Oristano
1 Giugno 2015
Cari amici,
non che la cosa, sotto
certi aspetti, non fosse nota! Sapevamo bene che la scuola di molti altri Paesi
europei navigava in acque ben diverse
dalle nostre, ma sapere, ufficialmente, di essere gli ultimi della classe, fa
un effetto che proprio risulta difficile da accettare. Questa triste notizia mi
ha fatto ricordare un episodio, che risale a quand’ero bambino, quando il
maestro elementare, per mettere in difficoltà un bambino poco diligente, gli
aveva messo in testa una specie di triste copricapo da “asino”, confezionato da due orecchie fatte di cartoncino colorato
legate da un elastico.
Altro che bisticciare
sulla tentata riforma di Renzi, cercando di alzare la voce per mantenere
situazioni e privilegi ormai preistorici! La scuola italiana, non ci sono
alternative, è totalmente da rifondare, perché bocciata senza appello dall’Europa,
che, paragonandola a quella degli altri Paesi che compongono l’Unione Europea,
l’ha collocata in coda. La nostra scuola, cari amici, è considerata l'ultima
della classe o, meglio, d'Europa: sia per la qualità dell’insegnamento che per il
numero dei laureati. Non solo, la scuola italiana si conferma fanalino di coda
anche per l'utilizzo delle tecnologie e la reale possibilità di impiego dei
maturati dopo il conseguimento del titolo di studio.
L'istruzione italiana in questo momento
spicca
per ben altro: si distingue, per
esempio, per l’alto numero di abbandoni scolastici, così come per le scarse
competenze matematiche e linguistiche. Rattristiamoci pure, ma la lucida valutazione
del nostro insegnamento ci fa considerare proprio al tappeto: è da considerare un
vero disastro. La tristissima pagella sulla nostra scuola arriva direttamente da Bruxelles, contenuta all’interno
del rapporto «Education and Training
Monitor 2014» pubblicato dall'Unione europea. Nella lucida analisi,
effettuata per capire al meglio la situazione scolastica comunitaria, riguardo
all’Italia si rilevano inadempienze gravissime: il nostro Paese, per esempio,
risulta quello che nell’UE stanzia meno risorse nel settore dell'educazione:
dalle Elementari all'Università siamo appena sopra il 4,5% del PIL a fronte di
una media europea del 5,3%.
Vorrei che gli amici
lettori non sottovalutassero questo dato: la differenza non è “poca cosa”, sono
molti miliardi di euro! Vi basti pensare che, in tutta Europa, solo la Romania
con il 3%, la Bulgaria con il 3,5% e Slovacchia con il 3,8% investono nell’istruzione
meno di noi. Le conseguenze di tutto questo sono a dir poco disastrose: mezzi
inadeguati, insufficiente preparazione (e aggiornamento dei docenti) stipendi
al di sotto della media. A cascata cosa ne scaturisce nel complesso dell’organizzazione
scolastica? Che, ad esempio, il numero dei laureati risulta il più basso
d'Europa: il 22,4% di studenti che si laureano, contro una media Ue del 38%. Il
nostro 22,4% è una percentuale da brivido se la paragoniamo ai livelli di
Irlanda e Lussemburgo dove le percentuali salgono al 51%! E questo non è mica
tutto, è solo una faccia della medaglia.
In Italia, chi faticosamente
ottiene una laurea stenta a trovare uno sbocco lavorativo: solo il 49% riesce a
trovare un impiego in tempi brevi, contro una media UE del 71%! Statisticamente
peggio dell'Italia riesce a fare solo la Grecia. Altra nota dolente è la
dispersione scolastica: il 17% dei ragazzi tra i 18 e i 24 anni abbandona gli
studi senza aver conseguito un titolo e, tra le cause maggiori, ci sarebbero «le basse competenze alfabetiche e
numeriche» delle famiglie in almeno il 30% dei casi contro una media
europea del 19%. La riduzione delle risorse per il diritto allo studio,
l'aumento delle tasse universitarie, il blocco del reclutamento, la assenza di
servizi a favore degli studenti, la mancanza di prospettive di lavoro per chi
si laurea e il dilagare della precarietà determinano un'Università per pochi e
non aperta a tutti.
Anche l’OCSE, L'Organizzazione
per la cooperazione e lo sviluppo economico, ha bocciato senza rimedio l’Italia.
Secondo l’OCSE la Finlandia è la patria della scuola perfetta, mentre in Italia
c’è ancora molto da fare.
Nel suo recente rapporto PISA, Program for International
Students Assessment, che valuta i sistemi scolastici dei vari Paesi, è
risultato che in testa alla classifica si colloca la Finlandia, il cui sistema
educativo e scolastico prevale su tutti, grazie agli investimenti statali che raggiungono,
pensate, ben il 7,2% del PIL. I punti
chiave dell’istruzione finlandese sono i seguenti:
1) nessun costo alle
famiglie: è la scuola che mette a disposizione il necessario per tutti gli
studenti (libri compresi);
2) la scuola è autonoma
dal Ministero: sceglie con competenza il proprio personale, senza alcun tipo di
imposizione dall’alto;
3) Elemento basilare
dell’istruzione finlandese è il “percorso
formativo individuale”: ogni studente viene seguito singolarmente, con un
programma di studi personalizzato e su misura.
In Italia, al
contrario, siamo riusciti a raggiungere e a tenerci stretto il “fanalino di
coda”, collocandoci al penultimo posto della classifica dei 32 Paesi esaminati,
superando solamente il Giappone. Come vedete, una bella differenza con il
nostro sistema formativo!
Insomma, cari amici, la
nostra scuola non gode certo buona salute, ma le resistenze per cambiarla sono
durissime, come tutti ci siamo resi conto in questi giorni. In Italia siamo troppo abituati a “far finta
di cambiare”, cioè a farlo in modo “gattopardesco”: cambiare sulla carta perché
tutti resti come prima. Renzi è giovane, e certo, tra le tante letture, avrà
pure incluso Macchiavelli e Tomasi di Lampedusa. Spero lo abbia fatto, perché per
varare la sua riforma “sul serio”, avrà bisogno di confrontarsi con i tanti
Gattopardi di cui l’Italia è ancora piena.
Ciao, amici, a domani.
Mario
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