reclama. In caso contrario, non vi è dubbio, i corsi potrebbero velocemente passare dalla richiesta di una giusta autonomia a quella dell'indipendentismo.
Dopo l’indiscussa vittoria ottenuta, i partiti che puntano al governo regionale hanno già promesso agli elettori di voler chiedere a Parigi uno statuto di maggiore autonomia, da concretizzare nei prossimi tre anni. Vogliono il potere legislativo e un ampliamento delle competenze: per ora si tratta solo di autonomia, in quanto l'indipendenza non è all'ordine del giorno, ma Macron dovrà essere disposto a trattare e concedere senza avarizia, se vorrà scongiurare il rischio di una Catalogna francese.
Tutto questo, cari amici, mi porta a fare dei confronti, a mettere sui piatti di una ipotetica bilancia, la situazione della Corsica, isola gemella, con la nostra Sardegna. Si, isole gemelle, come ho accennato prima, ma sotto certi aspetti molto diverse tra loro.  Che in entrambe covi la grande voglia di maggiore autonomia non vi è dubbio, ma mentre i corsi sembrano “uniti e determinati” nel presentare le loro richieste alla Francia, questo, purtroppo, non avviene in Sardegna. È necessario che noi sardi, tutti, nessuno escluso, cominciamo ad interrogarci seriamente, a porci delle domande serie e concrete, se davvero vogliamo far uscire la Sardegna da quella sudditanza che subisce da secoli.
Quando mai, anche ripercorrendo la nostra storia, siamo stati uniti nel rivendicare i nostri diritti di popolo che merita più attenzione e maggiore libertà decisionale per la nostra salvaguardia, minata da mille criticità? Criticità che vanno dalla mancata continuità territoriale all’assenza di zone franche, agevolazioni che potrebbero consentire maggiore competitività alle nostre aziende! 
Quando mai abbiamo visto un vero “Partito dei Sardi”, unito, coeso, e pronto a presentare al Governo nazionale la richiesta di calmierare i costi dell’energia che penalizza le esportazioni delle nostre aziende? Da quanto tempo non abbiamo un governo regionale composto, come in Corsica, da partiti sardi anziché da partiti nazionali, ai quali gli interessi della nostra isola poco importano?
Cari amici, poniamoci davvero queste domande: senza una necessaria ‘presa di coscienza’ le cose non cambieranno mai. Credo che nessuno voglia rivendicare sul serio futili separatismi, ma certamente ottenere quella giusta autonomia che consenta ai sardi di stare alla pari con gli altri cittadini italiani, partendo dalle stesse basi, non dalle retrovie. Altrimenti resteremo sempre cittadini di serie B! Saremo, almeno in futuro, capaci di farlo? Credo che sarà alquanto difficile, ma la speranza non può e non deve mai morire!
A domani.
Mario 

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